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Domenica, 13 Ottobre 2013 11:58

Dobbiamo tornare a volare.

Nessun riferimento, nel titolo, alla crisi dell'Alitalia bensì un invito a riappropriarsi di un sogno da realizzare.

 

di Lamberto Colla ---


Parma, 13 ottobre 2013 -

Siamo come ingessati in buona parte del corpo e pretendiamo di fare una corsa a ostacoli. Il tipico "voglio ma non posso" che a lungo andare logora le menti e conduce all'alienazione di ogni iniziativa.

Il declino italiano è in atto, non solo si percepisce ma si palpa concretamente. "Vorrei chiudere ma non posso", "se fossi libero da legami me ne andrei a Cuba", "sto cercando di vendere l'attività", "ho investito tutti i miei risparmi e se non parte l'attività sono finita".

Queste le frasi ricorrenti che, almeno io nella mia piccola e edulcorata Parma, ho raccolto in questi ultimi giorni. Frasi che, di analogo significato, si sentono ripetere ormai da almeno due anni.

Quello che più mi sorprende, avendo vissuto gli anni di piombo del terrorismo rosso e nero, l'austerity degli anni 70 e le crisi finanziarie gli anni ottanta e novanta, è il clima di rassegnazione che aleggia, contagia e si diffonde. Avverto che sia venuta a mancare quella "rabbia" che invece era presente in tutti quelli che avevano vissuto le crisi precedenti. Siamo diventati un "popolo in esaurimento nervoso", psicodepresso rassegnato a perire di inedia perché "tanto non si riesce a fare nulla".

Un declino costantemente certificato dalle statistiche e rilevazioni economiche sociali sfornate ormai quotidianamente. Un'incalzare di informazioni negative che nulla aggiungono di nuovo. Una continua riconferma di una diagnosi stranota che non fa che alimentare la depressione, narcotizza e deprime. Nell'ultima settimana ben due ricerche ci hanno rammentato quanto siamo scassati. Una rete infrastrutturale da ex terzo mondo e un livello culturale talmente scarso da fare rabbrividire.

Poveri, depressi e ignoranti. Peggio di così!

- Le classifiche -

Secondo lo studio Confesercenti-REF dal 2009 ad oggi gli investimenti procapite sono crollati del 25%. Giusto per dare un ordine di grandezza, siamo stati sorpassati anche da Kenia, Uruguay e Botswana.

Ma siamo anche un popolo di ignoranti e questo primato, invece, ce lo ha assegnato l'OCSE in una ricerca condotta in collaborazione con la Commissione Europea.

In Italia, il 27% degli intervistati non ha adeguate competenze alfabetiche. Quasi il 32% non possiede quelle matematiche e un italiano adulto su quattro non e' in grado di utilizzare gli strumenti di base delle nuove tecnologie. In tutti questi campi l'Italia si e' classificata all'ultimo posto. Niente male per il Paese che è stato la culla delle civiltà, quello che possiede il più grande giacimento artistico e culturale al mondo, quello che ha dato i natali a Leonardo, Galileo, Enrico Fermi e tantissimi altri in ogni epoca.

- Alzare l'asticella, liberare risorse e fantasia -

Da quando si è fatta l'europa monetaria tutti i nostri punti di forza si sono frantumati. Abbiamo troppo privilegiato un approccio ragionieristico allo sviluppo a discapito della creatività e dell'iniziativa privata. Abbiamo sottratto risorse agli investimenti pubblici ubbidendo al pareggio di bilancio (addirittura inserito in Costituzione) e bloccato le periferie imponendo il patto di stabilità ai comuni.

Un ingessamento totale. Tutto giusto e corretto per ripristinare i dati contabili della ragioneria di stato e tutto bene se nel frattempo si fosse corso ai ripari andando a chiudere le falle degli sprechi. Invece nulla. Lo stato sperpera e a sacrifici si aggiungono sacrifici.

Obama invece, scongiura il fallimento statunitense alzando l'asticella che imponeva il limite di indebitamento. Potrà indebitarsi ulteriormente utilizzando magari, altra moneta "nuova" che la sua zecca ha cominciato a produrre da tempo e attraverso la quale corre, qua e là in giro per il mondo (molto anche in europa e in Italia in particolare), a fare acquisti di titoli di stato ad alto rendimento.

Il limite dei 12mila miliardi di dollari potrà quindi essere superato nei prossimi 6 mesi. Un valore d'indebitamento ben 23 volte superiore al crack Lehman che mise in crisi tutto il mondo occidentale intossicato da derivati esplosivi. Bombe a orologeria che ancora sono custodite nelle banche e imprese nostrane.

Il pericolo di una nuova catastrofe finanziaria mondiale ha convinto i repubblicani a assecondare il "vincitore Obama" a alzare, almeno per 6 mesi, il limite di indebitamento.

Perché una cosa analoga non è possibile attuarla anche in Italia? Perchè la Banca d'Italia non può più "fabbricare moneta" a suo insindacabile giudizio, perché la BCE non autorizza i Pesi membri a fare andare le loro zecche, perché bisogna rispettare il 3% di rapporto debito pubblico Pil. Perché perché perché. Perché alla fine lo Stato non è più Sovrano ma vassallo della UE che, tra l'altro, non è neppure una federazione di Stati, come avrebbe dovuto essere, ma solo una centralizzazione finanziaria. Una Ue che non è né carne né pesce, comanda ma non si assume le responsabilità. Oggi la UE è percepita come un giogo piuttosto che una opportunità. Meglio sarebbe che si trasformasse, in via definitiva, in uno federazione con il trasferimento della gran parte dei poteri degli stati membri a Bruxelles, compresa la difesa dei confini e la politica militare.

Basterebbe, come ha fatto il Congresso americano, alzare per un po' di tempo le asticelle, lasciare prendere respiro alle nazioni in maggior difficoltà e poi governare la ripresa.

Perseverare nel processo di soffocamento è diabolico e a lungo andare porta, come ovvia conseguenza, alla morte.

- E' ora di rialzare la cresta, pedalare e non avere paura del futuro. -

In attesa che vengano finalmente prese decisioni a favore del suo popolo e delle sue imprese, noi cittadini non possiamo e non dobbiamo assuefarci allo stato di depressione dilagante. Dobbiamo rialzare la cresta e farci su le maniche per contrastare la narcolessia e cominciare a osservare l'orizzonte più lontano. Dobbiamo, insomma, sognare il futuro.

Non lasciamo il Bel Paese in mani nemiche che siano d'origine autoctona o barbara. Difendiamo i nostri valori e ricostruiamo, ognuno per sé, il proprio nido in questa Italia che ha già subìto, nella sua storia recente, troppe "deportazioni" ed espropri. Torniamo a comandare a casa nostra, nelle nostre imprese e la solidarietà che ha sempre contraddistinto il popolo italiano venga riposta a disposizione della collettività per ridare impulso e energia al secondo rinascimento italiano. Non importa se sarà faticoso, non importa se sarà difficile, non importa se sarà un percorso lungo. Importa che ile future generazioni abbiano la possibilità di vivere in uno dei più bei posti al mondo. Quell'Italia tanto piccola ma tanto grande in cuore e cultura a dispetto delle più stravaganti statistiche.

Forza, alziamo la testa e lancia in resta. L'Italia s'é desta...

 

litalia se desta gde

Pubblicato in Politica Emilia
Martedì, 08 Ottobre 2013 10:19

Le strane dimissioni di Sergio Marini.




Vera spaccatura o alla base c'è una strategia "diabolica"? Alla vigilia del Forum di Cernobbio il Presidente Coldiretti Sergio Marini annuncia le dimissioni.

di Virgilio --

- Parma, ottobre 2013 -

A tutto ci ha abituati la "Coldiretti", a fare e disfare in ogni parte d'Italia, tranne che a una spaccatura interna. Certamente il minimo comun denominatore è sempre stato il "potente" Vincenzo Gesmundo che di Presidenti ne ha visti passare al suo fianco. Lo Bianco, Micolini, Bedoni e ora tocca a Marini, dopo sette anni, a lasciare quell'organizzazione che ha così pesantemente contribuito a mediaticizzare. Suo era il volto della comunicazione giallo verde di coldiretti.

Ma quella delle dimissioni di Sergio Marini da UECOOP e da presidente nazionale non appartiene al mondo ovattato di Coldiretti. Sia per i tempi, sia per la risonanza mediatica sembra più la premessa di una una nuova strategia piuttosto che di una frattura. Il Forum di Cernobbio svelerà le carte. O Marini si lancerà in una nuova avventura politica e la coldiretti lo appoggerà con tutte le sue poderose truppe oppure sarà rottura vera e, questa volta, Vincenzo Gesmundo dovrà fare i conti con una crisi molto delicata. Al momento, a traghettare la più importante organizzazione agricola sarà il "fedele" Mauro Tonello, consigliere anziano dell'organizzazione.

Gesmundo2 marini napolitano quirinale 2010

 

Pubblicato in Agroalimentare Emilia
Domenica, 06 Ottobre 2013 11:46

Iva al 22% e adesso avanti con l’IMU

di Lamberto Colla ---

Un teatrino divenuto ormai insopportabile. L'iva passa al 22% sotto silenzio e per buona pace dell'europa.

Parma, 6 ottobre 2013 -

Ancora una volta abbiamo avuto il piacere di assistere alla commedia della politica italiana. La sceneggiatura ricalca quasi sempre stessa trama. Una crisi istituzionale e di governo in prossimità di una scadenza scomoda per tutti. Una responsabilità che nessuno vuole gli venga rinfacciata durante la prossima campagna elettorale. L'aumento dell'IVA al 22%.

D'improvviso il dibattito politico tra i partiti si infiamma su questioni di alti principi. Le ideologie vanno salvaguardate anche a scapito di fare decadere il "Governo delle larghe intese", la panacea di tutti mali. Lo spread torna di moda e basta il rialzo di pochi punti per riportare il terrore in tavola agli italiani.

I toni diventano diventano ancora più pesanti e nel gioco delle parti, pur di fare apparire ancora più grave e distante la posizione dei partiti, interviene anche il Capo dello Stato. Non si può proseguire così e allora, guarda caso che combinazione, il giorno in cui doveva essere cancellato il decreto Tremonti del 2011, viene deciso il ritorno in aula parlamentare per la verifica della fiducia. Purtroppo per noi, a Letta è stata rinnovata la fiducia un giorno in ritardo sull'appuntamento programmato tre anni prima da Tremonti.

La crisi di governo è passata, L'Iva è aumentata e la responsabilità non ricade su alcuno.

- Iva 22% programmata dal 2011 -

E' stato lo stesso ministro dell'Economia Saccomanni a fugare ogni dubbio sulla possibilità di un ritorno dell'aliquota Iva al 21%; "è già legge; è il decreto del 2011 che portava l'Iva a questo livello. Non c'è niente da fare". Era il provvedimento Berlusconi-Tremonti dell'estate di tre anni fa che programmava un secondo incremento dell'Iva (22%) nel caso in cui non fossero stati messi in atto i tagli al welfare e alle agevolazioni fiscali. Provvedimento che, successivamente, fu confermato dal Governo Monti al quale ovviamente, da buon contabile bocconiano, faceva comodo visto il recupero di liquidità che avrebbe messo in atto.

Mettiamoci il cuore in pace, l'ultima occasione buona per eliminare l'attuale aliquota maggiorata era venerdì scorso (27 settembre), quando c'è stato il consiglio dei ministri che, nemmeno a dirlo, aveva rinviato la questione.

Dal punto di vista dei conti pubblici, posto che la spending review è ancora lontana, viene annientata una "bombetta" dal valore di un miliardo, allontanando almeno per quest'anno, il pericolo di dover ricorrere a coperture peggiori come l'aumento dei carburanti e l'incremento degli acconti fiscali di fine anno.

- Conclusioni-

Letta è ovviamente soddisfatto. Dalla crisi è uscito con una maggioranza rafforzata (25 ex PDL e qualche ex Grillino) ed ha incassato 1 miliardo dall'aumento dell'IVA senza colpo ferire.

Adesso il premier può andare all'attacco della rivisitazione totale delle aliquote fiscali (Delega Fiscale) e della Service Tax. Se non sarà così rivedremo il ritorno del teatrino e anche dell'IMU.

"Il governo ha vinto grazie alla fermezza - recita una nota di Napolitano - e ora non sono più tollerabili giochi al massacro". Staremo a vedere.

 

22 gde

Pubblicato in Politica Emilia
Mercoledì, 02 Ottobre 2013 07:48

Trasparenza e equità o opacizzante demagogia?

 L'Autovelox è il nuovo "bancomat" della Giunta Pizzarotti per fare cassa.

Parma, 02 ottobre 2013 - -

La fragile cortina fumogena della demagogia pentastellata comincia a dipanarsi per lasciare emergere tutti gli errori e le contraddizioni.

I proclami di trasparenza e di equità, così ben propagandati in campagna elettorale, per ora restano tali e quali. Dai proclami il sindaco più famoso d'Italia, è passato alle pubbliche lamentele con attacchi continuativi alla stampa, tradizionale e digitale, rea di evidenziare le incongruenze tra l'enunciato e il realizzato. Nulla. Ci mancava solo la convocazione dell'"assemblea di condominio" per portare alle stelle, tutto il firmamento e non solo le cinque simboliche del movimento, i contenuti demagogici di chi non riesce a tradurre le idee in progetti. Molto più facile criticare chi, nel passato, è invece riuscito in questo difficile compito di indirizzare la progettualità verso la realizzazione. Certo non tutte le ciambelle sono venute col buco ma almeno gran parte della popolazione ha, all'epoca dei fatti, apprezzato i forti cambiamenti portati alla città, estetici ma anche sostanziali. Una idea di Parma esisteva e su quell'idea si era lavorato, raccogliendo consensi e finanziamenti.

Oggi, posto che le idee zoppicano o mancano addirittura, come i più comuni mortali il Sindaco ha pensato bene di aggrapparsi al bancomat autovelox. Ed in effetti l'idea è stata vincente. Abbassare i limiti di velocità e rastrellare, dalle tasche dei lavoratori pendolari, quanto la programmazione politica non è riuscita a realizzare: fare cassa.

No, così non va. I numeri riportati dal Movimento Nuovi Consumatori di Parma sono eloquenti ed eloquente è la rigidità del Sindaco sulla questione. E allora ecco che i cittadini devono discutere attraverso le carte bollate a dimostrazione di un distacco elevatissimo tra la politica e la base, quel 61% di cittadini, che aveva dato fiducia alle parole del giovane e bravo ragazzo, Federico Pizzarotti, nel maggio 2012.

Oltre 40mila le vittime dei due autovelox posizionati in tangenziale sud che si traducono in introiti milionari ma probabilmente illegittimamente incassati dal comune.

Questo quanto affermato dal Movimento Nuovi Consumatori di Parma che però va ben oltre chiedendo le dimissioni del Sindaco dopo la restituzione del "bottino", ovviamente.

Il sospetto che le accuse del Movimento, guidato da Filippo Greci, siano reali sta nella mancata risposta ai cronisti de "ilfattoquotidiano.it" trincerandosi dietro un anglosassone "no comment". Ma se il Sindaco può permettersi di non rispondere ai giornalisti, una risposta invece la deve ai suoi cittadini. Che essi siano rappresentati da un movimento consumatori o da un movimento civico come lo è Civiltà Parmigiana. Questo per trasparenza e chiarezza.

(Comunicato Stampa del Movimento Civiltà Parmigiana)


Si voterà nelle province di Parma, Reggio Emilia, Ferrara e Rimini.

di Virgilio --

Parma, 01 ottobre 2013 -

Urne aperte, il 6 ottobre, in 11 comuni dell'Emilia-Romagna, dove circa 31 mila cittadini potranno votare ai rispettivi referendum consultivi sui 4 nuovi progetti di fusione di Comuni avviati in Emilia-Romagna.

Le quattro fusioni prospettate - già approdati in Assemblea legislativa, dove l'iter è stato sospeso in seguito all'indizione dei referendum consultivi nei territori interessati - sono quelle dei Comuni Sissa e Trecasali nel parmense, Toano e Villa Minozzo nell'Appennino reggiano di Migliaro, Migliarino e Massa Fiscaglia nel ferrarese, Torriana e Poggio Berni nel riminese. Tutti hanno meno di 5 mila abitanti.

-"SI" o "No" e scelta del "nuovo" nome del comune -

I cittadini che si recheranno alle urne il prossimo 6 ottobre dovranno esprime la propria opinione sulla proposta di fusione e sul nome del nuovo comune tra un elenco di proposte offerte. Unica eccezione per il referendum reggiano dove i cittadini non dovranno esprimersi sul nome in quanto è già stato scelto dalle amministrazioni di Toano e Villa Minozzo. Il nuovo comune reggiano si chiamerà Trevalli.

I risultati dei referendum (di carattere consultivo e validi indipendentemente dal numero dei partecipanti) saranno quindi vagliati dall'Assemblea legislativa che dovrà poi decidere se approvarli o meno entro 60 giorni dalla pubblicazione degli esiti delle consultazioni referendarie sul Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna.

- Perché il Referendum -

Dalla razionalizzazione dei servizi a finanziamenti garantiti per molti anni-

La fusione con accorpamento e soppressione di comuni è un processo consentito dall’articolo n° 133 della Costituzione Italiana.

La stessa Carta costituzionale demanda alla Regione la titolarità dell'iniziativa, "sentite le popolazioni interessate".

Razionalizzazione dei servizi e della spesa, riduzione dei costi degli organismi rappresentativi (sindaco, assessori e consiglieri), finanziamenti garantiti al nuovo Comune unico per diversi anni dallo Stato e dalla Regione sono alcuni dei potenziali punti di forza di questo tipo di progetto. Al contempo, il dibattito sollevato nelle comunità dove si discute di fusione fa risaltare come sia molto sentito il rischio di una perdita di rappresentanza equamente distribuita in tutti i territori del nuovo comune così come la richiesta di garanzie su quella che sarà la distribuzione dei servizi.

- Fuori dalla stretta finanziaria -

La fusione sembra essere la soluzione per risolvere i problemi che colpiscono i Comuni che lamentano difficoltà dovute ai tagli ai trasferimenti, al Patto di Stabilità e al blocco delle assunzioni. Un sistema incentivante per ridare ossigeno alle casse delle amministrazioni locali che potranno destinare per il rilancio territoriale.

Uno dei vantaggi immediati è dato dalla concessione della deroga al patto di stabilità che permette di sbloccare e di usufruire delle risorse disponibili, ma, allo stato attuale, inutilizzabili.

Quindi da subito vantaggi incentivati e poi vantaggi derivanti da riorganizzazioni strutturali, ma non solo.
Pubblicato in Cronaca Emilia
Domenica, 29 Settembre 2013 12:23

Io non c’ero e se c’ero dormivo!

 

di Lamberto Colla ---

... ma per la liquidazione sarà molto sveglio. Sarà ancora record?

Parma, 29 settembre 2013 -

Non passa giorno che qualcuno, di quelli che contano ovviamente, non perda occasione per dimostrare quanto, noi italiani, siamo beceri, ignoranti e permissivi. Tutti noi a sgobbare e loro invece a farsi belli davanti alle telecamere quando le cose van bene, liquidati con montagne di soldi quando vanno male. Già perché la solita nomenclatura non paga ma incassa soltanto. Un benefit così importante in grado di ripagarli anche delle figure di m... che sono obbligati a fare.

L'ultima figuraccia è toccata al Presidente Telecom Italia. Non un circolo bocciofilo ma una azienda considerata di importanza strategica nazionale, il cui valore in borsa è di 7,7 miliardi di euro, sta per essere ceduta per soli 300 milioni agli spagnoli di Telefonica e il massimo vertice vuole fare credere che la notizia gli sarebbe giunta da una "velina, giornalistica s'intende.

Questo signore, al quale hanno "sottratto l'azienda a sua insaputa", si chiama Franco Bernabè. Non un "babbano" qualsiasi.

Una domanda sorge spontanea: ma come, non era lui quel Franco Bernabè nominato ai vertici di Telecom proprio da quella stessa Telco che oggi, attraverso la controllata Telefonica, è in procinto di acquisire la compagnia telefonica tricolore?

"Non sapevo", ha dichiarato in audizione alla commissione Industria e lavori pubblici del Senato, commentando così il passaggio di proprietà dell'impresa di telecomunicazione, "abbiamo avuto conoscenza dalla lettura dei comunicati stampa della recente modifica dell'accordo parasociale tra gli azionisti di Telco (azionista di maggioranza di Telefonica con il 66%)". Bernabè nel corso dell'intervento ha poi confermato l'impegno di Telecom Italia a procedere allo scorporo della rete da Telecom. Ma quale impegno! E soprattutto cosa può rassicurare uno che ha appena ammesso di essere stato all'oscuro di tutto? Per inciso, sulla questione dello scorporo della rete fissa da Telecom, come si è letto sul quotidiano finanziario MF, questo non sarebbe gradito al gran capo di Telefonica Cesar Allerta.

C'è da scommetterci invece, il suo impegno sarà totale per ottenere una liquidazione da record, come hanno giustamente ottenuto i suoi predecessori, tra i quali anche lui stesso già figura (come più avanti leggerete).

- Presidente plenipotenziario -

Era il 13 aprile 2011 quando il cda di Telecom Italia rinnovò la governance dell'azienda: Bernabè assunse la carica di Presidente esecutivo, mentre Marco Patuano l'AD. Con quel rinnovo Bernabè assume infatti "la legale rappresentanza della società, come per statuto, e tutti i poteri necessari per compiere gli atti pertinenti all'attività sociale nelle sue diverse esplicazioni; il governo complessivo del gruppo, ivi incluso il coordinamento dell'attività dell'amministratore delegato, e la definizione delle linee di indirizzo strategico dell'impresa; la responsabilità delle operazioni straordinarie e di finanza straordinaria da proporre al consiglio di amministrazione", come riportava il comunicato ufficiale.

Non un presidente di facciata ma un plenipotenziario!

- Chi è Franco Bernabè -

Se un Presidente Plenipotenziario di una società che vale 7,7 miliardi di euro non è a conoscenza di una operazione strategica di questa portata deve essere un "babbano" e, a questo punto, non si comprende chi sia il vero vertice della azienda. Ma Franco Bernabè non dovrebbe essere un "babbano" qualsiasi, stando almeno al suo curriculum.

Bernabè è stato amministratore delegato di Eni, dal 1992 al 1998.

Nel novembre 1998 viene scelto come Amministratore Delegato di Telecom Italia. Si dimette (7 mesi dopo ndr) a seguito del successo dell'OPA lanciata da Olivetti di Roberto Colaninno.

Nel 1999 è stato nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Massimo D'Alema come rappresentante speciale del governo italiano per la ricostruzione del Kosovo; tra il 2001 e il 2003 è stato Presidente della Biennale di Venezia, e nel 2004 è Presidente del MART di Trento e Rovereto, importante museo italiano di arte moderna.

E' stato inoltre presidente e azionista di maggioranza di FB Group, società di investimenti nei settori dell'ICT e delle energie rinnovabili che aveva fondato dopo aver lasciato Telecom Italia nel 1999.

Bernabè, il 3 dicembre 2007, è stato nominato da Telco (Holding a capo di Telefonica) Amministratore Delegato di Telecom Italia tornando nell'azienda da lui guidata prima della gestione Tronchetti Provera e prima della gestione Colaninno.

Prima del ritorno in Telecom è stato Vice Presidente di Rothschild Europe, in seguito al conferimento in Rothschild Spa, nel 2004, della società di advisory finanziario da lui fondata nel 1999.

Il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia del 13 aprile 2011 lo ha nominato Presidente Esecutivo (Chairman of the Board and Chief Executive Officer).

Infine, pare, sia membro dello steering committee (traduzione: comitato al quale è demandato il compito di individuare le linee strategiche ndr) del Gruppo BilderbergNel 2012 ha partecipato alla riunione del Club presso Chantilly, Virginia, Stati Uniti.

-Telecom e le liquidazioni d'oro -

Nella classifica delle aziende che hanno elargito le più elevate liquidazioni, Telecom occupa il secondo e il terzo posto assoluto. Al primo posto la FIAT con la liquidazione erogata nel 1998 a Cesare Romiti dopo 24 anni di onorato servizio al lingotto che ammontò a 101,5 milioni di euro.

Al secondo posto in assoluto la liquidazione che spettò a Roberto Colaninno quando lasciò Telecom, a due anni di distanza dall'Opa, per la modica cifra di 25,8 milioni di euro. Al terzo posto assoluto il Franco Bernabè che, a seguito dell'ingresso di Colaninno in Telecom nel '99, venne liquidato, dopo soli 7 mesi di operatività da AD, con 7,5 milioni di euro.

-Conclusioni-

Nessuna novità, i veri Babbani siamo noi!

Bernabè si consolerà con una liquidazione che, se solo sarà equiparabile a quella precedente, dovrebbe aggirarsi intorno a 72 milioni (1 milione al mese per 6 anni di apicalità). Sarà ancora record?

Franco Bernabè

 

Pubblicato in Politica Emilia
Sabato, 28 Settembre 2013 11:00

pensieri...in coda...

pensieri...in coda...

Il primo di ottobre si avvicina e con esso l'aumento dell'Iva che passerà dal 21 al 22%. Non sembra ci siano molti margini di manovra per scongiurare quest'altro balzello che, con molte probabilità, riporterà il rapporto debito pubblico Pil entro quella soglia del 3% voluto dall'UE.

Sarà, secondo le stime della CGIA di Mestre, un costo medio per ciascuno di noi di 106€ annui. Forse non sarà tanto ma traducendo il tutto in "cibo" corrisponde a oltre una ventina di panini o poco meno di 10 pranzi in quelle trattorie "per camionisti" che da sempre, anche quando la crisi era lontana, proponevano, con 10 €, un pasto completo con un buon bicchiere di lambrusco. Un rapporto qualità/prezzo che, in molti casi, era anche sinonimo di buona ospitalità e attrattivo per tanti che camionisti non erano.

Un aumento d'aliquota che, non si può escludere, inciderà ancora una volta sui consumi delle famiglie, quindi sulle rotazioni dei prodotti sugli scaffali dei supermercati e perciò sui trasporti. E poi dicono che la ripresa è vicina!

di Carlo Alberto Sala

 

Pubblicato in Trucks Emilia
Domenica, 22 Settembre 2013 12:03

+ IVA, - Equitalia

di Lamberto Colla ---

Ultime ore d'estate. L'autunno alle porte e con esso le prime nebbie, i dolori reumatici padani e la stangatina fiscale che non riusciremo ad evitare. Unica nota di sollievo il blitz in equitalia; che sia stato un rimedio palliativo? - 

Parma, 22 settembre 2013 -

Spostarla sì, evitarla no. L'aumento dell'Iva al 22%, sembra ormai inevitabile. Lo stesso Ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, all'indomani della visita del commissario Olli Rehn, pur di non perdere la faccia verso i suoi colleghi europei, ha messo sul tavolo le dimissioni nel caso non venisse aumentata l'aliquota iva dal 21 al 22%. Il limite del 3% del debito pubblico sul PIL non è negoziabile, secondo l'UE, quindi se non vogliamo fare la fine della Ferrari (parole del Commissario Olli Rehn) al talento bisogna aggiungere un motore più competitivo.

- La puntuale "bacchettata" UE -

Una tempestività impressionante. Alla vigilia di ogni azione governativa dove occorra prelevare altri spiccioli dalle tasche di tutti gli italiani ecco che sbuca un commissario UE. Iva sì o Iva no e "puff" d'incanto si materializza il Vicepresidente della Commissione Ue e commissario agli Affari economici, Olli Rehn, addirittura in Camera dei Deputati.

L'Italia, come la Ferrari "incarna una grande tradizione di stile, di tecnica e di capacità", tuttavia per vincere "il talento non basta purtroppo", ha avvertito il commissario europeo durante l'audizione alla Camera. Serve anche avere "il motore più competitivo, serve esser pronti a cambiare e adeguarsi". In seguito ha anche sottolineato che "è in corso l'inizio di una graduale ripresa, che speriamo si consolidi e acquisti slancio".
Questo a dimostrazione, ha proseguito l'inviato di Bruxelles o di chi sa chi, che "la nostra strategia fatta di consolidamento differenziato e riforme funziona". Tuttavia "in alcuni paesi, tra cui l'Italia, i dati sulla crescita sono deludenti."

Ma chi l'ha chiamato questo signore che ha il nome simile a un lubrificante per miscele che utilizzavo nel mio motorino, "simil cross", per scorrazzare nelle carraie da ragazzino.

E poi perché la schiera infinita di "bocconiani" che "servono" l'Italia, debbano essere indottrinati da estranei su cosa sia meglio fare e, guarda caso, il meglio sta sempre nel fare pagare i cittadini. Le persone sagge gli domanderebbero: "ma cosa avete studiato tanto da fare?"

-Equitalia perquisizione in 29 sedi -

Prontissima la azione di distrazione della popolazione. L'iva s'ha d'aumentare e la gente dovrà pur godere per qualcosa. Cosa gli diamo in pasto per distrarsi, avrà pensato il responsabile della comunicazione e persuasione occulta del governo "ombra", la "Costa Concordia" si è raddrizzata e ormai sarebbe un casino ributtarla a mare. Pensa che ti ripensa, chi o cosa il popolo vorrebbe vedere alla gogna? Equitalia! Pronti via, un blitz in stile "Fiamme Gialle a Cortina" e, all'alba del 19 settembre, 29 sedi vengono perquisite e 5 persone indagate.

Ma come, solo 5 indagati? tanto rumore per nulla. Equitalia si costituisce parte civile nei confronti dell'unico dipendente indagato (sospeso per il momento).

- Domanda: solo 5 indagati per 29 perquisizioni? -

Solo per fare un paragone. A fine giugno, un analogo blitz fu realizzato a Parma. Cinque furono gli arresti e non solo indagati nella operazione "Stolen Tax" ai quali si aggiunsero da subito 2 imprenditori con l'obbligo di firma e un maresciallo dei Carabinieri indagato. Tra gli arrestati figurava un "faccendiere", un "avvocato", un dipendente della Agenzia delle Entrate e, guarda caso, un ufficiale di riscossione di "Equitalia". Quindi che da 29 agenzie di Equitalia perquisite escano solo 5 indagati mi conferma il sospetto che sia stata messa in atto una "Cura Palliativa", una azione "diversiva", per fare digerire, senza troppo dolore, il prossimo prelievo di 103 euro, secondo la stima di CGIA di Mestre.

 

equitalia stop patcwork gde

Pubblicato in Politica Emilia

 

Dapprima era un progetto innovativo e all'avanguardia nazionale poi, col passare del tempo e meno dei ricavi, un progetto passivo.

di Lamberto Colla - Correggio, 16 settembre 2013 -

E' la storia di molte attività, a onor del vero sia di diritto pubblico sia di diritto provato, che hanno dato vita a interessanti progetti e conseguenti investimenti negli anni immediatamente precedenti la crisi economica, sociale e finanziaria che stiamo vivendo ormai da sei anni. Quel 2007 che rimarrà nella storia mondiale come la pietra miliare della più profonda e lunga crisi economica.
In questo caso, a lasciarci sotto le dita, è il progetto energetico di Correggio che pose le fondamenta nel 2006.
Sulla spinta di ciò che, a metà degli anni 2000, sembrava essere il nuovo filone d'oro, ovvero l'energia pulita, l'amministrazione di Correggio diede vita, nel 2006, ad un progetto energetico complesso e combinato tra fotovoltaico, gassificazione, cogenerazione e annesso impianto di teleriscaldamento. La costruzione di diverse centrali E.V.A. (Energia per la Valorizzazione dell'Ambiente) avrebbe dovuto garantire una solida rete di produzione e distribuzione energetica.

"Localizzata in via Pio la Torre, EVA , recita il comunicato sul sito internet del Comune, unirà tecnologie già affermate e mature a esperienze di carattere più sperimentale. Per produrre energia EVA sfrutterà il sole, la terra e le biomasse. L'energia elettrica prodotta sarà immessa nella rete ENEL. L'energia termica, invece, in una rete di teleriscaldamento che andrà a riscaldare case, negozi, uffici, scuole, senza necessità di utilizzare altri combustibili fossili.
 EVA, in sostanza, produrrà energia a "bilancio serra" positivo, utilizzando pannelli fotovoltaici per energia elettrica, pannelli solari termici per acqua calda, geotermia per acqua calda e refrigerata. Per quanto riguarda le biomasse, EVA le sfrutterà tramite due impianti per cogeneratori a syngas da sostanze legnose, un primo cogeneratore a olio vegetale di produzione locale, un secondo a olio da reperire sul mercato e un terzo a biogas da fermentazione a secco di sostanze vegetali."

En.cor. centrale EVA gdeEn.Cor. schema impianto gassificazione gde


L'intenzione nobile dell'amministrazione si è trasformata in una sequenza di insuccessi dovuti a varie ragioni - ritardi autorizzativi, continue modifica delle normative, il cambio del regime tariffario, oltre alle più consuete e comuni problematiche connesse alle relazioni con i fornitori e gli installatori - che hanno condotto l'amministrazione a cedere, nella scorsa primavera, la società costituita ad hoc (En. Cor.) a Amtrade Italia srl, società del gruppo Svizero Amtrade Holding Ag.


Una cessione giustificata dalla necessità di rispetto delle norme, "per assolvere - si legge nella nota del Sindaco - ad uno specifico - cogente e privo di alternative - obbligo di legge, posto che l'articolo 14 comma 32 del decreto legislativo 78/2010, nel testo vigente, impone ai Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti di mettere in liquidazione le proprie società partecipate, già costituite alla data di entrata in vigore del decreto, ovvero di cederne le partecipazioni se le società stesse abbiano riportato perdite in due esercizi."
E' da questo preciso istante che un velo di sospetti inizia a serpeggiare nel correggese e un comitato cittadino inizia a raccogliere voci sulla reale situazione della Società appena ceduta, cominciano a interrogarsi e infine ad accusare di mancanza di trasparenza l'amministrazione comunale.
Il comitato "via la nebbia" inizia a raccogliere documentazioni e informazioni e a sua volta, anche attraverso il sito internet http://www.vialanebbia.it, a raccogliere firme per richiedere chiarezza e trasparenza, ma soprattutto documenti e scritti, al sindaco Marzio Iotti.

Correggio sindaco Marzio Iotti

Una battaglia sulla trasparenza dei movimenti En.Cor ma anche di tutte le altre società come So.Er, ItalSenegal ed Encor-Senegal e per conoscere meglio i piani, gli impegni e le attività del Comune attinenti alla produzione di energia.

La prima testa a capitolare fu proprio quella del Direttore Generale del Comune e Amministratore Unico di En.cor., Luciano Pellegrini, annunciate a fine agosto e sospese per ragioni di opportunità sino a fine legislatura (primavera 2014).

Da quel momento la pressione si fa sempre più pesante e la voce dei cittadini sempre più forte.
Così, anche il Sindaco, piuttosto che rischiare la credibilità politica e personale ha avviato una fase informativa sul sito internet dell'amministrazione e dandone informazione alla stampa.
Un atto solo parzialmente apprezzato dal comitato "via la nebbia" poichè, scrive il comitato, " Risposte che non arrivano certo dal lungo documento (diviso in tre parti) pubblicato sempre nel sito del comune, ispirato più alla volontà di giustificare che di informare".
Il solco comunque è tracciato. Che la comunicazione abbia il suo flusso ordinario e che gli interessi politici convergano nell'interesse comune: la comunità di Correggio.
Staremo a vedere, ad ascoltare e a informare.


(In allegato alcuni dei documenti principali)

Pubblicato in Cronaca Emilia
Domenica, 15 Settembre 2013 11:24

Tra crisi e spinte indipendentiste


11 settembre, una catena umana di 400 chilometri per chiedere l'indipendenza della Catalogna.
di Lamberto Colla ---Parma, 15 settembre 2013 -
Il fatto di cronaca dal prendo spunto è la DIADA , la festività spagnola o meglio Catalana che la regione è tornata a celebrare nel 1980, dopo la caduta del Generale Franco. l'11 settembre 1714 è stato l'ultimo giorno d'indipendenza catalana dopo 14 mesi d'assedio di Barcellona per opera delle truppe Borboniche. Perciò, ogni 11 di settembre si organizzano concerti, diverse manifestazioni con grandi striscioni, vengono portate corone di fiori ai monumenti storici e la gente intona l'inno della Catalogna, fra tante altre attività che celebrano l'identità nazionale.
Dalla identità nazionale alla spinta separatista il volo non è proprio breve. Fatto sta che, in questa prolungata crisi economica, le spinte indipendentiste europee si allargano a macchia d'olio.


- Catalogna e Scozia sempre più vicine al referendum e poi a chi tocca? -
Il modello europeo degli Stati nazionali con la crisi dell'euro, sta mostrando le sue crepe. Da una parte gli interessi nazionali rallentano l'architrave europea e dall'altra le richieste indipendentiste regionali ne destabilizzano la leadership.
Già lo scorso anno il Belgio diede un forte segnale di quanto l'etnia abbia il suo peso nel comune senso dello stato e della appartenenza ad esso. La netta vittoria nelle Fiandre dell'N-va alle amministrative belghe - nello scorso ottobre - (in particolare il successo ad Anversa, dove sarà sindaco il leader Bart De Wever) riporta il clima all'agenda politica la richiesta di più autonomia per la ricca regione del Nord, stanca di finanziare la più povera Vallonia e soprattutto, aggiungo io, francofona. Valloni e Fiamminghi due popoli distinti con nulla o quasi in comune, nemmeno la lingua.
Dopo lunghe trattative anche la Scozia ha ottenuto, dal premier Cameron, la possibilità di indire un referendum sull'indipendenza di Edimburgo da Londra nell'ottobre 2014.
"Speriamo che questa Diada avvicini il giorno dell'indipendenza". Il tweet di David Olmedo, uno dei tanti che esprimono il desiderio di indipendenza della regiona Catalana.
Il 52% dei catalani è, infatti, a favore dell'indipendenza e l'80,5% è d'accordo a consentire la
convocazione di un referendum sulla sovranità, stando al sondaggio realizzato dall'Osservatorio di MyWord per la radio Cadena Ser. 350.000 le persone che si erano iscritte per coprire i 400 chilometri che uniscono il nord al sud della regione. E non è nulla in paragone al 2012 quando tra 1,5 e i due milioni di persone si radunarono per affermare un desiderio di indipendenza ancestrale ma ancor più sentito e voluto in questo lungo periodo di crisi economica.
E domani chi sarà a chiedere l'indipendenza? I "padani", gli "altoatesini", i "siciliani", i "galluresi"? Per il momento la nostra "Lega" sta a guardare con ammirazione verso Barcellona. Lo scorso 10 settembre, alla vigilia della Diada appunto, il Vice presidente del Consiglio Regionale lombardo, Fabrizio Cecchetti (Lega Nord), si è presentato al Pirellone con tanto di maglietta "pro referendum" catalano. "La spinta indipendentista in atto in Catalunya – ha commentato Cecchetti – è fondamentale per l'affermazione dei processi di autodeterminazione dei popoli. La catena umana di domani è infatti un'occasione per ribadire l'importanza di un modello che proponiamo da anni, quello dell'Europa dei popoli e delle regioni, che si rende necessario per superare il fallimento dell'Unione Europea e degli stati nazionali ormai sempre più lontani dalle esigenze reali dei cittadini e dei territori."


- Le attuali difficoltà delle aree regionali -
La stretta amministrativa e la severità imposta dalla UE, sta incrinando la tenuta anche di alcune regioni diverse dalle mediterranee già ad alto rischio come Spagna, Grecia, Portogallo e Italia, così "simpaticamente" raccolti sotto l'acronimo PIGS.
E' il caso della virtuosa Germania, all'interno della quale il debito dei Lander è salito a 622 miliardi, un terzo del debito nazionale, con 27 miliardi di soli interessi. Il buco cronico è Berlino, capitale sovvenzionata da prima che cadesse il Muro. La Francia non se la passa meglio, se soltanto si considera che in dieci anni le spese delle collettività locali sono aumentate del 60% (da 137 a 213 miliardi). La Corrèze, il dipartimento del presidente Hollande, risulta il più indebitato (350 milioni), ma in molti si riscontrano forti disparità di costi e servizi per abitante.


- Conclusioni -
Se la Scozia nell'autunno 2014 dovesse diventare stato indipendente come sarebbe il suo rapporto con la UE? Altrettanto dicasi per la Catalogna se riuscirà nell'intento di farsi autorizzare il referendum entro il prossimo maggio. Così via per tutte quelle regioni che, alla luce delle prime esperienze Scozzese e Catalana, potranno rialzare la testa per dare l'ultima spallata alla solidità dell'UE.
Nei Trattati dell'Unione Europea non vi è traccia in merito al comportamento da adottare nei confronti di un nuovo Stato che dovesse nascere per separazione da uno Stato membro.
Il problema è serio e forse anche imminente. Credo valga la pena che l'UE inizi a ragionare sia sulla rigidità amministrativa sia sulla spinta indipendentista, sempre più estesa e dilagante, come conseguenza dell'austerity imposta dall'asse Bruxelles Berlino.

 

UE euro gde

Pubblicato in Politica Emilia
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