I negoziatori sull'accordo segreto del TTIP riuniti a Bruxelles stanno di fatto proponendo un testo che presenta scappatoie rispetto alla promessa fatta dai paesi del G20 di azzerare i sussidi ai combustibili fossili entro 10 anni.
di Virgilio, 20 luglio 2016 -
I negoziati europei del TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti) continuano a fare discutere e questa volta in materia di clima. Secondo quanto è trapelato dagli incontri del 14esimo round di Bruxelles incentrato sull'energia, i negoziatori stanno di fatto proponendo un testo che presenta scappatoie rispetto alla promessa fatta dai paesi del G20 di azzerare i sussidi ai combustibili fossili entro 10 anni.
A rivelarlo è stato il sito specializzato rinnovabili.it su segnalazione del "The Guardian " che ha attentamente monitorato gli incontri di Bruxelles su uno dei più grandi segreti degli ultimi anni, quella proposta di Trattato di libero scambio che dovrebbe creare il più grande e appetibile mercato mondiale unendo USA e UE.
Alcuni passaggi del testo in discussione potrebbero permettere all'UE di continuare a sovvenzionare l'energia fossile. Una situazione che farebbe decadere le promesse sul clima stipulate alla COP21 di Parigi solo pochi mesi fa (dicembre 2015).
La sintesi dei punti contestati riportati da Rinnovabili.it
Le scappatoie sui sussidi alle energie fossili
Riguardo al taglio dei sussidi, la bozza riporta che ciò rappresenta obiettivo comune a UE e USA, ma è subordinato a "considerazioni sulla sicurezza delle risorse" e deve essere accompagnato da "misure per alleviare le conseguenze sociali associate con l'azzeramento dei sussidi". In pratica, il primo passaggio può essere impugnato dai paesi più dipendenti dall'energia fossile – che avrebbero così una scappatoia per non onorare i propri impegni sul clima – mentre il secondo passaggio potrebbe spalancare la porta a nuovi sussidi, stavolta mascherati adeguatamente.
Per Colin Roche di Friends of the Earth si tratta di una palese foglia di fico: "Prevenire la distruzione del clima dovrebbe essere la priorità numero uno, i sussidi ai combustibili fossili dovrebbero essere il nemico numero uno".
Il TTIP rende il commercio più importante del clima
Rispetto al secondo punto controverso, il Guardian riporta un passaggio dell'articolo 5 della bozza del capitolo sull'energia del TTIP, classificata come confidenziale e datata 23 giugno. Nel testo si legge: "Nello sviluppo dei sistemi di supporto pubblico, le Parti terranno in considerazione in modo appropriato il bisogno di ridurre le emissioni di gas serra e quello di limitare le alterazioni del commercio per quanto possibile".
L'equiparazione di clima e esigenze commerciali non è affatto un buon punto di partenza: tutto sta nell'interpretazione che ne verrà data. Certo una formulazione tale del testo del TTIP sembra escogitata ad arte per aprire vie di fuga dagli impegni sul clima, lasciando lo scettro al commercio e al modello imperante di crescita economica. La vaghezza del testo di sicuro non aiuta a ribaltare lo status quo.
(Fonti: Rinnovabili.it e The Guardian)
Da Cibus 2016 note positive sul futuro dell'agroalimentare a patto che si faccia realmente sistema. Il Trattato Transatlantico (TTIP), con un po' di impegno e maggiore trasparenza, potrebbe trasformarsi da Minaccia in Opportunità.
di Lamberto Colla Parma, 15 maggio 2016.
Si è chiusa giovedi sera a Parma la 18° edizione di Cibus. Ormai entrata nella storia della manifestazione come l'edizione dei record, la fiera internazionale dell'alimentazione organizzata da Fiere di Parma e Federalimentare, ha visto infatti la partecipazione di 3mila aziende espositrici su 130mila metri quadri, 72mila visitatori di cui 16 mila operatori esteri e 2.200 top buyer (nel 2014 i visitatori erano 67mila, gli operatori esteri 13mila).
"E' la migliore edizione di sempre, che ha raccolto il testimone di Expo2015 – ha commentato Elda Ghiretti, Cibus Brand Manager - ed ha visto il comparto agroalimentare italiano presentarsi con circa mille innovazioni di prodotto, pronte a conquistare i mercati esteri e recuperare posizioni sul mercato interno. Abbiamo notizia di un alto volume di affari conclusi o ben avviati, con la piena soddisfazione delle aziende e dei buyer esteri e italiani".
E se i numeri fanno giustamente gongolare gli organizzatori, l'intero settore agroalimentare dovrà fare tesoro delle indicazioni d'indirizzo da più parti sostenute e delle principali minacce che si dovrnno rapidamente affrontare e annientare.
Innanzitutto è imperativo fare sistema. Agricoltura e Industria dovranno collaborare e soprattutto progettare insieme il riscatto del modello agroalimentare italiano. Lo hanno condiviso e sollecitato tutti i rappresentanti del Governo intervenuti all'inaugurazione della manifestazione lunedi scorso, "Abbiamo un nemico importante, l'Italian Sounding", aveva sostenuto Ivan Scalfarotto. Arginare il fenomeno dell'imitazione, che vale quasi il doppio dell'export nazionale, è la battaglia di tutte le battaglie. La ricetta secondo il sottosegretario allo sviluppo economico sta nel fare sistema e concentrarsi. Il Governo, aveva concluso il parlamentare, non può dare la soluzione ma essere da stimolo affinché tutti gli attori operino nella stessa direzione.
Ma finalmente a Cibus 2016, forse per casualità o forse per raggiunta maturità degli interessati, è stato portato sotto i riflettori della cronaca il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), l'accordo transatlantico che dovrebbe unificare i due grandi mercati, quello Ue e quello USA.
Un accordo che non ha mai visto la luce, sempre mantenuti riservati i temi trattati e, quel che è peggio, è stata proprio la parte europea a mantenere il più alto grado di riservatezza, addirittura in seno ai più alti rappresentanti del vecchio continente.
Quasi 10 anni di trattative stanno a significare gli enormi interessi in gioco e la difficoltà di immaginare i nuovi scenari di mercato.
In pochi, tra giornali e movimenti d'opinione e di consumatori, hanno cercato di sollecitare le istituzioni sulla verifica dello stato d'avanzamento, quasi nessuno. Noi invece, già pochi giorni dopo avere inaugurato la testata (era il luglio 2013) avevamo iniziato a manifestare preoccupazioni in tal senso e in molte altre circostanze tentato di alimentare una critica costruttiva evidenziando i segnali che stavano per incanalarsi (vedi OGM) nella direzione di un accordo troppo sbilanciato verso gli Stati Uniti. Avevamo invitato i cugini transalpini a coalizzarsi con noi per fare fronte comune di resistenza alle spinte omologanti che avrebbero potuto distruggere il patrimonio dell'agricoltura mediterranea di cui Italia e Francia sono la massima espressione mondiale.
E finalmente questi temi stanno, seppure lentamente, emergendo. Lo stesso Ministro Francese Fekl si è reso conto che ha bisogno di una collaborazione italiana (vedi Repubblica.it del 11 maggio 2016): "Ecco perché all'Italia, come alla Francia, conviene dire no al Ttip".
Meglio tardi che mai e forse un po' troppo eccessivo. Ma tutto serve così come è necessario che abbia iniziato a occuparsene, o meglio a parlarne, il Ministro Martina in occasione dell'inaugurazione di Cibus 2016.
Un'opportunità più che una fonte di problemi è in sintesi il pensiero del vertice del dicastero dell'agricoltura, posizione che condividiamo ma che dovrebbe essere maggiormente sostenuta con una più autorevole azione politica, mettendosi a braccetto con il collega francese Fekl e magari anche con lo Spagnolo, sempre che abbia veramente in animo di raggiungere quella soglia di 50 miliardi di esportazione entro il 2020 e soprattutto se voglia bene al nostro sistema di qualità e sicurezza agroalimentare.
Un modello che dovrebbe essere messo a sistema e preso a esempio e non invece minacciato dai modelli e prodotti anglosassoni.
Ben venga quindi "Cibus annuale", anche nella forma ridotta (Cibus Connect), affinché si possa con maggior frequenza riunire gli stati generali dell'agricoltura e dell'industria, esporre il fermento del settore, tra innovazione, qualità, sostenibilità e gustosa appetibilità del Made in Italy.
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De Castro: la loro tutela in ambito TTIP è interesse comune in Europa e Stati Uniti. Una forma di inganno che il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha nuovamente denunciato oggi nella sede del Parlamento Europeo.
Reggio Emilia, 15 marzo 2016 - "Questa ricerca non lascia dubbi: oltre i due terzi dei consumatori americani sono indotti in inganno, ed è proprio sul comune terreno della tutela del consumatore che è allora necessario si orientino gli impegni delle delegazioni europea e statunitense in ambito TTIP, perché se sul versante produttivo si possono scontare interessi diversi e contrapposti, la difesa del consumatore, invece, è sicuramente un oggetto di lavoro comune".
Paolo De Castro, parlamentare europeo e relatore per il TTIP (il negoziato aperto tra Usa e UE che trova nella tutela delle Dop uno dei temi più scottanti) al Parlamento Europeo, si è espresso così a Bruxelles nell'ambito della presentazione della ricerca (curata da Aicod) dalla quale emerge con chiarezza che per la stragrande maggioranza dei consumatori americani il "parmesan"caratterizzato nelle confezioni da elementi di "italian sounding" è di sicura provenienza italiana, anche quando, in realtà, non ha nulla a che vedere né con il nostro Paese né con il vero Parmigiano Reggiano.
Una forma di inganno che il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha nuovamente denunciato oggi nella sede del Parlamento Europeo, parlando di un fenomeno che interessa 100.000 tonnellate di prodotto americano (piùdi 10 volte il volume delle importazioni di Parmigiano Reggiano originale dall'Italia) e costituisce –ha detto il direttore del Consorzio, Riccardo Deserti –"un pesante pregiudizio rispetto all'aumento delle esportazioni ed un intollerabile inganno a carico di consumatori che, al contrario, stanno sensibilmente aumentando la richiesta di prodotti originali e di alta qualità". Oltre 130 tra parlamentari europei, esponenti del mondo delle Dop e rappresentanti Usa hanno partecipato al confronto, dal quale è emerso un fronte compatto del sistema europeo delle indicazioni geografiche a sostegno della proposta lanciata dal Consorzio finalizzata ad un maggiore coinvolgimento dei consumatori nel dibattito sugli accordi TTIP.
Esplicito, al proposito, Paolo De Castro: "con un saldo attivo di 6 miliardi di euro nell'agroalimentare, l'Europa ha interessi rilevantissimi, e proprio per questo va rilanciata un'azione autorevole nell'ambito dei negoziati con gli Usa, per realizzare un'alleanza fondamentale con i consumatori americani, ai quali l'accordo deve offrire garanzie e informazioni corrette sui prodotti per evitare gli inganni di cui sono oggi vittime".
"Proprio il portare l'attenzione sui consumatori –ha aggiunto De Castro –rappresenta un terreno di dialogo di reciproco interesse sul quale realizzare un accordo che ci consenta di compiere un passo in avanti importante sul rispetto e sulla tutela delle Indicazioni Geografiche, perché senza questo risultato centrale è evidente, come più volte ha ricordato la Commissaria Cecilia Malstrom, che non sarà possibile alcuna intesa".
Nella sede del Parlamento Europeo, tra l'altro, il direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Riccardo Deserti, ha ricordato che già il formaggio made in Usa e denominato "parmesan" è considerato "italiano"dal 38% dei consumatori americani. "La situazione –ha puntualizzato Deserti –si aggrava poi decisamente quando le confezioni sono caratterizzate da elementi di "italian sounding"(ad esempio la bandiera tricolore o monumenti e opere d'arte italiane): in tal caso, infatti, il 67% degli acquirenti americani è convinto di trovarsi di fronte ad autentico prodotto italiano".
(Fonte CFPR)
UE come Ponzio Pilato. Gli allevatori di vongole obbligati al righello mentre la Monsanto "libera" di trattare con gli Stati dell'UE. La partita del Trattato Transatlantico vede troppi interessi in gioco e la UE oggi è troppo indebolita dalla dalla finanza internazionale.
di Virgilio Parma 13 gennaio 2015 - La controversa vicenda degli OGM che vede la Multinazionale della chimica Monsanto, leader quasi monopolista mondiale detentrice del 90% del mercato delle sementi transgeniche, e l'UE si conclude con un pareggio nonostante le dichiarazioni di soddisfazione di quasi tutte le rappresentanze politiche e di categoria.
Ben vengano le modifiche apportate in sede parlamentare rispetto al testo approvato in prima lettura dal Consiglio europeo nel giugno scorso sotto tre aspetti rilevanti, che come segnala il Mipaaf, riguarda:
1- le valutazioni sui rischi ambientali e sanitari, di competenza dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, dovranno essere aggiornate ogni due anni per tener conto del progresso scientifico e del principio di precauzione che è un pilastro del diritto ambientale internazionale;
2- gli Stati Membri possono chiedere, tramite la Commissione europea, alle imprese produttrici di OGM, di escludere i loro territori dal novero dei Paesi nei quali intendono chiedere l'autorizzazione europea alla coltivazione; ma questa fase di "negoziato" con le imprese non è più obbligatoria, e gli Stati Membri potranno decidere di passare direttamente al divieto di coltivazione per le motivazioni indicate nella Direttiva;
3- gli Stati Membri, prima di introdurre il divieto di coltivazione, dovranno comunicare il relativo provvedimento alla Commissione europea ed attendere 75 giorni per il parere, ma durante questo periodo di attesa gli agricoltori non potranno comunque procedere alla semina dei prodotti interessati dall'ipotesi di divieto.
E' evidente che l'UE, indebolita da 7 anni di crisi finanziaria, è troppo allettata all'idea di poter accedere al mercato Statunitense sottoscrivendo al più presto il trattato di libero scambio TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) o TAFTA (Transatlantic Free Trade Area) e disposta quindi a "calare le brache" purtroppo anche su punti fondamentali sui quali si regge la nostra economia agricola: altissima qualità tradizionale e rintracciabilità al limite dell'esasperazione e ovviamente l'etichettatura dei prodotti.
Con la libera circolazione delle merci e dei prodotti all'interno della Ue come sarà possibile difendersi dalle produzioni transgeniche per i produttori appartenenti agli Stati in cui il divieto fosse stato recepito?
Come al solito la UE sulle questioni importanti non decide mentre è molto ferrea sull'applicazione e regolamentazione delle questioni più insignificanti ma potenzialmente onerose per i piccoli produttori e artigiani su cui la nostra bell'Italia ancora si regge.
Quindi rete e righello per i pescatori di vongole e OGM a go-go.
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