Sabato 13 maggio a Reggio Emilia la nuova formazioni Atlethichef in campo contro la Nazionale Attori in una partita per raccogliere fondi da donare a Grade onlus per l’acquisto di una Pet per l’ospedale
Di Chiara Marando -
Sabato 22 Aprile 2017 -
Siamo abituati a vederli sempre impegnati ai fornelli, ultimamente anche in tv, ma mai alle prese con attività completamente diverse dall'ambito culinario. E invece adesso scenderanno in campo nel senso più reale del termine. Loro sono chef e pasticceri, maestri del gusto insieme per dare vita alla nuova nazionale di calcio Athletichef.
Nata da una idea di Mariagrazia Soncini, fondatrice nella nota scuola Mary’s Kitchen di Albinea e di Zelo Networking, Athletichef porta avanti un impegno comune in campo benefico contando sulla partecipazione di nomi di spicco nel panorama gastronomico italiano: Luca Montersino, Igles Corelli, Simone Rugiati, Luca Marchini, Davide Oldani, Giancarlo Perbellini, Andrea Mainardi, Andrea Tamagnini, Andrea Incerti Vezzani, Naausica Viani e Massimiliano Mascia solo per citarne alcuni.
Il debutto della formazione è già fissato per sabato 13 maggio alle ore 19, stadio Mirabello di Reggio Emilia. Contro di loro, alle prese con il pallone, la Nazionale Attori che da più di 40 anni sostiene progetti solidali in tutta Italia. Tra gli altri ne fanno parte Alessandro Siani, Enrico Lo Verso, Corrado Tedeschi, Franco Oppini, Enrico Montesano, Francesco Giuffrida, Giorgio Pasotti, Giulio Base, Pino Insegno, Raimondo Todaro, Salvo Ficarra, Roberto Ciufoli.
Una serata benefica organizzata per raccogliere fondi da devolvere alla Fondazione Grade Onlus, realtà la cui mission è supportare l’attività ospedaliera del Reparto di Ematologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova, finanziando progetti di ricerca e assistenza rivolti ai pazienti affetti da malattie del sangue. Il ricavato della partita servirà per l'acquisto di una PET, un macchinario diagnostico di ultima generazione estremamente utile nell'acquisizione di bioimmagini.
“Per la prima volta chef e pasticceri scenderanno in campo per giocare una partita di calcio – spiegano Mariagrazia Soncini e Lorenza Dalla Pozza di Zelo Networking – Si tratta di personaggi che rappresentano ‘miti’ del nostro tempo, con un seguito al pari di attori, sportivi e cantanti. Da stelle Michelin, gli chef sono diventati stelle dello star system a pieno titolo non solo in Italia ma in tutto il mondo. Insomma, ricoprono un ruolo di portabandiera nel mondo per uno dei settori più importanti del Made in Italy, ovvero quello del food & wine”.
Come acquistare i biglietti
E' già possibile acquistare i biglietti (10 euro intero, 5 euro fino a 12 anni) in prevendita nella sede della Fondazione Grade Onlus, in viale Risorgimento 80 a Reggio Emilia, e nei punti vendita Conad del territorio.
Lunedì 3 aprile si è svolto a Stresa il XXIV° Congresso Nazionale dei JRE, l'associazione che raccoglie i migliori giovani ristoratori d'Europa: un nuovo direttivo, progetti importanti e 4 nuovi ingressi.
Di Chiara Marando -
Sabato 08 Aprile 2017 -
Sulle sponde del Lago Maggiore, immersi nel suggestivo paesaggio che circonda Stresa, lunedì 3 aprile si è svolto il XXIV° Congresso Nazionale dei JRE, l'associazione che raccoglie i migliori giovani ristoratori d'Europa. Teatro dell'appuntamento, lo storico Grand Hotel Des Iles Borromees, con i suoi saloni baroccamente decorati e gli storici ambienti testimoni di inizio secolo.
Ed è proprio da Stresa che è partito questo nuovo viaggio che ripercorre il passato proiettandosi verso il futuro con nuovi importanti progetti e obiettivi, ma anche un nuovo direttivo. Con il 2017 è lo chef Luca Marchini, titolare del ristorante L'Erba del Re di Modena, a guidare la compagine italiana. Ad affiancarlo, sia per l'aspetto decisionale sia per quello operativo, il vicepresidente Marcello Trentini, chef del Magorabin di Torino; il Segretario e tesoriere Stefano De Lorenzi chef del Ristorante Due Mori di Asolo; i Consiglieri Aurora Mazzucchelli chef del ristorante Marconi di Sasso Marconi, Alberto Faccani chef del ristorante Magnolia di Cesenatico e Filippo Saporito lo chef del ristorante La Leggenda dei Frati, Firenze.
Quella con Stresa è una sinergia che si consolida e realizza con l’Istituto Alberghiero E. Maggia, a riprova del grande interesse dell’associazione verso il futuro degli studenti
Il Congresso ha rappresentato ancora una volta, e con maggiore forza, la volontà di ritrovarsi e condividere esperienze, nonché per discutere di cucina etica e giusta insieme alle principali tematiche che ruotano attorno al settore della ristorazione. Diversi gli argomenti affrontati durante questa edizione, primo fra tutti il progetto Velluto sulla disfagia. Un totale di 12 chef, coordinati dal Presidente Luca Marchini, hanno realizzato menù in grado di riportare al piacere della tavola e della convivialità quei pazienti affetti da disfagia. L’ iniziativa promossa dall’Associazione Salvatore Calabrese Onlus e dai JRE, attraverso la realizzazione di un libro di ricette di velluto, la creazione di un circuito di ristoranti per disfagici, la promozione del portale ‘Oltre la disfagia’ e incontri sul territorio nazionale, intende informare e sensibilizzare l’opinione pubblica verso un problema collettivo ma ancora poco conosciuto.
Poi la presentazione della nuova guida JRE edita da Condè Nast e distribuita con Traveller di giugno; la collaborazione con la casa di cura La Madonnina di Milano che vede ai fornelli gli chef impegnati a preparare piatti a base di ingredienti naturali e stagionali trattati con sistemi di cottura rispettosi delle materie prime e dei sapori, secondo ricette regionali ma rivisitate in versione un po' più 'light'.
Infine, un tour di impegni che coinvolgeranno gli chef in appuntamenti di rilievo, eventi dove la cucina diventa portabandiera di una filosofia e di una tradizione, quella italiana.
I NUOVI INGRESSI
Al termine del Congresso è la volta dei nuovi ingressi, 4 selezionati tra le oltre 20 domande ricevute: Daniel Canzian, ristorante Daniel di Milano; Davide Del Duca, Osteria Fernanda di Roma; Emanuele Donalisio, Il Giardino Del Gusto di Ventimiglia; Massimiliano Mascia, ristorante San Domenico di Imola.
Sono stati loro a realizzare le portate servite agli invitati durante la sontuosa cena di Gala, aiutati dai giovani dell'istituto alberghiero e dalla brigata di cucina dell'hotel: Ricciola al sale di Cervia, olio di sesamo tostato, giardino di primavera e Gin puro (chef Massimiliano Mascia); Risotto al limone, sugo di arrosto e liquirizia (chef Daniel Canzian); Filetto di maiale friulano, la sua salsa al latte, perlage di tartufo, mantecato di patate viola al burro d'Isigny, cipollotti borettani caramellati (chef Emanuele Donalisio); Cremoso di ricotta e cioccolato bianco, estratto di salvia, karkadè, granita di barbabietola e aceto (chef Davide del Duca).
Una cucina fatta di ricerca estrema, coraggio, tecnica, materie prime inusuali e lunghe lavorazioni: è la proposta del ristorante stellato “Inkiostro” e del suo chef Terry Giacomello.
Di Chiara Marando -
Sabato 1 Aprile 2017 -
Parma è tradizione in cucina. E' tortelli di erbetta, anolini, eccellenti salumi, torta fritta ma anche altre delizie che è confortevole trovare passando da un ristorante all'altro della città. C'è chi segue la cultura del territorio pedissequamente, chi la reinterpreta con picchi di creatività spaziando con la fantasia e la sperimentazione e poi c'è chi della continua sperimentazione ne fa un dogma. A Parma si chiama Terry Giacomello, chef del ristorante stellato “Inkiostro” gestito dalla famiglia Poli, in particolare da Francesca che testa e giudica personalmente ogni proposta.
Quella di Terry non è solo cucina, è ricerca estrema, è tecnica, materie prime inusuali e lavorazioni frutto di lunghe riflessioni, tentativi, fallimenti e successi. Ogni suo piatto appare come un dipinto che racconta una storia dalle diverse sfumature ed interpretazioni.
Ma quella di Terry è anche una cucina coraggiosa che ha portato una ventata di novità in una città difficile come Parma, radicata nell'eccellenza gastronomica che la contraddistingue. Assaporare le portate significa aprirsi a nuovi sentori e consistenze, lasciarsi andare alle percezioni che derivano da ogni boccone ed imparare ad apprezzare ciò che non si conosce.
Inutile girarci intorno, lo si ama o lo si odia. Le mezze misure non sono ammesse, è l'impulso a prevalere.
L'Inkiostro e Terry fanno vivere un'esperienza e per esserne coinvolti appieno non basta scegliere alla carta, ci si deve affidare allo chef: due le degustazioni, una più limitata che permette un percorso sensoriale delicato ma significativo, l'altra con 11 portate che racconta la scelta stilistica sinuosa e a tratti graffiante di Giacomello.
Non è solo il sapore o la presentazione minuziosamente composta a sorprendere, ma anche la selezione di materie prime inutilizzate dai più, spesso scartate e non considerate. Terry le preferisce, ne intuisce l'alto valore culinario e restituisce loro piena dignità. L'esplorazione passa anche per i prodotti tipici valutati da un punto di vista differente, più ardito, ma proprio per questo stimolante.
Una cucina in divenire che non si lega a nessun ingrediente o creazione, che non si ispira ma è ispirata, che non rimane mai uguale a sé stessa.
Perché Terry Giacomello è curioso e proprio non ci riesce a stare fermo, a calmare la sua sete di scoperta e di rivoluzione. Per questo, è già pronto con un nuovo menù dai favolistici e mitologici ingredienti come la Vongola centenaria delle Fær Øer servita con aria di aceto allo shiso rosso e polvere di limone iraniano che ne accentua la salinità con note fruttate; e poi “Medusa”, un gioco di incognite che si esprime attraverso un'estetica da artista visionario;
il lavoro di cesello dell'Asparago bianco, asparago verde, pinolo tostato e saba;
la delicatezza armonica con richiami alla tradizione del Raviolo di tendine, cipolla torrefatta, salsa di brasato, lattuga e uova di lumaca;
gli incontri di consistenze e dolcezza nel dessert con zucchero moscovado, aceto balsamico, cocco, cioccolato bianco.
Ristorante “Inkiostro”
Via S. Leonardo, 124,
43123 Parma PR
Tel. 0521 776047
A Milano c'è un nuovo ristorante vegano secondo le regole della cucina ayurvedica; “Soulgreen” propone un menù bilanciato con piatti coloratissimi, buoni e detox.
Di Chiara Marando -
Sabato 18 Marzo 2017 -
Pensare al proprio benessere ed alla salute significa anche mangiare bene, scegliere quegli alimenti in grado di fornire un corretto apporto di nutrienti, che racchiudono un senso di genuina bontà e semplicità.
E c'è chi di questo pensiero ne ha fatto una filosofia di vita, incentrando tutto il suo operato su un'etica “green”. Spesso si pensa che questo sia possibile solo lontano dal caos cittadino, in quei luoghi dove la natura è più benevola e l'aria respirabile. Ma non è proprio così.
Siamo a Milano, la città italiana più cosmopolita, quella dove le ore corrono più veloci e tutto può accadere, quella dove il mondo del lavoro e della creatività si incontrano e danno vita a stili e mode nuove. Ecco, proprio a Milano, dove l'offerta di qualsiasi cosa si cerchi è sempre più ampia, ha aperto “Soulgreen”, un ristorante che rappresenta più un'isola verde nel cuore milanese: vegano secondo le regole della cucina ayurvedica, propone un menù estremamente vario con piatti coloratissimi che appagano fin da subito gli occhi. Giusto per precisazione, chi non è vegano non si spaventi...non sentirete la mancanza di nulla.
Qui non viene utilizzato nessun prodotto di origine animale, oppure raffinato, e tutto è privo di glutine. In più i piatti sorprendono. Potete partire dalla colazione con un matcha al latte di mandorla oppure un apple crumble speziato, per poi proseguire con un fantasioso piatto di “formaggi” dolci, preparati con anacardi ammollati e fermentati, senza burro.
Ed ancora centrifugati, insalate e le ottime Bowls, ovvero scodelle “a tema” con ingredienti selezionati: ad esempio Mexican con fagioli neri, avocado, pomodoro, riso integrale, anacardi, oppure Thai a base di curry verde, riso rosso, verza, latte di cocco, verdure. Poi i Burgers, le zuppe ed una lista di vini biodinamici che completano degnamente il pasto.
Il menù è costruito secondo una precisa logica, per purificare, soddisfare e dare energia. Non a caso Stefano Percassi, proprietario e ideatore, si avvale della consulenza del nutrizionista Andrea Flenda, che da anni vive in India e si occupa di benessere di spirito e corpo.
Non da ultimo, è indispensabile soffermarsi un attimo sul locale, emblema del genere plant-based: piante, materiali naturali, colori tenui, curve morbide che ricordano quelle femminili, il tutto in uno schema geometrico equilibrato e fluido. Entrare al “Soulgreen” vuole dire regalarsi del tempo per sé, assaporare qualcosa di curato, buono e sano, ma anche fermarsi in uno spazio senza tempo.
Soulgreen
Piazza Principessa Clotilde,
Milano
tel. 02 62695162
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“Michelin Day” è il sito dove poter trovare particolari offerte per passare una serata o un pranzo da ricordare in uno dei ristoranti selezionati dalla più famosa guida al mondo.
Di Chiara Marando -
Sabato 04 Marzo 2017 -
Sognate di concedervi una cena stellata ma per il portafoglio proprio non è il momento giusto?
La famosa “Rossa”, ovvero la Guida Michelin, ha deciso di fare un regalo a chi ama la cucina d'eccellenza ma non sempre può cedere al desiderio di assaporare le preparazioni di chef stellati.
“Michelin Days” è la risposta, il sito dove poter trovare particolari offerte per passare una serata o un pranzo da ricordare in uno dei ristoranti selezionati dalla più nota guida al mondo. Farlo è semplicissimo perché basta registrarsi con pochi clic e scegliere il locale che più convince, usufruendo di sconti fino ad ora impensabili: per capirci, una pasto stellato può costare anche 40 o 50 euro.
E chi è un abituè di queste cucine sa che si tratta di veri e propri “sconti folli”.
Ci sono anche offerte esclusive come particolari menu studiati solo per i clienti Michelin, oppure una cena al tavolo dello chef, menu monotematici, ma anche calici di vino particolari e last minute per il weekend. In altre parole, un Club esclusivo.
Ma attenzione, le offerte sono disponibili entro la cosiddetta “ora X”, oltre la quale i prezzi tornano quelli originari. Insomma, bisogna essere pronti a cogliere l'attimo.
Tutto il piacere di poter gustare piatti ricercati, l'eccellenza dell'alta cucina di ristoranti blasonati e dei Bib Gourmand, ovvero di quelli non stellati ma segnalati dalla Guida per la scelta e lavorazione delle materie prime e per la particolarità dell'offerta gastronomica.
Ovviamente “Michelin Days” non è stato, e non è, immune da critiche e polemiche di chi è convinto che questa mossa di marketing sia un puro conflitto di interessi, nonché di chi pensa che il servizio tenda ad abbassare il livello di ciò che fino ad oggi si è cercato, al contrario, di innalzare: gli chef ed i ristoranti.
Che piaccia o meno, però, i risultati dicono che la Michelin ci ha visto, ancora una volta, lontano portando il tutto ad un piano più democratico ed accessibile anche per coloro che hanno la passione per la cucina gourmet ma proprio non possono permettersi di spendere cifre, spesso eccessive, per assaporarla.
Ma non sono solo i clienti a giovarsi di questa opportunità, anche i ristoratori possono arrivare a riempire i tavoli vuoti in quelle giornate dove l'afflusso è più scarso, con la sicurezza di pagamenti rapidi e certi, poiché previsti in fase di prenotazione online.
La verità è che questo sito offre nuove possibilità, anche curiose, e permette a tutti di regalarsi qualcosa di unico in location speciali che gli esperti selezionatori Michelin hanno segnalato secondo precisi standard e criteri qualitativi. E questo rimane una garanzia.
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Lo chef stellato Christian Milone, della Trattoria Zappatori di Pinerolo, inizia una nuova avventura all'Hafa Storie nel cuore di Torino: la tradizione piemontese incontra la cucina marocchina
Di Chiara Marando -
Sabato 11 Febbraio 2017 -
La notizia girava già da un po' nel mondo della ristorazione, ma ora è diventata realtà: il giovane e talentuoso Christian Milone, chef della Trattoria Zappatori di Pinerolo, Due Forchette nella Guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso e nuova stella Michelin, ha annunciato l'inizio della sua nuova avventura torinese, città ricca di fermento culturale e crocevia di etnie differenti.
E proprio dalla doppia anima di Torino, tradizionale e multietnica, si fa ispirare per portare il suo personale tocco nell'Hafa Storie, luogo dall'atmosfera orientaleggiante nel cuore storico della “Signora”.
L'idea nasce da Milli Paglieri, già titolare del locale di successo Hafa Café, all'interno del quale ha messo tutta la sua passione per il Marocco. Ecco, l'Hafa Storie rappresenta una generazione diversa, un'evoluzione che si nutre di contaminazioni culturali. Siamo a Porta Palazzo, il gigantesco mercato cittadino, cuore pulsante della comunità, proprio all'interno della Galleria Umberto I.
E per Milone questo progetto è una sfida, la volontà di portare la sua tradizione piemontese accostandola ad un menù dalle note marocchine, il tutto in un ambiente informale dove a far da sottofondo sono i rumori provenienti dalla cucina a vista. Due culture gastronomiche, due carte tra cui scegliere per spaziare con la mente ed i sapori: gli agnolotti, il brasato con polenta, i tajarin al tartufo ed il vitello tonnato. Ognuno può costruire la propria esperienza culinaria più o meno variegata ed il risultato piace, eccome se piace.
Milone convince, convince il suo entusiasmo e convincono i suoi plin serviti in scodelle variopinte. Si, perché qui tutto richiama il marocco, in un gioco di contrasti che diverte e incuriosisce. E se si chiede allo chef quali saranno le proposte più creative e sperimentali la risposta è semplice: “Quelle rimarranno nel ristorante di Pinerolo, qui sarà la tradizione a parlare e farò in modo di variarne le proposte ma sempre rimanendole fedele”.
Hafa Storie
Galleria Umberto I, Torino
011 1948 6765
www.hafastorie.it
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Sapori genuini, materie prime del territorio e piatti particolari dal gusto intenso: questa è l'Osteria Artaj, una piacevole pausa gastronomica nel cuore di Parma
Di Chiara Marando -
Sabato 04 Febbraio 2017 -
I parmigiani doc lo sanno, gli “Artaj” sono i ritagli, quelle rimanenze della lavorazione artigianale, siano esse di pasta, stoffa, pelletteria o altre attività eseguite ancora manualmente. Sono quegli scampoli che raccontano la storia di una produzione fatta a regola d'arte, ma anche una fonte di nuove creazioni. Mai buttarli senza prima pensarci.
E poi sono anche un'idea, minuti di tempo che ci si può concedere per staccare la spina e godere dei piccoli piaceri che la vita sa regalare, anche culinari. Da questo prende il nome e la filosofia l'Osteria “Artaj”, dalla volontà di regalare momenti goderecci e di riscoperta di sapori genuini che seguono il ritmo delle stagioni.
Loro sono ristoratori per passione che amano la cucina, l'ospitalità, quella un po' casalinga ma ricercata di chi porta in tavola prodotti particolari e desidera trasmetterne le caratteristiche. Nel menù non mancano i piatti più tradizionali ma spiccano proposte più interessanti preparate con ingredienti semplici che richiamano il territorio e creano piacevoli giochi si sapore.
Ed è così che la Vellutata di zucca si arricchisce con crostini fragranti ed una croccante tempura di porri, oppure che un piatto di Gnocchi trova il suo condimento con passato di carote, cavolo romano saltato e pancetta; le Costine di maiale poi, laccate con miele e paprika, scoppiano di gusto inondando il palato di una sapida soddisfazione,
Certo, non fatevi mancare l'acqua in tavola perché sarà importante pulirvi la bocca tra una portata e l'altra, pena una certa arsura, piccolo prezzo da pagare per un pasto goloso.
Fatevi consigliare nella scelta del vino, vedrete la soddisfazione negli occhi dell'oste che vi spiegherà le diverse peculiarità di ogni bottiglia, etichette scelte tra le aziende del territorio e vitigni noti a livello italiano.
Quello con le realtà locali è un legame saldo nella selezione delle materie prime, una ricerca che si ferma su prodotti provenienti da aziende agricole di Parma e Provincia: tutti gli impasti sono lavorati con le farine macinate a pietra di “Pederzani”, le uova biologiche provengono dal “Podere Cristina”, le carni allevate sulle montagne dell'Appennino e le verdure da “Podere Stuard” ed “Azienda Agricola La Bergamina”.
Osteria Artaj
Stradello San Girolamo, 19/a
43121 Parma PR
Tel. 0521 572077
Lei è Ana Roš, nominata dai 50 Best Restaurant la migliore chef donna del mondo: Nel suo ristorante “Hisa Franko” propone piatti che raccontano il territorio sloveno.
Di Chiara Marando -
Sabato 28 Gennaio 2017 -
E' lì, appena attraversato il confine con l'Italia, a pochi chilometri da Trieste, crocevia di culture e paese ricco di fermento e tradizione: la Slovenia.
Un paesaggio dai contrasti eleganti che regala scorci inaspettati, una storia fatta di dominazioni e contaminazioni culturali, le stesse che ne hanno forgiato il carattere e la particolarità...anche gastronomica.
Perché qui le diverse influenze si fanno sentire in una cucina dal gusto marcato che non rinuncia alla sperimentazione rimanendo, al contempo, fedele a radici che ne hanno segnato il passato. Difficile ignorarla una volta conosciuta, esattamente come è difficile dimenticare lei, Ana Roš, la donna del momento nel mondo della ristorazione, colei che porta con orgoglio il baluardo della tradizione culinaria slovena.
La nota classifica dei 50 Best Restaurants, la stessa che ha decretato l'Osteria Francescana di Massimo Bottura come la migliore del pianeta, ha premiato Ana Roš come migliore chef donna al mondo.
“Hisa Franko”, letteralmente “La Casa di Franko”, è il suo regno. A soli 3 chilometri dal confine italiano e a 30 da quello austriaco, questo ristorante esprime il modo di pensare il cibo portato avanti da Ana: una cucina che valorizza i prodotti del territorio reinterpretandoli in una chiave che tocca la tipicità con accenti inaspettati.
Ed è proprio questo suo modo di raccontare un luogo di confine, le sue contraddizioni ed usanze, attraverso piatti dal carattere spiccato, che ha convinto giornalisti e critici ad assegnarle questo importantissimo riconoscimento.
Un premio che arriverà concretamente il prossimo 5 Aprile a Melbourbe, per la prima volta teatro della finale dei 50 Best Restaurant.
“All'Oste che non c'è” è il luogo che non ti aspetti: un casolare dell'800 tra le colline di Cartizze dove ci si serve, si paga e ci si fa lo scontrino da soli. La parola d'ordine è fiducia.
Di Chiara Marando -
Sabato 21 Gennaio 2017 -
Lo si nota arrivando dalla stradina che corre lungo il colle del Cartizze, un vecchio casolare in pietra dell'800 che ancora conserva quel fascino delle costruzioni di un tempo: essenziale, all'apparenza fuso con la natura circostante, che sembra voler raccontare le storie di chi ha vissuto tra le sue mura.
Qui c'è, o meglio non c'è, Cesare. E' lui a portare avanti l'usanza di famiglia di accogliere amici e clienti per far assaggiare loro i salumi di produzione propria. Solo che ha scelto un modo molto particolare per farlo : “Capitava spesso che nei più svariati pezzi di carta trovati sul posto quando i miei amici passavano, mi lasciassero dediche rimproverando che la mia assenza li lasciava a bocca asciutta e che la loro speranza di gustare un buon bicchiere di Cartizze o Prosecco rimaneva delusa – spiega Cesare – ho quindi deciso di mettere sul tavolo della cucina 3 bottiglie di Cartizze e Prosecco, 6 bicchieri con un'indicazione scritta "valore 10 euro servitevi da soli e buona degustazione. L'indicazione serviva solo per scopo evitare che amici o passanti si sentissero in imbarazzo , come si dice, degli scrocconi”.
In poco tempo la voce si è sparsa ed alcuni, passando dalla cascina, cominciarono a stappare qualche bottiglia e a lasciare delle piacevoli dediche anche il lingua tedesca, inglese, giapponese. Era nata “All'Oste che non c'è”.
Quello che si può mangiare sono le tipicità del territorio, servendosi quanto si vuole di "Bibanesi', polentine stuzzicanti, Prosecco e Cartizze provenienti da aziende della zona , formaggi di malga, dolcetti locali e salumi della casa come il “Salado” ossia il salame di Valdobbiadene, la prelibata “Soppressa con filetto”, i “Giacomini”, ovvero di suino stagionati ed affumicati, oppure il delizioso “Sacol” di manzo. Il tutto da assaporare insieme a dell'ottimo pane cotto nel forno a legna.
C'è la possibilità di fare il caffè mentre non sono disponibili cibi cotti e neppure superalcolici.
La formula è semplice: si entra liberamente, ci si serve come e quanto si vuole e si paga facendosi da soli lo scontrino (il valore, non il prezzo, degli alimenti è segnato su un pezzo di carta). La cucina può ospitare fino a 14 persone, circa 4 tavoli, mentre all'esterno si possono sfruttare altri 3 tavoli.
E alla domanda se non c'è la paura che gli avventori possano approfittarsene mangiando senza pagare, Cesare risponde: “Ammetto che qualche volta è successo, ci sono anche brutti ricordi, ma sono una minima parte. Le persone vengono conquistate da questo dare loro fiducia, che è poi la filosofia dell’Osteria”.
“All'Oste che non c'è”
Str. delle Treziese, 31049
Valdobbiadene (TV)
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Un Ipad al posto del piatto: questa è l'idea con cui il Ristorante tristellato “Quince” di San Francisco presenta il suo “A dog in Search of Gold”, ovvero bocconcini di tartufo bianco, con un bucolico sfondo di cani che giocano in un prato.
Di Chiara Marando -
Sabato 07 Gennaio 2017 -
Che la tecnologia sia ormai diventata parte integrante della nostra vita, anzi per molti la vita stessa, è cosa ormai nota, ma che potesse addirittura entrare a piedi pari nella “mise en table” di un ristorante rinomato, questo no.
Invece, la realtà supera la fantasia e lo dimostra il “Quince” di San Francisco, ristorante con ben tre stelle Michelin che porta in tavola da 13 anni una scelta stilistica e culinaria consolidata, estremamente raffinata e di impatto. Ma il menù andava aggiornato, almeno così pensa lo chef Micheal Tusk : “sono più di vent'anni che vivo a San Francisco, conosco e ho vissuto il boom tecnologico – spiega Tusk - voglio combinare l’alta cucina con la tecnologia e anche un po’ di cultura”.
Come a deciso di farlo? Provate ad ordinare la portata “A dog in Search of Gold”, ovvero un cane in cerca d’oro, piatto servito su iPad, dentro uno speciale box di legno fatto a mano da un artigiano, che propone bocconcini di tartufo bianco con un bucolico sfondo di cani che giocano in un prato.
Inutile dire che non sono mancate le critiche ed i dubbi di chi storce il naso davanti a questa idea eccentrica, ma soprattutto pensando all'igiene degli alimenti. Una tematica che è lo chef stesso ad affrontare: gli Ipad vengono disinfettati rispettando le norme igieniche vigenti, inoltre lo schermo è protetto da una guaina atossica che, una volta utilizzata, viene rimossa.
Ma quella del Quince non è la prima esperienza in tal senso. Nel Regno Unito, infatti, altri locali avevano fatto da pionieri, ed anche il ristorante spagnolo Arzak, 3 stelle Michelin, ha servito le proprie pietanze su iPad per qualche anno.
Stranezze a parte, il menù proposto dallo chef Tusk è veramente un inno alla cucina d'eccellenza con piatti estremamente curati nei dettagli, in un gioco di ingredienti che spaziano tra mare e terra passando per culture anche lontane e materie prime eccellenti come il caviale e le aragoste migliori. Tra le proposte anche un omaggio alla bontà italiana con i Fagottini alla fonduta, realizzati con fontina della Valle D'Aosta e tartufo bianco d'Alba.
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