Sino al 5 giugno, a Palazzo del Governatore di Parma, la mostra "Giappone Segreto. Capolavori della fotografia dell'800". Il percorso espositivo vanta 180 opere originali, oltre ad alcuni esempi di arte decorativa giapponese, tra cui spiccano un'armatura da samurai del XVIII secolo, le maschere del teatro classico nō e alcuni splendidi kimono.
Galleria fotografica di Francesca Bocchia
Parma, 7 marzo 2016
A Palazzo del Governatore di Parma si fa luce su uno dei capitoli più importanti della storia della fotografia. Sono 140 le fotografie originali, autentici capolavori di sorprendente bellezza. I soggetti rappresentati così verosimili da non riuscire a distinguerli dalle moderne immagini stampate a colori, testimoniano lo sviluppo della fotografia nipponica tra il 1860 e il 1910. In questo periodo, infatti, in Giappone si sviluppò un insolito connubio tra la tecnica fotografica occidentale e la maestria dei pittori locali, eredi di un'antica e raffinata tradizione, capaci di applicare perfettamente il colore anche su minuscole superfici.
Il percorso espositivo, che ruota attorno ai capolavori della scuola di Yokohama, uno dei vertici della fotografia dell'Ottocento, e all'esperienza del viaggio dei 'globetrotter', segue un itinerario tematico, intervallato da tre piccole aree che presenteranno otto preziosi album-souvenir con le copertine in lacca giapponese, 20 rare carte de visite, 12 stampe xilografiche policrome dei migliori maestri dell'ukiyo-e quali Hokusai, Hiroshige e Utamaro.
Le fotografie sono messe in relazione anche ad alcuni esempi di arte decorativa giapponese, tra cui spiccano un'armatura da samurai del XVIII secolo, le maschere del teatro classico nō e alcuni splendidi kimono.
La rassegna, curata da Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, e Marco Fagioli, col patrocinio del Comune di Parma, è prodotta da GAmm Giunti, in collaborazione con il Museo delle Culture di Lugano e la Fondazione Ada Ceschin e Rosanna Pilone di Zurigo che ha voluto depositare a tempo indeterminato il suo patrimonio di opere d'arte giapponesi al Museo delle Culture di Lugano, affinché potesse essere messo a disposizione del mondo degli studi e dell'arte.
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