Da pochissimo tempo, ha ricevuto la diagnosi di disturbo dello spettro autistico, una neurodivergenza o disturbo del neurosviluppo che può interessare la sfera motoria, della comunicazione, la socialità e il linguaggio.
Giulia, autrice dell’autobiografia “Volevo essere normale”, ha accettato di rispondere alle domande di QuotidianoWeb sulla tematica ancora poco conosciuta dell’autismo e ci confessa: “La diagnosi è stata la mia salvezza”.
Chi è Giulia?
Abito in provincia di Monza, a Briosco, ho 22 anni, sono autistica ma per 21 anni non l’ho saputo. Questo non significa che non lo fossi, ma solamente che era nascosto.
Forse neanche tanto, perché comunque per le persone che mi stavano intorno ero “strana”, soprattutto per i bulli che erano bravissimi a notare le mie difficoltà.
Fin da piccola ho amato la scrittura, il mezzo attraverso cui mi esprimo più facilmente, e il mio sogno sarebbe di fare la giornalista. Ho scritto anche un libro, dove ho deciso di condividere la mia esperienza sia come persona che non sapeva di essere autistica che dopo la diagnosi, ed è una cosa che faccio anche online sui social media: racconto la mia quotidianità e i miei alti e bassi per dare consapevolezza e fare capire com'è la vita di una persona autistica.
Alla fine, è una vita normale, con difficoltà che magari le altre persone non hanno, ma anche con dei pregi.
Quali sono le caratteristiche che ti hanno portato a fare delle indagini per arrivare alla diagnosi?
Fin da quando ero piccola i miei genitori avevano l’impressione che avessi qualcosa di diverso dagli altri bambini. Giocavo da sola, facevo fatica a stare in gruppo, parlavo poco, non mi esprimevo molto.
Durante l’infanzia mi hanno portata da diversi esperti, ma non notavano nulla di strano perché ero dentro le “tabelle di marcia”. Parlavo, camminavo come tutti i bambini. Così anche i miei genitori si sono tranquillizzati.
Crescendo, poi, io mi son resa conto che non riuscivo ad avere il comportamento degli altri e le differenze si facevano sempre più evidenti. Non capivo gli scherzi, l'ironia, come fare a chiacchierare con loro. Davo l’impressione di avere sempre la testa tra le nuvole, sembravo fredda, esprimevo poco le emozioni.
Per alcuni potevo sembrare perfino capricciosa, egoista, pigra, e alla fine tutte queste situazioni mi hanno creato una sorta di malessere che mi hanno portata a rivolgermi a diversi psicologi, finché l’ennesima psicologa ha iniziato a parlarmi di autismo.
E mi ha salvato la vita, perché avevo proprio toccato il fondo. La diagnosi di autismo è stata una salvezza.
Come vivevi il tuo modo di essere prima della diagnosi? Cosa è cambiato dopo?
Prima ero molto insicura e chiusa, anche perché ero sempre esclusa dal gruppo. I coetanei non capivano quali fossero le mie caratteristiche, pensavano fossi un po’ strana e stupida, non avevo molti amici, non riuscivo a socializzare, e cercavo di uniformarmi agli altri, cercando di vivere la vita che vivevano i miei coetanei. Per quanto mi sforzassi non riuscivo, senza capire il perché.
È stato molto difficile, pensavo di essere pazza, malata, non riuscivo a darmi una spiegazione del perché fossi così diversa dagli altri. Tutto il malessere che provavo venne diagnosticato come ansia e depressione. Ma in realtà non era quello, e io stavo sempre peggio.
Finché, con la diagnosi di autismo ho visto veramente la luce in fondo al tunnel. Uno può pensare che sia una scoperta spaventosa, ma in realtà in una situazione come questa era una notizia bellissima. Ero molto felice di sapere che ero autistica perché era una risposta alle mie domande e una risposta che spiegasse tutto quello che era successo.
Il libro di Giulia, “Volevo essere normale” (Armando Editore), è un'autobiografia che parla degli ostacoli vissuti da una persona autistica che non sapeva di esserlo: esclusione, difficoltà nella socializzazione, bullismo e tutti i disagi relativi. Soprattutto, del tentativo di essere “normale”, diventato quasi un'ossessione per l’autrice, che cercava di vivere la vita che vivevano tutti.
Provando una forte sofferenza, che ha trovato soluzione nella diagnosi di autismo. Diagnosi che le ha cambiato la vita, in meglio.
Stereotipie, meltdown, stimming: come spiegare l’autismo ad una persona che non la vive personalmente?
Queste definizioni si possono trovare nei manuali, ma il modo migliore per capirle realmente è chiedere a qualcuno che effettivamente le vive.
Le stereotipie sono movimenti o comportamenti ripetitivi caratteristici dell’autismo, il meltdown è il termine con cui si identificano le “crisi” scambiate spesso per capricci, e lo stimming rappresenta comportamenti auto-stimolanti messi in atto per regolare le emozioni.
Per quanto riguarda me, i miei genitori hanno fatto ricerche e chiesto consulti, ma la vera svolta è stata parlarne e confrontarsi con me.
Perché potevo spiegargli come mi sentivo, cosa mi desse fastidio e cosa mi poteva aiutare a stare meglio e superare i momenti difficili. Così anche con gli amici, che hanno cercato di capire con me cosa significa l'autismo, per creare conoscenza e consapevolezza, che danno vita all’inclusione.
Sui manuali rimangono definizioni scritte, ma le persone le vivono in maniera diversa ed è importante capire come interagire con le persone a livello umano.