Sabato, 27 Agosto 2022 06:48

Angelo Becciu: Il Papa mi ha voluto al Concistoro come Cardinale In evidenza

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Il mistero delle tre interviste che non vennero diffuse da Report

Di Andrea Caldart Cagliari, 26 agosto 2022 - Erano le 18:25 del 24 settembre 2020 quando Papa Francesco, nel suo ufficio a Santa Marta, il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, gli consegnava la propria “costretta” rinuncia alla carica di Prefetto della Congregazione dei Santi e dei Martiri.

A sollevare l’alto Prelato, il numero 3 nella gerarchia della Santa Sede, dalle funzioni allora rivestite, fu un’inchiesta giornalistica de: “L’Espresso”, senza non poche contraddizioni, la quale aveva minato le fondamenta della Chiesa.

In quei giorni l’opinione pubblica mondiale, assisteva all’inizio di una triste pagina di discredito non solo del Cardinal Becciu, ma anche della Chiesa intera.

I titoloni si rincorrevano freneticamente giorno dopo giorno, sembravano impazziti a decretare in ogni parte del globo, una sorta di vera e propria crocifissione del Prelato sardo accusato, senza processo, dello scandalo degli scandali.

Ozieri, paese sardo del Logudoro, piombò improvvisamente nelle cronache giornalistiche internazionali perché, all’epoca dei fatti, sembrava che il Cardinale di Pattada, avesse usato soldi “vaticani” per arricchire “qualcuno” di suo interesse.

Si parlò così, di un “flusso di denaro” diretto alla Caritas diocesana di Ozieri e alla cooperativa, il cui presidente (non certo il proprietario), era il fratello del Cardinale, Tonino.

Arrivò anche la troupe di Report che intervistò l’allora Sindaco di Ozieri Marco Murgia, il Vescovo della Diocesi Mons. Corrado Melis e l’Avvocato Ivano Iai il quale, contattato per una conferma, ha dichiarato: “Con le nostre interviste, spiegammo non solo le iniziative meritorie e solidali delle quali si occupavano la cooperativa Spes e la Caritas diocesana di Ozieri, ma dimostriamo, dati alla mano, l’esatto e corretto operato nella rendicontazione economica di ogni operazione da esse compiuta. Quelle tre interviste a Report non andarono mai in onda e ancora oggi ci chiediamo il perché”.

Effettivamente spesso diamo per scontato che, un articolo di giornale, specialmente se riproduce una notizia definita sensazionale, sia “il Vero”.

In realtà non è il “Verbo”, non è l’assoluta verità, mentre nel “caso Becciu” è partita subito e soltanto la macchina del fango, quale fosse una sorta di “crocifissione cautelare” (copyright Alberto Melloni) di Don Angelino, come allora tutti lo chiamano nel paese natale.

Chi deve giudicare, con il compito di accertare i veri fatti accaduti, è il Tribunale Vaticano e non l’informazione generalista a volte “eterodiretta” che dimentica, oltre al rispetto della persona umana quale valore universale irrinunciabile, anche il principio di presunzione d’innocenza e il diritto di difesa.

Finora sono state celebrate oltre venti udienze che hanno portato alla luce tutte le verità sugli investimenti della Santa Sede e, lo stesso Cardinal Becciu, ha reso una dettagliata deposizione respingendo ogni accusa mossa contro di lui e documentandone l’infondatezza.

Crediamo che all’uomo Becciu siano servite davvero le parole dell’apostolo Matteo: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,11-12).

E così è stato. Sabato scorso il telefono del Cardinale ha squillato di umanità imprevista.

Dall’altra parte Sua Santità: “Sono Francesco. Lei ha tutto il diritto di partecipare al Concistoro. Anche per Lei deve valere il principio della presunzione di innocenza. La aspetto”.

Immaginiamo l’emozione dell’alto Prelato. Essere chiamato a svolgere le funzioni e non più solo per un gesto di affetto che il Papa, non gli ha mai fatto mancare.

Ma rimangono ancora due pesanti interrogativi da sciogliere; come è stato possibile aver ingenerato nel Papa un dubbio tanto grande da averne determinato la decisione di “sospendere” le prerogative cardinalizie di Becciu; c’è, inoltre, la vicenda di Cecilia Marogna che finì dietro le sbarre nel carcere di San Vittore, per 17 lunghi giorni.

Anche per lei vale lo stesso principio di presunzione di non colpevolezza ed anche per lei, la montagna di fango dell’epoca, non sarà facilmente rimediabile.

La Marogna non si perse d’animo e già dopo 45 dall’arresto, la Cassazione riconobbe la sua ingiusta ed illegittima detenzione tanto che oggi, è passata al contrattacco, depositando una denuncia per sequestro di persona.

Nell’attesa della conclusione del processo che ormai è arrivato alla fine, tutto rischia di confondersi tra le tante ambiguità che hanno caratterizzato una vicenda, coperta da tanti insostenibili segreti.

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Immagine:  Claude Truong-Ngoc / Wikimedia Commons - cc-by-sa-4.0

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