Dopo l'archiviazione delle accuse da parte del Tribunale dei Ministri di Brescia, le famiglie non si sono fermate e hanno portato la questione davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU).
L'accusa principale delle famiglie delle vittime riguarda la presunta negligenza delle autorità italiane, in particolare per la mancata istituzione della "zona rossa" nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, epicentri iniziali della diffusione del virus. Le famiglie sostengono che una risposta più tempestiva e rigorosa avrebbe potuto salvare delle vite.
Questo passo verso la CEDU mira a ottenere giustizia e il riconoscimento delle responsabilità istituzionali a livello europeo, con l’obiettivo di stabilire un precedente che rafforzi il diritto alla salute e la responsabilità delle autorità in situazioni di emergenza sanitaria.
L’iniziativa rappresenta una ricerca di giustizia per le vittime e un monito affinché in futuro ci sia una gestione più attenta in situazioni analoghe.
La dichiarazione di Consuelo Locati, avvocata del team legale delle famiglie delle vittime, mette in evidenza un passo fondamentale nel percorso legale: “La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso di comunicare ufficialmente il ricorso al Governo italiano, segnalando che le accuse delle famiglie meritano una analisi approfondita. Questo passaggio implica che la Corte di Strasburgo ha trovato fondati i motivi per indagare se vi sia stata una violazione dei diritti umani, nello specifico il diritto alla vita e alla protezione della salute, diritti sanciti dalla Convenzione europea”.
Ora, sia il Governo italiano che i rappresentanti delle famiglie avranno un termine per rispondere ai quesiti della Corte, che analizzerà in dettaglio la gestione della pandemia da parte delle autorità italiane, in particolare la mancata istituzione tempestiva della "zona rossa".
Questo tipo di indagine a livello europeo rappresenta un precedente importante e, se la Corte dovesse riconoscere una violazione dei diritti, potrebbe aprire la strada a nuove misure di accountability istituzionale in situazioni di emergenza sanitaria, oltre a risarcimenti per le famiglie delle vittime.
La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di approfondire il caso, porta il Governo italiano a dover rispondere su due aspetti centrali.
Il primo riguarda le presunte carenze nella gestione della pandemia, in particolare l'assenza di un piano pandemico aggiornato, elemento richiesto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per una risposta efficace alle crisi sanitarie. Le famiglie sostengono che l’assenza di un piano pandemico adeguato avrebbe contribuito a un’escalation di morti evitabili e a una gestione complessivamente carente nelle fasi iniziali della pandemia, in un’area fortemente colpita come la provincia di Bergamo.
Il secondo aspetto contestato riguarda il diritto delle famiglie di partecipare ai procedimenti giudiziari come parti civili. Le famiglie delle vittime sono state escluse dai procedimenti italiani avviati dinanzi al Tribunale dei Ministri, il quale ha archiviato le accuse rivolte ai membri del governo, alle autorità regionali lombarde e al Comitato tecnico scientifico istituito per la gestione della crisi.
Questa esclusione è ritenuta una violazione del diritto a una giustizia equa e partecipativa, dato che impedisce ai familiari di rappresentare le vittime e chiedere conto delle presunte negligenze da parte delle istituzioni coinvolte.
La CEDU ora esaminerà se queste azioni e omissioni costituiscano una violazione dei diritti sanciti dalla Convenzione europea, in particolare del diritto alla vita (Articolo 2) e del diritto a un equo processo (Articolo 6). Una pronuncia della Corte potrebbe aprire scenari significativi, sia in termini di riconoscimento delle responsabilità istituzionali sia per possibili risarcimenti alle famiglie.
Il passaggio del ricorso delle famiglie alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo rappresenta una svolta straordinaria, considerando che solo una minima percentuale di procedimenti raggiunge questo stadio. Come ha sottolineato l’avvocata Consuelo Locati, il fatto che la Corte abbia deciso di esaminare il caso conferma la fondatezza delle richieste avanzate dai familiari, nonché la validità dei presupposti giuridici su cui si basava l’indagine della Procura di Bergamo.
Quest’ultima aveva identificato 21 indagati, ma a livello nazionale, i procedimenti si erano conclusi con archiviazioni.
Cassandra Locati, presidente dell’associazione #Sereniesempreuniti, ha rimarcato l'importanza di questo provvedimento come un atto di riconoscimento e dignità per le vittime, ma anche di rispetto verso i familiari, che da oltre quattro anni si sentono ignorati dalle istituzioni italiane.
Questo riconoscimento europeo pone sotto una nuova luce il percorso di giustizia intrapreso dalle famiglie, le quali chiedono non solo di accertare le responsabilità, ma anche un risarcimento morale per il mancato rispetto e trasparenza da parte delle autorità nazionali.
Questa decisione ha quindi un valore simbolico, poiché rimette al centro il diritto delle famiglie di conoscere la verità su quanto accaduto e di avere un ruolo attivo nei procedimenti giudiziari relativi alla tragedia che le ha colpite.