Barbaterre rappresenta il sogno della collina reggiana, fatta di passione, lunghe giornate, gente semplice e cultura del lavoro che disegna destini di donne e uomini che portano il loro impegno per portare un prodotto di classe e qualità.
di L'Equilibrista
Reggio Emilia, 21 Gennaio 2017
Terre matildiche su terreno di Calanchi forgiati da argilla e limo.
E' questo il magico connubio che rende la collina reggiana soprattutto nella parte sud, così particolare e tanto ammirata dai cultori di "terroir". Alchimie di pura natura, stratificazioni di terreno ed agenti climatici dalle composizioni irregolari che regalano sentori fini e di alto pregio.
Sono anni che incontro l'Azienda Barbaterre sul mio cammino di degustatore ed appassionato di tipicità locali e mi ha sempre colpito perchè la vedo unica nel suo genere, per scelta del territorio e dei prodotti che realizza.
Barbaterre è una struttura eco-sostenibile al cento per cento, che nasce nel 2005 da un'idea di Massimiliano Bedogni che non si occupava di vino nella sua prima vita ma che aveva una visione chiara di come dovesse essere fatto il vino da queste parti e perchè aveva intuito, prima di tutti ,che quelle erano terre da vini bianchi, grandi metodi classici e rifermentati in bottiglia.
Queste sensazioni erano in contrasto al cospetto dei più noti vini frizzanti rossi ma la sua era una posizione netta di uomo che cercava la differenziazione e la spinta verso vitigni internazionali e l'utilizzo del pinot nero alle sue massime possibilità. La sua idea era quella di ricercare una relazione con la tipicità del terreno circostante così in contrasto con la tradizione e a dispetto delle mode locali che lo avevano portato a pensare ad un sauvignon, a dei vini bianchi fermi ed infine ad una follia per i tempi, dimostrando una vera e propria passione per i vini rifermentati, che sarebbero arrivati da li a breve ma che intanto prendevano già forma.
Poi arriva, evidentemente in ognuno di noi, un momento dove l'innovazione è accettata se si riesce a dimostrare alla Comunità locale e a Noi stessi che hai chiaro da dove vieni ed è da qui che nacque l'idea di un Lambrusco fatto bene, che potesse tenere fede alle proprie origini e sul quale Massimiliano ha lavorato per dare forma ad un Lambrusco che fosse il suo.
Oggi da base Salamino, Malbogentile e Grasparossa, Barbaterre porta con orgoglio il Lambrusco dell'Emilia di Barbaterre che si è fatto strada anche nei salotti buoni, tanto da essersi aggiudicato la nomination fra "i 100 vini da bere subito" fra I Grandi Vini d'Italia de l'Espresso nel 2016.
Per l'Azienda che Massimiliano aveva in testa doveva essere importante il territorio e la sua perfetta integrazione con la natura circostante, quindi ancora oggi sono banditi l'uso di cuveè, limitatissimo l'uso del legno che si menziona solo a fine passaggio, cercando di portare al suo massimo l'uva locale rigorosamente della annata in corso dando ai Vigneti la più alta cura possibile e preservandoli in modo naturale dalle minacce di tutti i giorni. L'integrazione di questi vitigni, gli avvallamenti collinari intesi come parametri importanti che determinano i giorni di vendemmia, una defogliazione solo negli ultimi quindici giorni prima del raccolto, sono ancora oggi fasi fondamentali, ultimate dalla rigorosa raccolta a mano in cassette con pressatura soffice dell'acino intero che vanno a testimoniare alcune delle scelte aziendali che fanno grande questi prodotti.
La scelta, controversa per alcuni, è di utilizzare anche il raspo, perchè si vuole seguire la tradizione dei migliori Champagne a base Pinot nero e dei più innovativi Sauvignon francesi come Massimiliano aveva lasciato intendere.
Mi soffermo a scambiare impressioni e spunti curiosi su Barbaterre grazie alla Responsabile della Cantina – Erica Tagliavini – che ad oggi è l'anima e la persona che meglio incarna i valori che Massimiliano voleva portare al pubblico Italiano ed Internazionale tanto che mi racconta della produzione del 2015, rappresentandone vera prova di alta autenticità perchè mi racconta che la buccia del pinot nero ad esempio, in quell'anno, rilasciò una carica di colore anomala, molto intensa e diversa dalle altre annate tanto da testimoniare, se ce ne fosse ancora bisogno, che come dice bene Erica: "Noi siamo un' Azienda artigianale, Noi siamo veri e propri artigiani del vino".
Una squadra che si è arricchita come mi ricorda la Responsabile, di una compagine molto dotata e di persone con valori e voglia di fare fuori dall'ordinario, proprio come Massimiliano avrebbe voluto per la sua creatura, tanto da arruolare persone di spessore come Paolo Posenato, in qualità di enologo e Serena Marchini, cantiniera ed enologa. Persone, mi rimarca con fierezza e grande stima Erica, che stanno dando a questa Cantina grande impegno, dedizione e amore vero per Barbaterre senza eguali.
La mattinata volge al termine e mai finale è stato più degno che con l'assaggio del grande metodo classico Pinot Nero di Barbaterre, il Blanc de Noir.
Bollicine nettamente tendenti a piccoli spilli, omogenei e molto vivaci che regalano un impatto deciso e fitto al naso, vino di struttura che irrompe in bocca lasciando un finale pulito ed esaustivo di profumi floreali vivi e frutta matura. Il palato è appagato da un finale ricco che porta fino in fondo il frutto, variegato ed esotico tanto da meritare eccellenze anche al retrogusto. Da abbinare a tutto pasto e perfetto con un Parmigiano Reggiano di media stagionatura.
Lascio quindi questa bella realtà, fatta di dedizione e amore, storia e coraggioso posizionamento che ricerca qualità e rigore immersa nelle Terre Matildiche reggiane che restituisce loro riconoscimento e tradizione.