Mercoledì, 30 Giugno 2021 12:28

Covid-19, modenese un nuovo esame che può predire l’evoluzione della malattia In evidenza

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AUSL, AOU DI MODENA E UNIMORE INSIEME
Lo studio pubblicato su Scientific Reports del Nature Publishing Group


Il dottor Tommaso Trenti, Direttore del Dipartimento Interaziendale di Medicina di Laboratorio è a disposizione per eventuali interviste stamattina, giovedì 30 giugno 2021, dalle ore 11,00 alle ore 11,30. L’appuntamento è all’Ospedale Civile di Baggiovara nel ballatoio prima dell’ingresso.

È stato studiato a Modena un nuovo esame di laboratorio chiamato MDW (Monocyte Distribution Width) che può predire l’evoluzione, della malattia COVID19 e dello stato iper-infiammatorio (‘cytokine storm’) che la caratterizza. Questo esame si basa sull’analisi della morfologia dei monociti, cioè una specifica popolazione di cellule presenti nel sangue. Lo studio è frutto della collaborazione tra l’Azienda USL di Modena (con il Dipartimento di Medicina di Laboratorio e Anatomia Patologica e in particolare, il Laboratorio di Medicina di Laboratorio dell’Ospedale Civile di Baggiovara), l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena (con l’Anestesia e Rianimazione del Policlinico, diretta dal prof. Massimo Girardis, l’Ematologia diretta dal prof. Mario Luppi, le Malattie Infettive, diretta dalla prof.ssa Cristina Mussini) e UNIMORE (con il team di ricercatori diretto dal prof. Andrea Cossarizza).

Quando vi è uno stimolo prodotto dell’attivazione del sistema immunitario, come nel caso di infezioni sia batteriche che virali, si modifica la morfologia dei monociti. Con le nuove apparecchiature a disposizione siamo in grado di misurare in laboratorio l’entità di queste alterazioni cellulari – Ha spiegato il dottor Tommaso Trenti, Direttore del Dipartimento Interaziendale di Medicina di Laboratorio - Nel lavoro pubblicato si è descritto per la prima volta il significato biologico ed il ruolo prognostico di questo nuovo parametro ematologico chiamato appunto MDW nel monitoraggio di pazienti COVID-19 ospedalizzati utilizzato come innovativo biomarcatore utile per la diagnosi precoce di sepsi virale ovvero di grave infezione”.

Lo studio è stato pubblicato sul numero di giugno della prestigiosa rivista internazionale Scientific Reports del Nature Publishing Group e ha dimostrato, per la prima volta, come il valore dell’MDW, in pazienti COVID-19 seguiti durante il ricovero in reparti di terapia intensiva e subintensiva, sia correlato significativamente con la gravità e l’andamento clinico della malattia. Sintetizza il dottor Giovanni Riva, che lavora nel team e nel laboratorio di Ematologia Diagnostica e Genomica Clinica del prof. Enrico Tagliafico: “Si tratta di un esame prognostico di ‘sepsi virale’ oltre che batterica, come in effetti può essere considerato il COVID-19 nella sua forma clinica più grave come già ipotizzato in precedenti lavori svolti sempre a Modena e già pubblicati.".

Nei nostri pazienti – ha aggiunto il prof. Massimo Girardis, direttore della Terapia intensiva del Policlinico – abbiamo riscontrato come alti valori di MDW si associno ad una elevata mortalità, con picchi di oltre il 35%. Viceversa, bassi valori individuano i pazienti che hanno forti probabilità di guarire”.

Questo esame – precisa il prof. Andrea Cossarizza di UNIMORE - rappresenta un importante nuovo biomarcatore. Ad oggi abbiamo in corso ulteriori ricerche che ci consentiranno di meglio definire il valore e le applicazioni cliniche di nuovi esami di laboratorio quale emergenti marcatori d’infiammazione utile a predire valutando sia lo stato immunologico sia l’aggravamento dei pazienti sia la fisiopatologia del COVID19 per utilizzare precocemente le cure più appropriate a disposizione”.

Lo studio ha preso in considerazione una serie di 87 pazienti ricoverati per COVID-19 presso i reparti di cura intensiva e subintensiva, nei quali MDW è risultato essere correlato in modo altamente significativo con alcuni classici biomarcatori di infiammazione, con l’esito delle cure (outcome) e il decorso clinico e la gravità della malattia.

L’MDW – aggiunge il prof. Mario Luppi, Direttore dell’Ematologia - rappresenta quindi un biomarcatore innovativo perché basato sull’analisi di cellule, quindi diverso dai biomarcatori infiammatori convenzionali che misurano i livelli plasmatici di proteine pro-infiammatorie”.

L’utilizzo di nuovi marcatori prognostici – commenta la prof.ssa Cristina Mussiniconsente di migliorare la gestione clinica dei pazienti affetti da COVID-19, guidandoci in particolare nel trattamento con i farmaci più approriati. Questo studio è un ulteriore tassello che ci consente di comprendere meglio questa patologia che solo un anno fa era nuova e sconosciuta.

E’ importante sottolineare – ha concluso il dottor Tommaso Trenti assieme al prof. Enrico Tagliaficoda un lato il fatto che l’esame sarà presto fruibile inserito nella routine clinica dei nostri laboratori di tutta l’area modenese dell’Azienda Ospedaliera Universitaria e dell’Ausl per tutti i pazienti che ne hanno necessità e dall’altro l’importante ruolo svolto dai giovani Colleghi nella ricerca pubblicata che ha coinvolto diverse aree specialistiche cliniche e laboratoristiche.".

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