Roma, 6 febbraio 2024 - Un’enorme massa tumorale all’altezza della gola gli avrebbe impedito, alla nascita, di respirare. La vita di un feto di 37 settimane è stata salvata al momento del parto da un intervento unico nel suo genere, eseguito mentre il neonato era ancora connesso alla placenta. Pochi minuti a disposizione dei chirurghi per estrarlo dalla pancia della mamma e collegarlo alla macchina cuore-polmone, prima di recidere il cordone ombelicale e completare il parto cesareo.
La procedura salvavita, denominata EXIT-to-ECMO, è stata eseguita all’Ospedale San Pietro
Fatebenefratelli da un’équipe multidisciplinare coordinata dagli specialisti dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove tre giorni dopo è stata anche rimossa la massa tumorale. A distanza di 4 mesi, il bambino sta bene ed è tornato a casa con la famiglia.
Un tumore invasivo
Il bimbo nato con la procedura EXIT-to-ECMO aveva sviluppato nella vita intrauterina una massa tumorale benigna ma a crescita ‘tumultuosa’, molto compatta e voluminosa. Il tumore, localizzato sul collo (dal mento alla spalla), era grande quanto la testa del piccolo paziente e aveva ormai inglobato i vasi arteriosi (carotide) e la via respiratoria (trachea).
Ricostruzione 3D della massa tumorale del piccolo paziente nato con procedura EXIT-to-ECMO
Per queste caratteristiche, la massa avrebbe impedito al bambino di respirare da solo al momento della nascita e avrebbe impedito anche ai medici di procedere con l’intubazione o con la tracheotomia (apertura chirurgica della trachea) per consentire la respirazione, procedure estreme ma “standard” in circostanze simili. Durante la gestazione, la mamma è stata assistita dagli specialisti del Bambino Gesù che hanno seguito l’evoluzione del tumore nel feto e pianificato nel dettaglio il momento del parto preparandosi a tutte le evenienze.
La procedura “EXIT to ECMO”
La complessità del caso del piccolo paziente ha portato le équipe mediche ad attivare - primo caso noto in Italia - la procedura EXIT-to-ECMO (EXIT finalizzata all’ECMO) che ha permesso al neonato non solo di sopravvivere ma anche di preservare la normale funzione del cervello, messa a rischio dall’impossibilità di respirare.
Il parto in EXIT (EX-utero Intrapartum Therapy) consiste nell’estrarre parzialmente il feto dalla pancia della mamma, tramite taglio cesareo, mantenendolo connesso a cordone ombelicale e placenta che continuano, così, ad assicurare la circolazione e l’ossigenazione del sangue del bambino. Questa procedura concede ai chirurghi un breve intervallo di tempo (circa 40-50 minuti), prima di dover completare il parto con il clampaggio del cordone ombelicale, durante il quale si possono eseguire manovre come l’intubazione o la tracheotomia per supportare la funzione respiratoria del bambino.
Nel caso specifico, considerati volume e consistenza del tumore che impedivano il rapido accesso alle vie aeree con le tecniche ‘convenzionali’, l’unica possibilità per il piccolo era la circolazione extracorporea (ECMO - Extra
Corporeal Membrane Oxigenation). Il posizionamento della macchina cuore-polmone che sostituisce, dall’esterno, la funzione respiratoria e cardiaca, è una manovra chirurgica molto delicata e complessa, ancor più in contesti di emergenza: in tempi brevissimi, prevede l’apertura del torace del bambino (in questo caso ‘in EXIT’, ovvero non del tutto nato) e l’inserimento all’interno dei grossi vasi sanguigni vicino al cuore di due cannule collegate al macchinario. Dopo aver avviato la circolazione extracorporea, il parto cesareo è stato portato a termine.
La rimozione del tumore e il rientro a casa
Apoche ore dalla nascita - sempre con il supporto dell’ECMO - il bimbo è stato trasferito all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per la preparazione all’intervento di rimozione del tumore. L’operazione, durata circa 7 ore, è stata eseguita 3 giorni dopo il parto da un’équipe multidisciplinare composta da chirurghi neonatali, anestesisti, cardiochirurghi, perfusionisti, neurofisiologi, otorinolaringoiatri e infermieri del Bambino Gesù. Nelle settimane successive il piccolo è stato assistito in ospedale per il recupero post intervento e per le cure oncologiche. Dopo 4 mesi di ricovero, è tornato finalmente a casa per trascorrere il suo primo Natale con la famiglia.
Le équipe coinvolte
Il parto cesareo EXIT-to-ECMO è stato portato a termine con successo presso il Dipartimento Materno-Infantile dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma grazie al lavoro di diverse équipe coordinate dai responsabili dell’Area delle Scienze Fetali-Neonatali e Cardiologiche dell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede (Pietro Bagolan per l’Area di Ricerca e Lorenzo Galletti per l’Area Clinica).
Al caso del piccolo paziente, per il Bambino Gesù hanno collaborato gli specialisti delle Unità Operative di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale; Cardiochirurgia, Chirurgia Neonatale, Terapia Intensiva Neonatale; Otorinolaringoiatria; ECMO; Neurorianimazione Pediatrica; Anestesia e
Rianimazione; Oncoematologia, Trapianto Emopoietico e Terapie Cellulari e Anatomia Patologica. Per l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, le Unità Operative di Ostetricia e Ginecologia e Terapia Intensiva Neonatale.
In particolare, la procedura EXIT è stata eseguita da Marco Bonito, direttore del Dipartimento Materno-Infantile del San Pietro Fatebenefratelli e da Leonardo
Caforio, responsabile di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale del Bambino
Gesù. Il posizionamento in ECMO del bimbo è stato condotto dai cardiochirurghi Sonia Albanese e Gianluigi Perri, mentre l’intervento chirurgico di rimozione della massa tumorale è stata guidata da Andrea Conforti, responsabile della Chirurgia Neonatale del Bambino Gesù.