La dottoressa Di Colo, responsabile dell’ambulatorio delle immunodeficienze e della sala infusionale, ci spiega di cosa si occupa e quando è consigliato rivolgersi all’immunologo.
Buongiorno dottoressa, la ringraziamo per la disponibilità, vuole spiegarci di cosa si occupa nel suo reparto?
Lavoro nell’unità UnIRAR sotto il prof. Dagna, e sono responsabile della sala infusionale, dove si esegue la somministrazione delle immunoglobuline nella terapia delle immunodeficienze primitive e secondarie dell’adulto, e dei farmaci biologici per la cura di malattie autoimmuni sistemiche. Inoltre, operiamo in collaborazione con l’unità diretta dal Prof. Aiuti, (unità di immunoematologia pediatrica), per quanto riguarda l'ambulatorio di transizione, dove prendiamo in carico pazienti affetti da immunodeficienze primitive che dall'età pediatrica diventano adulti.
Quali sono le patologie più riscontrate per quanto riguarda le immunodeficienze?
La patologia principe è l’immunodeficienza comune variabile, “capostipite” di un certo numero di immunodeficit umorali, caratterizzati da una scarsa produzione di anticorpi. La maggior parte dei pazienti affetti da immunodeficienza comune variabile necessità di supplementazione con immunoglobuline.
Quando è indicata una visita immunologica?
La JM Foundation ha redatto una lista di 10 campanelli d’allarme, tradotti in molte lingue del mondo (versione italiana disponibile sul sito dell’associazione AIP), che fanno sospettare uno stato di immunodeficienza sia per quanto riguarda i bambini che gli adulti. In linea di massima oltre a queste indicazioni, riceviamo pazienti che si ammalano spesso e che si rivolgono spontaneamente a noi o altri inviati da medico di base o specialisti perché non riescono a risalire alla problematica di fondo, quando questi hanno frequenti episodi simil-influenzali, debolezza, stanchezza, dolore addominale cronico senza patologie di base, infezioni ricorrenti, polmonite ricorrente, scarsa risposta alle terapie antibiotiche orali, candida ricorrente o infezioni erpetiche e riattivazioni virali ricorrenti come ad esempio l’herpes zoster, o ancora coloro che hanno quadri dubbi con febbre o diarrea ricorrente.
Per quanto riguarda i bambini è bene prestare attenzione nei seguenti casi:
- quattro o più otiti all’anno
- Due o più gravi sinusiti all’anno
- Più di due mesi di terapia antibiotica senza effetto
- Più di due polmoniti in un anno
- Scarso accrescimento ponderale
- Ascessi ricorrenti della cute e di organi interni
- Mughetto o candidosi persistente oltre l’anno di età
- Necessità di terapia antibiotica endovenosa
- Due o più infezioni di organi interni
- Storia familiare di immunodeficienza primitiva
Negli adulti invece facciamo attenzione a questi segnali
- Più di due otiti in un anno
- Più di due sinusiti in un anno, in un paziente non allergico
- Almeno una polmonite l’anno, per più di un anno
- Diarrea cronica con perdita di peso
- Infezioni virali ricorrenti (herpes zoster, raffreddore, epstein barr, herpes symplex, verrucche, condilomi)
- Frequente necessità di antibiotico per via endovenosa
- Ascessi ricorrenti della cute e degli organi interni
- Candidosi orale o cutanea persistente
- Infezioni da micobatteri atipici
- Familiarità per immunodeficienza primitiva
Quando si fa una diagnosi di immunodeficienza secondaria?
Nella nostra UO solitamente nei pazienti reumatologici con malattie autoimmuni sistemiche, in terapia a lungo termine con immunosoppressori, che vanno a determinare una immunodeficienza secondaria alla terapia, ma anche nei pazienti oncologici dopo radio/chemioterapia e nei pazienti che si ammalano spesso e che apparentemente non hanno disturbi specifici, presentano febbre ricorrente o diarrea persistente per cui non si trovano risposte. Anche la candidosi orale o cutanea persistente, così come una linfocitopenia (riduzione dei linfociti) rappresentano un campanello d’allarme degno di approfondimento.
Nei nostri ambulatori, quando non riusciamo a trovare risposte nei test qualitativi e quantitativi “classici”, su pazienti selezionati, possiamo eseguire dei test di secondo livello, come il test di linfoproliferazione, oppure, in casi selezionati, ricorrendo all’analisi genetica dove, attraverso un pannello, si studiano i geni le cui alterazioni sono correlate ai difetti dell’immunità.
Riattivazioni virali, come si diagnosticano con IgM basse?
Quando il paziente ha infezioni erpetiche ricorrenti, fondamentalmente seguiamo la clinica piuttosto che il titolo corporale e sottoponiamo i pazienti a dei test per verificare se ci sono delle riattivazioni virali in ambito della ricerca clinica in maniera selezionata dove testiamo la capacità dei linfociti di rispondere e reagire a diversi tipi di stimolo in vitro. La risposta immunitaria è inequivocabile e ci dà chiara indicazione sulla problematica ed eventuale riattivazione.
Ci tengo a informare che a breve, probabilmente verso settembre 2024, terremo un incontro con l’associazione AIP, in presenza e disponibile anche online, per un confronto diretto tra medici e pazienti. Divulgare l’informazione è fondamentale nella determinazione di una diagnosi precoce, spesso infatti alcuni pazienti arrivano alla nostra attenzione dopo molti anni dall’esordio dei sintomi ed è più difficile gestire la malattia.