Gli anni 2000 hanno segnato un confine importante nella diversificazione delle strategie aziendali, pronunciate nel focalizzarsi sul core business a vantaggio dei settori ritenuti marginali e non restituenti risorse finanziarie fondamentali, da impiegare al presente e da ascrivere a bilancio per futuri investimenti.
Di Guido Zaccarelli Mirandola 22 settembre 2018 - Le aziende iniziano il proprio percorso imprenditoriale spinte dal desiderio di promuovere ogni tipo di azione, orientata a sviluppare progetti e attività d'interesse crescente, destinate a generare fattori ad elevata redditività nei mercati locali e globali.
Per anni le imprese hanno costruito le loro identità imprenditoriale aggregando al loro interno tutte le fasi lavorative, commerciali e finanziarie necessarie allo sviluppo del proprio business. Dagli anni 2000 in poi qualcosa è successo, complice la presenza inaspettata di una crisi economica senza precedenti, che ha interrotto la capacità per le imprese di generare profitti a doppia cifra, e l'insediamento di una nuova classe dirigenziale (new management) che ha iniziato a infrangere i modelli organizzativi con i quali le aziende sono cresciute dal '900 in avanti. Da quel periodo è iniziata una lenta, ma inesorabile, fase di decomposizione delle imprese che hanno iniziato ad essere "spezzettate" in più parti, riservando la parte nobile alle attività ritenute strategiche e lasciando per strada quelle ritenute a bassa marginalità, che avrebbero pesato nella definizione degli obiettivi e inciso sulla curva di redditività. In questo modo sono nate aziende satelliti, di differente estrazione giuridica, esercitanti attività esterne confluenti successivamente nell'azienda madre, in base al tipo di collaborazione richiesto.
Le aziende satelliti hanno iniziato a sviluppare singoli core business fino a diventare, e assumere nel tempo, ruoli d'importanza strategica assoluta nel panorama geoeconomico mondiale, dimostrando la presenza di elevati livelli di specializzazione in svariati settori imprenditoriali, di supporto logistico e di mano d'opera al bisogno. Questo ha inciso in modo favorevole sui bilanci, sull'analisi preventiva dei costi definiti nella programma investimenti, sulla responsabilità e de-responsabilità del management e dell'azienda stessa, spingendo l'azione di governo verso le attività rese dall'esterno verso l'interno, contribuendo a indebolire l'identità e la struttura dell'impresa.
Un aspetto da non trascurare è ancorata alla forte contrazione del capitale umano impiegata come fonte di risparmio per fare brillare i bilanci. Il management nobilita la sua presenza dimostrando con i numeri le sue capacità imprenditoriali a vantaggio di tagli, che se non attuati nel lungo periodo, avrebbero introdotto distorsioni nel sistema delle relazioni sociali e produttive in seno all'impresa. La posta elettronica ha iniziato ad assumere un ruolo chiave nella corrispondenza digitale soprattutto nell'uso del tasto "inoltra" per trasferire a valle il livello della responsabilità.
«L'acqua scende sempre a valle e non risale mail la corrente del fiume, ma la segue».
La strategia sempre più consolidata di ridurre i costi aziendali a sfavore dei lavoratori e di incrementare la tecnologia per produrre volumi di produzione, ha reso ancora più evidente la necessità di ripristinare tutte le funzioni aziendali e rivedere imprese che hanno ricomposto al proprio interno tutte le funzioni aziendali, (chi conduce le caldaie per il riscaldamento, chi interviene sull'impiantistica elettrica – meccanica e idraulica, chi produce i pasti e tanti altri settori) per costruire una nuova identità aziendale che incontri ancora il favore delle persone nel renderle partecipi di un nuovo disegno comunitario, dove emerge ed è forte il senso di appartenenza.
L'outsourcing (portare tutto o in gran parte all'esterno) ha dimostrato di possedere elevati elementi di debolezza, (fallimento?) che dovrebbero fare riflettere per riportare le imprese a riviere l'era di un nuovo backsourcing, (portare tutto o in gran parte all'interno). Un new deal – nuovo corso – che agendo sul piano di una attenta riflessione e di intervento sulle strutture organizzative esistenti, sia in grado di dare impulso ad una nuova era per risollevare la cultura del benessere e dell'appartenenza sociale e il presupposto essenziale per entrare di diritto nell'Economia 5.0, l'era della Conoscenza Condivisa, dove la persona è al centro dell'ecosistema organizzativo.
Riferimenti bibliografici: Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli
Foto: Paolo Rebecchi, tratta dal libro Finestre di casa nostra. Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose. Edizione illustrata a cura di Paolo Rebecchi e Guido Zaccarelli. Editore: Itaca (Castel Bolognese)
GUIDO ZACCARELLI:
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
CURRICULUM
Guido Zaccarelli è referente dl Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola. Laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie. Dal 2008 è docente di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bisogno e desiderio accompagnano l'uomo sin dalle sue origini: la fame sosteneva il bisogno di procacciare il cibo per vivere e il desiderio era orientato a scoprire il mistero dell'Essere.
Di Guido Zaccarelli Mirandola 15 settembre 2018 - Il bisogno è una mancanza, il desiderio è di condurre la propria anima a vedere oltre le stelle.
In tanti hanno cercato di dare una definizione al bisogno la cui origine latina bisonium indica la presenza nell'uomo di una mancanza, una carenza, che deve essere soddisfatta per ripristinare l'equilibrio. Vivere in necessità, significa avere bisogno di qualcuno o di qualcosa, per dare sollievo al corpo e allo spirito: il bisogno di produrre, il bisogno di svolgere una attività, il bisogno di affetto, il bisogno sociale, il bisogno dell'etica e della morale, il bisogno naturale di curare l'anima e renderla felice.
Per dirla come Platone: «l'idea del bene sopra ogni altra cosa». Lo psicologo americano Abraham Maslow ha scelto la figura geometrica della piramide (molto rigida) per tracciare la strada gerarchica della motivazione, che procede dal basso verso l'alto, per ambire a descrivere i bisogni dell'uomo partendo dai livelli inferiori fino a raggiungere i livelli più alti, quelli superiori, identificati nell'ultimo con la trascendenza. Per Maslow «le persone sono uniche e i bisogni sono comuni». Lo psicologo americano Clayton Paul Alderfer propone invece una soluzione meno rigida rispetto a quella di Maslow e più disposta a vedere soluzioni dinamiche all'interno della gerarchia dei bisogni. Il suo modello riunisce i tre livelli centrali del modello di Maslow (sicurezza, appartenenza e stima) fornendo alla persona, in caso di bene-essere o male-essere, una via d'uscita. La filosofa ungherese Agnes Heller esprime una opinione innovativa, dove i bisogni sono il passaggio primo delle trasformazioni sociali. Essi non sono riconducibili alle stratificazioni sociali, ma piuttosto sono divisibili in due categorie: quelli alienanti e quelli radicali. I primi riguardano l'accumulo quantitativo di soldi e potere e non portano mai a una reale soddisfazione dell'uomo; i secondi invece sono di tipo qualitativo e riguardano l'amicizia, l'amore e l'introspezione.
È difficile ritrovare nel corpus di conoscenze e studi scientifici una definizione che trovi unanimi consensi proprio per la natura stessa del bisogno che lo riconduce a qualcosa di indefinibile.
Qualsiasi sia la natura del bisogno, l'uomo deve assolutamente cercare in se stesso, o nell'ambiente di riferimento, la soluzione che consenta di raggiungere l'equilibrio, pena la presenza di un disagio le cui manifestazioni possono modificare lo stile di vita e il sistema delle relazioni familiari, sociali e professionali nel quale si trova.
Il desiderio deriva dal latino de-sidus, letteralmente in mancanza di stelle. Anche in questo caso, come nel bisogno, le interpretazioni sono differenti e propriamente consolidano l'idea di significati differenti che convergono, o divergono, in base alle motivazioni e ai sentimenti propri dell'uomo, in quanto essere e frutto di una esistenza superiore che proviene da oltre le stelle.
Il prefisso de-sidus viene sempre osservato in chiave negativa. Rare sono le prospettive che prendono in considerazione il prefisso de-(sidus) in termini positivi e renderlo partecipe di qualcosa che proviene da, dalle stelle.
Tipica è la situazione nel quale l'uomo viene invitato ad osservare le stelle, nella notte di San Lorenzo, ad esprimere un desiderio che trovi riscontro nella speranza che si possa realizzare. L'uomo osserva le stelle e in quel momento viene attratto dalla luce che lo porta a rimanere in sospensione tra l'esistere, (essere – uomo – terra) e la propria esistenza, (che trova origine oltre la volta celeste), liberando la mente dalla forma materiale della razionalità per farsi accompagnare dal desiderio di raggiungere gli strati superiori della trascendenza. Il desiderio confina con la ricerca appassionata dell'oltre perché tutto ciò che desideriamo si possa realizzare, affidandoci alle stelle.
Il desiderio è un moto dell'anima che cerca di ridurre la distanza tra il desiderio dell'uomo e l'oggetto del desiderio.
Toccare le stelle con un dito, significa portare a sé qualcosa di inavvicinabile. L'auspicio è che tutto ciò che desideriamo un giorno si possa avverare, perché il desiderio diventa la strada maestra per raggiungere ciò che in quel momento è più caro all'uomo. Last but no least (l'ultimo ma non meno importante) è l'insieme dei bisogni e dei desideri che caratterizza la vita dell'uomo nelle sue manifestazioni quotidiane: la dimensione affettiva dei bisogni e dei desideri indispensabili per raggiungere insieme il benessere personale e offrire all'uomo l'opportunità di crearsi un mondo di stati situazionali denso di significati soggettivi, ma utili, per dare senso al suo bisogno di essere uomo e al desiderio di vivere la sua esistenza alla continua ricerca di una propria identità, che lo conduca a toccare ogni giorno le stelle con un dito.
Riferimenti bibliografici: Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli
Foto: Paolo Rebecchi, tratta dal libro Finestre di casa nostra. Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose. Edizione illustrata a cura di Paolo Rebecchi e Guido Zaccarelli. Editore: Itaca (Castel Bolognese)
GUIDO ZACCARELLI:
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
CURRICULUM
Guido Zaccarelli è referente dl Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola. Laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie. Dal 2008 è docente di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Il silenzio è comunicazione e trasmette messaggi di relazione. È soggetto come qualsiasi altro messaggio a comprensione e fraintendimenti, che sottostà a regole di codifica e decodifica. Il silenzio comunica diventando al momento regolatore del contesto contribuendo a determinarlo in una nuova fisionomia. Da regolatore della situazione diventa un messaggio non più convenzionale – fatto di riti – ma un messaggio intenzionale e, in quanto ambiguo, chiede di essere decodificato. All'interno di un rapporto la parola contiene la parola dell'altro. Il silenzio è un messaggio che parla della relazione, che la commenta e, in quanto tale, si può considerare una forma di meta-comunicazione.
di Guido Zaccarelli Mirandola 8 settembre 2018 - Comunicare significa mettere in comune agendo sulla relazione alla pari, significa trasmettere. Le persone impiegano parole convenzionali per descrivere la trasmissione di un comunicato, come inviare, trasferire, notificare, far vedere, far sentire, illustrare, far conoscere, investire, contagiare, partecipare, unire, mettere in comune con gli altri tutto ciò che è nostro.
La comunicazione avviene tra individui che rappresentano le fonti della trasmissione (ricevente e trasmittente) e impiegano un veicolo, come mezzo per comunicare, e una strada nella quale fare scorre il messaggio che rappresenta l'oggetto della comunicazione. Tutto questo può avvenire in presenza di uno strumento che permette al messaggio di andare da una fonte all'altra e viceversa. Chiunque emetta, o provoca un suono che si manifesta con segnali o simboli, è fonte di trasmissione e deve continuamente tener presente le eventuali interferenze che il messaggio può incontrare durante il tragitto, dal momento in cui è compilato al momento in cui raggiunge il destinatario. Il messaggio può essere vocale, o per iscritto, e favorire la presenza di ragionamenti e/o condizionare le convinzioni, atteggiamenti e comportamenti. Le due forme prevedono la presenza di un codice che incorpori le regole per essere compreso dal ricevente. In tutto questo è fondamentale il modo – il come – il destinatario riceverà il messaggio che dipende anche dalle condizioni del destinatario nel momento in cui viene in contatto.
L'interpretazione è fortemente condizionata dalla presenza di interferenze che ostacolano il naturale scorrimento del messaggio da una fonte all'altra. Un caso tipico e legato al messaggio rivolto al nostro compagno di viaggio in treno, mentre attraversiamo una galleria, dove la mancanza di luce può indurre una sensazione di disagio nel nostro destinatario interferendo sulla nostra comunicazione e sulla comprensione. L'interferenza può essere la forte luce, il calore intenso o il freddo glaciale o il rumore. Può esservi interferenza nello strumento di ricezione. Un altro caso tipico possiamo incontrarlo quando il nostro messaggio verbale non incontra nessun tipo di interferenze dalla fonte di trasmissione allo strumento di ricezione ma il nostro destinatario ha l'auricolare del telefono che non funziona in modo corretto.
Ad esempio non dobbiamo trascurare i vizi di ricezione costituiti dalla mancanza di uno strumento idoneo ( gli occhiali) e da un difetto di vista (daltonismo). Quando le persone parlano apparentemente tutto sembra facile per l'azione messa in atto dal feedback (positivo-negativo–neutro) che le persone ricevono dal contesto nel quale sono collocate. Il problema sorge innanzi alla interpretazione di una comunicazione non verbale che necessita di uno sforzo maggiore per interpretare il messaggio evocato dai gesti. Maggiori sono le situazioni dove è presente il silenzio, indicato come regolatore dell'incontro, in grado di determinare il grado di accettabilità sociale e della sua durata all'interno di una data cultura. Da esso ricaviamo anche il modo di interpretarne il diverso significato: ad esempio stare in silenzio ad un funerale significa osservanza delle regole, prima di tutto, ma significa anche esprimere dolore e rispetto. Trasgredire il silenzio o, in altre occasioni, sfidare le regole mantenendo silenzi più o meno lunghi significa ancora qualcosa. Un silenzio esagerato può volere dire risentimento oppure noia o ancora, altrove, ignoranza oppure insubordinazione.
Cos'è il silenzio, oltre ad essere una cosa in talune circostanze accettabile, in altre auspicabile e in altre ancora cosa? La sua trattazione è importante per il ruolo che svolge nell'atto comunicativo e non trattarlo in questo articolo rischierebbe infatti di venire identificato in modo ambiguo e in negativo o come fenomeno contrapposto a rumore o, in termini interattivi, come mancanza di comunicazione. Il silenzio, inquadrato e governato da particolari regole contestuali come la pausa, la sospensione del contatto, non si pone più come inespressiva assenza intenzionale, mancanza di messaggio tra un emittente A e un ricevente B sospesi nel vuoto, ma come fenomeno indicante una presenza, la presenza di un particolare tipo di comunicazione.
Sono perciò le regole delle diverse interazioni comunicative, quelle stesse che impongono il silenzio, lo proibiscono, ne prescrivono la durata, che definiscono e codificano un certo comportamento come "silenzio". In termini di regole conversazionali, sappiamo che un parlante segnala la fine del proprio turno di intervento all'altro con un silenzio che, però, non è vissuto come silenzio fino a che non superi una certa durata. Qualora ciò avvenga è sempre possibile da parte dell'ultimo locutore eliminare l'imbarazzo che si può venire a creare trasformando l'interruzione in pausa del proprio discorso e riprendere a parlare.
Ad esempio conosco bene il mio partner, lo so mediamente loquace, e uso passare insieme a lui lunghe ore si silenzi e non-silenzi. Torno a casa, magari annunciando un allettante progetto da attuare insieme e non trovo risposta, ma una persona silenziosa che continua a disbrigare le sue solite azioni quotidiane. Che cosa penso io? Che quel silenzio vuol dire qualcosa, che c'è qualcosa che non va? Che ce l'ha con me. E' probabile allora che anch'io, avvertito un clima alterato e di apparente negatività, faccia a mia volta l'arrabbiato, e si inneschi da qui una dinamica particolare di ostilità. Per spiegare la codifica e la comprensione interpersonale del silenzio si può ricorrere anche alle regole generali della conversazione, così come lo descrive il filosofo inglese Paul Grice (1975).
La violazione – nel senso dello sfruttamento – di queste, in particolare del principio di cooperazione: «conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall'intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato», per quanto concerne il silenzio, è proprio ciò che permette di interpretarlo come messaggio significativo. Grice con il principio di cooperazione vuole sottolineare l'importanza delle convenzioni sociali per facilitare l'interazione sociale, ovvero mettere in risalto l'interpretazione degli enunciati che dipendono dal contesto in cui si trovano i parlanti. L'inferenza aggiunge dettagli rispetto a quanto effettivamente viene espresso al momento. Grice definisce quindi le implicature conversazionali riferendosi a ciò che non viene detto ma quello che viene detto contribuisce a definire sottolineando l'importanza del dare intendere qualcosa per qualcosa d'altro rispetto a ciò che si dà per intendere.
A questo punto il silenzio intenzionale passa di nuovo da "sfondo" a "figura" (l'implicito diventa esplicito) e diventa a sua volta regolatore del contesto, contribuendo a determinarlo in una nuova fisionomia. A tale scopo è fondamentale riportare alla mente la teoria della Gestald – della forma – per l'importanza associata al rapporto figura - sfondo correlata alla visione dell'uomo di stati della realtà dove l'immagine osservata è sempre influenzata dallo sfondo che condiziona la percezione del contesto. Da "regolatore della situazione"; diventa messaggio non più convenzionale, rituale, ma messaggio intenzionale e, in quanto ambiguo, chiede di essere decodificato.
Ad esempio un adolescente sta in un angolo silenzioso, con aria infelice. Ad esempio tutto desidera fuorché si rispetti il suo silenzio, che non gli si parli e che si intenda alla lettera il suo messaggio come: voglio stare solo e zitto. Piuttosto, vuole che qualcuno gli si avvicini per chiedergli perché sta solo e zitto. Tanti possono essere i significati del silenzio e tanti i suoi usi funzionali. A dice qualcosa a B, non fa commenti. Lo scopo del suo silenzio è quello di comunicare disapprovazione per quanto A ha detto. A può comprendere il significato del silenzio di B, oppure può fraintenderlo, interpretarlo con disinteresse attivo, ostentato, oppure può interpretarlo come di disinteresse, ma svuotato del suo significato intenzionale, come "nulla da dire". All'interno di un rapporto la parola contiene la parola dell'altro, si pone di fronte ad essa alludendovi, commentandola implicitamente, e così facendo, la conferma o la smentisce, l'accoglie o la contrappone ad essa. Quando il gioco sincronizzato delle parole si sfasa e l'assenza diventa avvertibile, si sostituisce il gioco dei silenzi con il suo codice di rimandi e di interpretazioni. Una grammatica del silenzio non è ancora stata formulata, ed è difficile formularla, perché le regole di decodifica dei silenzi sono fortemente connesse al "contesto implicito" al rapporto particolare che vi è tra gli interlocutori, più che al "contesto esplicito" costituito dalle regole generali dei rapporti sociali.
Il silenzio è quindi un messaggio che parla della relazione, che la commenta e, in quanto tale, si può considerare una forma di meta-comunicazione. Ma, dopo aver insistito sul fatto che il silenzio è comunicazione, che trasmette messaggi di relazione, che è soggetto come qualsiasi messaggio a comprensione e fraintendimenti, che sottostà a regole di codifica e decodifica, sarebbe il caso di domandarsi qual è la peculiarità del messaggio silenzioso.
Cos'è che rende in certe situazioni il silenzio addirittura più comunicativo della parola, più forte, che ne fa esempio un inconfutabile strumento di potere? Scrive Tolstòj: " Che forma ha il silenzio! Lo so per esperienza ci si ingegna ad accumulare gli argomenti più irrefutabili contro l'avversario... Ed ecco che questi non reagisce per nulla, ma proprio per nulla... ci si immagina che egli prepari le obiezioni più probanti, si attende... e poi niente, niente del tutto. Questo modo di essere mi ha sempre colpito".
Questo commento è riferito da Tolstòj ai conflitti coniugali con la moglie: sappiamo dai diari di lui e di lei quanto spesso egli ricorresse a quest'arma e come questa sia stata vissuta come strumento di violenza. Se il silenzio è un'arma spesso vincente di conflitto, e quindi uno strumento di potere, è perché esso ha la funzione di smentire l'altro e la smentita è la situazione più catastrofica in cui possa trovarsi un individuo. Il silenzio comunica: non ho nulla da dirti, perché non esisti.
In questo "gioco del silenzio" un ruolo chiave viene assunto dagli individui i quali differiscono nella capacità di captare l'informazione trasmessa dal viso, dal corpo e dal tono di voce: quindi messaggi senza parole ovvero la produzione della comunicazione non verbale. Ad esempio un padre tace alla presenza del figlio per esprimere disapprovazione, il figlio tace al rimprovero per sottolineare la sua ribellione. Così avendo analizzato la natura comunicativa del silenzio ci troviamo a recuperare la natura silenziosa grazie alla quale, alludendo ad essa anche il silenzio può parlare. In questo "gioco del silenzio" un ruolo chiave viene assunto dagli individui i quali differiscono nella capacità di captare l'informazione trasmessa dal viso, dal corpo e dal tono di voce: quindi messaggi senza parole ovvero la produzione della comunicazione non verbale.
Riferimenti bibliografici: Il silenzio nella comunicazione – UNIMORE – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Guido Zaccarelli.
La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli.
GUIDO ZACCARELLI:
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
CURRICULUM
Guido Zaccarelli è referente dl Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola. Laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie. Dal 2008 è docente di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Le aziende moderne vivono le loro esperienze quotidiane all'interno di un mercato dinamico e altamente competitivo che chiede ogni giorno la messa in pratica di strategie innovative per crescere in competitività ed eccellenza.
di Guido Zaccarelli
15 novembre 2017
Il valore di una azienda e il modo con il quale viene comunicato all'esterno consente all'impresa di accrescere il posizionamento nei mercati di riferimento e godere di attrattività in relazione ad altri competitor che adottano al proprio interno strategie comunicative mirate a promuovere emozioni in chi le riceve.
Per molti anni, il valore di una impresa è sempre stato valutato osservando due grandezze importanti e fondamentali, la dimensione tangibile, ciò che si vede, e quella intangibile, ciò che non si vede.
Se diventa intuitivo per tutti comprendere la parte visibile dell'impresa, ai più potrebbe risultare più difficile individuare quella che non appare ai proprio occhi.
I brevetti, il capitale intellettuale, il capitale umano sono alcuni tra gli ambiti maggiormente coinvolti nel completare il valore dell'azienda.
Gli sforzi imprenditoriali sono sempre stati orientati a incrementare le due dimensioni con approcci sistemici differenti in ragione del core business nel quale l'impresa aveva indirizzato le proprie strategie.
Il tempo ha cambiato le linee guida che da sempre gli imprenditori e il management in generale hanno adottato nel tempo frutto di una impennata della crisi che negli anni 2000 ha spiazzato gli analisti economici e spazzato come un urgano le imprese che avevano fatto della sola produzione il loro riferimento.
La parola cambiamento, significativa di ciò che cambia di stato in forma stabile, è stata sostituita dalla parola mutamento che impone un continuo miglioramento dei prodotti e dei servizi offerti.
Le imprese devono comunicare ai mercati in una modalità adeguata nei modi e nelle forme affinché nasca in tutti la consapevolezza che l'azienda ha saputo cogliere il momento come una opportunità di crescita, virando in modo deciso verso una nuova direzione di marcia.
In quel momento, nel quale la decisione è stata assunta, l'imprenditore e il management avevano colto che la frase: "abbiamo sempre fatto in questo modo" era superata.
Era necessario impostare una nuova rotta laddove l'animo comune guidava l'equipaggio verso la scoperta di nuovi mari sapendo di essere nel cuore di una tempesta senza precedenti. Il modo con il quale si veicolano i valori dell'azienda, effetto framing, determina una differente percezione nelle persone che vivono in senso positivo o negativo l'esperienza d'ascolto.
La comunicazione cambia quindi i paradigmi di riferimento con la quale le persone assegnano il valore all'azienda.
Un passo in avanti fondamentale, che le aziende dovrebbero iniziare ad applicare e a condividere, è stato compiuto dall'UNI, Ente Italiano di Normazione, che il 14 luglio 2016 ha emanato un documento tecnico UNI T/R 11642 dal titolo "la Conoscenza Condivisa" dove si fa riferimento specifico al valore della persona in ambito aziendale.
Le imprese che desiderano rimanere sul mercato e crescere in termini numerici di prodotto e di servizio ed eccellere nella qualità devono necessariamente esplicitare che l'azienda valorizza le persone e, come dimostrazione di un impegno assunto, adotta al proprio interno il T/R 11642.
Questo consente di dimostrare non solo a parole, ma con un documento formale, la responsabilità dell'azienda nel porre le persone al centro dell'organizzazione.
Il mercato, innanzi ad un impegno formale molto forte e dovendo preferire tra differenti clienti / fornitori sceglie, chi oltre ad eccellere nello specifico ramo di attività, eccelle anche nel valorizzare le maestranze.
Il capitale umano accresce il proprio valore contribuendo ad elevare il valore complessivo dell'azienda agevolando il mercato che, nell'era digitale, sanziona e premia molto rapidamente le imprese.
Scegliere di investire sulle persone è un punto unico a favore delle aziende nel legittimare il proprio dovere nel generare valore e benessere sociale.
All'interno, ogni azienda ha un suo mini sito con un format comune, contenente le principali informazioni richieste dai buyer. Facile da compilare, viene tradotto automaticamente in inglese e cinese. È una delle prime novità della 52ª edizione di Vinitaly, per dare visibilità agli espositori e focalizzare le ricerche dei potenziali compratori.
Verona, 6 novembre 2017 – Offrire sempre nuovi servizi per migliorare ogni anno l'esperienza a Vinitaly per espositori e operatori. Con questo obiettivo Veronafiere ha intrapreso un processo di digitalizzazione che, per l'edizione 2018 del Salone Internazionale del Vino e dei Distillati, in programma dal 15 al 18 aprile ( www.vinitaly.com ), propone un nuovo concept di catalogo online.
La novità tecnologica consiste in un sistema di compilazione facilitata per gli espositori e di traduzione immediata dall'italiano all'inglese e al cinese.
Il nuovo catalogo di Vinitaly è stato progettato per essere un portale contenente mini siti di tutte le cantine espositrici. Il format comune mette in evidenza in maniera omogenea le principali informazioni richieste dai buyer, per semplificare le loro ricerche.
Il catalogo è stato pensato anche come strumento di promozione e divulgazione del vino italiano all'estero.
Con la scelta del cinese come terza lingua, Vinitaly crea la prima presentazione completa della vitivinicoltura italiana per il grande mercato asiatico, con i vini di tutte le regioni, proposti da oltre 4.000 cantine, offrendo a importatori e consumatori del Paese della Grande Muraglia uno strumento di conoscenza delle Doc, Docg e Igt made in Italy, con la visualizzazione delle relative aree di produzione.
Attraverso questo nuovo strumento, ricco di immagini, l'espositore potrà anche promuovere propri eventi e degustazioni organizzati nel corso di Vinitaly e durante il resto dell'anno, inserire video e condividerli sui social, garantendosi una visibilità lunga 365 su una piattaforma consultata in un anno da 790.380 utenti da 195 Paesi, per un totale di 4.958.499 pagine visualizzate.
Il catalogo di Vinitaly 2018 sarà online a metà dicembre, inizialmente con la descrizione di tutti gli espositori diretti; seguiranno, mano mano, gli espositori indiretti.
Per scoprire come sarà il nuovo catalogo, a questi link i demo delle prime aziende che hanno completato l'inserimento delle proprie informazioni:
Villa Spinosa – Veneto
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Angoris – Friuli Venezia Giulia
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Arione - Piemonte
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Azienda Uggiano – Toscana
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Azienda Nicola di Sipio - Abruzzo
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Barberani - Umbria
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Terredora – Campania
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Gurriere – Sicilia
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di Lamberto Colla ---
I casi di Caterina e di Bersani evidenziano un malore sociale figlio non solo della crisi ma anche della perdita di valori etici e di rispetto e amore del prossimo.
Parma, 12 gennaio 2014 -
Il caso di “Caterina” mi aveva talmente colpito che non ero riuscito a scrivere nulla al riguardo. Sarei caduto nelle banalità di rito ed ho ritenuto che già troppo risalto era stato dato a quell’incivile comportamento di taluni grafomani.
Pochi giorni dopo un simile comportamento si manifestò per Bersani colpito da malore.
Insulti sul profilo Social di “Caterina” per avere difeso la sperimentazione sugli animali che da quella sperimentazione deve la vita, auguri di morte all’ex segretario PD postati a commento degli articoli che divulgavano la notizia del suo ricovero.
Non sono certamente un ammiratore politico di Bersani, come d’altronde non lo sono più nemmeno di coloro che dovrebbero essere oppositori della sua area politica, ma quando ho letto degli auguri di morte a lui diretti mi è tornata la rabbia che avevo avuto leggendo il caso di Caterina.
Però alcune riflessioni questi due casi ravvicinati me le hanno stimolate.
La prima, scontata, che esiste una gran massa di imbecilli, maleducati, arroganti, esibizionisti e insensibili. Una fascia di soggetti che probabilmente si sta allargando e che attraversa più strati sociali.
Una seconda considerazione è che la radicalizzazione delle opinioni sta diventando “fede integralista”. Animalisti nel primo caso e nuovi movimentisti (lungi dal parlare di politica che è ben altra cosa) nel secondo i quali, pur di difendere la propria appartenenza e fede, sarebbero disposti a tutto. E si sa che dalle parole ai fatti il passo è breve.
La terza e più consolante considerazione è legata ai mezzi di informazione che hanno dato evidenza del fenomeno: i nuovi media, giornali digitali e social media.
Se fossimo ancora nell’epoca analogica dell’informazione non avremmo potuto rilevare una stima del fenomeno, ovvero, di quanti siano portatori di sentimenti negativi, aridi e privi di quel senso di “pietas” che consentirebbe di approcciare il dolore altrui in modo solidale e soprattutto libero da ogni condizionamento religioso, sociale, politico, razziale o, men che meno, partitico. Come si diceva, se fossimo vissuti nell’era dell’informazione pre digitale, nessun organo di informazione avrebbe riportato di quegli insulti e se l’avessero fatto non avrebbe avuto la possibilità di misurare la portata del fenomeno; sia per il fatto che in pochi si sarebbero presi la briga di scrivere , affrancare e spedire alla redazione il loro commento, sia perché, proprio in ragione di ciò sarebbe sorto il sospetto che si trattasse di fenomeno isolato o quantomeno marginale e perciò non degno di pubblicazione.
Il digitale, invece, ha consentito di misurare il fenomeno. Senza spese (carta, busta e francobolli) il popolo - almeno quello “bue”, si scatena e si sente libero di manifestare e sfogarsi senza inibizioni e senza vergogna.
Un’ultima riflessione. Consola il fatto che, attraverso il digitale, si può dare “un nome” a ognuno di questi inqualificabili soggetti.
di Lamberto Colla ---
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