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Bormioli Rocco, in collaborazione con ALMA La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, promuove "Lezioni di Management" la nuova rubrica rivolta ai professionisti della ristorazione: i docenti di ALMA metteranno a disposizione il loro know-how per fornire consigli ed analizzare gli aspetti chiave in grado di fare la differenza nella gestione di un ristorante. Il primo appuntamento è per  mercoledì 2 dicembre.

Di Chiara Marando - Mercoledì 02 Dicembre 2015 -

La cucina è uno di quegli argomenti che sempre di più riscuote un grande interesse tra il pubblico di professionisti ed appassionati. Ogni canale televisivo propone programmi culinari e, mai come in questo momento, l’attenzione dei consumatori verso le materie prime e la qualità di ciò che viene proposto è alta.

Si tratta di un settore in continua evoluzione all’interno del quale è molto difficile orientarsi, soprattutto per i ristoratori che vedono cambiare gusti e tendenze, spesso senza sapere come muoversi.

Per trovare queste risposte, Bormioli Rocco, da sempre attento alle esigenze del mercato, ha deciso di promuovere  una serie di “Lezioni di Management” volte ad analizzare gli aspetti chiave che possono fare la differenza nella gestione di un ristorante: dal marketing alla pianificazione, dalla misurazione delle performance alla costruzione della cantina, dalla gestione dell’happy hour fino alla creazione della carta dei dolci.

Una realtà d’eccezione affiancherà Bormioli Rocco in questo progetto: saranno i docenti di ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana fondata da Gualtiero Marchesi, a gestire le diverse lezioni, fornendo il loro know-how a quei professionisti che desiderano ampliare non solo le conoscenze legate al settore, ma apprendere nuove metodologie e tecniche per accrescere le proprie competenze e fornire un servizio in linea con le necessità di una clientela esigente e variegata.

Sul sito Bormioli Rocco MyBusiness, a partire da mercoledì 2 dicembre e con cadenza mensile, sarà possibile seguire le “Lezioni di Management” nella sezione dedicata e scaricare i pdf completi con tutti contenuti forniti dai docenti di ALMA. Inoltre, ogni appuntamento sarà impreziosito da una illustrazione della graphic designer Elena Locatelli.

La prima lezione affronterà le caratteristiche del mercato HoReCa, fornendo una panoramica generale del comparto attraverso l’analisi dell’evoluzione dei costumi. Per farlo, i docenti approfondiranno la figura del consumatore mediante la lettura di un’indagine di TradeLabche permetterà di capirne preferenze, abitudini, desideri e comportamenti. Oltre a questo, una rapida carrellata su nuove tendenze e competitors evidenzierà le molteplici opportunità che ogni professionista della ristorazione potrà cogliere per sviluppare il proprio lavoro.

 

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Il Natale è la festa tradizionale per eccellenza, un momento nel quale si celebra lo stare in famiglia anche attorno alla tavola imbandita. Come in Italia, anche negli altri Paesi europei, e non solo, la cucina rispecchia la cultura del territorio

Di Chiara Marando – 28 Novembre 2015 -

Impossibile non notare le luci che in questi giorni hanno iniziato ad illuminare i centri storici delle città, trasportandoci lentamente nella suggestiva atmosfera natalizia che accompagnerà il mese di dicembre.

Ma Natale è sinonimo di tradizione e la tradizione va a braccetto con la cucina. Mai come durante le feste ci lasciamo andare a stravizi mangerecci, pietanze tipiche che diventano dei veri e propri cerimoniali da tramandare di anno in anno. Ogni luogo ha usanze diverse, piatti preparati come una volta che racchiudono un significato più profondo legato alla cultura dei diversi territori.

Già perché, come accade in Italia, anche negli altri Paesi europei, e non solo, il Natale è l’occasione perfetta per recuperare quelle specialità che ormai sono diventate parte integrante di usanze che permettono di festeggiare questi momenti dedicati alla famiglia.

Cominciamo pensando alla Spagna, dove non può mancare  una saporita zuppa a base di carne e verdure chiamata escudella y carn d’olla, oppure il tacchino al forno accompagnato da frutta glassata, il maialino e l’agnello arrostiti ed il polvorones, uno sfizioso dolce friabile al cocco.

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E che dire della Francia? Il popolo che ha fatto della raffinatezza un biglietto da visita, anche sulla tavola di Natale non si smentisce e propone principalmente piatti a base di pesce indirizzandosi verso ostriche, salmone affumicato,  paté de Fois Gras e lumache, il tutto servito con insalate lavorate e condite con salse particolari allo yogurt. Nella regione dell’Alsazia si prepara il pollo arrosto, l’oca ed il prosciutto al forno, mentre in Borgogna il vero must è rappresentato dal tacchino servito con le castagne. Il dolce nazionale è la Bûche de Noël, un fagotto al cioccolato che ricorda il nostro Tronchetto di Natale.

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In Inghilterra non esiste Natale senza il Christmas Pudding servito con rum o brandy, una ricetta che ha origini molto antiche e costituisce uno dei simboli gastronomici del popolo britannico, una specialità benaugurante. Ma non è solo la ricetta l’elemento particolare (contiene ben 13 ingredienti), anche la sua preparazione ha un procedimento rituale che vede impegnata tutta la famiglia: ogni membro deve essere presente durante la lavorazione per girare l’impasto, rigorosamente in senso antiorario.

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Per la Germania il Natale rappresenta una delle feste più sentite, la sua magica atmosfera si respira in ogni più piccolo paesino, complici anche i famosi mercatini. La tavola tedesca viene così imbandita con il Martinsgans, ovvero arrosto d’oca imbottito di castagne, mele e cipolle con un contorno a base di cavolo rosso e canederli di patate, i cosiddetti Kloesse. Un altro piatto legato alla tradizione cristiana più antica sono i Weinhachtskarpfen, letteralmente “le carpe di Natale”. Poi ci sono i dolci: abbondano i Lebkuchen, biscotti speziati a base di miele, frutta secca e cannella, oppure i Baumkuchen, un impasto simile ai pancake, sistemato in sottili strati, grigliato e ricoperto di cioccolato fuso.

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Passiamo alla Finlandia, ovvero il paese di Babbo Natale, che aspetta con impazienza questo periodo per celebrare anche la Festa della Luce che saluta la fine del periodo dei sei mesi di buio per dare il benvenuto a quelli che portano i raggi del sole. Qui, la vera tipicità gastronomica sono i dolci natalizi: i Joulutorttu, paste a forma di stella di Natale guarnite con marmellata di prugne, i Pipparkakku, biscotti speziati realizzati con varie forme, e la pappa di riso per la colazione della mattina di Natale, a cui viene aggiunto zucchero, cannella ed una mandorla portafortuna. Il cenone tradizionale prevede merluzzo, patè di fegato e prosciutto cotto accompagnati da bevande tipiche come il Glögg, ossia vino caldo con mandorle, cannella ed uvetta.

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Infine, voliamo negli Stati Uniti dove per il pranzo del 25 dicembre trionfa il tacchino ripieno con salsa di mirtilli e verdure. I dolci che concludono il lauto pasto sono Christmas Pudding, Brownies e tortine di pasta frolla condite con frutta secca assortimento, le Mince Pies.

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Questa settimana è andato in onda l’ultimo Best Of di “Unti e Bisunti 3”, il programma che lo ha consacrato. Ma Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio, non è un prodotto televisivo, è un professionista che da sempre lavora con passione, dedizione  e serietà. Ecco cosa ha raccontato...

- Di Chiara Marando – 

Sabato 21 Novembre 2015 -

E’ uno dei volti televisivi del momento, apprezzato, criticato, ma mai comunque ignorato. Lui è Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio, un professionista fuori dal comune, fonte di interesse e curiosità per quel suo essere schietto, a volte irriverente, per il suo modo di esprimersi genuino che si distacca dal classico linguaggio ed atteggiamento tipici del piccolo schermo. Gabriele è uno chef non convenzionale, un esperto di cucina che ama interfacciarsi con la gente piuttosto che chiudersi dietro i fornelli, un uomo che ha scelto la sua strada vivendo di continue scoperte.

Oggi ha raggiunto il successo, proprio questa settimana è andato in onda su DMAX l’ultimo Best Of di “Unti e Bisunti 3”, la trasmissione che lo ha consacrato e che rappresenta buona parte del suo essere e della sua ironia.

Ma Chef Rubio com’è nato? E’ lui stesso a raccontarci i suoi primi anni di pratica ed il percorso che ha intrapreso.

Gabriele proviamo a partire dall’inizio. Quando hai cominciato a renderti conto che la cucina ti attirava, che rappresentava per te una vera passione da seguire? Qualcuno o qualcosa ti ha ispirato?

Penso si possa definire quasi genetica. Non credo che il fattore sociale o le influenze esterne abbiano avuto particolare valore, ma penso piuttosto che sia il mio modo di dare, di esprimermi e donarmi agli altri con quello che più mi rappresenta. Ognuno trova spontaneamente il proprio mezzo, il mio è stato la cucina.

Tu hai studiato ad ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina, un vero e proprio punto di riferimento per lo studio della cultura gastronomica. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Devo dire che l’aver studiato ad ALMA, anche grazie ad insegnanti molto preparati, mi ha permesso di capire chi ero, cosa volessi veramente e quale strada dovevo prendere, di delineare il tipo di cucina e comunicazione che più era nelle mie corde, ovvero un percorso in solitaria ma sempre affiancandomi a professionisti con i quali confrontarmi e da cui poter apprendere nuove conoscenze.

E come potresti definire la tua “comunicazione” in cucina?

Direi a 360 gradi. Non c’è una vera e propria definizione, non mi piace l’idea di chiudere in una scatola quello che faccio. Il mio modo di comunicare riflette il mio modo di lavorare, un continuo scambio di opinioni, la ricerca, lo studio e la scoperta per riuscire a diversificare senza mai fermarsi.

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Cos’è cambiato in te da quando sei diventato un personaggio noto?

In realtà non è cambiato molto, io sono esattamente lo stesso anche se, inutile negarlo, i media hanno accresciuto la mia popolarità. Ma ciò che ero prima è esattamente quello che sono adesso. Il fatto che non debba dare retta ad autori  o fare scelte strategiche fa di me una persona più libera, insieme alla consapevolezza che non sono io ad aver cercato tutto questo, ma il contrario. Questo elemento fa la differenza.

Come vivi il tuo lavoro e quali sono le caratteristiche che contraddistinguono il tuo essere professionista?

Con la massima serietà, impegno e dedizione a scapito della mia vita personale. Io ho avuto la fortuna di rendere quella che era la mia passione un lavoro. Per questo sono estremamente preciso e meticoloso in quello che faccio. Ad esempio, se una sera sono fuori a cena per un evento e potrei festeggiare fino a tarda notte, ma il giorno dopo devo lavorare o registrare, io vado a casa. Quando sono sul lavoro devo dare il massimo, per me ed anche per tutte le persone  che mi aiutano nella buona riuscita di un prodotto. Spesso il pubblico non  si rende conto di quanto sia numeroso il team che opera dietro le telecamere per fare in modo che tutto risulti al meglio, un team che merita il mio totale impegno.

Gli chef stanno acquistano sempre più popolarità, sono diventati i nuovi vip che tutti cercano e che spesso rappresentano dei veri personaggi. La tua figura però è diversa e forse è proprio per questo che risulta estremamente apprezzata dal pubblico. Riesci a creare una sorta di contatto con loro. Che ne pensi?

Non amo mettermi a confronto con i miei colleghi, ognuno ha scelto il proprio modo di essere. Non mi definisco uno chef, io preferisco definirmi una persona e devo dire che non mi piace sentirmi etichettato. Le etichette limitano le possibilità, relegano una persona imbrigliandola in un personaggio da cui non riusciranno a distaccarsi, ed è proprio il modo di comunicare la cucina e gli chef stessi che andrebbe cambiato, sarebbe importante una maggiore umanizzazione. Le persone valgono molto di più del lavoro che fanno.

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Il tuo lavoro è un mix tra sperimentazione, curiosità, voglia di scoprire e tanto altro. Ma quanto studio c’è dietro a tutto questo?

E’ uno studio quotidiano. A volte si studia come raccontare un piatto, altre volte come prepararlo e presentarlo oppure come raccontare una storia, anche in situazioni di estrema difficoltà. La cucina è un modo per comunicare e dialogare.

Viaggiare quanto è importante?

E’ assolutamente la prima cosa che si deve fare.

Nel tuo viaggiare, c’è una cultura che ti ha più colpito dal punto di vista gastronomico?

In realtà no, tutte hanno delle caratteristiche uniche che colpiscono, non mi sembra giusto menzionarne solo una e tralasciare le altre. Ed è importante viaggiare proprio perché è l’unico modo per scoprirle ed assorbirle fino in fondo.

In quest’ultimo periodo, complice il SI del Parlamento Europeo, si parla tanto di insetti a tavola, il trend del momento che alcuni tuoi colleghi stanno cavalcando per proporre novità ed incuriosire. Tu come la vedi?

Guarda, dei SI e dei NO a me non è mai importato molto. Quando, a suo tempo, dicevano di non mangiare la “Pajata” io la mangiavo ugualmente perché purtroppo capita spesso che anche in cucina ci siano interessi che vanno oltre la gastronomia. Sicuramente hanno capito che allevare cavallette costa poco e può dare tanto profitto e quindi hanno deciso di muoversi in tal senso, non credo che nasca dall’amore per il gusto o per l’ecosostenibilità. L’insetto va mangiato quando c’è un motivo per farlo, quando è nella propria cultura. Ripeto, la curiosità è importante ma non bisogna cercare delle forzature, preferisco prendere un volo ed andare a mangiare queste cose dove veramente sono parte integrante della tradizione popolare.

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Non sono solo gli chef gli unici professionisti nel mondo del food, a contendersi lo scettro arrivano i food designer: veri esperti nella progettazione del mondo alimentare. Il Food Design passa attraverso  ricette, attrezzature, preparazione e presentazione, ma anche ideazione dell’alimento dalla creazione fino alla sua  vendita.

Di Chiara Marando – 14 Novembre 2015 -

Ormai non basta più dire solo food, è necessario essere ben più precisi perché il mondo che ruota attorno al cibo, oltre ad essere estremamente piacevole e divertente, ha anche molteplici sfaccettature, tutte con loro caratteristiche specifiche, ma tutte legate alla sfera creativa.

Creatività tra i fornelli, creatività di presentazione, creatività di abbinamenti sfiziosi e creatività nella scelta dei dettagli e degli ingredienti. E poi ammettiamolo, ormai l’argomento è più che mai gettonato.

Le vere star non sono più solo i calciatori, oggi gli chef hanno conquistato i media ed il pubblico che li cerca e conosce. Ma non sono solo loro gli unici professionisti del cibo, a contendersi lo scettro sono arrivati anche i food designer.

Cosa sono?

Tecnicamente, e in modo tutt’altro che fantasioso, si possono definire dei “progettisti del mondo alimentare, ma sul piano più pratico si occupano di studiare sempre nuovi modi per rendere le preparazioni appetibili per occhi, palato e non solo. Infatti, l’analisi della presentazione del cibo non è così semplice come si potrebbe pensare, anzi, molto spesso viene confusa esclusivamente con l’importanza dell’impiattamento di una portata.

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In realtà, il Food Design è una materia vasta che passa attraverso  ricette, attrezzature, oggetti per la preparazione e presentazione, ideazione dell’alimento dalla sua forma originaria fino alla sua trasformazione ed alla creazione di un packaging accattivante , per arrivare anche verso la comunicazione e la pubblicità che lo faranno conoscere. Il tutto senza dimenticare l’esame del pubblico di riferimento e delle sue preferenze, nonché l’impatto su consumi ed abitudini di vita delle persone. 

Nell’ambito del Food Design, progettare vuol dire trovare e proporre soluzioni efficaci tenendo presente il contesto nel quale il prodotto viene inserito, renderlo funzionale al tipo di ambiente, consumo ed esigenza di chi lo sceglierà. Si tratta di un’attività complementare a quella dell’alimentazione vera e propria, si fonde con essa accrescendone il potenziale e la forza attrattiva.

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Non a caso esistono delle scuole che propongono corsi per diventare provetti food designer. Realtà come l’Italian Genius Academy di Roma, struttura interamente dedicata alle eccellenze gastronomiche e creative del Made in Italy: dalla cucina alla pasticceria, fino al design legato a gioielli, scarpe e sartorialità artigianale.

Lezioni durante le quali approfondire tutti i diversi aspetti correlati al food design, quindi l’attenzione all’estetica del piatto attraverso la sperimentazione e la combinazione di forme, colori e sapori, ma anche lo studio di packaging ed utensili per la preparazione ed il consumo, e la progettazione dei giusti spazi per meglio garantire una corretta produzione, vendita e consumo del cibo.

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Dalla teoria alla pratica in una full immersion per poter diventare degli esperti professionisti capaci di offrire un servizio a 360 gradi nel mondo del food, ovvero non solo preparare al meglio e presentare piatti e pietanze per ogni situazione, ma anche organizzare eventi enogastronomici o ideare incontri ad hoc

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Parma potrebbe diventare la prima città italiana inserita nella lista UNESCO per la sua gastronomia. I portavoce di questa parmigianità sono volati a Parigi durante un incontro ufficiale, presso la sede centrale dell’UNESCO, per promuovere ulteriormente la candidatura della cittadina ducale.

Di Chiara Marando – 11 Novembre 2015 -

Parma come città ambasciatrice della cultura alimentare italiana candidata a  “Città Creativa per la Gastronomia UNESCO”. Oggi il numero delle città creative riconosciute patrimonio dell’umanità è 69, dislocate in 32 Paesi diversi, e tra queste Parma potrebbe diventare la prima realtà italiana inserita nella lista Unesco per la sua gastronomia.

Una trattativa che si concluderà l’11 dicembre, data entro cui si saprà definitivamente l’esito delle varie valutazioni

Un processo che ha visto Parma in prima linea, capitanata dall’associazione CheftoChef, durante l’importante appuntamento che si è svolto a Parigi martedì 10 novembre, proprio presso la sede centrale dell’UNESCO. Un’occasione estremamente rilevante che ha richiamato gli ambasciatori dei Paesi membri, presenti nella capitale francese per l’Assemblea generale UNESCO, e durante la quale è stata presentata ed ulteriormente promossa la candidatura di Parma, già validata dalla Commissione Nazionale Italiana UNESCO.

Portavoce della parmigianità sono stati 4 soci di CheftoChef che hanno allestito e preparato una degustazione con eccellenze del territorio, chef del calibro di Massimo Spigaroli dell’”Antica Corte Pallavicina” di Polesine Parmense (PR) nonché Presidente di CheftoChef”, il Vicepresidente Paolo Teverini dell’omonimo ristorante di Bagno di Romagna (FC), Luca Marchini del Ristorante “L’Erba del Re” di Modena e Claudio Gatti della “Pasticceria Tabiano” di Tabiano Terme (PR). Con loro il Sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, e l’Ambasciatore Vincenza Lomonaco, rappresentante permanente d’Italia all’UNESCO.

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Sabato, 07 Novembre 2015 10:18

Novel Food: per cena insetti freschi

Il Parlamento Europeo ha approvato l’accordo volto a semplificare e velocizzare le procedure di autorizzazione del cosiddetto “Novel Food”: sulle nostre tavole potrebbero arrivare insetti, larve, cibi prodotti in laboratorio e nuovi coloranti alimentari

Di Chiara Marando – Sabato 07 Novembre 2015 -

La sperimentazione in cucina è sempre un elemento positivo, un fattore di crescita che può portare a piacevoli scoperte in fatto di gusto, profumi ed abbinamenti stuzzicanti. Ci tengo a sottolineare che parlo di “piacevoli scoperte” e rimarco il concetto perché sembra che ormai tutto sia permesso e più una cosa è strana più la si rincorre.

In sintesi, per quanto importante, anche la sperimentazione deve avere qualche limite. Parliamoci chiaro, nessuno riuscirà mai a convincermi che un pasto a base di insetti possa essere goloso quanto una teglia di lasagne, una pizza fragrante oppure, proprio perché sono parmigiana, un piatto fumante di cappelletti in brodo . No, le tradizioni gastronomiche hanno una loro ragione di esistere, raccontano la storia dei vari Paesi, le loro radici più profonde e sono un patrimonio da preservare. Poco importa se si parla di carne, pesce, verdura o legumi, quello che conta è fare tesoro dell’ambiente in cui viviamo, rispettarlo e rendere sostenibile il “fattore cibo” senza stravolgere la nostra cultura.

Poi certo, ci sono quelli che vogliono fare gli alternativi a tutti costi, quelli che “io non mi schifo di nulla” e si lanciano in discorsi da intenditori riempiendosi la bocca di paroloni che poco hanno a che fare con la realtà delle cose. Persone che comunque mi piacerebbe osservare durante una degustazione di vermi, larve, scarafaggi ed altre delizie di questo tipo.

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Infatti, secondo un’indagine Doxa effettuata per conto di Coop, un italiano su due è pronto ed incuriosito dall’idea di assaggiare gli insetti e, cosa ancora più incredibile, molte più persone sarebbero disposte a provare carne sintetica, pillole, barrette e, udite udite, plancton.

Non si tratta di ipotesi, ma di una eventualità concreta che si potrebbe palesare sulle nostre tavole dopo che il Parlamento Europeo, con un totale di 359 si, 202 no e 127 astenuti (e qui mi chiedo come si possa non solo dire SI, ma anche astenersi), ha approvato l’accordo volto a semplificare e velocizzare le procedure di autorizzazione del cosiddetto “Novel Food”.

Cos’è il Novel Food?

Letteralmente i “nuovi alimenti”, quelli di cui fanno parte insetti, scorpioni e larve, ma anche cibi prodotti in laboratorio, nanomateriali e nuovi coloranti che si andranno ad aggiungere a quelli già in commercio.

In altre parole, una sorta di “morte della cucina”.

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Fortunatamente manca ancora il via libera da parte dell’Efsa, ovvero l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, che si occuperà di valutare attentamente gli eventuali effetti che queste introduzioni nella dieta possono avere sulla salute umana.

Ovviamente, nel grande circo mediatico che è stato EXPO 2015 non ci siamo fatti mancare neppure la prima degustazione di insetti, autorizzata dal Ministero della Salute. Gli invitati hanno così potuto pasteggiare con pietanze a base di grilli, preventivamente controllati ed analizzati dall’Asl, preparate dalle mani esperte dello chef Marco Ambrosino: dall’antipasto al dolce il tutto, nemmeno a dirlo, da leccarsi le dita.

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Lunedì, 02 Novembre 2015 18:03

Aprile 2016: Arriva il Parma Street Food Festival

Nel 2016 Parma diventerà città del cibo di strada: dal 23 al 25 aprile Piazzale della Pace ospiterà il Parma Street Food Festival. Tre giorni dedicati a degustazioni, showcooking e buon mangiare all’insegna delle specialità italiane.

Di Chiara Marando – 02 Novembre 2015 -

Anche Parma diventerà città da street food. Data e location sono già state stabilite, quindi dal 23 al 25 aprile 2016 Piazzale della Pace si trasformerà in un vero e proprio mercato a cielo aperto dove poter gustare la qualità di ottimo cibo di strada selezionato.

Parma Street Food Festival sarà una tre giorni per conoscere, assaporare ed amare il meglio dello street food , una full immersion tra aperitivi, cene e pranzi all’aperto, ma anche stuzzichini golosi che ben 24 “food truck” , ovvero le ormai famose cucine su ruote, prepareranno proprio nel cuore del centro storico cittadino.

Ma cosa proporranno i food truck?

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Un po’ di sorpresa deve rimanere,  certamente si può anticipare che le specialità spazieranno dai piatti tipici del territorio, alle golosità portabandiera delle diverse regioni italiane, fino a proposte particolari provenienti dall’estero. Quindi largo ad hamburger, tigelle, focacce, torta fritta con salumi, panini, bbq burger, nonché proposte vegane estremamente particolari e sfiziose.  Queste giornate non saranno solo fatte di degustazioni, a completarle ci saranno eventi, showcooking, concerti, incontri e momenti gastronomici organizzati ad hoc.

Parma Street Food Festival nasce con lo scopo di riscoprire le bellezze cittadine sposandole con qualcosa di godereccio, il tutto nel totale rispetto della storia e dell’ambiente. Un messaggio positivo che nasce dall’idea di imprenditori locali del settore, con il supporto e la collaborazione del Comune di Parma e Confesercenti .

Tutti i dettagli e gli sviluppi sono disponibili per ora sulla  Facebook dell'evento ma tra non molto si potranno consultare sul sito internet dell’evento.

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“Bolle in Pentola” è il ristorante che segue la filosofia della Cucina Naturale: ingredienti genuini selezionati, a km zero e rigorosamente stagionali. Il risultato sono piatti equilibrati, ricchi di sapore ed estremamente particolari.

Di Chiara Marando – Sabato 31 Ottobre 2015 -

La cucina sta diventando sempre di più una filosofia di vita ed il detto “siamo ciò che mangiamo” rispecchia concretamente quanto il cibo non solo influenzi le nostre abitudini quotidiane, ma anche quanto contribuisca al nostro benessere psico-fisico.

Proprio da questa tendenza nasce la volontà di una ricerca sempre più accurata delle materie prime, ma anche un ritorno a quelle piccole realtà capaci di “coccolare” i propri prodotti rendendoli un unicum nel loro genere. Queste sono le basi da cui parte la cosiddetta “Cucina Naturale” e questa è l’idea che ha ispirato il cambiamento nella vita di Roberto, sua moglie Paola e la figlia Patrizia.

Il comune denominatore da cui tutto ha avuto inizio è stato la stanchezza nei confronti di una vita lavorativa non più soddisfacente e la volontà di creare qualcosa di nuovo, qualcosa che si potesse distinguere e concretizzasse la loro passione per la buona tavola seguendo la regola del “dare agli altri quello che anche noi cercheremmo in un ristorante”.

Da qui, ormai un anno e mezzo fa, è nato il ristorante “Bolle in Pentola” un angolo di genuina bontà nel cuore del centro storico di Parma. Già ad una prima occhiata si percepisce l’estrema cura per i dettagli, tocchi capaci di creare un ambiente accogliente fatto di materiali dalla semplicità raffinata che richiamano la natura. Una natura che esplode di gusto in bocca quando si assaggiano i diversi piatti del menù, realizzati con ingredienti a km zero provenienti da fidate aziende agricole locali. Profumi e sapori che seguono la stagionalità  e rispondono alle necessità di qualsiasi palato,  di chi ama la carne, ma anche di chi preferisce un’alimentazione vegetariana o vegana.

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A giocare con le materie prime, accostarle e combinarle è  Pietro Perricci, giovane chef con alle spalle una importante gavetta in ristoranti stellati. E’ lui, con la sua grande curiosità e voglia di provare, a creare piatti sempre nuovi, a mixare gli ingredienti per esaltarne le diverse caratteristiche.

Ad aiutarlo c’è Paola che da sempre coltiva un grande amore per la cucina e che proprio in Pietro ha trovato l’espressione di quello che lei e Roberto considerano il fare ristorazione. Tra di loro c’è una perfetta sintonia, un’armonia d’intenti che si percepisce  anche nei più piccoli particolari: dalla realizzazione fino alla presentazione delle pietanze.

Ed eccoci al momento dell’ordinazione. Bene, sappiate che potrete permettervi di mangiare dall’antipasto al dolce senza sentirvi minimamente appesantiti: ogni portata è equilibrata nei suoi componenti e sono quasi banditi gli eccessivi condimenti o grassi.

bolle in pentola - antipasto

Proviamo a fare qualche esempio di ciò che potrete trovare nel menù autunnale. Si inizia con antipasti come lo Sformatino di broccoli e cavoli, fonduta di Pecorino di Fossa dop e Acciughe del Cantabrico, oppure Giardino d’Autunno e polenta croccante, ed ancora Zucca al forno, polvere di Capperi e crema al Parmigiano Reggiano. Poi ci sono primi piatti quali Ravioli di farina “Pederzani” macinata a pietra con ripieno di Zucca, olio all’arancia, Acciughe e Olive, Spaghetti trafilati al bronzo “Antico Pastificio Morelli” al Ragù di Fassona  e Risotto al Radicchio rosso, fiocchi di Gorgonzola, Rognoni e clorofilla di prezzemolo. Passiamo ai secondi: Frittatina autunnale al forno con verdure di stagione, Uovo nel coccio con insalatina di Cavoli e scaglie di Parmigiano Reggiano e, per finire, Braciola di Suino nero cotta a bassa temperatura con cipolline borettane agro-piccanti.

bolle in pentola - piatti

Per i più golosi il provare i dolci della lista diventa un vero e proprio imperativo, primi fra tutti la Tarte Tatin alle mele con gelato alla Cannella e Zenzero oppure il Tortino al cioccolato, crema di zucca e amaretto, aceto balsamico.

bolle in pentola - dolce

Poi c’è il particolare in più. Già, perché non consulterete un classico menù ma un giornale dove, oltre ai piatti, ci sono interessanti consigli della nutrizionista, ricette ed altre curiosità legate al mondo della Cucina Naturale. Insomma, vi verrà voglia di leggerlo tutto e portarlo a casa ma…

 

 

Ristorante “Bolle in Pentola”

Borgo del Correggio 20/B

43121 Parma

Tel. 0521 1510317

www.bolleinpentola.net

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Venerdì, 30 Ottobre 2015 10:10

La tradizione chiama: è ora di November Porc

Sta per arrivare il November Porc, la tradizionale manifestazione che festeggia il maiale attraverso quelle produzioni diventate il simbolo della Bassa Parmense. Si comincia a Sissa venerdì 6 novembre.

Parma 30 Ottobre 2015 -

Nel parmense, l’arrivo di novembre con le sue giornate uggiose e la nebbia della Bassa significano anche il ritorno di una delle manifestazioni più attese per gli amanti della tradizione: il November Porc.

Giunto quest’anno alla sia XIV edizione, il November Porc… speriamo ci sia la nebbia!!!, rappresenta la “staffetta più golosa d’Italia” che anima i  quattro fine settimana di novembre, il mese dedicato al maiale ed alle sue gustose carni.  Come di consueto, ogni settimana la manifestazione toccherà una tappa diversa, Zibello, Sissa, Polesine e Roccabianca e, come sempre, ogni località proporrà mercatini di prodotti tipici, degustazioni, gare ed eventi.  

Il November Porc è organizzato dalla Strada del Culatello di Zibello DOP e dal Consorzio Antichi Produttori di Culatello e Spalla Cruda, con il sostegno dei diversi Comuni interessati, il patrocinio della Provincia di Parma e l’apporto della Regione Emilia Romagna. L’obiettivo primario è quello di valorizzare la cultura e la storia enogastronomica e contadina della Bassa Parmense attraverso quelle che sono le sue produzioni di eccellenza conosciute in tutto il mondo.

Il primo appuntamento avrà inizio a Sissa, con l’anteprima di giovedì 5 novembre “…aspettando November Porc” per poi continuare con numerosi eventi ed incontri per tutto il weekend. Ci si sposta poi a Polesine Parmense, in riva al Po, con “Ti cuociamo Preti e Vescovi” da venerdì 13 a domenica 15 novembre. Venerdì 20, sabato 21 e domenica 22 novembre si farà tappa a Zibello con “Piaceri e delizie alla corte di Re Culatello” e lo Strolghino più lungo. La manifestazione si concluderà nel fine settimana di venerdì 27, sabato 28 e domenica 29 novembre, a Roccabianca, con “Armonia di Spezie e Infusi”, dove ci sarà anche il mercatino “Aria di Natale”.

Per tutto novembre i Ristoranti della Strada del Culatello proporranno “A Tavola con November Porc”, menù con piatti e specialità locali tutte rigorosamente  a base di maiale.

Per info:
Strada del Culatello 3343656632www.stradadelculatellodizibello.it
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - App: novemberporctour

Pubblicato in Dove andiamo? Parma
Sabato, 24 Ottobre 2015 09:48

Il pane più trendy è “Total Black”

I nuovi trend in cucina spesso vedono protagonisti dei cibi curiosi e fino a poco tempo fa impensabili. E’ il caso del pane “total black” che sta spopolando anche in Italia. Un gusto particolare ed un aspetto certamente elegante per un alimento che fa anche bene

Di Chiara Marando – Sabato 24 Ottobre 2015 -

Le novità in cucina sono sempre tante, spesso alimenti fino a poco tempo prima completamente sconosciuti o impensabili diventano dei veri e propri trend, piccoli tocchi di particolarità da servire in tavola per incuriosire, oppure ingredienti capaci di dare un volto nuovo anche agli alimenti più classici.

Pensiamo ad esempio al sempre gustoso panino, magari anche un hamburger, che sostituisce il comune pane bianco con il più “fashion” pane nero. E quando si dice “nero” non si intende quello con cereali, semi vari oppure farina segale, si intende realmente un pane total black.

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Una nuova moda che sta impazzando anche in Italia, dai ristoranti più rinomati ai fast food, come ben dimostra l’hamburger in edizione limitata lanciato da Burger King in occasione di Halloween. Certo a prima vista qualche dubbio nasce, l’aspetto lascia perplessi e si può pensare più a Junk Food, ma in realtà si tratta di un cibo salutare ed equilibrato: l’impasto è preparato con farina al carbone vegetale, noto per le sue proprietà digestive e depurative per l’intestino.

Quindi, non solo bello da vedere, ma anche buono e sano, perfetto per accompagnare qualsiasi piatto, in particolare per completare quegli alimenti che necessitano di un contrasto di sapori per essere esaltati. Provatelo, ad esempio, un velo di marmellata al mattino, oppure con burro e salmone,  formaggio spalmabile, ed ancora con carni corpose e dal gusto deciso.

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Il pane nero nasce da una profonda ricerca nel campo della panificazione, da quei laboratori e produttori che guardano con attenzione alle materie prime, alle diverse tecniche da utilizzare per un risultato migliore. Il carbone vegetale, aggiunto all’impasto, si percepisce appena sotto i denti e lascia un leggero sapore di “sabbiolina” in bocca che si perde subito durante la masticazione. Soffice e particolarmente leggero, migliora il transito intestinale, e di conseguenza tiene sotto controllo i gonfiori addominali, dimostrandosi particolarmente adatto anche per coloro che soffrono di celiachia.

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Curiosi di provarlo? Molto bene, perché trovarlo ormai è molto semplice, basta andare in uno dei tanti panifici che amano proporre non solo novità, ma anche pagnotte con svariate lavorazioni ed ingredienti.

Poi, per chi ama tenere le “mani in pasta, c’è la possibilità di farlo a casa propria con un procedimento che ricalca quello utilizzato per le altre tipologie di pane:

Ingredienti

500 g di farina 00

1 cucchiaino di sale

1 cubetto di lievito di birra

6 g di carbone vegetale

5/6 cucchiai di olio extravergine d’oliva

1 pizzico di zucchero

Acqua tiepida per impastare

Procedimento:

Unire tutti gli ingredienti e cominciare ad impastare fino ad ottenere un panetto omogeneo: la farina, il carbone vegetale, l’olio, il cubetto di birra sciolto nell’acqua tiepida che verserete a poco a poco, lo zucchero ed il sale. Dovrà risultare una palla di pasta liscia e morbida.

Lasciare lievitare il composto per due ore circa, ricoprendolo con un telo. Infine, dargli la forma desiderata, inciderlo con il tradizionale taglio a croce ed infornarlo a 200 gradi.

Passate le due ore, il pane è pronto per essere infornato. Dai al composto la forma che preferisci e incidetelo ad esempio con una croce. Riscaldate il forno a 200 gradi, riponete il pane in una teglia rivestita di carta da forno e fate cuocere per mezz’ora.

Pubblicato in Dove andiamo? Emilia