Piacenza - La preside dell'istituto Carella per ora ha deciso di non prendere provvedimenti. Minaccia fondata o una malsana e inconsapevole abitudine dei piccoli di assorbire tutto quello che viene 'tritato' dai media e detto dai grandi?
Piacenza, 12 ottobre 2015 - di Alexa Kuhne -
Nella scuola, di questi tempi, capita anche che un insegnante si senta minacciare di morte da un alunno delle elementari.
E' successo nell' Istituto Egidio Carella di Piacenza. Ed insurrezione genitoriale è stata. Tanto forte che la notizia è rimbalzata sul web, diventando oggetto di conversazione e strumento politico.
"Mio padre è nell'Isis, faccio saltare la scuola". E' la frase che si è sentita rivolgere una maestra da una bambina di origini marocchine, ripresa durante l'orario di insegnamento per aver disturbato lo svolgimento delle lezioni.
Pare che l'alunna, innervosita, abbia preteso che venisse chiamato suo padre che, secondo quanto detto dalla bambina e riferito nelle ricostruzioni dei suoi compagni di classe ai genitori, sarebbe un militante dello Stato Islamico. La ragazzina avrebbe anche colorito l'intimidazione riferendo che a casa ha una cintura esplosiva che potrebbe utilizzare per far esplodere la scuola.
Preoccupati i genitori degli altri alunni dell' istituto elementare Egidio Carella, i quali hanno ascoltato la testimonianza dei loro figli al ritorno da scuola. E tutte le versioni, a quanto pare, sembrano combaciare.
L'episodio che ha allarmato la classe è stato lo scontro con l'insegnante, accaduto il 5 ottobre scorso. Dopo il confronto con la dirigente scolastica, per ora l'istituto non ha proceduto a informare le forze dell'ordine. E da questa vicenda che, frutto di fantasia di bambina o meno, fa comunque riflettere, sono nate polemiche e interrogazioni al sindaco, Paolo Dosi.
I genitori sono, in ogni caso, preoccupati. Raccontano che madre e padre della bimba non sono integrati e che lei ha abitudini diverse rispetto ai suoi coetanei, come quella di costruire cinture di carta con le quali dice di volersi far saltare in aria.
Secondo i genitori il vero problema non è il modo con cui lo afferma, anche perché se ne parla talmente tanto in televisione che può succedere, ma la mancanza di volontà, da parte della famiglia della alunna marocchina, di integrarsi e di partecipare alle iniziative comuni, così come il non dare confidenza a nessuno.
Tutti elementi che, al di là di frasi che possono essere ripetute da una vittima innocente di un bombardamento mediatico, non fanno sentire la comunità scolastica sicura.