Le immagini e i resoconti delle vittime civili, in particolare dei bambini, hanno scosso l'opinione pubblica internazionale. Molti osservatori vedono in queste morti il simbolo più evidente della brutalità del conflitto e della disumanizzazione che accompagna la violenza.
Anche se Israele afferma di prendere misure per minimizzare le vittime civili, la realtà sul campo dipinge un quadro diverso.
I bombardamenti su zone residenziali densamente abitate, i blocchi all'accesso ai servizi essenziali come l'acqua e l'elettricità, e l'assenza di vie sicure per fuggire dalle aree colpite fanno sì che i civili, inclusi bambini, siano particolarmente vulnerabili.
Il bilancio delle vittime ad oggi è un numero impressionate oltre 40.000 morti di cui circa 12.000 sono bambini.
La risposta israeliana: la narrativa della difesa e della sicurezza
Dal punto di vista israeliano, queste operazioni militari sono presentate come necessarie per difendersi da Hamas, un gruppo che Israele, Stati Uniti e molti altri paesi considerano un'organizzazione terroristica.
Israele sostiene che Hamas usa i civili come scudi umani, nascondendo armi e militanti all'interno di aree popolate. Da questo punto di vista, le operazioni militari sono giustificate come parte della lotta per la sicurezza nazionale e per prevenire ulteriori attacchi contro la popolazione israeliana.
Tuttavia, anche se la sicurezza è un diritto legittimo di qualsiasi Stato, non si può non notare che la risposta militare israeliana è eccessiva e sproporzionata rispetto alla minaccia. Israele, pur avendo tutto il diritto di difendersi, non può farlo a scapito delle vite innocenti e della dignità umana.
La questione morale e il dibattito internazionale
Il conflitto solleva domande morali fondamentali riguardo al costo umano della guerra e all'equilibrio tra sicurezza nazionale e rispetto dei diritti umani.
La violenza diffusa e la sofferenza della popolazione civile palestinese hanno portato molti a vedere Israele non solo come una nazione che cerca di difendersi, ma come un attore che infligge una punizione collettiva su una popolazione già vulnerabile. Il rischio è che questa dinamica perpetui cicli di odio e violenza, alimentando ulteriormente l'instabilità nella regione.
Le immagini di civili innocenti – e in particolare di bambini – che muoiono sotto i bombardamenti israeliani hanno un impatto emotivo potente, contribuendo a un crescente isolamento diplomatico e a una crisi morale.
Anche all'interno di Israele, esiste un dibattito su quanto queste operazioni possano essere giustificate, e su quale debba essere il limite all'uso della forza in una situazione così complessa.
La percezione di una punizione collettiva da parte di Israele, associata a una violenza diffusa che colpisce in modo indiscriminato anche i bambini e gli innocenti, è uno degli aspetti più controversi del conflitto israelo-palestinese.
Mentre Israele giustifica le sue azioni come necessarie per garantire la sicurezza nazionale, la comunità internazionale solleva preoccupazioni sempre maggiori su ciò che appare come una politica di violenza sproporzionata e disumanizzante.
Forse l’intento di Netanyahu è quello di trascinare l’esercito americano in Medio Oriente per combattere Hezbollah, gli Houthi, l’Iran e chicchessia si opponga all’egemonia israeliana, una follia che potrebbe trascinare il mondo in un moderno 11 settembre.