Di Manuela Fiorini 20 dicembre 2020 - Lo Spirito del Natale, la nuova avventura di Rodolfo Lapidario
Mancavano ancora diverse settimane al Natale, eppure le persone avevano cominciato ad addobbare i balconi con mille luci colorate e nei giardini si vedeva anche qualche albero.
Non era stato un anno facile, il 2020, tra pandemia, divieti, paure, impossibilità di incontrare i propri cari, abbracciarsi. Senza contare tutti coloro che si erano ammalati e avevano sofferto negli ospedali. Qualcuno non ce l’aveva fatta e a Rodolfo Lapidario era toccato organizzare l’ultimo saluto, naturalmente prendendo tutte le misure anti contagio e restringendo la presenza dei partecipanti ai familiari più stretti, rigorosamente distanziati e con mascherina indossata. La piccola agenzia di onoranze funebri gestita da Lapidario aveva incrementato il fatturato, ma c’era ben poco da essere contenti. Il suo, infatti, era il mestiere più difficile del mondo, perché aveva quotidianamente a che fare con il dolore delle persone, con il senso di perdita e di lutto. E Lapidario, che era nato con il dono di vedere gli spiriti dei defunti, almeno finché non decidevano di lasciare questa terra, cercava di portare conforto ai familiari in maniera discreta, senza svelare troppo, per non essere preso per folle. Aveva notato, tuttavia, che anche le anime di chi se ne andava, che fosse per il morbo o meno, erano rassegnate. Attraversavano la porta di luce senza brontolare, come se ne avessero abbastanza di questa Terra. Anche morti erano sconfortati, malinconici, depressi, tristi. Brillavano di una luce fioca e spenta, così come era il loro stato d’animo quando si erano trovati fuori dal corpo, consci del loro passaggio di stato. Anche il Natale, in questo anno anomalo e fosco, sarebbe stato diverso. E forse era proprio per questo che le persone avevano cominciato ad allestire gli addobbi in anticipo: per circondarsi di luci e colori, per rendere più familiare un’atmosfera che non potevano scaldare con gli abbracci, per regalare un po’ di felicità ai più piccoli, anche loro smarriti dal momento che stavano vivendo.
Lapidario non aveva una famiglia con cui festeggiare il Natale, perciò il suo non sarebbe stato diverso da quelli precedenti. L’unica persona che era entrata nella sua vita era Alma, la sua “segretaria tuttofare”, che condivideva con lui il dono di vedere gli spiriti, anche se lei riusciva a vedere solo l’anima del suo avo Eugenio, che le stava vicino come un nume tutelare e non aveva nessuna intenzione di andarsene. Anche Alma era una ragazza piuttosto solitaria, con pochi amici, e una famiglia lontana con cui non andava per niente d’accordo. Per questo Lapidario la sentiva molto affine a sé e aveva cominciato, con il tempo, a volerle bene.
Il Natale si avvicinava, ma in giro c’erano più luci che persone. Le strade erano vuote, le serrande dei negozi abbassate. Le musiche nell’aria erano solo un palliativo, perché di risate e sorrisi non se ne vedevano più, e quelli che nascevano spontanei, nonostante tutto, si spegnevano come fiammelle al primo alito di vento. Eh, sì, sarebbe stato davvero un Natale diverso.
Lapidario sospirò. Era rimasto in ufficio per tutto il giorno, aveva ordinato la cena da asporto e aveva mangiato da solo, seduto alla scrivania. Poi aveva deciso di salire nel suo appartamento, che si trovava al piano di sopra. Aveva appena chiuso a chiave la porta quando il suo corpo venne attraversato da una folata gelida, talmente fredda da lasciarlo impietrito. Non ne aveva mai sentita una così forte e fredda. Lo Spirito che si sarebbe manifestato a lui di lì a poco doveva essere molto forte e potente. C’era qualcosa di diverso, questa volta. Era come se in quella presenza non fosse rimasto nessun scampolo di debolezza terrena. Aveva una possenza antica, emanava saggezza, autorità, ma c’era anche qualcos’altro, che non riuscì a identificare.
Dal buio della stanza si stagliò una sagoma imponente, scura, indefinita.
“So che mi percepisci e vedi quello che voglio farti vedere…o non sarei venuto da te”, disse lo spirito con una voce che era più di un semplice suono.
“Chi sei?”, domandò Lapidario. “Non sei scomparso recentemente, sei diverso dagli altri…”.
Lo spirito esplose in una grossa risata che fece brillare tutte le luci della strada.
“Certo che no. Però è un po’ che ti tengo d’occhio e devo dire che mi piace quello che fai, come utilizzi il tuo dono per fare felici gli altri. Sei una brava persona, Rodolfo Lapidario. Ed è per questo che sono qui”.
Lapidario era sempre più stupito.
“È forse giunto il mio momento? Sei qui per accompagnarmi…”
“No, stai tranquillo. Ne hai ancora da fare in questo mondo. Quest’anno ho deciso che voglio farti un regalo speciale. Hai la possibilità di rivedere qualcuno a cui tieni e che non appartiene più a questa Terra, oppure, se preferisci, puoi fare incontrare un familiare, un amico a una persona a cui vuoi bene. Diciamo che hai tre possibilità, se no, il rischio è che non si finisca più. E poi non sono sempre tre i desideri…”. Lo spirito rise di nuovo.
“Non ci credo…è come nella novella di Dickens, vero? Lo Spirito del Natale Passato, Presente e Futuro…”.
“Ah! Andai anche da quello scrittore, tanto tempo fa. Mi piaceva perché rendeva felici le persone con le sue storie. Lui ci scrisse subito una novella. Però non ho nulla da rimproverargli, perché ancora oggi, quella storia insegna qualcosa alle persone”.
Lapidario stava ancora pensando alle parole dello Spirito, quando questi riprese il discorso.
“Allora, chi vorresti rivedere? Non ho poi tanto tempo, in questo periodo, sono molto impegnato”.
“In realtà, non sono sicuro di volere questo dono per me. Voglio dire, non ho lasciato nulla in sospeso con i miei familiari scomparsi. Però, magari, posso consolare qualcun altro. Anche se…mi viene un grosso dubbio, Spirito…”.
L’anima brillò di una luce forte e curiosa.
“E sarebbe?”.
“Be’, io sono abituato a vedere i fantasmi. Per me è come incontrare qualcuno per strada e dargli il buongiorno. Ma non tutti reagirebbero allo stesso modo, se vedessero lo spirito di un loro caro defunto. Uno potrebbe anche rimanerci secco, capisci che cosa intendo?”.
“Per questo è una scelta difficile…”, commentò lo Spirito meditabondo.
“E se facessi in modo che le persone che ti indicherò avessero un ricordo, un piccolo dono, dalla persona scomparsa? Qualcosa che li rincuori ma che, nello stesso tempo, non li spaventi”.
“E sia. Mi sta bene”. Rispose lo spirito.
“Allora, puoi darmi questa notte per pensarci bene? Qui su due piedi non vorrei sprecare l’opportunità”.
“Sei proprio un ragioniere, Lapidario. Ma un ragioniere dal cuore d’oro. Ci vediamo domani a mezzanotte. È la Vigilia di Natale, quale migliore occasione?”.
Detto questo, lo Spirito sparì. Ma questa volta, lasciò a Lapidario una piacevole sensazione di calore. Ora, doveva concentrarsi. Poteva scegliere solo tre persone.
Ci pensò tutta la notte e anche per tutto il giorno successivo. Aveva passato in rassegna le persone che aveva conosciuto ultimamente e altre che aveva incontrato in passato. Aveva ripassato le loro storie, aveva scritto quelle che lo avevano colpito di più e, alla fine, le aveva spuntate per arrivare solo a tre. E quelle tre sarebbero state le persone a cui lo Spirito del Natale avrebbe dispensato il proprio dono.
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Lapidario era seduto sul letto, in attesa. Aveva accanto il suo blocco degli appunti. Accanto a sé, la luce fioca di una abat jour proiettava la sua sagoma sulla parete di fronte. A un tratto, l’ombra si dilatò fino a ricoprire tutto il muro, mentre nella stanza si levò un turbinio di aria fredda, ma non gelida, che riversò dal soffitto una soffice pioggia di fiocchi di neve. Nella stanza, si propagò una corposa risata. “Hai visto che entrata a effetto? Degna dello Spirito del Natale. Meno male che non sei come Dickens, o chissà che cosa avresti potuto scrivere!”. E giù un’altra risata. Poi, lo Spirito si ridimensionò, anche se non assunse una forma definita. Questa volta, però, brillava di una luce calda e accogliente. La sua voce si fece più umana e bonaria.
“Allora, Rodolfo, hai deciso?”.
Lapidario si schiarì la voce e prese il suo bloc notes.
“Sì…allora, non è stato facile…”.
“Immagino…”, gli rispose l’altro.
“Ci sarebbe Antonia, una signora sulla quarantina. Bé, ha perso la madre quest’anno. Era la sola parente che aveva ancora in vita e, insomma, anche se si diventa adulti, non si è mai pronti alla perdita dei propri genitori. So che sta soffrendo molto, e non riesce a superare il lutto. Mi piacerebbe che ricevesse un suo messaggio consolatorio…”.
“Mmmmm, vediamo un po’”. L’entità si mise a pensare. Poi brillò di una luce più fulgida, quasi rossastra. “Ho trovato! Dì alla signora Antonia di cercare in soffitta il regalo che ricevette per i suoi dieci anni”.
“E come glielo dico? Mi prenderebbe per pazzo!”.
“Dai, Rodolfo, un bel biglietto anonimo nella cassetta della posta. Magari con un bel nastro rosso e gli auguri di Buon Natale!”.
Lapidario arrossì.
“Poi ci sarebbe il mio amico Tullio. È rimasto vedovo dieci anni fa e ogni giorno si reca sulla tomba della moglie. Mi piacerebbe che sapesse che un amore vero non finisce con la vita terrena. Ma non saprei come fare per…”
“Idea! Devi far sapere al tuo amico di guardare bene nei dintorni dell’ultima dimora della sua consorte. Ritroverà qualcosa che credeva di avere perduto”.
Lapidario annuì.
“Poi ci sarebbe Alma, lei ha il mio dono, almeno, qualcosa di simile, e so che non si spaventerebbe se vedesse uno spirito. So che era molto affezionata a sua nonna e che è molto rammaricata per non averle potuto dire un’ultima volta che le voleva bene, perché quando se né è andata, Alma era lontana…”.
“Questa è facile! Dille chiaro e tondo di guardare, nella notte di Natale, lo specchio che tiene sempre nella borsetta, quello che era della sua ava…avrà una bella sorpresa!”.
“Bene…”, disse Lapidario.
“Sei sicuro di non volere niente per te stesso?”
Ci pensò, ma non trovò nulla da chiedere. Forse avrebbe voluto fare qualche domanda a sua nonna, da cui aveva ereditato quel dono bizzarro, ma non volle barattare il suo desiderio con quello degli altri.
“Sto bene così, grazie…”
“Allora, se questi sono i tuoi tre desideri…che siano!”.
Lo Spirito sparì in un turbine di fiocchi di neve, ma nella stanza non ne rimase nemmeno uno.
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La signora Antonia era rimasta molto colpita da quel biglietto scritto a mano, trovato nella cassetta della posta, arrotolato e sigillato da un bel nastro rosso. Ancora più misterioso era il suo contenuto. Chi poteva averglielo mandato? Ancora più incuriosita, però, si diresse verso la soffitta dove aveva l’abitudine di conservare tutto, rigorosamente catalogato per anno in scatoloni pulitissimi e impilati alla perfezione. Cercò quello con la data di trent’anni prima, lo aprì con il taglierino che aveva portato con sé e cercò tra i ricordi dei suoi dieci anni. Ed eccolo lì, il regalo di Natale di quell’anno: uno dei primi pupazzi con dentro un piccolo disco che dava ai bambini l’impressione di parlare. Se lo rigirò tra le mani. Solo allora percepì una consistenza che non si ricordava. Girò il pupazzo sulla schiena, fece scorrere la chiusura di velcro, e cercò al suo interno. Ci trovò un’audiocassetta, un oggetto che ora le sembrava preistoria. Sopra c’era una scritta: “Per la mia Tony da mamma”. Sentì un tuffo al cuore. Poi ebbe un’intuizione, un suggerimento dal cuore. Cercò, cercò ancora tra gli scatoloni, finché non trovò il suo vecchio mangianastri, quello che l’aveva accompagnata dalle prime fiabe in cassetta ai primi album di musica leggera, ascoltati fino a consumare la bobina e le orecchie. Lo portò al piano di sotto, cercò un paio di pile adatte, inserì l’audiocassetta. E sentì la voce di sua madre, che le diceva che le voleva bene, che sarebbe stata sempre con lei, ovunque andasse e le augurava “Buon Natale” mandandole un bacio. La signora Antonia pianse di gioia e di emozione. Sentì nel profondo del suo cuore che quello era un messaggio di sua madre e che qualcuno aveva voluto farglielo avere, per vie misteriose, per farle passare il Natale più bello della sua vita.
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La mattina di Natale, il signor Tullio si recò al cimitero dalla moglie Angela con un bel mazzo di rose rosse e fresche, in mezzo ci aveva fatto aggiungere anche qualche ramo di agrifoglio spruzzato di neve artificiale. Tolse i fiori appassiti, cambiò l’acqua, ci mise le rose e l’agrifoglio, poi si mise a lucidare la lapide. Intanto, Tullio raccontava a sua moglie quello che gli era capitato, le sue paure per quell’anno così strano e che per colpa del virus non sarebbe potuto andare al pranzo di sua sorella. Stava per andarsene, quando sentì uno strano tintinnio. Guardò meglio e lo vide, appeso a un ramo di agrifoglio. Non poteva crederci! Lo prese delicatamente tra le mani e dovette stropicciarsi gli occhi: era proprio il braccialetto che aveva regalato a sua moglie per i trent’anni di matrimonio: un intreccio di oro bianco e oro giallo con il simbolo dell’infinito e un piccolo diamante per dirle che il loro amore era e sarebbe stato eterno. Angela lo aveva perduto tanti anni prima, non sapeva nemmeno lei dove. Lo aveva cercato ovunque, aveva messo perfino degli annunci, ma niente da fare, il braccialetto non era mai stato ritrovato. E ora, all’improvviso, era lì, come se Angela lo avesse ritrovato per donarlo a lui. Si ricordò delle parole di quel pazzo di Rodolfo Lapidario, che gli aveva detto di guardarsi bene intorno quando sarebbe andato da Angela il giorno di Natale, perché sua moglie aveva un regalo per lui. Quell’impresario delle pompe funebri gli era sembrato sempre un po’ “originale”, ma questa volta, mannaggia a lui, aveva avuto ragione. Si asciugò una lacrima, si portò il braccialetto alle labbra e accarezzò la foto di Angela, che pareva sorridergli. Quel Natale, il signor Tullio non lo avrebbe passato da solo.
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“Rodolfo!!!!”. La mattina di Natale, Alma bussò alla porta dell’appartamento come una furia.
“Aprimi. Devo assolutamente raccontarti una cosa che mi è successa!”.
Lapidario andò ad aprire ancora assonnato.
“Ho fatto come mi hai detto. Lo specchio da borsetta di mia nonna, intendo. L’ho aperto e…non immagini, oh, non puoi immaginare. Al posto del mio riflesso c’era lei, la mia nonnina…”.
Alma non riuscì a trattenere un singhiozzo. “…mi sorrideva, mi ha detto che anche lei mi vuole bene e che sa quanto io gliene ho voluto e continuo a volergliene, anche se non la posso vedere come vedo Eugenio”.
“E…tra parentesi, anche io sono stato molto felice di vedere mia…nipote…”, aggiunse Eugenio.
“Sono felice che tu abbia potuto rivedere tua nonna, davvero. Credo sia un bellissimo regalo di Natale”, disse Lapidario, anch’egli commosso. Ora sapeva di avere fatto la scelta giusta.
“Il regalo più bello che potessi ricevere…”, rispose Alma asciugandosi una lacrima.
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Era stata una giornata davvero emozionante. Nel pomeriggio, anche Tullio gli aveva telefonato per dirgli che cosa aveva trovato e per ringraziarlo del suggerimento. Antonia, invece, non si era fatta sentire. Del resto, le aveva fatto avere un biglietto anonimo, ma, in cuor suo, Lapidario sapeva che lei aveva apprezzato il regalo. Stava per chiudere la luce e mettersi a dormire, ma quando spinse l’interruttore, anziché rabbuiarsi, la stanza si illuminò di tante luci colorate.
“Vedo che hai fatto delle buone scelte!”, disse una voce allegra e tonante che non aveva una provenienza definita.
“Pare di sì”, gli rispose Lapidario.
Poi, l’ombra assunse i contorni di una sagoma umana.
“Posso chiederti chi sei?”, domandò Lapidario curioso.
La sagoma emerse dalla penombra. Aveva le sembianze di un uomo alto, con una barba candida, una veste rossa e dorata e una mitra vescovile.
“Qualcuno mi conosce così…San Nicola, o Santa Klaus…ma…”
Una nebbia avvolse lo spirito. Poco dopo, apparve con nuove sembianze.
“Ma per colpa di una bibita dolciastra, molti oggi mi conoscono così…”
Ora era più basso e più tondo, sempre con una barba candida, ma con un vestito rosso, un cappello dello stesso colore e un paio di stivali neri…
“Babbo…”.
“Sì, proprio quello…Ma vedessi come mi sono presentato al povero Dickens! Non mi sono mai divertito tanto. Ma lui l’ha presa con filosofia…”.
In quel momento, la finestra si spalancò e un turbine avvolse lo Spirito, che divenne un tutt’uno con il vento.
“…anche se io preferisco di gran lunga essere chiamato...lo Spirito del Natale…”.
La sua voce si fece lontana e si perse nella notte stellata. La finestra si richiuse da sola. Solo allora Lapidario si accorse che sul letto si era posato un piccolo foglio bianco.
Lo aprì e scorse la calligrafia inconfondibile di sua nonna.
“Stai usando bene il tuo dono. Buon Natale, Rodolfo”.
Se lo strinse al petto e sorrise.
Lo Spirito del Natale aveva pensato anche a lui.
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