Due parmigiani e quattro rumeni sono stati fermati dai Carabinieri di Parma perché ritenuti responsabili dell'omicidio di Mohamed Habassi. Sono accusati di concorso in omicidio con le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dell'aver approfittato di condizioni di tempo tali da ostacolare la privata difesa.
di Alexa Kuhne
Parma, 13 maggio 2016
Mohamed Habassi è stato accerchiato e torturato. Su di lui profonde e numerose ferite provocate da spranga e martello.
Nel lavandino della sua abitazione resti di un mignolo e di un alluce, strappatigli con una pinza a pappagallo. Habassi è stato trovato in un lago di sangue dai carabinieri, dopo che le sue urla, per una infinita serie di minuti, avevano squarciato la notte del 9 maggio nel centro di Basilicagoiano, alle porte di Parma.
Habassi, 34 anni, tunisino, con un passato alle spalle apparentemente tranquillo, aveva un figlio di sei anni che, dopo la morte della compagna, avvenuta qualche mese prima in seguito a un incidente stradale, aveva portato dalla nonna, al suo paese d'origine.
Nelle ultime 48 ore i militari dell'Arma hanno fermato 4 operai rumeni, di cui hanno fornito solo le iniziali, residenti a Sala Baganza, paese in cui c'è il Buddha bar - 'quartier generale' da cui sarebbe partita la spedizione punitiva - di proprietà di Luca Del Vasto, 46 anni, con precedenti per spaccio.
La ricostruzione del movente fatta dagli investigatori ha inizio proprio da quel locale e dal suo titolare e arriva dritta ai suoi amici, che avrebbero accettato di partecipare, per il rapporto che li legava al proprietario del bar, a quella 'missione' dissuasiva nei confronti della vittima. Con Del Vasto il 42enne Alessio Alberici, noto fumettista parmigiano.
Perché, pare, stando sempre a quanto dicono i carabinieri, che Habassi non si decidesse a lasciare l'appartamento, un tempo preso in affitto dalla sua convivente deceduta. Anzi: sembra che avesse un atteggiamento di sfida, arrogante e sfacciato e che non pagasse l'affitto alla compagna di Del Vasto, estranea ai fatti.
Questo il movente, l'impulso che avrebbe fatto armare i due amici di guanto in maglia d'acciaio, spranga, mazza da baseball, pinza pappagallo, che li avrebbe fatti salire sul fuoristrada di Del Vasto e che avrebbe convinto anche i 4 rumeni, caricati all'ultimo momento, a prendere parte alla spedizione.
Carichi e sotto effetto di alcol e droga, i sei si sarebbero diretti a casa di Habassi allo scopo di punirlo, di convincerlo con le cattive a lasciare l'appartamento. Lo avrebbero trovato con suo cugino che, sfuggito al massacro dalla finestra, ha chiesto aiuto ai vicini, facendo così intervenire le forze dell'ordine che, giunte poco dopo, hanno trovato Habassi già morto a causa di lesioni da corpi contundenti in diversi punti del corpo.
I sei, accusati di concorso in omicidio con le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dall'aver approfittato di condizioni di tempo tali da ostacolare la privata difesa, sono nel carcere di Parma.
Il cerchio pare essersi chiuso ma di questo fatto di cronaca sconcertano tanti aspetti. Può un movente come l'occupazione abusiva di un appartamento far armare sei persone e spingerle a torturare e massacrare un uomo fino ad ucciderlo? E può un legame fra sei persone essere così forte tanto da far decidere loro di mettere in atto, senza indugi, una spedizione punitiva che avrebbe avuto degli esiti tragici, visti mezzi di cui i sei si sarebbero muniti?