Sabato, 21 Novembre 2020 06:53

Congo dove i bambini finiscono in miniera In evidenza

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Il Sacro e il Profano. Claudia Belli, olio su tela  100x150 Il Sacro e il Profano. Claudia Belli, olio su tela 100x150

Di Claudia Belli Sant’Ilario d’Enza 20 novembre 2020 - Secondo l'Unicef sono circa 40.000 i ragazzi e le ragazze minorenni impegnati nelle miniere del sud della Repubblica democratica del Congo.

Molti di loro lavorano nelle miniere di cobalto, prezioso minerale utilizzato per la produzione di batterie ricaricabili utilizzate per i nostri cellulari, tablet, computer e altri dispositivi elettronici. «Questi bambini lavorano in condizioni estreme, alcuni di loro più di dodici ore al giorno, senza alcuna protezione e percependo salari da fame - denuncia Amnesty International che ha lanciato un appello e una raccolta firme per fermare questa barbarie - Si ammalano prima e più dei loro coetanei. Rischiano ogni giorno incidenti sul lavoro a causa di carichi troppo pesanti fino alla morte a causa dei frequenti crolli nelle grotte artigianali. Spesso sono picchiati e maltrattati dalle guardie della sicurezza se oltrepassano i confini della miniera. Alcuni di loro lavorano dopo aver frequentato la scuola, altri hanno per necessità abbandonato i libri.

Un lavoro disumano e senza protezioni.

Scavano nelle miniere a mani nude e sono costretti a trasportare sacchi anche di 20 e 40 kg, spesso più pesanti di loro stessi. A parte i rischi immediati, il trasporto di carichi pesanti può avere gravi effetti a lungo termine, come deformazioni ossee e articolari, lesioni della colonna vertebrale, lesioni muscolari e muscolo-scheletriche. Oltre che in miniera, il lavoro si svolge anche a cielo aperto, indipendentemente dalla pioggia o dalle temperature elevate.

La maggior parte dei bambini dichiara di guadagnare tra 1.000-2.000 franchi congolesi al giorno (1-2 euro). I bambini che hanno raccolto, ordinato, lavato, frantumato e trasportato minerali vengono pagati per ogni sacco di minerali dai commercianti. Non hanno modo di verificare indipendentemente il peso dei sacchi o il grado del minerale e, quindi, devono accettare ciò che gli operatori pagano. Il prezzo maggiore per garantire al mondo sviluppato di ridurre i gas serra attraverso auto elettriche lo pagano i bimbi del Paese africano. Negli scavi di cobalto, il minerale indispensabile per le batterie, si muore per un dollaro al giorno.

Ma il Congo, in realtà, sarebbe un Paese ricchissimo. Al suo interno vi sono tali e tante ricchezze che basterebbero a far decollare economia e benessere. È forse il caso più eclatante tra quegli Stati poveri che finiscono per maledire le proprie risorse in quanto generatrici di patrimoni per pochissimi – in gran parte stranieri - e di sfruttamento, conflitto, miseria, malattie e sottosviluppo, per tanti. L’ultima in ordine di tempo è il cobalto.
Da quando nel mondo è schizzata la richiesta di automobili elettriche, si è scatenata una nuova edizione di ‘gold rush’ per questo sottoprodotto di nichel e rame fino a un quinquennio fa sostanzialmente ignorato. Se prima infatti il suo utilizzo era limitato alle batterie degli smartphone (ma ne bastavano appena 5/10 grammi), in tempi di grande espansione di batterie per auto ibride o elettriche (che necessitano tra gli 8 e i 9 kg di cobalto) il suo mercato è letteralmente impazzito. Il prezzo oscilla tra i 30 e i 32 mila dollari a tonnellata e il Congo – che garantisce da solo il 60% del fabbisogno mondiale - è divenuto un polo di sregolata attrazione per tantissime multinazionali.

Il risultato più evidente è un arretramento a parametri da rivoluzione industriale che coinvolge centinaia di migliaia di persone. Il 60% dei bambini della zona di Kolwezi, ex Katanga (oltre la metà del cobalto si estrae da lì) è impiegato in miniera e la quasi totalità di questi, abbandona la scuola fin dal ciclo elementare. Il tasso di abusi su donne e ragazze è del 75%, mentre si registrano un aumento della già elevata mortalità infantile oltre a una povertà diffusa che riguarda il 90% della popolazione locale costretta a vivere con meno di un dollaro al giorno. Nella provincia di Lualaba, sud-est del Congo , una delle aree minerarie più ricche di cobalto al mondo, migliaia di persone si ritrovano schiave di un sistema di sfruttamento che crea condizioni inumane e indegne soprattutto per chi già in queste società disgregate è più fragile, come le donne e i bambini. Come ha denunciato Amnesty International nel 2016 col rapporto ‘This is what we die for’, le compagnie minerarie e le grandi multinazionali che producono i nostri smartphone o le automobili elettriche green sono in parte complici di questo vergognoso sfruttamento. Il prezzo e la richiesta di cobalto negli ultimi 2 anni sono aumentati vertiginosamente, ma gran parte dei minatori artigianali, che scavano gallerie profonde a colpi di scalpello e vanga, senza ventilazione e senza strutture di sostegno per evitare crolli, oppure le donne che setacciano a mani nude i materiali di scarto delle miniere, esposte a polveri e gas che distruggono i polmoni e devastano la pelle, continuano a vivere con una manciata di dollari al giorno».

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(immagini tratte da WEB)

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L'Artista: Pittrice e poetessa.

Claudia Belli, artista residente a S. Ilario d’Enza (RE), è pittrice e poetessa, arti diverse tra le quali si divide con la stessa passione e la stessa professionalità, seguendo la propria ispirazione. Ha esposto i suoi dipinti a Parma, Reggio Emilia, Napoli, Roma, a Barcellona e in altre città, mentre alcune sue poesie e le sue fiabe sono state pubblicate in alcune antologie che raccolgono versi dei più promettenti autori italiani.

Claudia Belli è anche abile organizzatrice di eventi culturali, nei quali alla pittura e alla poesia affianca con naturalezza altre arti come il disegno, il mosaico, la fotografia, la musica e perfino l’opera lirica, chiamando attorno a sé quelli che ritiene i migliori esponenti di ogni singola forma d’arte, e ottenendo sempre grande successo di pubblico. Da alcuni anni cura le rubriche Il senso delle parole e La Rubrica Del cuore sul mensile Gazzettino Santilariese. Hanno scritto di lei alcuni critici, tra loro riportiamo un pensiero del giornalista culturale Paolo Borgognone: “Claudia Belli crea immagini altrettanto efficaci sia con il pennello, sia con i suoi versi, suscitando emozioni paragonabili a quelle che i registi più visionari e poetici sanno risvegliare con il loro cinema”.

Profilo facebook: https://www.facebook.com/claudia.belli.505

 

 

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