Di Manuela Fiorini 15 novembre 2020 - "La festa dei Morti" è la nuova avventura che ha come protagonista Rodolfo Lapidario
Rodolfo Lapidario camminava con passo svelto verso la sua agenzia di onoranze funebri. In realtà, non vedeva l’ora di salire nel suo appartamento, che si trovava proprio sopra all’ufficio, per prendere un calmante, distendersi sul letto e cercare di capire che cosa gli stesse capitando. Era da quel pomeriggio, appena calato il sole, che non faceva altro che vedere anime di trapassati, tante, troppe. Era nato con il dono di vedere gli spiriti di chi non c’è più. Anzi, spesso erano proprio loro che si manifestavano a lui per rivolgergli richieste o chiedergli un aiuto per passare in un’altra dimensione con serenità. Ora, però, c’era decisamente qualcosa che non andava. Vedeva spiriti ovunque. Camminavano per le strade, oppure stavano accanto ai loro congiunti ancora in vita, alcuni facevano comunella tra di loro, altri ancora sembravano felici di essere tornati in questo mondo. Molti lo guardavano con curiosità e, vedendo il suo sguardo stupito, gli rivolgevano un sorriso o un saluto. La serranda dell’agenzia era ancora alzata, segno che Alma, la sua segretaria, stava ancora lavorando. Entrò e si richiuse la porta alle spalle con un sospiro di sollievo.
“Ehi, capo, si può sapere che cosa ti è successo? Se non ti conoscessi, oserei dire che…hai visto un fantasma!”, scherzò Alma. Poi, vedendo che Lapidario era veramente sconvolto, tornò seria.
“Non ho visto un fantasma, ma centinaia di fantasmi!”, disse Lapidario tutto d’un fiato.
Alma lo guardò stranita. Da quando lavorava all’agenzia di onoranze funebri, non le era mai capitato di vedere il suo capo così sconvolto. Anzi, era l’unico che le trasmetteva un senso di tranquillità e sicurezza e che, in un certo senso, condivideva il suo dono. Anche la ragazza infatti, aveva la facoltà di vedere…un solo spirito, quello del suo avo Eugenio, che era diventato il suo spirito guida con nessuna intenzione di lasciare questa Terra.
“Ora che ci penso, anche Eugenio oggi non si è fatto vedere. Non è che la sua assenza c’entra con quello che hai visto tu?”, si fece pensierosa Alma. “Tu ne vedi troppi e io non vedo nemmeno l’unico che riesco a vedere”.
“Sono serio, Alma, non è normale che ci siano tanti spiriti in un solo posto. E se ne vanno a spasso allegramente, come se niente fosse. Deve essere successo qualcosa”.
“Bé, prova a fermarne qualcuno e chiedilo a lui. Di sicuro saprà darti una spiegazione. Io, però, ora devo andare. Stasera vado a una festa, per una volta che mi invitano. Sarà perché lavoro in un’agenzia di onoranze funebri e la cosa fa particolarmente “figo”. Ah, se vedi Eugenio, digli che almeno poteva dirmi dove andava”. Poi, Alma indossò il cappotto rosso scuro e uscì di buon umore, mescolandosi alla folla di vivi e di morti che animavano le strade e i marciapiedi.
Lapidario si sedette alla scrivania. Doveva pensare. Ma, forse, il consiglio di Alma era il più sensato. Uscì dall’ufficio, diede due giri di chiave e cominciò a guardarsi attorno. Profili materiali e altri più eterei e luminosi si mescolavano. I primi inconsapevoli degli altri.
A un tratto, gli parve di scorgere tra i “non vivi” qualcuno di sua conoscenza. Era lo spirito di un amico a cui aveva fatto il funerale qualche anno prima. Non era stata un’anima particolarmente problematica. Aveva solo brontolato un po’ per il colore della cravatta che gli avevano messo per il suo ultimo viaggio terremo ma poi, senza fare troppe storie, se ne era andato altrove, attraversando la porta di luce. Ora, però, era di nuovo qui. Così come tutti gli altri che, per uno strano motivo, erano tornati sulla Terra. Lo chiamò per nome. “Alfonso!”. Lo spirito si voltò e riconobbe subito Lapidario.
“Ciao, Rodolfo!”. Era particolarmente su di giri, euforico, pareva addirittura ubriaco!
“Sai dirmi che cosa sta succedendo? Vedo più morti che vivi! E questo non è normale!”.
Lo spirito di Alfonso scoppiò in una grossa risata.
“Rilassati, amico mio. Stasera si fa festa! È la Festa dei Morti!”.
“Come?”.
“La Festa dei Morti, la vigilia di Ognissanti, il 31 ottobre, Halloween, il Dia de los Muertos, Samhain…o come ti piace chiamarlo!”, disse accennando leggero due passi di danza. “Si festeggia da secoli! E in tutto il mondo. Di che ti stupisci?”.
Alfonso si intrattenne con altri due spiriti.
“Ma guarda te! Antongiulio, ma quando sei morto?”, domandò a un tizio vestito elegante.
“Un anno e mezzo fa. Gran bel funerale il tuo”.
“Davvero sei venuto? Ma che gentile”.
“Questa è mia moglie, quella che mi ha lasciato vedovo. Ma ora ci siamo ritrovati”, disse presentandogli una bella ragazza mora dai capelli corti e ricciuti.
“Le piace avere l’aspetto dei trent’anni”, sorrise compiaciuto. “Ma questo mortale che ci sta ascoltando chi è?”.
“Il mio amico Rodolfo. È lui che mi ha organizzato il mio bel funerale. È ha insistito perché mi cambiassero quell’orrenda cravatta. Lui ci vede, ma stasera non si aspettava tutto questo assembramento di morti ed è rimasto un po’ sconvolto”.
“Buahhahahahah”, rise Antongiulio rivolgendosi a Lapidario. “Tranquillizzati, non sta arrivando nessuna Apocalisse e nemmeno l’Armageddon. Andiamo solo un po’ in baracca, come tutti gli anni”.
La coppia si congedò.
“Hai visto? Nessun disastro imminente. È solo la nostra Festa”.
Si incamminarono per le vie della città. A quell’ora, cominciarono a uscire dalle case anche bambini mascherati da streghe, diavoletti, fantasmi. In mano avevano piccole lanterne o cestini e suonavano alle porte o fermavano le persone per chiedere dolcetti e caramelle. Di tanto in tanto, qualche anima si avvicinava commossa a qualcuno di loro. Forse, era un loro nonno o un loro caro defunto che li vedeva cresciuti. Qualcuno allungava loro una carezza, che per i piccoli aveva solo l’effetto di una folata di vento, qualcun altro faceva ritrovare nei cestini un piccolo dono, sperando che riconoscessero un segno da parte loro. I ragazzi più grandi avevano costumi più elaborati, oppure si divertivano a scoppiare qualche petardo nei parchi. Qualcuno scavalcava il cancello del cimitero per una “prova di coraggio”. Se solo avessero immaginato quanti spiriti avevano intorno!
Tra le tombe illuminate dalle fioche luci dei lumini, spiriti di tutte le età e sembianze danzavano e chiacchieravano, facevano scherzi ai vivi e si canzonavano tra di loro.
“Guarda lì, quel fuoco fatuo! A momenti quei cinque ragazzetti passano dalla nostra parte!”, ridacchiò Alfonso. Qualche anima, invece, non si staccava dai proprio cari, da quelli che aveva lasciato e da quelli che non aveva fatto in tempo a conoscere.
“In questa notte, e in questa sola, ci è permesso fare un salto sulla Terra. Molti di noi ne sentono la nostalgia, altri hanno voglia di rivedere chi hanno amato. Per noi è un giorno speciale. Ma non preoccuparti. Domattina torneremo tutti dall’altra parte. Almeno, fino al prossimo anno”.
Lapidario si fermò un attimo a riflettere. Forse, Alfonso poteva dargli la risposta che cercava da tempo.
“Alfonso, che cosa c’è al di là del tunnel di luce? Ne ho convinti tanti ad attraversarlo, ma nessuno è mai tornato a dirmi che cosa c’è. Tu sei l’unico che…”.
Alfonso lo guardò severo.
“Non mi è concesso rispondere a questa domanda. E anche tu dovresti smetterla di chiedertelo. Fa parte del mistero della vita e della morte. E anche se ti rispondessi, sarebbe solo la mia versione delle cose”.
Calò un silenzio…di tomba.
“Posso chiederti, però, perché stasera io vedo tanti spiriti? Voglio dire, non è certo la prima vigilia di Ognissanti della mia vita”.
Alfonso gli sorrise.
“Amico mio, con il tempo, sei diventato più sensibile. Il tuo dono ha fatto progressi. E poi, stasera la tua mente è particolarmente aperta all’altra dimensione”.
“Allora, mi assicuri che non sta per arrivare la fine del mondo?”.
“Stai tranquillo. Anzi, perché non vieni a fare festa con noi?”.
“No, grazie. Penso che me ne andrò a dormire. Magari anche tu hai voglia di rivedere qualche vecchio amico o qualche parente, senza annoiarti con un vivo”.
“Va bene, allora, mi congedo. Magari ci rivedremo il prossimo anno. Mi ha fatto piacere scambiare ancora quattro chiacchiere con te”.
Lapidario si avviò verso casa. Costeggiò il parco. A un tratto, seduta su una panchina, scorse Alma. Indossava un costume da strega, un cappello appuntito, un paio di calze bucate e un vestitaccio rattoppato. La scopa d’ordinanza giaceva ai suoi piedi. Era pensierosa e malinconica. La voglia di fare festa che aveva quando era uscita dall’ufficio ora era decisamente scomparsa.
“Ciao, Alma. Niente festa con i tuoi amici?”.
“Sono ancora nel cimitero a raccontarsi storie dell’orrore e a dare la caccia ai fuochi fatui”.
“E tu che cosa ci fai qui da sola?”.
“Non ho voglia di fare bisboccia o trastullarmi con passatempi idioti. La verità è che…mi manca Eugenio. È stato con me praticamente per tutta la vita e…dimmi la verità, Rodolfo, ha attraversato il tunnel di luce, vero? Non lo rivedrò mai più…”.
La ragazza aveva gli occhi lucidi e faceva fatica a trattenere i singhiozzi.
Lapidario le tese la mano e l’aiutò ad alzarsi.
“Mi sento di rassicurarti. Eugenio me lo avrebbe detto, se avesse avuto intenzione di passare di là. Anzi, credo di sapere non tanto dove sia, quanto che cosa stia facendo: festa!”.
Alma lo guardò con occhi stralunati.
“Oggi è le Festa dei Morti. E questo significa che non lo festeggiamo solo…noi vivi!”.
Mentre si avviavano verso l’agenzia di onoranze funebri, Lapidario raccontò ad Alma quello che aveva saputo da Alfonso. Lasciò la ragazza davanti al portone di casa sua.
Il giorno dopo, si regalò un’ora in più di sonno. La trovò in ufficio, nonostante fosse un giorno festivo e non si celebrassero funerali. Aveva un sorriso che le arrivava alle orecchie. Accanto a lei c’era Eugenio, che le stava raccontando tutto quello che aveva fatto durante la Festa dei Morti e chi aveva rivisto.
“Capo, finalmente! Ora sì che possiamo festeggiare!”. Poi, dalla borsa con il logo di una pasticceria, tirò fuori un cabaret di pasticcini dalla forma di zucca, di teschio e di fantasmini. Ci mise sopra una candelina per uno. Poi, le spensero tutti insieme, chi con un soffio di fiato, chi con un alito di vento.
“Tanti auguri, ragazzi. Ai vivi e ai morti”, disse Alma, felice di avere ritrovato Eugenio.
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