"Come siamo arrivati a questo punto?" Franca Porta, vicepresidente di Grande Reggio, propone regole più stringenti negli appalti pubblici e un progetto per normalizzare il mercato -
Reggio Emilia, 12 febbraio 2014 -
"Perché in tanti anni non ci si è accorti delle infiltrazioni mafiose nel reggiano?". A parlare così è Franca Porta, vicepresidente di Grande Reggio, che spiega: "Questa domanda è la prima cosa che mi viene in mente quando leggo sui giornali delle sempre più frequenti interdittive antimafia o dei numerosi atti vandalici che coinvolgono cantieri e automezzi nel nostro territorio". "Per lungo tempo – prosegue l'avvocato Porta – si è detto che avevamo gli anticorpi contro le mafie e si è agito come se il nostro territorio fosse impermeabile alla penetrazione della criminalità organizzata. Oggi vediamo dove siamo arrivati... ma come è stato possibile?! Non si può non essere sconcertati ma nemmeno restare a guardare: questa è la Reggio Emilia che vogliamo lasciarci alle spalle".
La vicepresidente di Grande Reggio non si limita all'amara constatazione e aggiunge: "Quella contro la criminalità organizzata è una lotta che deve coinvolgere tutti, a livello personale e pubblico, e la politica deve stare in prima fila con ogni mezzo a sua disposizione. Noi vogliamo dare alla città un'amministrazione forte, che agisca in piena sinergia con le forze dell'ordine sul fronte del contrasto alle infiltrazioni mafiose e alla criminalità organizzata".
Lotta fianco a fianco con le forze dell'ordine quindi, ma non solo. Il primo tema chiave secondo Porta è quello delle regole negli appalti pubblici: "Nei limiti delle competenze devolute all'autorità locale intendiamo sgombrare il campo da qualsiasi ambiguità collaborando per regolare in modo rigido e trasparente gli appalti pubblici, con un occhio di riguardo soprattutto alle disposizioni sui subappalti".
"Poi – spiega l'avvocato - c'è un discorso relativo alle condizioni di concorrenza sleale che i capitali della criminalità organizzata generano in un sistema economico già duramente provato". Si può fare qualcosa? Conclude Franca Porta: "L'amministrazione comunale potrebbe farsi capofila di un progetto di collaborazione tra le banche del territorio e gli altri attori del mondo economico, per la creazione di un borsino degli investimenti locali. Pensiamo a conti deposito specifici per una raccolta di capitali dedicati esclusivamente al reinvestimento sul territorio. In questo modo si favorirebbe l'erogazione di finanziamenti ad aziende reggiane sane, che si impegnano a loro volta ad investire in loco i capitali e quindi ad immetterli nell'economica locale".
(Fonte: ufficio stampa Grande Reggio)
Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 13 - n° 06 10 Febbraio 14
Anno 13 - n° 06 - 10 Febbraio 14
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SOMMARIO
Anno 13 - n° 06 10 Febbraio 14
1.1 editoriale
A caccia di petroldollari per sconfiggere la crisi
3.1 Lattiero Caseario
Stabili i DOP, prosegue la discesa dei listini dei derivati del latte
4,1 credito imprese
Reggio Emilia, “Le opportunità di accesso al credito per lo sviluppo dell'impresa agroalimentare”
5,1 inflazione
Istat, cambia la composizione del paniere
5,2 nomine
Patfrut, Piero Emiliani è il nuovo presidente
5,3 eventi
BIT 2014, tre giorni invece di 4 e altre novità
6,1 ambiente
Future Build, progettare smart city. Parma 13 - 16 febbraio
7.1 Confcooperative
I debiti della pubblica amministrazione
Il Primo Ministro esporta ottimismo e importa ossigeno per la Cassa Depositi e Prestiti. 500 milioni dal Fondo Sovrano del Kuwait. Speriamo non vadano solo all’Alitalia.
- di Lamberto Colla ---
- Parma, 9 febbraio 2014 -
Altri 3 viaggetti del Premier e si potrebbero riparare i danni delle alluvioni.
Una cifra importante ma nel complesso insignificante quella promessa dal Kuwait la cui destinazione è ignota. Si sa che i 500 milioni andranno alla Cassa Depositi e Prestiti la quale, va ricordato, gestisce una parte consistente del risparmio italiano, il risparmio postale. Quelle stesse Poste Italiane che, a metà dicembre, decisero di investire nel capitale Alitalia per 75 milioni di euro. Un intervento che consentì alla compagnia aerea di riprendere il volo, non solo metaforicamente. Se non fosse sopraggiunta la notizia di Poste Italiane, Alitalia avrebbe dovuto lasciare a terra i passeggeri proprio durante le festività natalizie e, probabilmente, si sarebbe interrotta la trattativa strategica con la Compagnia araba ETIHAD.
L’accordo con il Fondo Sovrano del Kuwait chiude il cerchio. ETIHAD ha necessità di garanzie per completare l’operazione Alitalia e Alitalia ha bisogno di ETHIAD per il rilancio della compagnia stessa. Un partner ideale per Alitalia in quanto consentirebbe di sviluppare le linee di lungo raggio verso oriente e, a differenza dell’ipotesi di Air France, non possiede un Hub antagonista sul suolo europeo. Il sospetto si sia trattato di aiuti di Stato, nonostante le rassicurazioni del Ministro Lupi, esiste e con essa il rischio di infrazione alle norme europee con le conseguenti sanzioni milionarie da un lato e il conseguente abbandono del potenziale socio Arabo. Per cui meglio correre ai ripari e il viaggio lampo in terra araba di Enrico Letta potrebbe avere avuto proprio come scopo primario l’Alitalia.
Niente in contrario su questo ma qualcosa da ridire si. Innanzitutto l’eccesso d’esaltazione del risultato concreto conseguito. 500 milioni non sono sicuramente sintomo di grandi investimenti. E’ senza ombra di dubbio un, seppur piccolo, segnale di fiducia che viene riconosciuto al nostro Paese. E come potrebbe essere diversamente. Siamo fortemente patrimonializzati e soprattutto abbiamo sempre pagato i nostri debiti.
D’accordo quindi sulle espressioni di positività ma arrivare a dire che la crisi è alle spalle è quantomeno impudente. Non si tratta di disfattismo ma di percezione. La crisi o meglio gli effetti della crisi si stanno contabilizzando in tutte le famiglie. I risparmi si assottiglino e 7 anni dopo l’inizio della crisi il pessimismo dilaga. Se essere fuori dalla recessione vuol dire avere una previsione di Pil dello +0,6% (crescita praticamente uguale a zero) nel 2014, allora c’è poca da essere allegri. Con questi numeri Confindustria stima per il 2021 il momento del ritorno alle condizioni pre 2007 (14 anni anni dopo).
E’ giusto salvare l’Alitalia ma è ancor più giusto salvare L’Italia e la sua gente. Il sospetto che la trasferta del Premier sia stata organizzata, quasi esclusivamente, per l’Alitalia è forte. Intanto per la consistenza dell’incassato. 500 milioni sono, nel contesto, bruscoline. Basti pensare che i conteggi dei danni delle piogge degli ultimi 15 giorni ammontano a un miliardo di euro (400 emilia e 250 lazio e 350 liguria) e diventano 1 miliardo e 650milioni con i conti dell’alluvione della Sardegna del novembre scorso. Restano fuori dal conteggio l’alluvione in liguria del 2011 e il terremoto in emilia 2012 solo per restare ai tempi più recenti.
Infine la stretta creditizia. Le imprese sono rese sempre meno elastiche dal “credit crunch”, bloccate in una terribile morsa, la peggiore dal 2001. Per sopravvivere molte imprese e per riprendere la strada dello sviluppo altre avrebbero necessità di iniezioni di liquidità mentre al contrario questa è sempre meno. Meno per la difficoltà a pagare da parte dei clienti e meno per effetto della chiusura dei rubinetti degli Istituti di Credito.
Secondo i dati diffusi da Bankitalia, i prestiti alle famiglie sono scesi dell'1,5% nell’arco di dodici mesi (-1,3% rispetto al mese precedente) mentre quelli alle società non finanziarie sono diminuiti, sempre su base annua, del 6% (-4,9% a ottobre) - Bollettino Banca d’Italia del gennaio 2014 -
Se l’intenzione del Governo è fare riprendere il volo all’Italia e non solo alla sua compagnia di bandiera, occorre liberare risorse a favore delle imprese, affinché queste generino nuovo lavoro e conseguentemente nuovo impiego.
O le banche riaprono i rubinetti o si muore di sete.
Una Proposta di Legge alle Camere che disciplina l'attribuzione del diritto di elettorato attivo nelle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali ai cittadini che hanno compiuto il sedicesimo anno di età -
Bologna, 7 febbraio 2014 -
Dodici consiglieri del Partito Democratico – primo firmatario Rita Moriconi – hanno depositato una Proposta di Legge alle Camere, per modificare il DPR 223/1967 che disciplina l'attribuzione del diritto di elettorato attivo nelle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali ai cittadini che hanno compiuto il sedicesimo anno di età.
Abbassare la soglia per votare alle elezioni amministrative da 18 a 16 anni, sarebbe "una scelta che coglie i grandi cambiamenti che hanno riguardato la nostra società negli ultimi decenni. Una società dove informarsi e partecipare è più facile, dove la scolarizzazione di massa ha portato a un innalzamento del livello culturale generale e dove i ragazzi maturano più in fretta".
Il Pdl si compone di 3 articoli. Nel primo si stabilisce l'elettorato attivo a sedici anni per tutti i cittadini italiani che abbiano i requisiti per votare, in occasione di elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali. Nel secondo, si prescrive l'iscrizione nelle liste elettorali anche di coloro che compiono il sedicesimo anno di età (sempre ai fini delle citate elezioni).
La Proposta di Legge alle Camere, ai sensi dell'articolo 121 secondo comma della Costituzione, è stata sottoscritta dai consiglieri Pariani, Mori, Piva, Fiammenghi, Monari, Paruolo, Zoffoli, Montanari, Alessandrini, Vecchi e Mumolo.
(rg)
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
L' intervento del Presidente CNA Nunzio Dallari sull'Unione Europea: sulla nuova procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea, per la violazione della direttiva comunitaria sui tempi di pagamento della PA italiana, e sul "progetto Europa" -
Reggio Emilia, 6 febbraio 2014 -
Di Nunzio Dallari, Presidente provinciale CNA -
Una nuova scure incombe sull'Italia. Il vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajani ha avviato la procedura di infrazione per la violazione della direttiva comunitaria che regola i tempi di pagamento della pubblica amministrazione. I 30 giorni imposti per legge sono ben lontani dalla triste realtà nel nostro paese: la media delle amministrazioni italiane per pagare le aziende fornitrici di beni e servizi è di ben 170 giorni contro una media europea di 61.
Verrebbe da dire che è giusto punire un comportamento così penalizzante per le imprese che hanno problemi di liquidità e di accesso al credito, se non fosse che, se confermata, la sanzione finirà per colpire due volte le stesse vittime, ovvero i contribuenti (tra cui le aziende creditrici) che dovrebbero sborsare all'incirca 4 miliardi di euro solo di mora.
L'ingresso nell'Unione Europea e l'apertura dei confini doveva servire per facilitare lo scambio di persone, beni e servizi, e creare una potenza in grado di avere un peso nell'economia mondiale, ma alla luce della pesante crisi che sta attraversando il nostro Paese e delle nette differenze nell'economia e nel mercato del lavoro che ci sono da uno Stato membro all'altro, mi chiedo: non è che abbiamo creato un mostro?
Pensando al sogno Europa, ancora oggi constatiamo che non c'è reciprocità tra l'Unione Europea e gli stati Membri: siamo reclusi alla mera esecuzione di norme europee con tempi e modalità diverse da paese e paese, con la creazione conseguente di una sorta di "concorrenza sleale legalizzata".
Perché all'interno della stessa comunità ci sono costi completamente diversi sul lavoro che generano concorrenza interna? È come generare una concorrenza sleale ma legalizzata dal sistema, che sta diventando una trappola per la nostra economia. Siamo partiti con il progetto Europa senza pensare a regole che evitassero di generare scompensi nella stessa comunità, riusciremo a rimediare o il sistema imploderà? Non meravigliamoci se le nostre aziende si trasferiscono in altri Stati con una pressione fiscale più bassa, politiche del lavoro efficienti e una burocrazia semplificata.
Le aziende hanno l'obbligo morale di creare occupazione e favorire lo sviluppo del territorio, ma se tanti imprenditori reggiani e italiani si trasferiscono chiediamoci il perché, chiediamoci anche perché gli investitori stranieri sono attratti dall'Italia se non per poche e specializzate produzioni. La politica sta correndo dei rischi enormi rinviando misure incisive e tempestive per favorire il rilancio dei consumi e degli investimenti. Basta con le ideologie personali e di bottega: abbiamo tutti, cittadini e politici, il dovere di dare il nostro contributo con responsabilità per fare ripartire la nostra economia.
Cerchiamo di sfruttare il vantaggio di essere parte di una grande comunità con un enorme potenziale. Come ha detto ieri il presidente Napolitano "si può essere europeisti critici, senza mettere in discussione i capisaldi dell'impianto della UE". Il fatto che il progetto Europa sia stato creato partendo dalla "coda" anziché dalla testa, non è un buona ragione per buttarlo. Occorre valorizzarne le potenzialità cercando di abbatterne velocemente i limiti.
Dobbiamo imparare a fare rete superando i campanilismi. Prendiamo ad esempio la nostra realtà: la promozione dell'aeroporto di Parma a scalo di interesse nazionale è un successo per l'area vasta Emilia. E' una notizia su cui lavorare per collegare due infrastrutture importanti come la stazione Mediopadana di Reggio e l'aeroporto di Parma per allargare il bacino di utenti e favorire l'incoming anche in vista dell'Expo 2015.
Se uniamo le parti nel modo giusto, invece di un mostro potrebbe nascere una grande opportunità. Ma facciamo presto. Le imprese ne hanno bisogno.
(Fonte: ufficio stampa CNA RE)
L'attuale Sindaco si ripresenterà a capo della lista civica "Ascoltare Poviglio" sostenuta dal Partito Democratico -
Poviglio, 5 febbraio 2014 -
Sarà Giammaria Manghi il candidato sindaco alle prossime elezioni amministrative di Poviglio per la lista civica "Ascoltare Poviglio" con il sostegno del Pd locale.
La ricandidatura arriva in vista della chiusura del primo mandato da sindaco di Manghi, ed è frutto delle considerazioni espresse sui cinque anni di mandato da parte degli appartenenti al circolo Pd locale e dei sostenitori della lista civica "Ascoltare Poviglio". A spiegare le ragioni del sostegno è lo stesso segretario della sezione povigliese Andrea Cantoni: "Abbiamo scelto di confermare il sostegno al sindaco in carica perchè in questi cinque anni l'amministrazione comunale da lui presieduta ha saputo riscuotere un importante consenso dalla cittadinanza, portando avanti un percorso di dialogo con i cittadini, sia del centro storico che delle frazioni. A questo si aggiunge una politica di gestione dei servizi sociali improntata a rendere i medesimi ancor più efficienti ed economicamente sostenibili, sempre garantendo elevati standard di qualità ed equità. A queste considerazioni si somma" conclude infine Cantoni "il saper agire di quest'amministrazione, che ha saputo coordinare le esigenze produttive ed ambientali del territorio nonché della società civile, avviando collaborazioni e progetti con le istituzioni e le associazioni, laiche e religiose, presenti sul territorio". Tutti elementi che hanno portato a un giudizio positivo sull'operato dell'odierna Amministrazione, anche in merito alle concrete misure adottate per fronteggiare situazioni sempre più diffuse di disagio economico e sociale.
«Ringrazio tutti coloro che hanno scelto di sostenere la mia candidatura, che nasce come risposta alle tante richieste avanzate sia dal partito, sia da numerosi cittadini» è il commento del Primo Cittadino. «L'intento è quello di proseguire il lavoro avviato durante l'ultimo quinquennio di valorizzazione del paese e di superamento della difficile fase storica che stiamo vivendo a causa della crisi economica che in questi anni ha colpito il territorio. L'impegno è quello di lavorare con motivazione rinnovata e con la volontà di proseguire la relazione fattiva e concreta stabilita in questi anni con tutte le diverse realtà del paese».
(fonte: ufficio stampa Circolo PD Poviglio)
L'impianto per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti dovrebbe sorgere nel 2017, sono ancora tanti però a non vedere l'apertura del Tmb come una vittoria...
di Ivan Rocchi - Reggio Emilia, 5 febbraio 2014 -
In questi giorni si è tornato a parlare dell'impianto per il Tmb (trattamento meccanico biologico) dei rifiuti che dovrebbe sorgere nel 2017 a Gavassa, una frazione di Reggio che dista poco più di 2 chilometri dal centro città, ma immersa nella campagna. Una volta costruito l'impianto, infatti, sarà possibile chiudere la discarica di Poiatica di Carpineti, nell'appennino reggiano, in funzione dal 1996. Recentemente la discarica è stata oggetto di un duro attacco anche da parte di due parroci di Toano – comune che dista circa 5 chilometri da Carpineti – per i cattivi odori che emana e il sospetto di un aumento nella mortalità infantile nella zona. Ma a Poiatica potrebbero comunque arrivare altre 100.000 tonnellate di rifiuti all'anno fino al 2020. La decisione sarà presa a breve in Regione.
Sono ancora tanti però a non vedere l'apertura del Tmb come una vittoria. Tra questi c'è Gianluca Vinci, segretario provinciale della Lega Nord e candidato sindaco a Reggio nelle prossime amministrative, che accusa le forze politiche di tacere sul tema. "Trattandosi di una area agricola poco abitata – dice Vinci - non vi è interesse elettorale ad agitare gli animi. Ma si ignora il fatto che si tratta di una enorme struttura, che cambierà per sempre la faccia della nostra città e l'ingresso dai vicini comuni di Correggio e San Martino, trovandosi all'intreccio della vecchia statale e della nuova tangenziale".
Il segretario del Carroccio attacca soprattutto il Comune, che "dopo tante rassicurazioni circa uno stop alla cementificazione del territorio agricolo, creerà un enorme centro deposito rifiuti proprio alle porte di Reggio e di fianco a campi che continueranno ad essere coltivati". Vinci rivendica fino in fondo le scelte della Lega, "l'unica forza politica in Comune a votare contro la realizzazione di tale costruzione". E definisce invece "incredibile" l'assenso dato al progetto da parte dei partiti di minoranza, tra i quali anche il Movimento 5 Stelle.
Insomma, il progetto ormai non ha ostacoli. Eppure le alternative ci sarebbero, secondo Vinci. Per esempio reperire aree industriali dismesse, lontane dalle vie principali di accesso alla città e che permetterebbero di risparmiare il territorio agricolo. "Speriamo che la prossima amministrazione comunale blocchi e ripensi complessivamente l'intera opera; troppo spesso le forze politiche si scoprono ambientaliste solo in presenza di nutriti comitati di residenti", conclude in tono caustico Gianluca Vinci.
Matteo Setti, portavoce di Grande Reggio, interviene a proposito delle ipotesi di candidature e future alleanze apparse sulla stampa -
Reggio Emilia, 4 febbraio 2014 -
"Stiamo lavorando per organizzare occasioni di dibattito pubblico su temi che riteniamo cruciali per il futuro di Reggio Emilia, perché è sul terreno dei progetti che intendiamo impostare il nostro rapporto con i cittadini e la dialettica con le forze politiche in campo".
"Non abbiamo cartelli elettorali preconfezionati – chiarisce Setti – ma abbiamo alcune idee: un sistema economico che rimetta al centro le forze produttive e non la politica, il recupero di un ruolo internazionale della città, un diverso modello di sviluppo urbanistico, la valorizzazione delle giovani generazioni e delle loro competenze... Su questo, e non su altro, siamo aperti a un confronto con chiunque".
"Le stesse premesse valgono anche per il toto-sindaco – prosegue il portavoce. Non abbiamo nessun candidato in pectore. Grande Reggio è un movimento in espansione e aperto a tutti i contributi, a tutte le buone idee, a tutti i reggiani che hanno a cuore la propria città. Sabato scorso abbiamo iniziato un percorso di condivisione di progetti che ci porterà a definire un programma elettorale e, contestualmente, a individuare anche una figura che lo incarni e lo porti avanti come candidato sindaco".
"Le indiscrezioni di candidature e apparentamenti di Grande Reggio che si sono rincorse in questi giorni sulla stampa locale – conclude Setti – non corrispondono alla realtà dei fatti e lasciano l'amaro in bocca, perché appaiono come una comunicazione a mezzo stampa tutta interna a un certo mondo politico cittadino, sempre più incentrato su se stesso e incapace di vedere che qui fuori la crisi è devastante. Noi siamo per una politica che dice cosa fa e non con chi sta. Ci rivolgiamo ai cittadini che ne hanno abbastanza di contrapposizioni ideologiche, che fanno perdere di vista i problemi veri della città, e vogliono valutare nel merito argomenti e proposte".
(Fonte: ufficio stampa Grande Reggio)
Povera Italia. Rimane solo l’agricoltura ad investire sul Bel Paese. La Fiat “trasloca” e l’Electrolux sciocca con la sua proposta terzomondista.
di Lamberto Colla ---
Parma, 02 febbraio 2014 -
E per fortuna che c’è il “Parmigiano Reggiano” tra i pochi baluardi rimasti a difesa di cicli produttivi autoctoni capaci di conquistare i mercati esteri pur consolidando la presenza sul territorio d’origine.
Nonostante tutto, i piani strategici del Consorzio di tutela vanno nella direzione di ancorare, in modo sempre più solido, il prodotto al territorio e perseguire l’obiettivo di raggiungere il 50% di quota d’esportazione.
Una scelta che il consumatore sta premiando nonostante la crisi e nonostante il terremoto emiliano. Lo confermano i dati esposti lo scorso mercoledi nella annuale conferenza dedicata alla stampa.
+5% la quota d’export e un -1% di consumi interni perduti sul piano distributivo ma ampiamente compensati dalle vendite dirette nei caseifici che, nel complesso, portano a +0,2% l’incremento interno dell’assorbimento di prodotto.
Una notizia, come quella annunciata dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, non fa notizia o, almeno, passa in secondo piano prevaricata da altre, a dir poco scioccanti, sulle quali gli organi d’informazione hanno dovuto accendere i fari per l’enormità dei fatti che hanno visto protagoniste FIAT e Electrolux.
Due differenti casi, accomunati dal medesimo interesse all’espatrio, che dovrebbero quantomeno fare riflettere i nostri politici seppure siano concentrati sulle importantissime questioni elettorali. Italicum si, porcellum no e viceversa.
Questi i grandi temi che i nostri 1000 parlamentari stanno svolgendo con impegno e fatica; intanto la baracca affonda. Invece di affrontare i problemi che precludono gli investimenti sul nostro territorio, invece di trovare la soluzione agli eccessivi costi della burocrazia, ai pesanti costi energetici (+30% rispetto ai Paesi a noi vicini), al carico fiscale e contributivo che grava sul costo del lavoro aziendale, invece di ridurre la spesa pubblica e di fare una reale lotta all’evasione, all’interno del Transatlantico si sta combattendo una dura e ben poco elegante battaglia per stabilire le regole della prossima campagna elettorale. Robe da non credere.
La proprietà svedese dell’impresa di elettrodomestici di Pordenone ci va giù pesante con le richieste. Secondo quanto riportato da il Sole 24 Ore, l’alternativa alla delocalizzazione industriale sarebbe quella di una riduzione di circa il 40% dei salari e di riduzione d’orario. I salari medi perciò passerebbero da 1.400 a 700-800€ e l’impiego lavorativo da 8 a 6 ore. Per contrastare la concorrenza dei marchi stranieri, coreani soprattutto, la casa svedese intenderebbe equiparare il lavoro domestico a quello dei Paesi dell’est europa. In alternativa la proprietà offrirebbe la chiusura degli stabilimenti in quanto non può permettersi una riduzione del 72% dell’UTILE NETTO come accaduto nel corso del 2013. Il Financial Time annuncia, come riportato da “Il Messaggero Veneto” che «la disputa su Electrolux ha riacceso il dibattito sulla mancanza di competitività dell’Italia, dopo che il Paese ha perso circa un quarto della sua produzione industriale negli ultimi sei anni»
Alla fine, la morale è che la proprietà non può guadagnare di meno e a rimetterci è la parte più debole messa a confronto con la scelta di perire subito o poco alla volta. Così come l’usura anche questa proposta di parte svedese - parafrasando le parole di Papa Francesco di alcuni giorni fa - “ferisce la dignità inviolabile” dell’uomo.
- La FIAT vola in nord europa. Speriamo che mantenga l’occupazione in Italia -
Nasce il nuovo gruppo automobilistico FCA (Fiat Chrysler Automobiles) con sede legale in Olanda e sede fiscale a Londra. La promessa è per una piena occupazione italiana. “Ora possiamo dire di essere riusciti a creare basi solide - è il commento dell’AD Sergio Marchionne - per un costruttore di auto globale con un bagaglio di esperienze e di competenze allo stesso livello della migliore concorrenza.”
Libri e registri volano però verso lidi più sicuri; da Torino verso l’Olanda alcuni e verso Londra altri. In Italia rimane quindi l’attività operativa nella speranza che venga mantenuta la promessa occupazionale e il futuro industriale.
C’è da augurarsi che una “Fiat globale” florida mantenga vivo il ricordo di quell’Italia che tanto ha concesso alla impresa torinese in passato. La riconoscenza non è un sentimento molto diffuso ma la speranza non va mortificata. La scelta di Elkann e Marchionne però deve fare riflettere e molto.
Il tasso di intelligenza del nostro Paese si sta pian piano riducendo per effetto della fuga di “cervelli” attratti da altri paesi tradizionalmente nostri concorrenti sul piano industriale. Le imprese che non possono traslocare sono destinate a una feroce selezione naturale e quelle che invece sono nelle condizioni di farlo, presto lo faranno andando così le cose.
Molti i pensionati che già hanno preso la strada della Bulgaria, o delle Canarie, riscoprendo una nuova giovinezza e soprattutto una rinnovata serenità, seppure lontani dai loro più cari affetti (e non è poco). A questo punto c’é da domandarsi cosa resterà dell’Italia? Forse nemmeno i monumenti sgretolati dall’incuria o venduti ai Paesi emergenti.
Non si può più attendere. La politica deve riprendere in mano le redini del Paese e smetterla di essere soltanto aurorefenziale.
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