di Domenico Lanciano costajonicaweb, 7 febbraio 2022 - Caro Tito, tra gli effetti e gli affetti collaterali de “La Sposa” di Rai Uno, chissà quante cose ha generato questa miniserie TV nei 7 milioni di persone che l’anno vista … se io, nel mio piccolo, ho potuto registrare due contatti spontanei assai significativi: quello della signora Maria Rosaria DE RITO da Diamante (CS) e quello della signora Anna BARICALLA dalle Langhe cuneesi!!!…
Di Maria Rosaria ti ho già detto ai paragrafi 1 e 2 della “Lettera n. 383” (https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-383-la-rivoluzione-femminile-delle-spose-del-sud-con-ultima-puntata-su-rai-uno-domenica-sera-30-gennaio/). Di Anna Baricalla e di sua madre Maria Cefalì ti ho accennato nella seconda parte del paragrafo 5 della precedente “Lettera n. 384” (https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-384-cosa-ci-puo-insegnare-il-film-evento-la-sposa-di-rai-uno/) che qui di sèguito ti riporto come utile promemoria.
<<Il secondo riscontro mi è giunto per telefono alle ore 13.37 di sabato 29 gennaio 2022 dal Piemonte, precisamente dal borgo di Rocca Cigliè (oggi 126 abitanti all’anagrafe, in provincia di Cuneo, nelle Langhe, nda). Mi ha cercato la signora Anna Baricalla per dirmi che è figlia di Maria Cefalì di Cortàle (CZ) andata in sposa nel 1966 a Giovanni Baricalla un giovane muratore delle alte Langhe di Rocca Cigliè. Probabilmente ti racconterò presto la storia di Maria, che ho già intervistato per telefono nel pomeriggio di oggi, martedì primo febbraio dalle ore 14.21 per 66 minuti e 36 secondi >>.
1 – IL PERCHE’ DI QUESTO CONTATTO
Se la signora Maria Rosaria De Rito mi scritto una email (sabato 22 gennaio ore 10.55) per solidarizzare nella difesa della dignità della nostra Calabria riguardo a tutte le sdegnate proteste e polemiche sorte già immediatamente dopo la prima puntata de “La Sposa” di domenica 16 gennaio … il motivo del contatto telefonico della signora Anna Baricalla (sabato 29 gennaio ore 13.37 per 5 minuti e 28 secondi) è dovuto al fatto che costei aveva letto l’articolo <<https://www.targatocn.it/2022/01/26/sommario/alba-e-langhe/leggi-notizia/argomenti/alba-e-langhe/articolo/dalla-calabria-arriva-la-richiesta-di-un-monumento-nelle-langhe-per-le-calabrotte.html>> scritto da Livio Oggero, il quale ha firmato pure <<https://www.lavocedialba.it/2022/01/26/leggi-notizia/argomenti/attualita-14/articolo/dalla-calabria-arriva-la-richiesta-di-un-monumento-nelle-langhe-per-le-calabrotte.html>> … e voleva complimentarsi per la “lodevole iniziativa” in qualità di figlia di Maria Cefalì, una “calabrotta” proveniente da Cortale (CZ) per matrimonio nel 1966, ben 56 anni fa.
Sono stato, quindi, assai lieto che dalle Langhe mi provenisse un riscontro e un appoggio alla proposta di realizzare (in uno o più Comuni di questa suggestiva ed evocativa terra piemontese, a me tanto cara anche perché patria di Cesare Pavese) un monumento a ricordo e a riconoscenza di tutte quelle donne che (denominate “Calabrotte” perché provenienti dalla Calabria) avevano contribuito notevolmente e per decenni, nel dopoguerra, alla rinascita di tale largo comprensorio che adesso è un glorioso vanto del “Made in Italy” nel mondo.
Prima di lanciare la proposta il 24 gennaio scorso, ero curioso di sapere se nelle Langhe ci fosse o no un monumento dedicato alle cosiddette “Calabrotte”. Per esserne certo ho telefonato ad amici ed associazioni di quella zona, ma pare non ci fosse traccia di alcun riconoscimento pubblico e duraturo per quelle donne calabresi che, a parere di tutti, hanno risollevato le sorti demografiche ed economiche delle Langhe, divenute poi un vero e proprio marchio internazionale!
Addirittura Carlo Petrini (fondatore e presidente di “Slowfood” ormai una multinazionale culturale ed enogastronomica di grande e significativo successo) afferma che “Le Langhe sono state salvate dalle Calabrotte” … vedi prefazione al libro di Lou Palanca “Ti ho vista che ridevi” edito da Rubbettino nel 2015 di cui ho fatto un’accorata recensione pubblicata da vari siti web nell’aprile 2016, come ad esempio <<https://www.ciavula.it/2016/04/le-langhe-salvate-dalle-calabresi-leuropa-dalle-attuali-migrazioni/>>.
Alla stessa signora Anna Baricalla non risultava ci fosse un monumento alle Calabrotte, ma – curiosa pure lei – mi ha promesso che avrebbe condotto una piccola indagine conoscitiva a riguardo, per quel che poteva, in qualche paese delle alte Langhe di cui fa parte Rocca Cigliè. Intanto mi ha proposto di parlare con la madre, Maria Cefalì, calabrese di Cortàle (paese al centro dell’Istmo di Catanzaro tra il golfo di Squillace e il golfo di Lamezia, proprio nella zona dove è nato il nome Italia ben 3500 anni fa).
Ho visitato Cortale domenica 08 dicembre 1963 quando una ragazza del posto, Maria Simonetta (nata il 19 novembre 1940 da madre badolatese), ha sposato mio cugino Antonio Lanciano (02 febbraio 1937 – 16 giugno 2002); mentre ho avuto modo di visitare parte delle lussureggianti Langhe nel maggio 1989 (reduce dal Salone del Libro di Torino) assieme al mio amico e poeta catanzarese Antonio Spagnuolo (ingegnere informatico al Politecnico di Torino) che aveva una casa rurale proprio in uno degli amenissimi borghi lungo la riva del fiume Tanaro, a Narzòle (26 km da Rocca Cigliè, come ho visto poco fa su internet).
Sono stato assai lieto di accogliere l’invito a parlare con mamma Maria, mia coetanea (essendo entrambi nati nell’anno 1950). Abbiano fissato un appuntamento. Per prepararmi all’intervista telefonica, la signora Anna mi ha inviato la pagina 71 (Mondovì – Ceva) del quotidiano torinese LA STAMPA di venerdì 09 dicembre 2011 che l’autore, il collega giornalista Piero Dadone pure lui mio coetaneo, aveva tutta dedicata a quattro “Calabrotte” di Cortale, tra cui mamma Maria Cefalì, e al loro primo incontro (scopo matrimonio) con i quattro bei giovanotti provenienti delle Langhe, troppo lontane allora, nel 1964, senza percorso autostradale completato nord-sud. Tutto è cominciato da lì. Tale interessante pagina (intitolata<< Con la “500” dall’alta Langa a cercar moglie in Calabria >>) ho messo come primo allegato alla precedente “Lettera n. 384”. Eccone il link: <<https://www.costajonicaweb.it/wp-content/uploads/2022/02/allegato1-LA-STAMPA-09-12-2011-pagina-71-Mondov_-Ceva.pdf>>.
2 – IL PRIMO INCONTRO NELL’AGOSTO 1964
Come ci ìndica Google, attualmente, via varie autostrade, la distanza tra Rocca Cigliè e Cortale è di 1184 km che si potrebbero percorrere comodamente in appena 13 ore. Ma, nel 1964, i km erano molti di più e non era ancora stato completato l’asse autostradale nord-sud, per cui i quattro amici in cerca di moglie in Calabria hanno impiegato addirittura tre giorni, giustificati non soltanto dalle strade più strette, più tortuose ed insufficienti ma anche da una povera Fiat 500 che (da “city car” – utilitaria di città) non era certo adatta a percorsi così lunghi e accidentati, e addirittura con dentro quattro giovanottoni (belli pienotti e ben alti, tre agricoltori e un muratore). Ah, l’audace gioventù!!!… Ah, la gran voglia di Amore e di Vita!!!…
Comunque sia, ad attendere Ninì Bertola e gli amici Ettore, Remigio e Giovanni c’era Antonio Suppa, il muratore di Cortale che aveva invogliato i quattro “signorini” a cercare moglie nel proprio paese, giù nel profondo sud, dove le signorine “abbondavano”. Ebbero un’accoglienza assai calorosa (“come se fosse arrivato il vescovo” ha detto uno di loro a Piero Dadone nell’intervista pubblicata nel 2011 da LA STAMPA). Fu un evento per Cortale. Forse il primo matrimoniale del genere. Tra Maria Cefalì (allora appena appena quattordicenne) e Giovanni Baricalla (22 anni) fu amore a prima vista. La signora Maria me lo dice e lo ripete ancora con orgoglio dopo ben 58 anni da quel “colpo di fulmine”. Tra loro fu talmente e davvero un grande amore che Giovanni fu disposto per Maria a lasciare la fidanzata che aveva nelle Langhe!…
Altri due ragazzi della comitiva si fidanzarono ufficialmente in quei pochi giorni di permanenza e convolarono a nozze addirittura nel giro di poche settimane. Uno dei quattro temerari tornò in treno quasi subito, senza aver fatto alcuna scelta. Ma, poco tempo dopo, fu sostituito da un altro ragazzo che trovò l’amore nello stesso paese di Cortale e convolò a nozze in breve tempo. Si formò, così, un piccolo filo diretto tra Cortale e Rocca Cigliè.
3 – LE SPOSE DI CORTALE
Se così possiamo chiamarle, queste 4 “spose di Cortale” esulano un po’ dal paradigma di quegli anni, quando, in gran parte, erano piuttosto povere le ragazze che diventavano mogli di giovani (o uomini già attempati) provenienti dal centro-nord, i quali avevano principalmente bisogno di braccia e di figli. I quattro ragazzi di Rocca Cigliè avevano bisogno di farsi una famiglia più che utilizzare le mogli nei lavori di campagna. Infatti, pur essendo tale paese immerso nella bellissima ruralità delle Langhe, è stato marginale l’impiego in agricoltura delle “quattro di Cortale”.
Maria Cefalì, in particolare, ha collaborato con il marito nella conduzione della piccola ditta di restauri edili che, in pratica, ha ripristinato gran parte delle abitazioni del piccolo borgo di loro residenza e dei paesi attorno. La signora Maria lo dice come un vanto e un merito, evidenziando come il marito Giovanni fosse più un artista ed un imprenditore piuttosto che un semplice muratore. Ma, in verità, pure Maria è un’artista sartoriale.
Infatti, era in uso nelle famiglie calabresi (e meridionali in genere) che le ragazze, fin dalla prima adolescenza venissero dotate di una macchina da cucire elettrica, con la convinzione che una brava moglie dovesse saper fare tutto (sia per l’armonia del matrimonio e sia per risparmiare nell’economia domestica). E Maria Cefalì era la classica ragazza che (non di provenienza contadina ma piccolo borghese, con padre impiegato alla Fiat e madre sarta e ricamatrice) rispondeva totalmente a questi canoni di tuttofare delle nostre ragazze. Era talmente sveglia che dimostrava di essere bravissima in tutto ciò per cui era necessario impegnarsi ed agire, dentro e fuori casa. Eravamo soliti chiamare ragazze così “Mani di fata” poiché riuscivano a fare molto bene di tutto e di più con assoluta precisione e alla svelta. Un vero tesoro di donna!
Nella recentissima foto n. 1 (in copertina ndr) si è fatta ritrarre davanti al suo evocativo “altare o presepe familiare” (le foto di fidanzamento, di matrimonio e la pagina 71 de “La Stampa”) e sotto c’è la macchina da cucire elettrica “Singer” (una marca USA che allora andava per la maggiore assieme all’italiana Necchi). Per dire quanto fosse importante una macchina da cucire nel corredo di una ragazza del sud, ho saputo da una ormai anziana signora che … nel 1958 per completare il pagamento delle cambiali della sua Necchi elettrica e super-accessoriata (che, pure per il costo, rappresentava un vero e proprio investimento) … è stata costretta a partire per la Lombardia dove ha lavorato come mondina.
4 – IL MATRIMONIO E LA VITA NELLE LANGHE
Per potersi sposare, Maria Cefalì (nata il 17 luglio 1950) e Giovanni Battista Baricalla (31 gennaio 1942), a motivo della troppo giovane età di lei, dovettero aspettare due anni (dopo il fidanzamento ufficiale del 26 dicembre 1964). E, comunque, per potersi sposare dovettero ottenere la dispensa del vescovo. Il loro matrimonio è stato celebrato a Cortale domenica 14 agosto 1966 con grande e gioiosa partecipazione di popolo. A quei tempi era usuale il matrimonio delle adolescenti, specialmente se belle e fascinose come Maria che risulta essere davvero molto bella e carismatica donna anche adesso a quasi 72 anni. Ad esempio, qui in alto Molise, conosco alcune donne che si sono sposate a 15 anni e sono poi diventate mamme a 16. Quelli erano i tempi, quelle le situazioni. D’altra parte la scienza afferma che i figli è meglio farli da giovanissimi. Non come adesso che si procrea tra i 30 e i 40 anni. E, a volte, anche oltre, con genitori piuttosto attempati, tanto da sembrare nonni dei propri figli. E non so con quale effetto o affetto generale!
Dopo un breve viaggio di nozze in Liguria, gli sposi si stabilirono a Rocca Ciglié. Sicuramente non è stato facile viverci per Maria Cefalì, nonostante il suo grande amore per il marito e la nascita della prima figlia, Anna, il 23 agosto 1967, quando aveva giusto 17 anni. E, nonostante la sua giovanissima età (quando è più facile per tutti l’adattamento ambientale), la troppa differenza di mentalità e di abitudini, ma anche di preconcetti sulla provenienza geografica, penalizzavano Maria così come tutte le “spose del Sud”. Spesso anche molto pesantemente, persino nei confronti dei loro bambini. Unico conforto e rifugio la famiglia. Unica solidarietà le altre tre spose di Cortale e le brave persone del luogo (perché, per fortuna, si sono sempre le brave persone ovunque).
Erano anni molto difficili per l’integrazione dei meridionali nel nord Italia. E la Scuola di allora (così come la cultura ufficiale) poco o niente faceva per appianare le incomprensioni, i comportamenti e i pregiudizi del Nord verso il Sud … mentre il Sud, per paradosso, stravedeva per il Nord o per il suo “mito” (più o meno inculcato, spesso pure come un miraggio, come l’America d’Italia). Ed io stesso (come più volte ti ho detto) ne sono stato dolorante ed esasperata vittima durante la quinta elementare frequentata nell’anno scolastico 1960-61 a Rivoltella del Garda (frazione di Desenzano, in provincia di Brescia) e poi nelle estati 1964 – 1965 – 1966 trascorse a Sesto San Giovanni e dintorni, in provincia di Milano, dove avevo una sorella insegnante, sposata con un nostro compaesano che lavorava come tecnico nel locale stabilimento della Breda siderurgica.
Ancora oggi pare sia necessaria una qualche “riconciliazione” (anche storica oltre che culturale ed economica) tra Nord e Sud Italia. Infatti, se non si giungerà ad una vera “pacificazione nazionale” (sulle pendenze lasciate dal 1860 in poi) ci saranno anche in futuro due troppo differenti “Italie” che coesistono sì alla meno peggio però così malamente e con tali e tante difficoltà da minare l’Unità politica raggiunta con troppe sofferenze. Mi è piaciuta molto la veritiera conclusione che Piero Dadone ha dato alla sua già citata ed emblematica pagina su “La Stampa” sulle quattro coppie di sposi di Cortale-Langhe:<<… contribuirono anche loro a “fare l’Italia”! >>. Faccio affidamento nelle nuove generazioni e nella saggezza dei più lungimiranti per un’Italia concretamente migliore e più giusta, riequilibrata nell’essenza del suo essere!!! …
Per Maria Cefalì, un’altra ovvia e non facilmente o altrimenti risolvibile difficoltà proveniva pure dal clima invernale molto più rigido che a Cortale, dove però era solita trascorrere con la famiglia le sempre tanto attese ferie estive, facendo il pieno di affetti che bisognava farsi bastare per tutto l’anno, nonostante la recente teleselezione telefonica desse la possibilità di sentire spesso familiari, parenti ed amici. Come quasi tutte le famiglie genitoriali del Sud, pure quella di Maria era disseminata in varie parti del mondo. Nonni, genitori, parenti ed amici a Cortàle o dintorni, ma fratelli in Canada. L’emigrazione ci ha fatto abituare alla nostra pur difficile “globalizzazione ante litteram”. E le radici?
5 – PENTITA
Ecco, sì, le radici!… Ognuno di noi ha un problema di radici, specialmente se (volenti o nolenti) abbiamo lasciato il nostro paese natìo e i nostri più profondi affetti. Per tutti i migranti del mondo le radici sono oltremodo importanti, in particolare se l’ambiente di destinazione e di nuova residenza non è sufficientemente accogliente o non ci si sente a proprio agio (per lingua, cultura, abitudini, clima, economia, religione, ecc.). Ma quale habitat può essere perfettamente accogliente quando ci si sente comunque “sradicati” pure nella mente e nel cuore?…
Maria Cefalì oggi si dice pentita di essersi sradicata, seppure per propria volontà, seppure assai felice di questo amore fortemente voluto e della splendida famiglia che ha formato con il suo Giovanni, con cui ha vissuto una grande storia anche umana e solidale, arricchita dalla nascita di tre bei figli: Anna (23 agosto 1967), Lorenzo (25 settembre 1971) e Rosalba (29 luglio 1973).
Quando mi ha parlato di questo suo “pentimento” ha usato le medesime parole di tutte le altre persone che ho intervistate, nel corso della mia vita. Le stesse parole, ad esempio, della signora molisana Venere Ingratta, sposata ad un agricoltore ed allevatore della provincia di Bologna nel 1979 (in tempi più recenti di 13 anni rispetto alla signora Maria). Rivedi e rileggi <<https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-320-la-difficile-emigrazione-femminile-matrimoniale-e-contadina-in-italia-da-sud-a-nord-1945-1985/>> specialmente i paragrafi dal 5 al 10 compreso.
E, più o meno, sono parole uguali anche per coloro i quali, al giorno d’oggi, lasciano (persino con entusiasmo o con rabbia) il proprio paese che ritengono quasi responsabile del loro allontanamento!… Tuttavia, nostalgia e sentimento delle radici, ridiventano sempre più forti con il passare degli anni, pure perché si riscoprono valori che si erano sottovalutati in gioventù, presi magari dalla smania delle novità, dei miti, dei miraggi o dell’avventura. Tantissimi mi hanno detto << Avrei preferito mangiare pane e cipolla al mio paese e non carne altrove o avere lussi! >>. Sarà! … Sarà che la pensi allo stesso modo anche chi emigra dal Nord verso altre parti d’Italia o per l’estero? … Oppure è soltanto una “malattia” tutta meridionale?…. E che dire delle attuali migrazioni che provengono in Europa da ogni angolo del mondo?…
Certamente quello delle radici è o diventa un tema ed un problema centrale per tutte le persone. C’è chi lo manifesta e c’è chi lo sa bene nascondere (pure per troppo orgoglio). Però, ho avuto la possibilità di scavare anche dentro l’anima persino di chi si mostra spavaldo della propria emigrazione … ma se avesse potuto, sicuramente non avrebbe lasciato mai e poi mai il proprio paesello. Non di solo pane vive l’uomo! …
6 – LUTTI TREMENDI E PREMATURI
Caro Tito, la mancanza di persone troppo care alla nostra vita rappresenta sempre un altro grande tema ed un altro grosso problema per il vuoto che lascia dentro di noi. La signora Maria Cefalì soffre ancora e sempre di un vuoto che è, in assoluto, il più straziante e il più atroce di tutti, specialmente per un genitore: la perdita di un figlio in giovane età. Ne abbiamo scritto parecchie volte, tra cui il 15 aprile 2015 con <<https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-113-il-dolore-illuminato-di-elena-salvatore-ferrante/>> oppure il 22 ottobre 2017<<https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-191-in-memoria-di-massimiliano-badolato-il-figlio-che-tutti-vorrebbero-avere/>>. Purtroppo non c’è conforto che tenga!…
Fin da bambino sono stato assai sensibile alle morti dei figli, specialmente se in tenera età o giovanissimi. Non riuscivo a reggere, nemmeno con la fede religiosa, nel vedere come si chiudeva la vita per un genitore dopo la perdita di un figlio. Tanto è che, ritengo, può essere stata pure questa possibilità o rischio che mi ha fatto decidere di non aver figli (a parte tutte le altre convinzioni e considerazioni). Ho seguìto parecchi genitori in questa sciagura. Tanto che mi era venuta in mente di fare un’associazione di sostegno, l’A.G.O. – Associazione Genitori Orfani. Infatti noi pensiamo che siano solo i figli a rimanere “orfani” di uno o di entrambi i genitori. Invece, i veri orfani sono i genitori privati di un figlio! Vedi, in particolare, la struggente <<https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-216-un-libro-ed-un-opuscolo-dedicati-da-mimmo-badolato-al-compianto-figlio-massimiliano/>> del 09 maggio 2018.
Tra le tante informazioni che mi ha dato sulla sua famiglia, Anna Baricalla mi ha detto << Purtroppo il 16 dicembre 1995, all’età di 24 anni, è morto mio fratello Lorenzo, per complicazioni di un incidente stradale. Un dolore immenso che ha distrutto i miei genitori e l’intera famiglia >>. Di fronte a queste tragedie non ci sono parole. E ha continuato << Poi, il 15 gennaio 2002, ad appena 59 anni, è morto il mio papà con un tumore ai polmoni. Per mia mamma non è stata una vita affatto facile. Tanto, troppo dolore!>>.
A questi tragici lutti si sono aggiunti, per la signora Maria, quelli della sorella Elisabetta il 29 ottobre 1991 e del fratello Raffaele il 21 dicembre 2011, entrambi deceduti in Canada molto prematuramente. Altre importanti radici recise, anzitempo. Meno male che ha le figlie Anna e Rosalba che l’adorano, così come l’unica nipote Alessandra (figlia di Anna) di 24 anni (classe 1997). Aspetta che la faccia bisnonna.
7 – MONUMENTO ALLE CALABROTTE
Vengono ancora chiamate “Calabrotte” le tantissime donne calabresi che sono venute nelle Langhe, per matrimonio o per lavoro, nei 4 decenni del dopoguerra (tra il 1945 e il 1985). Nell’introduzione al libro del collettivo Lou Palanca “Ti ho visto che ridevi” il fondatore e presidente di Slow Food, Carlo Petrini, ha dichiarato che le Calabrotte hanno salvato le Langhe. Un motivo in più (e fondamentale) mi sono chiesto, per dedicare a loro un monumento, per riconoscenza, gratitudine e solidarietà (anche per tutti i sacrifici fatti, lontane dalla propria terra, dalle proprie radici).
Così, dopo avere chiesto in giro e capìto che non c’è ancora nemmeno un monumento (almeno in uno dei borghi delle Langhe o nelle città più rappresentative come Alba o Bra), lunedì 24 gennaio 2022 alle ore 16.48 ho scritto una “Lettera aperta” ai Sindaci dei Comuni delle Langhe, affidandola pure ad alcune associazioni di quel territorio e alla stampa locale, che l’ha recepita e diffusa con alcuni articoli. Tale richiesta è stata evidenziata pure in altri siti web giornalistici sia in Calabria che in altre parti d’Italia.
Caro Tito, cercherò di seguire il più possibile il corso di tale richiesta e spero di poterti dare una notizia positiva, prima o poi. Intanto, cerchiamo di fare “monumenti” giornalistici e letterari da dare pure alla Biblioteca Calabrese di Soriano (VV). Il giornalista Livio Oggero (collega di www.targatocn.it) ha affermato, nel suo articolo sulla richiesta di monumento alle Calabrotte, che esiste un film lungometraggio proprio su queste donne venute nelle Langhe dalla Calabria.
Gli ho telefonato giovedì sera 03 febbraio alle ore 17.54 (per tre minuti e un secondo) per chiedergli dove si può trovare tale documentario, da proiettare eventualmente in qualche manifestazione pubblica nei paesi delle Langhe e in Calabria o, ancora meglio, far trasmettere da una o più emittenti TV regionali e, perché no? … anche nazionali (come Rai Storia o Rai Cultura o Rai 3 oppure da qualche canale Mediaset). Vedremo.
8 – LA CULTURA E’ LA NUOVA RESISTENZA
Caro Tito, venerdì scorso 04 febbraio (alle ore 09.29 per 9 minuti e 31 secondi) ho parlato di Cultura al telefono con la dottoressa Wilma Leone della Biblioteca Provinciale di Salerno. Costei mi ha detto che ormai la “Cultura è la nuova Resistenza” per quanto è maltrattata in generale (salvo poche eccezione e in quei settori più redditizi economicamente e per l’immagine pubblica e politica). I più sofferenti sono i sistemi bibliotecari e, in particolare, pure gli archivi e i musei. Ovvero la nostra Memoria sociale. A chi giova questa smemoratezza e questa quasi totale mancanza di lungimiranza e amore per il proprio popolo?…
Concordo con la dottoressa Leone, e pienamente, anche perché ho pagato e sto pagando troppo anche io (in termini di esistenza e di vita) proprio per cercare di fare cultura sociale e rendere onore e giustizia a coloro i quali, come la signora Maria Cefalì, hanno sofferto tanto ma sempre con altrettanta dignità. E’ nostro obbligo dare memoria proprio e specialmente a chi ha sofferto più di altri … o, come sono solito dire spesso, a chi la vita se l’è sudata più di tanti altri.
Colgo la preziosa occasione per anticiparti che, entro il prossimo mese di giugno, ti scriverò una lettera su Pietro Borraro, il compianto e magnifico direttore della Biblioteca Provinciale di Salerno, che bisogna considerare e inserire nelle persone che più hanno fatto cultura dinamica in Italia, essendo tra i primissimi a coltivare e a realizzare entusiasticamente quell’animazione culturale di cui è stato maestro, pure per me. Infatti, ho avuto l’onore e il privilegio di conoscere tale super-personaggio in un convegno a Napoli nel febbraio 1982. Dopo il mio intervento a quell’assemblea in qualità di bibliotecario comunale di Badolato, mi ha invitato a partecipare al 1° Convegno residenziale internazionale di Studi “L’animazione culturale in Europa” che poi si è svolto all’hotel Cassandra di Santa Maria di Castellabate (nel Cilento) da mercoledì 08 a lunedì 14 giugno 1982. Una esperienza davvero unica, irripetibile, epica, straordinaria ed epocale!
Esperienza “unica, irripetibile, epica, straordinaria ed epocale” come quella delle “Calabrotte” nelle Langhe. Spero che le Università territoriali (piemontesi e calabresi, in particolare) e le associazioni socio-culturali locali facciano buon uso di questa grande memoria storica e sociale che esalta il valore di queste donne e della loro cultura del lavoro, del sacrificio e, ritengo, di un tale autentico “eroismo” da restare nella Storia e nella considerazione delle presenti e delle future generazioni.
Oltre a “Ti ho visto che ridevi” (2015), un altro libro documenta la presenza delle “Calabrotte” e celebra molto meritoriamente il mondo contadino in genere, specialmente le donne considerate l’anello forte … è, appunto, “L’anello forte. La donna: storie di vita contadina” di Nuto Revelli(Cuneo 1919 – 2004), pubblicato dall’editore Einaudi di Torino nel 1985. Da tale opera è tratta pure una significativa rappresentazione teatrale. E’, questo, uno strumento culturale indispensabile pure per chi vuol capire l’importanza del ruolo sociale della ruralità (direi in ogni tempo e paese). Il valore della terra.
9 – LOTTARE PER RESTARE
Nell’intervista telefonica ho chiesto alla signora Maria Cefalì di dare un messaggio finale alle nuove generazioni per come centellinato dalla sua esperienza personale lunga ormai quasi sessanta anni. <<Lottare per restare!>> questo è, in estrema sintesi, il messaggio della “Calabrotta di Cortale”. Ma afferma: << Certo, bisogna viaggiare molto in giro per il mondo, per divertirsi e con lo scopo di apprendere e capire di più. Si possono pure fare esperienze lavorative nel resto d’Italia e all’estero … però bisogna tornare alle proprie radici per vivificarle. Non bisogna mai lasciare definitivamente il paese, la terra dove si è nati! >>.
Mi fa molto piacere che la signora Maria Cefalì abbia detto ciò. L’ho sempre pensato pure io … e sì che di esperienze a riguardo ne ho accumulato proprio tante, per poter affermare con estrema convinzione una cosa del genere. Non nasciamo a caso in un luogo, come gli ulivi o altre piante tipiche di quella terra. L’Armonia della Natura esige pure questo: non abbandonare la propria missione. Perché sì, è la nostra nascita che ci affida una missione in questo mondo. D’altra parte (l’ho riscontrato sulla mia pelle) le stesse energie che una persona mette per adattarsi a vivere in un altro posto … possono essere impiegate per migliorare il luogo di nascita. Ecco perché ha ragione la signora Maria Cefalì nel dire “Lottare per restare!”. Ovviamente, ogni regola ha le sue eccezioni. Tuttavia, è bene prestare molta attenzione all’Armonia!…
Caro Tito, mi sembra questo, davvero, il messaggio più saggio che si possa dare alle nuove generazioni. Un messaggio che condivide totalmente pure la mia sofferta esperienza a riguardo. Certo la sopravvivenza o la valorizzazione di sé può portare pure lontano, però è salutare per ogni essere umano sentirsi ancora e sempre parte delle proprie radici, della terra dove non si è nati per caso. Dobbiamo ringraziare la signora Maria Cefalì per questa intervista e per i valori che ci ha trasmessi o confermati, suo distillato di vita.
10 – INIZIATIVE IN ONORE DELLE CALABROTTE
In onore della signora Maria e di tutte le altre Calabrotte cercherò di proporre utili iniziative per la loro migliore valorizzazione della memoria storica. Ho parlato di questo con la figlia Anna, sabato 05 febbraio dalle ore 14.07 per 20 minuti e 20 secondi. Forse, nei tempi che furono, sarebbe stato necessario che ci fosse un’apposita associazione che tenesse legate tutte le Calabrotte delle Langhe, sia per rendere ancora più utile la loro presenza nelle Langhe sia come punto di riferimento anche affettivo tra corregionali. Non è detto che i figli delle Calabrotte non possano realizzarla loro! C’è un ricco patrimonio di vita da gestire!
Tuttavia, ritengo che qualcosa si possa ancora recuperare, con qualche iniziativa utile al significato e alla memoria. Oltre al “monumento” penserei, per esempio, ad una “Maratona della Calabrotte” che ogni anno possa fare un percorso differente, con partenza da un borgo diverso di anno in anno, ma sempre con arrivo a Bra o ad Alba. La maratona è come una ragnatela culturale e simbolica tra tutti i paesi delle Langhe. Potrebbe essere mista, sicuramente a carattere internazionale; oppure potrebbe essere solo femminile, per sottolineare proprio il ruolo delle Calabrotte nel territorio e nella storia di tale vasta comunità omogenea.
Una simile maratona si aggiungerebbe a tutte le maratone o altre manifestazioni podistiche già esistenti in zona, per arricchire l’offerta sportiva e la promozione turistica locale. E sarebbe, tra l’altro, pure un’occasione di “gemellaggio” ideale o reale Langhe-Calabria, attraverso lo sport, la cultura e la eno-gastronomia, con tutto ciò che si potrebbe sviluppare ulteriormente. Ho in mente altri tipi di iniziative che potrei esplicitare in momenti futuri e più opportuni. Andando vedendo. Intanto diamo onore alle due diverse tre generazioni di Maria Cefalì con questa foto che la ritrae con la propria mamma (Anna Pirritano, classe 1927) e con la figlia Anna, mentre nell’immagine di domenica 06 febbraio 2022 (che seguirà come n. 12) è con la figlia Anna e la nipote Alessandra … in attesa della quarta generazione … con l’augurio che avvenga presto!
11 – UNIVERSITA’ DELLO SPOPOLAMENTO A CUNEO O NELLE LANGHE
Via whatsapp, con un messaggio delle ore 11.24 ho ipotizzato alla professoressa Antonella Tarpino (vice presidente della Fondazione Nuto Revelli di Cuneo) la possibilità che attorno a tale Organizzazione socio-culturale sarebbe assai utile realizzare una vera propria UNIVERSITA’ EUROPEA DELLO SPOPOLAMENTO, visto e considerato che nella sola Unione Europea ci sono circa 20mila di borghi spopolati e circa 40 milioni di ville o case rurali di pregio abbandonate o in via di crollo. La risposta è stata interlocutoria. Le ho risposto che potremmo impegnarci insieme.
Tra l’altro, personalmente, potrei donare alla istituenda Università dello Spopolamento tutto il mio BAM (Biblioteca – Archivio – Museo) attualmente contenuto in 60 bauli (cm. 120x60x60), quasi tutto incentrato proprio sui miei studi sullo spopolamento che hanno prodotto pure la nota vicenda a livello internazionale di “Badolato paese in vendita in Calabria” realizzata (più intensamente nel biennio 1986-88) proprio per salvare da spopolamento e degrado i borghi antichi e storici di tutta l’area euro-mediterranea.
Infatti, lo spopolamento non appartiene soltanto al nostro meridione ma lo stesso arco alpino (pure estero) e tutta la dorsale appenninica centro-settentrionale è interessata a tale grave e forse irreversibile fenomeno che, nonostante tutto, trova pure nelle Langhe una problematica da risolvere al più presto prima che un patrimonio edilizio e una intera civiltà diventi archeologia.
Lo spopolamento, oltre che politicamente ed economicamente, va affrontato scientificamente pure nei suoi sempre imprescindibili risvolti umani, etici e socio-culturali. Per cui, tutte le Università italiane ed europee potrebbero istituire un << Corso di laurea in desertificazione territoriale >>. Cuneo città e/o provincia, in particolare le Langhe, potrebbero essere il motore di tale nuova impostazione e lungimiranza. Basta crederci ed esserne convinti. Lo “Slowfood” ed altre aziende o istituzioni del territorio potrebbero essere parte importante di tale progetto, necessario quanto riqualificante. Modello da esportare in altre realtà del mondo dove il problema esiste persino in modo più acuto del nostro!
12 – IL GRAN PREMIO DELLE GENERAZIONI
In occasione della Giornata delle Donne del prossimo 8 marzo, l’Università delle Generazioni assegnerà il GRAN PREMIO DELLE GENERAZIONI a tutte le CALABROTTE delle Langhe e, separatamente, a TUTTE LE SPOSE DEL SUD richieste nel centro-nord Italia. Tale riconoscimento si estende pure ai loro eredi generazionali. E verrà fatto pervenire a tutti i Comuni delle Langhe, affinché ne possano esporre e/o conservare la Pergamena, che verrà inviata, altresì, pure agli Archivi di Stato di Cuneo e di Asti.
In particolare, alla signora Maria Cefalì verrà assegnato il PREMIO DELLE RADICI da parte dell’associazione AMICI DELLA CALABRIA. Tale riconoscimento di affetto sociale si estende pure ai figli Anna, Lorenzo alla memoria, Rosalba e alla nipote Alessandra.
Una curiosità. A Cortale, paese di nascita di Maria Cefalì, ci sono altre famiglie di eguale cognome ma scritto con la “y” finale per rimarcare il carattere aristocratico del lignaggio. Infatti, vi nacquero i famosi pittori Andrea Cefaly senior (1827-1907) pure garibaldino e deputato repubblicano e Andrea Cefaly junior (1901 – 1986) nonché il giurista Salvatore Foderaro deputato della Democrazia Cristiana per ben 5 legislature.
13 – L’AVVICENDAMENTO DELLE MIGRAZIONI
Caro Tito, sentirei incompleta questa “Lettera n. 385” se non facessi riferimento all’avvicendamento delle generazioni e delle immigrazioni, non solo nelle Langhe, ma in tutto il resto d’Italia e d’Europa. Così come nella nostra stessa Calabria. Ai lavoratori meridionali (specie nelle Langhe dal dopoguerra fino all’esaurimento del boom economico), in Nord Italia stanno piano piano subentrando lavoratori provenienti da varie nazioni del cosiddetto sud del mondo. Ma anche famiglie del centro Europa amanti del territorio.
In occasione del primo maggio, festa del lavoro, l’Università delle Generazioni assegnerà IL GRAN PREMIO DELLE GENERAZIONI per tutto il notevole contributo che tutti questi lavoratori elargiscono, con grandi sacrifici, all’Italia e all’Europa.
14 – CALABRIA MAGNIFICA
Caro Tito, sfogliando in internet ho trovato l’articolo <<https://www.calabriamagnifica.it/costume-e-societa/calabrotte-e-sensali-matrimoniali-il-mondo-dellarte-racconta-storie-di-sopravvivenza/>> a firma di Anna Maria Crisci. La quale è stata molto brava a sintetizzare, in pratica, tutti i miei numerosi comunicati-stampa diffusi nelle due settimane (17-30 gennaio) in cui c’è stato fermento per la miniserie TV di Rai Uno “La Sposa”. La collega Crisci è stata altresì molto sensibile al tema col proporre, in allegato, anche l’acuta e condivisibile considerazione <<https://www.calabriamagnifica.it/arte-e-cultura/ti-ho-visto-che-ridevi-di-lou-palanca-al-mgff-intervista-al-prof-nicola-fiorita/>>.
I molto efficienti colleghi del sito <<www.calabriamagnifica.it>> non sono nuovi a questi lavori di rifinitura e maggiore completezza sulle notizie, come ho potuto notare pure nei confronti di alcune mie iniziative. Mi congratulo e li ringrazio anche qui. Precedentemente, ho sentito l’esigenza di dimostrare la mia lode e la mia riconoscenza telefonando alla loro sede di Viale Crotone in Catanzaro Lido, nel vasto rione Casciolino, a me tanto caro per più di un motivo.
15 – RINGRAZIAMENTI
Per questa vicenda delle “Spose del Sud” e, in particolare, delle “Calabrotte” sento il dovere di ringraziare principalmente la signora Anna Baricalla per il gentile contatto e la notevole collaborazione, sua madre Maria Cefalì per la preziosa intervista; la scrittrice Chiara Sasso e la professoressa Antonella Tarpino per il sostegno alla proposta di un “Monumento alle Calabrotte”; i giornalisti Livio Oggero per www.targatocn.it e Piero Dadone per aver scritto la illuminante ed emozionante pagina su “La Stampa” sulle “Calabrotte di Cortale”.
Ringrazio il sempre gentile e disponibile dottore ed animatore socio-culturale e turistico Guerino Nisticò di Badolato per il continuo sostegno a distanza e la ulteriore diffusione dei miei articoli su “La Sposa”, mio cugino Giovanni Gambaretti di Verona e ancora ancora tutti i colleghi giornalisti e i siti web che mi supportano nella tenace opera di sensibilizzazione sociale tramite queste “Lettere a Tito”. Ringrazio, altresì, per l’utilissima consulenza su alcune caratteristiche delle Langhe, la dottoressa Caterina Rudi di Badolato Marina.
Ringrazio con vera gioia Ginevra dell’Orso, una simpatica e arguta scrittrice milanese che da parecchi anni ormai vive in un ameno borgo collinare calabrese con stupenda vista sullo Jonio. Non manca occasione per celebrare la nostra Calabria. Le siamo profondamente grati come per una vera “calabresella” vocazionale. Ecco, qui di seguito, quanto ha scritto oggi lunedì 07 febbraio 2022 sulla prima pagina del quotidiano web “Calabria.Live” (fondato e diretto da Saverio Strati). La ringrazio personalmente per aver scritto che per vivere in Calabria ci vuole “incanto” (oltre alla fantasia e all’amore). E’ verissimo!… Grazie di cuore!
Ha capito tutto della Calabria. Ne so qualcosa pure io, nativo calabrese jonico: non c’è mai stato giorno della mia esistenza in cui non abbia vissuto la mia Calabria con immenso ed esaltante, sublime e trascendente “incanto”. Chi non ha incanto non può capire la Calabria, che (come regione e popolo) viene troppo spesso denigrata per una quasi totale “ignoranza storica” o voluta “sconoscenza” (a volte anche per invidia o per il solo sentito dire). Pure per far conoscere la Calabria vera e profonda, sto distribuendo gratis via email i libri del filosofo Salvatore Mongiardo che comunque possono essere trovati, assieme ad altri suoi interessanti scritti, nel sito << www.salvatoremongiardo.com >>. Grazie Tito, per diffonderli pure tu!…
16 – LA CALABRIA AMATA DA GINEVRA DELL’ORSO
IPSE DIXIT – GINEVRA DELL’ORSO (Direttrice de IL CALENDARIO DELL’ORTO). La Calabria è una regione anomala, per certi versi “surreale”, che vanta numerosi primati, tra cui molte unicità. E’ la regione con il più alto tasso di disoccupazione, ma al tempo stesso ha l’aria più pulita e la biodiversità più alta in Europa. Ogni anno che passa il mondo si accorge di questa regione dimenticata, e quindi timidamente cerca un approccio per nulla scontato: bisogna avere una visione del mondo un po’ particolare per amare questo posto. Bisogna sapere, vedere, non guardare! Del resto, per vivere qui serve fantasia, amore, incanto. Per anni mi hanno chiesto: ma come fai a stare in un posto in cui non c’è niente? Niente? Questo “niente” è tutto.
17 – E’ MORTO FRANCESCO TASSONE GRANDE MERIDIONALISTA
Ho appena appreso: <<https://calabria.live/la-scomparsa-di-francesco-tassone-grande-meridionalista/>>. Dal giugno 1975 ero in ottimi rapporti di amicizia e di collaborazione con Francesco Tassone (giunto a 96 anni) “Apostolo dei Sud del Mondo”, di cui Giuseppe Antonio Martino ha tracciato il seguente breve profilo, che bene si inserisce nel discorso meridionalistico che, in fondo, sta facendo la presente “Lettera n. 385”.
Ti rimando ad alcune nostre descrizioni di Francesco Tassone che ho più volte segnalato alle presenti e alle future generazioni, come, ad esempio, il 30 marzo 2019 <<https://www.costajonicaweb.it/universita-delle-generazioni-avv-francesco-tassone-di-vibo-una-vita-lunga-e-dineguagliabile/>>. L’Università delle Generazioni aveva assegnato a Francesco Tassone il premio “Gigante della Calabria” nel 2010 e il premio “Una Vita per la Cultura” nel 2019. Ecco il necrologio apparso sulla prima pagine di “Calabria.Live” di oggi 07 febbraio 2022. Grazie, Francesco Tassone!
È morto il 5 febbraio a Vibo Valentia l’avv. Francesco Tassone, fondatore di “Qualecultura”, una delle più impegnate case editrici che abbiano operato in Calabria negli ultimi decenni. Nato a Spadola nel 1926, nel 1974 aveva lasciato la magistratura ed aveva iniziato l’attività forense anche per avere maggiore libertà nello svolgimento di attività editoriali e culturali che, per decenni, lo hanno posto tra i maggiori intellettuali impegnati nella nostra regione. Già nel 1968, nell’ambito del Circolo Salvemini di Vibo, in collaborazione con Mariano Meligrana, Lombardi Satriani e Nicola Zitara, aveva dato vita alla storica rivista “Quaderni del Sud-Quaderni calabresi” della quale è stato direttore fino ad oggi. Il suo impegno è stato per anni proteso a stimolare “la presa di coscienza delle classi popolari meridionali per contribuire ad affrettare la fine della loro subalternità”. In collaborazione anche con sodalizi di altre regioni, come i Circoli città-campagna che operavano in Sardegna, negli ultimi anni, ha promosso e sostenuto l’attività di sodalizi quali il “Movimento Meridionale” e “L’Unione Mediterranea” per il recupero della memoria storica del sud e per la riconquista della sua identità e della sua storia. Un’idea che ha animato le sue molteplici attività è stata infatti quella di creare una rete di movimenti ed associazioni capaci, col tempo, di dar vita ad una forza dirompente per l’emancipazione e la rinascita del Meridione. Proprio per questo, con la sua morte, la Calabria perde uno dei maggiori intellettuali impegnati ed un operatore di grande livello culturale, forse l’ultimo vero meridionalista.
18 – SALUTISSIMI
E, ovviamente, ringrazio ancora e sempre te, caro Tito, che mi permetti di essere “presente” socialmente tramite questo tuo prezioso sito web fin dal 04 ottobre 2012. Non posso concludere questa lettera senza fare riferimento ai dati troppo impressionanti dello spopolamento in Italia riguardo i piccoli Comuni, segno che chi ci ha governato finora non ha avuto scrupoli nel semi-distruggere praticamente metà della nazione a favore di un’altra metà. Le città scoppiano e i paesi muoiono! E’ l’ora del riequilibrio sociale e territoriale!
Ad esempio, per capire meglio, il comune di Cortale, dove è nata la signora Maria Cefalì, dal censimento del 1951 al 2021, in 70 anni ha perso ben 2.607 abitanti (ovvero il 43%) per non considerare tutti gli altri abitanti persi rispetto all’incremento naturale della popolazione, secondo cui Cortale, adesso, avrebbe dovuto avere almeno almeno diecimila abitanti. Considera quanto ha perso in termini umani e sociali!…
Altro esempio, per restare nel tema di questa “Lettera n. 385” … il Comune di Rocca Cigliè, nuova residenza dal 1966 della signora Maria Cefalì, al censimento del 1951 aveva 430 abitanti, mentre adesso ne ha 126. Ben 314 sono i cittadini in meno in 70 anni (pari al 70%). Cifre da capogiro che danno l’idea di come l’Italia rurale è stata letteralmente spogliata, come un albero che ha perso gran parte delle sue foglie. Cosa fare?
Sembra del tutto logico e naturale cominciare a lavorare ad un necessario ed indispensabile RIEQUILIBRIO territoriale e sociale. Pure per questo insisto da decenni, prima con la mia tesi di laurea su Badolato dal 1977; poi con la vicenda del “paese in vendita” nel 1986; e ancora nel 1990 con la proposta di una Università del Riequilibrio.
Con la speranza che nasca e si formi LA PRIMA GENERAZIONE DEL RIEQUILIBRIO ovvero la sempre invocata “Generazione decisiva” per salvare pianeta e società dall’autodistruzione, ti saluto con l’appuntamento alla prossima “Lettera n. 386”. Con tanta cordialità,
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, lunedì 07 febbraio 2022 ore 05.53 – Dal settembre 1967 il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”. Le foto: a parte quelle fornitemi direttamente dalla signora Anna Baricalla, le altre foto sono state prese dal web. – stop –