La testimonianza di una delle 88 donne che hanno utilizzato la cuffia refrigerata che contrasta la caduta dei capelli durante i trattamenti chemioterapici -
Modena, 10 marzo 2015 -
La paziente: "Potrebbe sembrare un aspetto secondario della malattia, ma non perdere i capelli, soprattutto per una donna, è un aiuto importante per continuare a vivere 'fuori'. Ti senti meno malata e non hai continuamente paura dello sguardo degli altri".
Bianca è insegnante d'inglese in una scuola media di Modena. Ha 48 anni e quasi un anno fa le è stato diagnosticato un tumore al seno. "Un fulmine a ciel sereno – racconta – che ha cambiato per sempre la mia vita. Dopo un percorso di cura durato diversi mesi, ho smesso di chiedere ai medici se ne uscirò. Perché fortunatamente sono guarita ed è tempo di guardare avanti".
È lei una delle 88 donne che, da maggio 2013, a Carpi, hanno utilizzato la cuffia refrigerata Paxman, una strumentazione innovativa che serve a contrastare l'effetto alopecizzante – perdita di capelli – causato da alcuni farmaci durante i trattamenti chemioterapici. Il Day Hospital Oncologico dell'ospedale 'Ramazzini' è una delle due strutture in Italia a essersi dotata di questa particolare cuffia ed è il primo centro a livello nazionale per numero di pazienti reclutati.
"Quando ho scoperto di essere malata – prosegue la donna – volevo tenere nascosta la mia condizione di salute per non far soffrire le persone a me più vicine. Un attimo dopo, però, ricordo di aver pensato: perderò i capelli e così tutti verranno a sapere che ho un tumore". Anche per questo Bianca, il nome è di fantasia, dopo essere stata operata a Bologna, ha deciso di rivolgersi all'ospedale di Carpi e affiancare il trattamento chemioterapico all'utilizzo della cuffia Paxman. "Non sapevo della sua esistenza. È stata mia sorella a cercare su internet, dopo che le venne in mente Caro Diario di Nanni Moretti, un film dove il protagonista mette una cuffia da pallanuoto in freezer prima di fare chemioterapia".
"Per certi aspetti, se possibile – confessa Bianca – ho vissuto peggio questo problema che non dover affrontare il percorso di cura. Potrebbe sembrare un aspetto secondario della malattia, ma non perdere i capelli, soprattutto per una donna, è un aiuto importante per continuare a vivere 'fuori'. Ti senti meno malata e non hai continuamente paura dello sguardo degli altri".
A gennaio Bianca ha finito la terapia e ha deciso di raccontare la propria storia, perché spera di poter far conoscere ad altre persone, grazie alla sua testimonianza, la cuffia Paxman. "Certo non è come andare dal parrucchiere – ironizza – perché si sente molto freddo (la cuffia porta la temperatura del cuoio capelluto a meno 4°gradi per circa tre ore) e si prova una forte sensazione di costrizione. Durante le prime sedute guardavo continuamente l'orologio e non riuscivo a fare niente. Era come se dicessi a me stessa: concentrati, funzionerà meglio. Per fortuna ho incontrato persone straordinarie, che mi hanno seguito passo dopo passo. Infermiere preparatissime, come Emilia, che ogni volta sapevano regalarmi un sorriso, una parola di incoraggiamento. Guardando indietro, oggi, mi sembra di aver intrapreso un percorso di miglioramento prima di tutto interiore. E se potessi parlare con le persone che si trovano a dover affrontare malattie come questa, mi piacerebbe ricordare loro una frase che ha pronunciato di recente Emma Bonino, dopo aver detto pubblicamente di avere un tumore: io non sono la mia malattia".
In ospedale a Carpi
All'interno del Day Hospital Oncologico dell'ospedale 'Ramazzini' di Carpi la cuffia refrigerata Paxman è stata installata a maggio 2013 grazie al contributo (30mila euro) dell'Associazione Malati Oncologici (AMO). Il Day Hospital diretto da Fabrizio Artioli ha deciso di concentrare il suo utilizzo sui tumori alla mammella, sia maschile che femminile, perché la maggior parte dei farmaci alopecizzanti sono contenuti nei trattamenti chemioterapici propri di questo carcinoma. Finora sono 89 i pazienti (soltanto un uomo) 'reclutati' per utilizzare la cuffia. Dai dati raccolti finora, il 'Ramazzini' ha ottenuto risultati non solo sovrapponibili ma addirittura migliori di quelli riscontrati in altri ospedali europei dove è in uso la strumentazione. La percentuale di successo del trattamento a Carpi oscilla tra il 55 e il 62% dei casi. L'età media dei pazienti finora reclutati è di 53 anni.
Come nasce la cuffia Paxman
La storia degli imprenditori Paxman inizia negli anni '50, con l'invenzione di un sistema di raffreddamento per la birra. La produzione dell'azienda, però, è destinata a mutare radicalmente. La moglie del figlio del fondatore, infatti, si ammala di tumore al seno. E il consorte Glenn, aiutato dal padre, decide di investire tutta la propria conoscenza nel campo dei sistemi di raffreddamento per plasmarli e renderli utili ai malati di tumore che devono sottoporsi alla chemioterapia. Stando vicino alla moglie, Glenn si rende ben presto conto di quanto sia difficile accettare, soprattutto per una donna, la perdita dei capelli durante i trattamenti chemioterapici. Un dolore che lui vuole riuscire a evitare a chi soffre già per una malattia così grave. La moglie diventa la prima donna a sperimentare la 'cuffia', anche se su di lei lo strumento, ancora 'primitivo', non sortisce l'effetto sperato. Dopo alcuni mesi la malattia, inesorabilmente, strappa a Glenn l'amore della moglie per la quale ha tanto lottato. Ma, ormai, la famiglia ha segnato la propria storia. Dopo diversi studi, nel 1997, Paxman produce il primo prototipo ufficiale della 'cuffia' che viene installata presso la Huddersfield Royal Infirmary. Oggi Paxman è l'unico produttore di questo tipo di tecnologia. Il sistema in Gran Bretagna è usato in più di mille strutture. La 'cuffia' è stata installata anche in Svizzera, Francia, Germania e Giappone. In Italia, ad oggi, è utilizzata soltanto a Carpi, Avellino e Parma.
(Fonte: ufficio stampa Ausl MO)