Martedì, 16 Maggio 2023 06:35

Ente e Bene nella filosofia di Tommaso D'Aquino In evidenza

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Di Daniele Trabucco (*) Belluno, 15 maggio 2023 - Come per Aristotele (384 a.C. - 322 a. C.), anche per Tommaso d'Aquino (1225-1274) ogni conoscenza proviene dai sensi.

Nella fase iniziale della vita il primo concetto che l'intelletto acquisisce è quello di ente, "ens" in lingua latina. Si tratta del più universale di tutti i concetti, quello che esprime, per dirla con Elders, l'aspetto reale delle cose.

In altri termini, l'ente è il primo prodotto di sintesi del processo di conoscenza dell'uomo che risulta dalla interazione delle facoltà sensoriali, dell'intelletto agente e dell'intelletto possibile con le cose.

Subito dopo, la persona umana conosce il concetto di bene. È necessario, per questo, la "facoltà appetitiva" (c.d. "appetitus") che consente all'uomo di scoprire come il suo agire tenda verso un fine connaturato con la sua stessa essenza.

È il primo principio della ragione pratica il quale determina anche la prima regola della legge naturale: "bonum est faciendum et prosequendum, et malum vitandum".

Non siamo in presenza di una concezione relativistica o soggettivistica: se la cognizione del bene è resa possibile dall' "appetitus", cioè dal desiderio, ciò avviene perché non si può desiderare se non ciò che è buono.

Pertanto, se il bene, secondo la massima aristotelica espressa nell' "Etica Nicomachea", è ciò cui tendono tutte le cose, questo è vero perché le cose, per loro natura, sono inclini a ciò che di per sé  è un bene.

Anche se è teso a ciò che in sé e per sé è buono, l'uomo rimane libero di volere o non volere un bene particolare, dal momento che, nella nozione di bene in generale ("sub bono communi"), sono contenuti molti beni particolari rispetto a nessuno dei quali la volontà è determinata. Il male, dunque, non è ciò che è realmente voluto, ma semmai il bene che non si è scelto, perché ad esso se ne è preferito un altro (ad esempio, si decide di ubriacarsi tutti i giorni per provare un senso di ebbrezza, anche se questa scelta può nuocere gravemente alla salute).

 

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(Daniele Trabucco)

 

(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.
 
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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