Di Andrea Caldart Cagliari, 7 ottobre 2022 (Quotidianoweb.it) - Bialiatski 60 anni, presidente della ONG Viasna fondata nel 1996, “uno degli iniziatori del movimento democratico emerso in Bielorussia a metà degli anni ‘80”, attualmente in carcere, è stato scelto dal Comitato del premio Nobel perché: “Ha dedicato la sua vita alla promozione della democrazia e dello sviluppo pacifico nel suo Paese d’origine benché, le autorità governative abbiano ripetutamente cercato di metterlo a tacere. Attualmente è detenuto senza processo”.
Memorial è la più storica ONG russa, fondata da Andrei Sacharov che vinse il premio Nobel per la Pace nel 1975, per la difesa dei diritti umani e dei prigionieri politici.
Infine, il Center for Civil Liberties è un’associazione di studi per il rafforzamento dello stato di diritto in Ucraina e, dall’inizio del conflitto invece, si occupa della documentazione dei crimini di guerra compiuti dall’esercito russo in Ucraina.
Quest’anno le attese dai bookmaker, erano concentrate su cambiamento climatico e conflitto in Ucraina, facendo ricadere il sostegno, veicolato dal mainsteam, attraverso tutta la stampa mondiale, su Greta e Zelensky.
Aspettative disattese, scommesse perse.
E meno male perché se avesse vinto il presidente ucraino, più che un premio alla pace, sarebbe sembrato un trofeo destinato ad inasprire il dialogo e la tensione in quel territorio.
Proprio ieri, l’attore-Nato non aveva mancato un appello allo scatenare una guerra nucleare, chiedendo alla Nato di lanciare un attacco nucleare preventivo contro la Russia durante una conferenza online all'Australian Lowy Institute: "Dobbiamo lanciare attacchi preventivi in modo che loro (Russia) sappiano che succederà se lo usano, e non viceversa”.
Il senso di questo premio, lo abbiamo sempre visto in funzione di chi lo riceve, lo meriti per via del fatto che, abbia lavorato per far vincere la pace, i diritti umani, la verità e non l’incitamento alla guerra.
In passato però, questo riconoscimento mondiale è andato ad uno come Barak Obama che, tra i presidenti americani, è stato quello che ha aperto il più alto numero di fronti di guerra nella storia dell’America.
In quel caso più che un premio alla pace, ci era sembrato una medaglia alla “normalizzazione dell’odio” tanto si volesse far passare come legittima l’avidità che spinge a sopraffare un uomo sull’altro per il solo mero interesse personale.
Oggi invece con il riconoscimento ad Ales Bialiatski, alla ONG russa Memorial di Sacharov e all’associazione ucraina Center for Civil Liberties, il premio sancisce la sua mission e la portavoce del Comitato per il Nobel, ha spiegato che: “Il Premio Nobel per la pace non è contro Vladimir Putin, ma in favore del rispetto dei diritti civili".