Mercoledì, 30 Luglio 2014 09:17

Reggio Emilia - Un giorno allo sportello degli Avvocati di strada In evidenza

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In fila allo sportello degli Avvocati di strada Onlus si mischiano tradizioni, lingue e colori; la preoccupazione di qualche adulto al sorriso di un bambino ghanese dagli occhi neri grandi, incuranti -

Reggio Emilia, 30 luglio 2014 - Giulia Rossi -

Madri single africane con a seguito figli piccoli alla ricerca di un permesso di soggiorno, padri in difficoltà economica che hanno perso la propria residenza e i diritti ad essa collegati, persone che hanno commesso vari tipi di reato, immigrati disorientati che hanno bisogno anche solo di un consiglio riguardo a come muoversi nella burocrazia italiana, clochard soli che chiedono di essere difesi, ma ancor prima ascoltati. Sono tante e con esigenze diverse le persone in fila agli sportelli degli Avvocati di strada Onlus di via Squadroni e via Turri a Reggio Emilia, in attesa di fruire gratuitamente di una tutela giuridica offerta da questa associazione a chi non ha una fissa dimora e dunque non può accedere all'istituto del gratuito patrocinio.

Se la scorsa settimana vi avevamo presentato gli "angeli custodi dei senza tetto" e il loro altruismo, oggi abbiamo deciso di entrare più nello specifico e, sempre grazie al prezioso contributo di due volontari, Alessandra Scaglioni e Simone Beghi, vi raccontiamo nel concreto la giornata tipo di un Avvocato di strada.
Prendiamo un mercoledì di una fresca e inconsueta estate. È ormai tardo pomeriggio e in fila allo sportello di via Squadroni si mischiano tradizioni, lingue e colori; la preoccupazione di qualche adulto al sorriso di un bambino ghanese dagli occhi neri grandi, incuranti.
C'è chi è arrivato solo e chi si è fatto accompagnare da un amico. La speranza è per tutti la stessa: trovare negli Avvocati di strada non solo un supporto giuridico ma anche un punto di riferimento.

L'ACCOGLIENZA ALLO SPORTELLO DEGLI AVVOCATI DI STRADA

"Chi è allo sportello accoglie la persona e inizia con lei una sorta di colloquio conoscitivo durante il quale il volontario compila una scheda con i dati e la situazione del soggetto in questione -
spiega Alessandra Scaglioni - La sua richiesta di aiuto viene vagliata per verificare se necessiti effettivamente di un Avvocato di strada o se i requisiti in suo possesso siano sufficienti per garantirgli un legale stipendiato dallo Stato. Se di questo si tratta, allora noi non possiamo aiutarlo. Ci limitiamo a indirizzarlo in altri uffici. Abbiamo un'etica molto forte in merito: noi agiamo gratuitamente, non siamo pagati da nessuno. Per coloro che invece non hanno una residenza, né un permesso di soggiorno e hanno bisogno di un Avvocato di strada, viene aperta una pratica e mandata al legale di riferimento", aggiunge.
"In entrambe i casi, un colloquio non si nega a nessuno, anche perché ci sono capitate situazioni davvero borderline. In molti vengono da noi per sfogarsi, per raccontarci le loro difficoltà, per confidarci le loro paure. Per ore. Noi dello sportello li ascoltiamo e se possiamo, soprattutto nelle cause stragiudiziali, li aiutiamo. Ci sono passaggi burocratici come un cambio di residenza e un'iscrizione sanitaria che per chi è nato in Italia può essere banale, ma non per tutti è così", precisa Beghi.

I CASI PIU' FREQUENTI

Ma quali sono i casi e le problematiche con cui gli Avvocati di strada hanno più spesso a che fare?
"Dal punto di vista giudiziale - spiegano i due volontari - abbiamo avuto negli ultimi tempi una causa in materia previdenziale, poi sono state seguite separazioni e divorzi, ricorsi al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) per permessi di soggiorno collegati all'immigrazione. Capita molto spesso infatti che gli extracomunitari si rivolgano a noi chiedendoci un aiuto per ottenne questo tipo di autorizzazione. Spesso ad esempio abbiamo a che fare con madri single africane, che possono essere nigeriane piuttosto che ghanesi, che non hanno mai avuto il permesso di soggiorno o l'avevano ma l'hanno perso, perché hanno commesso reati in materia di articolo 73, cioè spaccio di stupefacenti, e nel frattempo hanno avuto dei figli ma sono state lasciate dal compagno, perché è tornato in Africa o perché è dietro le sbarre. Queste donne si ritrovano così in Italia, magari con precedenti collegati con il compagno in carcere, senza permesso e con minori a seguito. In questi casi noi attiviamo la richiesta del permesso di soggiorno tramite il Tribunale minorile, il famoso articolo 31 del Testo unico dell'immigrazione, che è un ricorso particolare che sfugge un po' alla discrezionalità della Questura, perché cerca di sistemare le madri con figli molto piccoli, magari già affidati a servizi sociali. L' interesse del minore nato in Italia è quello di rimanere su territorio fino alla maggiore età, con almeno una figura genitoriale che lo supporti nella crescita. Quindi, se c'è l'autorizzazione del Tribunale minorile a dare il permesso di soggiorno a queste donne, la Questura non può sfuggire dall'eseguire il provvedimento. Questa tipologia di ricorso è veramente frequente. Poi c'è chi ha già fatto richiesta di protezione internazionale tre anni fa, la Commissione gli ha detto di no, il tribunale gli ha detto di no, e vorrebbe fare una nuova domanda di Asilo, perché ha perso il permesso di soggiorno e dovrebbe tornare a casa, ma spesso proviene ad esempio dalla Nigeria, dove le guerre civili sono all'ordine del giorno...", spiegano.

SUL PIANO PENALE

"Dal punto di vista penale invece i casi sono stati pochi ed erano per lo più relativi all'articolo 10 dell'immigrazione, legati al reato di clandestinità, persone cioè che si trattenevano sul territorio italiano anche se in possesso del foglio di espulsione", concludono i due Avvocati di strada.

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