Di Andrea Caldart Cagliari, 30 novembre 2022 (Quotidianoweb.it) - Passa qualche mese e si insedia il governo Meloni e anche qui si intuisce un “raffreddamento” nei confronti della misura.
In realtà qualche perplessità nei confronti del Bonus 110, la troviamo nelle dichiarazioni di Giorgetti del 13 novembre, quando disse che: “Non si era mai vista una così grande misura finanziaria dello Stato per pochi”.
In realtà la sua irritazione deriva dal fatto che una minima parte della popolazione, parrebbe la più ricca, quindi pochi, avrebbe ricevuto la percentuale più alta del totale delle risorse disponibili, facendo esaurire la possibilità di poter distribuire il credito ad una platea più ampia.
La misura era nata e concepita per aiutare la ristrutturazione di quell’edilizia urbana laddove, i vecchi condomini, per la loro costruzione, hanno le maggiori problematiche di dispersione e quindi di consumo.
Non si può non evidenziare che qualcosa è andato storto se pensiamo al fatto che, anche dei castelli hanno beneficiato di questa misura.
Oggi assistiamo ad una Meloni limitatrice del superbonus per le ristrutturazioni ed efficientamento energico, perché non sa dove trovare le coperture economiche.
Ma nel frattempo, tutti quei cantieri iniziati, quelle case singole dove i proprietari non posso rientrare che fine faranno?
Come può un impresario edile lavorare, se in corso d’opera gli viene cambiato 16 volte l’art. 119, ma peggio ancora l’art. 121, che riguarda proprio la cessione del credito, che gli è stato cambiato “sola-mente” 12 volte.
Un imprenditore edile, in questo caos normativo inevitabilmente è costretto a fermarsi e non può far progredire i lavori.
Viene da chiedersi, ma chi fa queste leggi e le modifica in media ogni 50 giorni, non ha pensato che sta giocando con la vita di queste piccole imprese condotte con enormi sacrifici, o l’obiettivo è proprio quello di distruggerle!
Ci vuole davvero un cervello “sopraffino” per non considerare che questo meccanismo del credito fiscale, avrebbe potuto reggere fintanto che, qualcuno avesse tasse da pagare, e poi?
Il dopo è l’evidenza attuale che stiamo vedendo ora, tutto fermo, cantieri aperti con impalcature innalzate, ma da cinque mesi, nella maggioranza dei casi, non c’è un operaio che vi lavori.
Se non si interviene immediatamente, un dopo non ci sarà, perché quello a cui assisteremo potrebbe essere il vedere frantumate migliaia e migliaia di piccole e medie imprese edili.
Lo hanno detto molto bene i soci de: “L’associazione Class Action” i quali tutti assieme hanno ben 64 milioni di euro di crediti fiscali, che non sanno se e quando saranno incassabili.
Per questo, oltre alle loro numerose attività, hanno organizzato una grossa manifestazione il 6 dicembre a piazza Santi Apostoli in Roma per portare all’attenzione di tutti, che se non si sbloccheranno rapidamente le cessioni dei crediti fiscali, sarà un’ecatombe del comparto dell’edilizia.
Forse il punto nodale della questione, che dal governo si vorrebbe non far sapere, sta nel fatto di aver “autorizzato” le banche all’acquisto di questi crediti, senza che Bankitalia abbia pensato di regolamentare l’operazione di cessione dei crediti perché a tutti gli effetti, sono un prodotto finanziario, ma non riconosciuto come tale.
Un bel regalo per le banche che ora, quando i crediti ci auguriamo presto verranno sbloccati, per l’imprenditore si presenterà il problema dei tassi che gli istituti applicheranno.
Infatti, non vi è alcuna limitazione da parte dell’istituto bancario e l’imprenditore, che nel frattempo si è indebitato anche anticipando personalmente pur di mandare avanti i lavori, si vedrà decurtato di una fetta di quel credito.
E se quanto riceverà, “barattando” con la banca non bastasse a finire i lavori, cosa succederà?
Ci torna in mente la “famosa” locuzione di Mario Draghi: “Whatever it takes” tradotto: “Costi quel che costi” perché rimaniamo spiazzati quando, nel giugno di quest’anno proprio lui, non riesce a trovare una “ricetta” per poter pagare la cessione dei crediti alle imprese.
In quel momento, tra l’altro, la misura del superbonus 110, segnava un bel +1,3% di PIL.
E a confermarlo vi erano molti studi, da Nomisma di Romano Prodi a quelli della CGIA di Meste, Confindustria edilizia stessa etc, tutti hanno dimostrato che il superbonus 110 è un guadagno per lo Stato, attraverso il gettito fiscale.
Il vero vantaggio per lo Stato è che i crediti d’imposta, anche cedibili, non sono un debito o un’obbligazione per esso e l’agevolazione non crea debito pubblico.
L’idea è buona, ma tutti ormai abbiamo inteso che non può funzionare uno Stato che risarcisce 110 ad un cittadino che ne spende 100 perché, come dice Giorgia Meloni, far credere al cittadino che può ristrutturare casa gratis con un buco per lo Stato di 38 miliardi: “è un’idea un po' bizzarra”.
Più che bizzarro a noi sembra pericoloso perché, vista l’ingerenza della UE che vuole gli immobili ristrutturati per “l’originale imposizione” dell’efficientamento energetico, non vorremmo che i 38 miliardi di buco arrivassero sulle spalle di quegli imprenditori edili, piccole imprese che hanno creduto al rilancio del comparto con il 110%.
Perché in altre parole avremmo preparato per banche e fondi speculativi internazionali, l’assalto alla svendita del patrimonio immobiliare privato italiano.
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https://www.quotidianoweb.it/politica/giorgetti-la-ruspa-europea-rade-la-casa-degli-italiani/