Di fronte a situazioni di grande stress, come quella attuale, uno su tre (32%) guarda con interesse a pratiche come yoga e meditazione.
La pandemia di Coronavirus ha portato a un cambiamento radicale delle abitudini di vita e messo a dura prova anche la nostra tenuta psicologica: ci sentiamo stressati, preoccupati e anche se si iniziano a vedere miglioramenti, il carico di ansie, tensioni e incertezze è ancora presente.
Di fronte alle situazioni di stress, gli abitanti di Parma ritengono molto utili le pratiche e discipline che favoriscono il benessere mentale: più di uno su tre (32%), infatti, si dice interessato e propenso a provare attività come yoga, meditazione, tai chi e mindfulness, e il 30% già ha provato a praticarle.
È il quadro che emerge dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Reale Mutua sul welfare1.
Queste attività, anche molto diverse tra loro, hanno in comune la capacità di portare importanti benefici: migliorano l’umore (38%), favoriscono la concentrazione (34%), riducono lo stress (32%) e permettono di ottenere anche migliori performance lavorative (22%).
Se non si può andare in una palestra o in un centro specializzato, come in questo periodo, viene in aiuto la tecnologia: app (12%), lezioni da remoto e video tutorial (30%), dicono gli abitanti di Parma, sono ottimi strumenti con cui tenersi in forma. Lo conferma anche un’analisi delle ricerche online in Italia nei primi mesi del 2020, dove spopolano i workout casalinghi per restare in forma e scaricare le tensioni, e tra le parole più ricercate ci sono appunto “app yoga”, “yoga online” e “stretching”.
Ma se sono sempre di più i parmensi interessati a queste pratiche, sono anche molti quelli che le vorrebbero applicate anche nell’attività lavorativa, una volta tornati alla normalità. A beneficiarne dovrebbero essere soprattutto i lavoratori sottoposti a scadenze e ritmi frenetici (30%) e quelli che oltre agli impegni di lavoro devono far fronte a compiti di cura impegnativi, come nel caso di genitori con figli piccoli o dei caregiver (32%).
Insieme a queste pratiche, a favorire il benessere mentale durante l’attività lavorativa è la possibilità di una gestione personalizzata del proprio tempo, resa possibile da forme di welfare come la flessibilità oraria (70%) e lo smartworking (38%). Utile, infine, è anche la possibilità di disporre di un servizio di consulenza psicologica (12%) con cui confrontarsi.
“Ci sono due dati che emergono sopra tutti dalla ricerca del nostro Osservatorio: la crescente sensibilità degli italiani verso il benessere psicologico e la sua importanza tanto nella vita di tutti i giorni quanto per l’attività lavorativa” - commenta Michele Quaglia, Direttore Commerciale e Brand di Gruppo – “Per noi di Reale Group quelli del welfare, del wellness e della salute sono temi da sempre centrali e in questi mesi di emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 abbiamo messo in campo numerose azioni rivolte in tal senso sia ai dipendenti sia ai nostri clienti. Ad esempio, lo smartworking per il 98% dei dipendenti, garanzie e tutele specifiche per i clienti proprio a cominciare dalla sfera della salute, anche attraverso servizi di consulenza psicologica volti a dare supporto in un momento così difficile, fino all’utilizzo della tecnologia che ha permesso di mantenere il presidio territoriale con la nostra rete di agenti. Ci auguriamo che la situazione possa tornare presto alla normalità, il nostro obiettivo è di continuare a essere a fianco delle persone e delle imprese con soluzioni specifiche per il welfare e la protezione della salute e del benessere”.
1 Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora su un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età, sesso ed area geografica.
A partire da oggi, 14 febbraio, Gazzetta dell'Emilia apre una nuova rubrica "I segreti del Coach" curata da Marco Becchi - coach, formatore aziendale e creatore del Metodo Essere Straordinari - Pillole di esperienze, di sopraffini tecniche relazionali e di comunicazione proposte per farci riflettere sui nostri comportamenti al fine di migliorare la nostra vita e i rapporti con gli altri.
di Marco Becchi Parma 14 febbraio 2020 - Quante volte ti sei detto che le cose intorno a te dovrebbero migliorare?
Quante volte ti sei chiesto come fare per ottenere risultati migliori?
Quante volte hai pensato di non aver potere sul futuro?
Il primo segreto che voglio svelarti è un segreto di grande consapevolezza e di responsabilità. Solo chi conosce questo segreto riuscirà a dare una svolta positiva al suo presente e al suo futuro. Non dipende dal tuo passato ma semplicemente da una decisione che ti conviene prendere ora, per non perdere ulteriore tempo.
Probabilmente ci sono obiettivi e sogni che vuoi realizzare al più presto e con ogni probabilità ci sono anche delle difficoltà e degli ostacoli che desideri fortemente superare.
C’è una sola strada che ti può portare alla destinazione della tua vita e per iniziare a muovere il primo passo su questa strada devi conoscere questo segreto: se vuoi davvero che le cose migliorino allora tutto deve partire da te.
Tutto va dall’interno all’esterno: solo se tu cresci, migliori e sviluppi il tuo reale potenziale, allora le cose andranno davvero come desideri. Non bastano le parole, non basta la volontà e non basta avere un obiettivo chiaro.
Così come fai il pieno di benzina prima di iniziare un viaggio, così devi fare con te stesso: scegli di investire sul tuo potenziale, di acquisire nuove capacità e nuove competenze in grado di farti esprime al massimo. Solo in questo modo potrai raggiungere obiettivi mai raggiunti fino ad ora e potrai superare vecchi limiti e credenze.
Credi in te stesso, investi su di te, acquisisci nuove abilità e tutto migliorerà in modo naturale. Puoi scegliere di farlo tra qualche anno ma che senso avrebbe rimandare la tua felicità?
di Guido Zaccarelli Mirandola 22 giugno 2019 - Illusione e delusione hanno la stessa radice nel gioco, la dimensione ludica nella quale spesso l'uomo si ritrova nel corso della propria vita. Il prefisso "il" ci porta all'interno del gioco mentre il prefisso "del" invita ad uscire. Il gioco diventa il terreno fertile per aspettare qualcosa, che dipende dagli altri, ai quali le persone spesso fanno ricadere le proprie responsabilità, nel caso di mancata adesione alle loro aspettative. Una mancata vincita al gioco, una partita di calcio persa all'ultimo secondo, un esame che non ha prodotto gli esiti sperati.
Momenti nei quali ognuno di noi si è certamente imbattuto nel corso della propria vita, come nel caso di una persona che afferma di essersi messa in gioco partecipando ad una prova, e non superandola, è rimasta profondamente delusa dal risultato. A questo punto si chiede il perché e afferma che le persone avanzano a forza di conoscenze e spintoni.
Come si nota, non c'è nessun riferimento al motivo che ha portato al mancato successo. La delusione è un sentimento negativo che le persone provano e attribuiscono spesso ad altri, liberandosi dal peso della responsabilità sperando che questo consenta di vivere più serenamente la quotidianità, perché si liberano del senso di colpa. Non è facile attribuire a se stessi il peso della sconfitta. L'analisi del testo riferito al caso sopra riportato, pone in evidenza come la persona si sia messa in gioco, (illusione) partecipando ad una prova e non avendola superata (non era preparata, non specifica) è uscita sconfitta (delusione), attribuendo ad altri il mancato superamento dell'esame. Il gioco è regolato da principi e da regole ben precise e per praticarlo occorrono conoscenze, competenze e saperi i quali opportunamente combinati sono in grado di accompagnare l'uomo verso il risultato finale.
Mettersi in gioco significa" mettersi alla prova", e come tale, essere sottoposti ad un giudizio altrui che per natura è frutto di coincidenze che spesso sfuggono al controllo soggettivo e ad una analisi reale della situazione, perché il gioco, qualsiasi esso sia, è sempre immerso nell'alveo della competizione, sia che si affronti nella dimensione ludica che professionale: una gara tra amici al bar, una competizione agonistica o partecipare ad un esame dove il risultato finale prevede l'accesso al mondo del lavoro.
È l'uomo che sceglie, in base al contesto, il valore associato al risultato finale, mescolando tra loro stati situazionali soggettivi e oggettivi che sono frutto del momento e della circostanza e non osservati con occhio critico. In ogni caso l'illusione e la delusione, in misura diversa, intervengono sempre nella fase in cui viene espresso il verdetto finale condizionando gli stati emotigeni della persona e lo spettro dell'aspettativa.
La parola aspettativa, nella sua etimologia latina, è formata dal prefisso ex, che significa fuori, e spectare che porta l'uomo a guardare fuori dal tempo presente, nel quale sta vivendo la realtà che lo circonda, proiettando l'immagine di sé in un'altra dimensione temporale, un mondo possibile, la cui esistenza è vera solo in presenza della condizione se: «se è vero, allora»: è vero che se partecipo al concorso lo vinco e posso accedere al lavoro?. È vero nel caso in cui è presente un mondo di cui le persone immaginano l'esistenza, dove ipotizzano che le cose possono accadere e nel quale riversano tutte le proprie speranze e aspettative. Se ottengo il lavoro tanto ambito ecco che l'illusione abbandona la strada del mondo reale per entrare nel mondo possibile, che a sua volta diventa reale per la presenza di luoghi e di persone che vivono il tempo di una nuova esistenza. Anche nel mondo possibile è presente l'illusione e la delusione perché è vissuta da uomini che decidono le regole del gioco. La delusione delle persone affiora anche quando non vengono rispettate le regole del gioco, modificando le aspettative dei partecipanti che vivono l'attesa come un momento di grande illusione, per accorgersi al termine che il risultato finale non corrisponde ai precetti iniziali.
Contesti diversi che prendono strade diverse e che portano entrambe a vivere la delusione. La delusione si vince con il coraggio del fare quotidiano, allontanandosi dall'illusione che limita l'azione dell'uomo e con la saggezza del fare popolare che offrono entrambi strumenti di grande opportunità per cambiare la strada intrapresa e aprire le porte a nuove aspettative, consapevoli dell'opportunità offerta dal momento e del fatto che la strada non è sempre in discesa, (illusione) ma anche in salita (delusione) e occorre affrontarla, perché una volta raggiunta la sommità, il panorama che si osserva è unico in ogni suo aspetto.
L'attesa invita l'uomo a dare l'opportunità al tempo di respirare, di prendere fiato, e donare all'aspettativa il valore che si aspetta di ricevere e di evitare di addossare agli altri il mancato raggiungimento della vetta perché è tutto nella mani dell'uomo. Per scalare la montagna bisogna attrezzarsi, come raggiungere le profondità delle acque marine. Aspettare l'aspettativa è vivere l'attesa per prepararsi al meglio ad affrontare il viaggio, e sarà un successo.
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Maria Luisa Gatti, etimologia e Filosofia, Strategie comunicative del filosofo nel «Cratilo di Platone, 2006
Aristotele, Metafisica, Volume 3 a cura di Giovanni Reale, Vita e pensiero, 1993
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/platonejhkldfvcmxxsw.htm
https://www.soluzionidimpresa.it/Active_Learning/mod/resource/view.php?id=17
http://www.filosofico.net/cratilo.htm
https://www.studentville.it/appunti/vita-e-filosofia-di-cratilo/
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GUIDO ZACCARELLI
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
Il divenire è un flusso temporale senza quiete in perenne movimento verso l'infinito
di Guido Zaccarelli Mirandola 16 giugno 2019 - Eraclito di Efeso, vissuto in età presocratica, è il filosofo del divenire continuamente soggetto a continui cambiamenti in ragione del naturale avanzare degli accadimenti nel tempo: le cose accadono. Questo nasce dal cosmo da cui tra origine il tempo che accompagna ogni giorno l'esistenza dell'uomo verso il futuro.
Il divenire è un flusso temporale senza quiete in perenne movimento verso l'infinito. L'immagine del fluire del tempo ci viene proposta da Eraclito dove un uomo non può immergersi due volte nello stesso punto del fiume, perché altra acqua è passata: «non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. Fu invece il filosofo Cratilo, ad estremizzare il pensiero di Eraclito di Efeso, di cui fu discepolo, definendo il suo intendere il divenire panta rei, dove tutto scorre e dove diventa impossibile cogliere le essenze per la mancanza di quiete. L'uomo immerso nella sua realtà, fatica a vedere le sfumature perdendo il contatto con una parte del mondo che lo circonda. Occorre avere la capacità di alzare lo sguardo e osservare anche i contorni, alternando la vista in modo significativo, ora da una parte ora dall'altra, per cogliere tutte le sfumature del cambiamento avvenute negli intervalli di tempo che hanno segnato il passaggio da una situazione all'altra. L'ambiente è fatto di cose e di oggetti e per identificarli occorre chiamarli per nome.
L'apprendimento passa dal significato che l'uomo attribuisce alle parole che devono attingere la loro essenza dalla verità. Tutto questo però non è sufficiente. Occorre qualcosa d'altro per rappresentare il mondo, o una parte di esso. Socrate suggerisce a Cratilo che dove non arriva la parola deve essere presente l'immagine, che associata alla parola, favorisce l'apprendimento e la memoria (processo mnestico). Le cose devono essere apprese partendo da se stesse. L'apprendimento diventa centrale in questa analisi che vede protagonista Platone dove per il filosofo è molto importante comunicare bene il sapere e afferma che «non è possibile imparare e insegnare in fretta nessuna questione, nemmeno la massima delle massime, fino alla ricerca di un metodo con cui devono essere apprese le cose di cui ci si sta occupando».
Se per Platone è importante la comunicazione del sapere, il modo con il quale viene esercitata, mette in atto un'azione importante sulle persone, incidendo fortemente sulla capacità di diffondere la conoscenza e i suoi valori, continuamente messi in movimento attraverso la dialettica. Insegnare è un arte. Come il docente lascia un segno nella cultura di chi è in ascolto, allo stesso modo il pittore lascia un segno sulla tela facendola diventare nel tempo l'immagine testuale del suo pensiero. La parola costituisce lo sfondo nel quale le persone riflettono il loro desiderio di apprendere. In questo modo la conoscenza è in continuo divenire grazie all'azione messa in campo dalla parola anch'essa in continuo movimento. Se la conoscenza rimanesse ferma, in uno stato di quiete, non sarebbe quella con la quale ogni giorno le persone si confrontono.
Il bello e il bene dell'apprendere sta tutto nella verità che muta e si trasforma per accrescere il valore associato alla sua identità.
Il vortice d'incontri che le parole mettono in atto quando sono espresse, sono in grado di generare cambiamenti assoluti, e relativi, di prospettiva e generare ogni tipo di apprendimento: attivo o passivo? A tal proposito Socrate afferma che: «se la conoscenza non venisse continuamente sottoposta all'azione energizzante del movimento, nessun entrerebbe in contatto con il nuovo e tutto resterebbe fermo e immutato, in uno stato di quiete. Perché l'uomo possa apprendere deve essere presente il movimento. La quiete è la dimensione interiore dell'uomo nella quale egli si cala per dialogare con se stesso e fissare la realtà che in base al tempo è in continua trasformazione.
Cratilo si pone nella prospettiva di osservare la parola, e sostiene che l'azione prodotta dalla parola mentre è nominata appartiene a qualcosa d'altro, ad un tempo trascorso, rispetto al momento in cui è stata pronunciata, perché altro tempo è passato. L'apprendimento quindi segue le regole del tempo e questo non può prescindere dall'essere considerato un momento importante nella formazione e nella educazione, in questo caso scolastica, da dedicare al movimento e alla quiete.
L'apprendimento attivo è un metodo che viene impiegato nella didattica innovativa per mantenere vivo il movimento della parola che una dopo l'altra, è in grado di ampliare gli orizzonti di chi partecipa al contesto enunciativo, continuamente sottoposto al vaglio delle regole dinamiche che stanno alla base di una conversazione tra molti e dove i ruoli si alternano passando da insegnante a studente e viceversa.
L'apprendimento passivo è un metodo superato che perde il valore della comunicazione intesa come: trasmissione ereditaria della conoscenza che si muove in modo quasi esclusivo dall'insegnante verso gli studenti. La conoscenza necessita di trasformarsi per trasformare e subire continue forme rigenerative per essere al pari con i tempi e muoversi con un metodo che porti ad apprendere in modo attivo, un termine reso popolare da Charles C. Bonwell e James A. Eison che sostengono l'importanza del fare rispetto ad ascoltare: «gli studenti devono ambire a tre condizioni fondamentali: leggere, discutere e risolvere problemi e finalizzare l'apprendimento in tre settori importanti come le conoscenze, le abilità e le attitudini». L'apprendimento attivo offre agli studenti la possibilità di prendere l'iniziativa affinché possano gradualmente apprendere un nuovo metodo didattico che si allontani dalla formazione passiva per avvicinarsi alla formazione attiva in grado di costruire nel futuro ambienti di lavoro creativi e innovativi.
Gli studenti si prendono carico della loro istruzione diventando professori e i migliori professori imparano dai propri studenti active learning.
Serve stimolare la capacità critica degli studenti di pensare in modo critico critical thinking per fornire loro utili e preziosi strumenti di ricerca capaci di sostenerli in futuro nell'evoluzione dei saperi, specifici e trasversali alla professione d'indirizzo, e nella capacità di condividere in forma paritetica la conoscenza. Lo studente, già in possesso della necessaria conoscenza, comprensione e capacità applicativa si pone nella posizione di assumere un pensiero critico nei confronti di un argomento esposto dal collega il quale è in grado di rispondere direttamente o di farsi supportare dal gruppo di appartenenza portandolo a generare una nuova conoscenza. L'apprendimento attivo è ciò che chiede la realtà economica, sociale, culturale che ci circonda: essere in grado di leggere la realtà da più punti di vista, fare sintesi, prendere l'iniziativa, elaborare soluzioni e fare: do something. A tal proposito esiste anche una organizzazione globale senza scopo di lucro do something.org che motiva i giovani al fare cambiamenti positivi sia online che offline.
L'apprendimento attivo produce movimento alternando la quiete alla riflessione per dare vita a nuove conoscenze che disposte in ordine sono in grado di mettersi in movimento per dare forma a nuove relazioni globali.
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Maria Luisa Gatti, etimologia e Filosofia, Strategie comunicative del filosofo nel «Cratilo di Platone, 2006
Aristotele, Metafisica, Volume 3 a cura di Giovanni Reale, Vita e pensiero, 1993
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/platonejhkldfvcmxxsw.htm
https://www.soluzionidimpresa.it/Active_Learning/mod/resource/view.php?id=17
http://www.filosofico.net/cratilo.htm
https://www.studentville.it/appunti/vita-e-filosofia-di-cratilo/
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GUIDO ZACCARELLI
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
«È dalla cooperazione per ottenere un beneficio essenziale alla vita che nasce l'etica, la quale poi si evolve con regole sociali» Michael Tomasello
Di Guido Zaccarelli Mirandola 9 giugno 209 - Cos'è la tecnologia? L'arte di fare (impostare) un discorso.
Così l'etimologia riporta in noi il significato di tecnologia partendo dall'arte, intesa come invenzione, oratoria e scienza che ha condotto l'uomo al fare ordinato spingendolo a superare ogni giorno se stesso per dare un significato nuovo al proprio futuro e a quello di intere generazioni. Il tempo definisce la storia dell'uomo e il valore delle parole pronunciate in base al contesto capace di offrire sfumature, a volte, differenti dalle origini. Il contesto, in generale, svolge soprattutto la funzione di arricchire, completare il senso del discorso.
Determina la scelta di una data parola rispetto ad un'altra, precisandone il senso, cioè la direzione che l'interlocutore deve seguire per comprendere il significato. E tutto deve essere pertinente, inteso come l'insieme delle condizioni, delle opportunità e dei vincoli, spaziali, temporali e relazionali presenti in un qualsiasi scambio comunicativo. Il contesto si può ampliare, o restringere, secondo le esigenze presenti nell'interazione comunicativa.
L'arte ci porta ad impiegare la parola in modo ordinato sapendo che un uso improprio può modificare il contesto, la sensazione e la percezione del ricevente rispetto al significato attribuito dall'emittente nell'atto comunicativo. Ecco nascere un diverso modo d'intendere le cose che porta alla incomprensione e alla successiva diversità di vedute, il cambio di prospettiva, che anziché alimentare in senso positivo il dialogo si muove in una direzione opposta e spesso distorta.
La diversità nasce dall'incomprensione proveniente dalle origini delle singole esperienze che opportunamente ascoltate farebbero cadere le mura che la sostengono. La tecnologia è una scienza che nasce dall'arte e il suo fine è favorire il progresso scientifico del'uomo per il bene comune dell'intera umanità.
Lo sviluppo della tecnologia porta la società moderna a eliminare la diversità per unire ciò che prima era diviso. In questo caso mi riferisco alla nascita del DOS, (Disk Operating System ) che utilizzava l'interfaccia a caratteri per potere accedere alle periferiche presente nei primi computer. L'utilizzo era prevalentemente riservato ai programmatori, ricercatori, a persone in possesso di un elevate conoscenze e competenze in ambito informatico. Una tecnologia riservata a pochi eletti che agli occhi del mondo li rendeva diversi. La nascita di programmi con interfacce grafiche (icone) ha abbattuto le mura della diversità favorendo l'integrazione sociale e culturale e la relazione alla pari delle persone. Le moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione impiega dunque l'arte come mezzo per diffondere la conoscenza e abbattere le barriere della diversità.
Un altro esempio è relativo all'uso della tecnologia informatica applicata alla realtà aumentata per includere gli studenti in aula hanno un disagio certificato. Un uso proprio della tecnologia che viene impiegata in modo orizzontale per parificare tutti allo stesso livello, per unire le diversità delle persone che possono utilizzare uno strumento comune a valore aggiunto per identificarsi in un mondo dove la parola da sola (scritta o orale) non avrebbe mai raggiunto in modo capillare ogni singolo angolo remoto della terra. Scompare l'attenzione dell'individuo verso l'altro perché orientata verso l'insieme che fa propria la tecnologia come scienza per muoversi con fare ordinato nella direzione della solidarietà, dell'agire in solido, con quella concretezza che l'uomo fin dalle sue origini ha messo in pratica per il sostegno della propria comunità.
La tecnologia diventa il punto di contatto dell'agire in solido, dove la persona mette in pegno il valore aggiunto della relazione con l'altro diventando un nodo di rete digitale che si allarga fino a raggiungere la dimensione più sensibile del mondo finito di internet (la rete delle reti) che ha abbattuto le mura perimetrali della diversità, dando vita alla più grande manifestazione d'interesse sociale e culturale che anima lo spirito dalla condivisione dei saperi. Un modo per dirla come afferma lo psicologo evolutivo e comparativo americano Michael Tomasello per mano del Porf. Francesco Suman «si riconosce il passaggio dall'intenzionalità congiunta all'intenzionalità collettiva, dove i gruppi sociali si fanno sempre più ampi, e i comportamenti (cooperativi e comunicativi) delle generazioni precedenti vengono convenzionalizzati e trasmessi alle generazioni successive per un meccanismo di trasmissione culturale.
Queste strette interazioni con altri individui hanno un effetto rivoluzionario sulle nostre capacità cognitive: sviluppiamo una rappresentazione del mondo prospettica, ovvero iniziamo a immaginare come il nostro vicino vede le cose che anche noi vediamo, ci mettiamo nei panni del nostro vicino che condivide i nostri stessi fini di sopravvivenza. Questa comune finalità d'intenti ci porta a essere informativi nelle nostre interazioni comunicative e non più solo manipolativi: è più conveniente». La parola si aggrega ad altre parole formando una rete di parole che attraverso la tecnologia diventano esse stesse nodi di nuovi linguaggi di comunicazione in grado di superare la diversità attraverso la solidarietà per entrare di diritto nella storia dell'intera umanità.
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Paolo Rebecchi e Guido Zaccarelli, Finestre di casa nostra Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
https://www.avvenire.it/agora/pagine/morale-tomasello
https://ilbolive.unipd.it/it/mettersi-nei-panni-dellaltro-radici-evolutive-pensiero-umano
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GUIDO ZACCARELLI
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
«Se non ti piace quello che vedi, cambia il tuo modo di guardare » Auggie Pullman (Jacob Tremblay)
Di Guido Zaccarelli Mirandola 2 giugno 2019 - La vita ogni giorno ci pone nelle mani delle grandi opportunità, a volte si presentano con largo anticipo, altre volte invece sono in estremo ritardo sul cammino che stiamo compiendo. Non sempre abbiamo la lucidità e quella necessaria saggezza per valutarle nella loro pienezza. Anche l’animo deve essere pronto e predisposto ad accoglierle. Il sogno e la perseveranza sono le ante che danno forma alla finestra dell’uomo sul mondo. In qualsiasi momento possiamo decidere di tenerle spalancate, per ricevere tutta la luminosità e il calore che proviene dall’ambiente esterno, oppure stabilire di chiuderle senza fornire la necessaria luce alle opportunità di realizzare i nostri sogni, togliendo alla perseveranza la possibilità di sostenere gli smarrimenti che inevitabilmente si incontrano quando decidiamo di concretizzarli.
Le ante sono una grande occasione di crescita personale e professionale che viaggiano insieme per illuminare la nostra identità e rappresentano il valore aggiunto da destinare alla crescita personale e sociale. Tenere un’anta aperta e l’altra chiusa (o socchiusa) non consente di realizzare i propri sogni. È l’immagine del fallimento annunciato. Serve la necessaria determinazione e soprattutto il coraggio di tenerle saldamente aperte anche in presenza di correnti e forti perturbazioni che possono arrivare e colpire in modo brusco, e inaspettato, l’avanzare del sogno. La finestra è il modo che abbiamo di esprimere la nostra identità, le nostre emozioni e le nostre capacità che altrimenti rimarrebbero chiuse all’interno dell’uomo limitando la sua vera natura di intercettare il progresso al tempo presente. È il modo con il quale dimostriamo a noi stessi chi siamo e il contributo che possiamo dare alla crescita e allo sviluppo economico e sociale.
È l’impronta che lasciamo del nostro passaggio alla storia. Conoscerla, significa attribuire maggiore importanza alle azioni del presente per stare in equilibrio sulla strada verso il sogno. Osservare le finestre significa entrare in sintonia con un qualcosa di più intimo rispetto all’immagine esterna che l’uomo mostra al mondo. Per fare questo è necessario addentrarsi in prima istanza nella etimologia della parola compiendo lo stesso viaggio che viene effettuato per raggiungere la profondità della propria anima e scoprire che la strada che l’uomo deve percorrere per raggiungere la sorgente è lunga e spesso tortuosa, influenzata dal continuo vivere a stretto contatto con i luoghi che cambiano e l’intraprendenza dell’uomo che modifica i percorsi per adattarli al proprio vivere quotidiano. La finestra è una parola che conduce alla fiaccola, alla luce, allo splendere.
Quando l’uomo sogna, spalanca le ante della propria anima alla luce del sole per raccogliere tutta l’energia necessaria per renderli materici e visibili agli occhi del mondo. Anche Platone, per bocca di Socrate, nella V libro della Repubblica fornisce una guida per realizzare il sogno di una città ideale. In questo caso lo scopo del sogno è di raggiungere la verità e di elevarlo a nuovi sistemi di valori. L’uomo sogna e desidera di realizzare qualcosa per se stesso e nel medesimo tempo ricevere la luce dell’ambiente esterno che lo gratifichi per lo sforzo compiuto grazie alle sue virtù. Il sogno nasce da un desiderio, ma anche da un bi-sogno, da qualcosa che ponga l’uomo a vedere la realtà da una prospettiva differente e che in un preciso momento della vita gli consenta di cogliere l’attimo per proiettarlo in una dimensione completamente differente dalla precedente, lontano dal qui e ora, dalle cose più semplici alle situazioni più difficili.
Il tutto espresso in una chiave puramente soggettiva che può coinvolgere altri in un qualcosa di più grande e come affermava Platone, per bocca di Socrate, a mantenere le persone in uno stato di perenne allerta affinché per il sogno non si trasformi in sonno e scompaia all’aurora. I sogni tendono a disperdersi se non li appuntiamo al risveglio e perché non si disperdano nell’aria necessitano di perseveranza, la cui etimologia porta a l’uomo a intravedere un percorso rigoroso che solo l’azione quotidiana, e ripetuta nel tempo, è in grado di apportare. Ogni giorno è necessario compiere un’azione, il giorno successivo un’altra azione fino a raggiungere lo scopo e vedere trasformato il proprio sogno in realtà.
Il tempo è una variabile che spesso sembra ostacolare il cammino riducendo e allentando la presa con il sogno per le difficoltà intrinseche dell’uomo a tenere ben salda la presa sulla perseveranza spesso ostaggio della debolezza e della percezione che le cose vadano nella direzione opposta alla linea immaginata. È in quel preciso istante che l’uomo fa la differenza, compiendo un balzo in avanti nel dare una ulteriore spinta a ciò che fino a qualche istante prima sembrava perduto.
È il momento nel quale il sogno trova la luce e diventa realtà. Ogni persona ha dalla sua i propri sogni, piccoli o grandi che siano. Non possiamo bloccare i nostri ideali, perché i sogni fanno parte della nostra stessa esistenza, ci infondono la speranza del dopo. Sigmund Freud definiva il sogno come «la realizzazione di un desiderio. Il sogno, mentre ci rappresenta un desiderio come realizzato, ci porta verso il futuro». Si allarga per darci l’opportunità di vedere un mondo in cui c’è posto anche per qualcosa di nuovo, di inesplorato, lontano dalle pareti rigide di un ambiente che tende spesso a dissuadere anziché spronare. Randolph Frederick Pausch, professore di informatica e di interazione uomo-computer statunitense scomparso in giovane età, nella sua ultima lezione disse: «non impegnare la tua vita per inseguire i tuoi sogni, vivi la tua vita adeguatamente e i sogni verranno da te… saranno i risultati che verranno da te».
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.
Paolo Rebecchi e Guido Zaccarelli, Finestre di casa nostra Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose
Riferimenti sitografici:
https://mondodomani.org/dialegesthai/ldep01.htm
https://unaparolaalgiorno.it/significato/P/perseveranza
foto di Paolo Rebecchi, tratta da Finestre di casa nostra Immagini e racconti di un anno diverso. Uno sguardo oltre le cose
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GUIDO ZACCARELLI
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
Poche volte sono stato in barca a veleggiare. Il beccheggio in mare aperto mi ha sempre procurato un forte senso di nausea che limitava la piacevole sensazione di essere cullato dal lento ondeggiare del mare e accarezzato da una dolce brezza marina.
Di Guido Zaccarelli Mirandola, 25 maggio 2019 - Una sola volta, da adulto, mi sono tuffato in mare aperto per assaporare la piacevole sensazione di galleggiare, senza impiegare una cintura salvagente per rimanere a galla.
Un azzardo avvolto nella speranza di trovare conforto nei corsi di nuoto praticati in giovane età. Vedevo in lontananza barche che sfrecciavano veloci senza batter ciglio e alcuni amici intorno a me che si divertivano, e nuotavano senza dimostrare alcun timore. Momenti vissuti in controluce dove il senso di libertà si confrontava con la preoccupazione di andare a fondo. Un timore reverenziale vissuto anche in una lontana occasione, quando dalla battigia ho nuotato facilmente fino alla prima linea di boa e il ritorno è stato reso difficile dal vento contrario che rendeva faticoso l'approdo. Rimanere là in mezzo al mare, senza avere un facile appiglio sul quale fare presa, mi ha portato rapidamente allo sconforto riducendo la possibilità di trovare una facile soluzione al problema. Poi, preso fiato e raccolto ogni energia preziosa sono riuscito a raggiungere la spiaggia affollata di persone intente nel loro relax.
"Là in mezzo al mare" è anche il titolo di un libro scritto dall'autore spagnolo Miquel Reina che racconta la vita di due coniugi, Harold Grapes e Mary Rose, che vivono la loro vita in una abitazione costruita sulla roccia, anche dopo la scomparsa prematura del figlio Dylan, avvenuta in seguito a un incidente. L'abitazione era il luogo della memoria tenuta felicemente in vita dai ricordi del figlio che, per loro, non aveva mai abbandonato la casa. Il senso dell'abbandono non è rimasto solo. Ha trovato facile compagnia quando Harold e Mary Rose sono stati costretti a lasciare l'abitazione in seguito all'erosione della roccia. L'ultima notte, prima del distacco, un fulmine si è abbattuto su di loro e la casa è scivolata lentamente in un mare in tempesta, iniziando a galleggiare come fosse avvolta da una cintura salvagente. L'abbandono ci porta al suo significato vero, dare (essere) in balìa dell'ignoto. Mai come in questo caso, l'immagine evocata dalla condizione "essere in mare aperto in balìa delle onde" porta l'uomo alla riflessione messa in relazione con la impossibilità di aggrapparsi all'ancora di salvataggio quando la vita toglie, e dà, senza un preciso (apparente) ordine delle cose, comportandosi come le onde del mare, che raggiungono la costa frizzanti e pieni di energia per poi abbandonarla e tornare rapidamente su se stesse: «mi basta pensare che lì finisce il movimento di un'onda e da lì riprende energia, che prende nuovamente la spinta perché se ne formi un'altra e poi un'altra ancora.»
Per molto tempo sono stato in balia delle onde e ho fatto fatica a tenere il timone in pugno, soprattutto quando sono andato per mare e mi è mancato l'appoggio. A volte ho incontrato mondi troppo lontani, imbarcazioni troppo lente o veloci dalle quali è stato meglio tenersi alla larga, in altri casi il vero sostegno per continuare. Momenti dove le onde davano energia e onde che, quando si ritiravano, toglievano energia. Un moto ondoso dove è stato difficile rimanere in superficie a stretto contatto con la linea sottile che divideva l'azzurro del cielo e il verde dell'acqua del mare.
Tra un'onda è l'altra, ho trovato l'energia per prendere una pausa necessaria per voltarmi indietro e guardare la scia che mentre nuotavo stavo lasciando dietro di me, per scoprire che non è mai stata dritta. Come la barca che segue una rotta precisa, ho notato che a volte mi attardavo in lunghe curve per riprendere fiato e continuare a nuotare. Il riflesso dell'acqua mi riportava l'immagine di un volto scavato che scompariva in profondità per tornare in superficie ad ogni sbuffo di acqua salata, che le onde alzavano la cresta per prendere il respiro e trarre dalla luce del sole l'energia per dare un senso alla loro presenza in quel preciso istante della vita, evitando di farmi scendere a picco fino a raggiungere le profondità marine. Istanti nei quali il pensiero ha retto fino a condurlo alla riflessione dove incontrare l'immagine dell'attesa: «solo fermandoti comprendi dove stai andando e quale direzione sta prendendo il corso della tua vita.» Il tempo avanza anche in balìa delle onde, e tutto muta e tutto si trasforma, in attesa che le nuvole si alzino e lo sguardo corra verso la luce che in quel momento unisce il cielo azzurro e il mare cristallino. Mi è bastato considerare che oltre le nuvole c'era la luce del sole: il desiderio di vivere.
L'onda della vita riprende il movimento di sempre, continui a nuotare senza cintura di salvagente perché ormai la tempesta è passata e hai imparato che nuotando puoi incontrare gli scogli più insidiosi, che ti arriveranno ancora degli spruzzi in faccia, degli schiaffi del mare e le sferzate di sale negli occhi, ma incontrerai anche una comunità nomade come è capitato ai coniugi Grapes che ti aiuteranno a dare il senso profondo della vita: «Aga guardò Harold seria e abbozzò un debole sorriso. «Siamo tutti nomadi, signor Grapes.» Quella frase lo sconcertò. «Non sono le pareti e nemmeno un posto a fare una casa. Sono le nostre esperienze, le persone che incontriamo nel percorso e, soprattutto, il modo in cui decidiamo di vivere la nostra vita. La vita è movimento. Un equilibrio instabile che può mutare da un momento all'altro.»
Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Miquel R., 2018, La casa in mezzo al mare, Nord Editore, Milano
Riferimenti sitografici:
https://www.wikipedia.org/
https://www.miquelreina.com/
https://letturedikatja.com/la-casa-mezzo-al-mare-miquel-reina-nord/
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GUIDO ZACCARELLI
CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
"Sarà perché l'aria che qui si respira è la stessa che respirò Pico della Mirandola, illustre umanista rinascimentale, più noto per la sua proverbiale memoria che per il suo pensiero filosofico che poneva "l'uomo" al centro del mondo e con esso la sua dignità e la sua libertà di stabilire il proprio destino.
di Guido Zaccarelli Mirandola (MO) 19 maggio 2019 - La memoria è il filo conduttore che tiene annodato le esperienze del passato al trascorrere del tempo, vissuti dall'uomo in ogni momento della sua esistenza alla continua ricerca della propria identità.
La memoria ricorda quando l'esperienza soggettiva trascorsa è immersa nell'alone della sensorialità e s'appropria dell'emozione impiegando l'intelligenza per associare le informazioni passate con quelle nuove.
Il primo studioso che ha osservato le tecniche da impiegare per memorizzare è stato Aristotele il quale ha posto al primo livello la vista, per la capacità di vedere e selezionare gli oggetti della realtà. Al secondo livello ha collocato le sensazioni, che rappresentano l'insieme degli stimoli che con la memoria contribuiscono a sviluppare l'intelligenza. Il ricordo transita dalla possibilità di recuperare le sensazioni che le emozioni hanno indotto nell'uomo nella fase di registrazione dell'esperienza.
L'identità porta la persona a rivedersi allo specchio nel vedere corrisposta l'immagine esteriore al suo essere uomo dentro. L'osservazione diventa il crocevia per attribuire valore alla memoria che trasuda la sua presenza anche davanti allo specchio, che non inganna se stessa essendo il frutto della verità. Guardarsi allo specchio è vitale per affinare ciò che si era in relazione a ciò che si è, da destinare ad una dimensione futura per edificare la nascita di una uguaglianza costruita sulle orme dell'esperienza pregressa. Perché identità significa, uguale a se stessi. Ecco che allora la memoria e l'identità s'involano per abbracciare altri ricordi da disporre a fattore comune per il bene dell'organizzazione.
I ricordi condivisi contribuiscono alla crescita collettiva essendo l'espressione nobile del fare comune e l'energia vitale dell'efficienza e dell'efficacia del'azione organizzativa che migliora grazie alla partecipazione di tutte le persone, nessuna esclusa. La memoria diventa a questo punto il punto di partenza per realizzare la nuova mappa mentale delle persone che supera, per dirla come il filosofo e matematico polacco Alfred Korzybski: «le convinzioni, le credenze, le deduzioni e i valori che le esperienze di vita hanno portato ad assumere gli uomini creando una soggettiva idea del mondo». Godere della memoria altrui è un passo avanti importante per le persone e per le aziende che possono beneficiare di informazioni fondamentali per lo sviluppo e per la sopravvivenza, riflettendosi sulla efficienza, sulla efficacia e sulla economicità che compongono i pilastri del tempio della redditività dell'impresa.
La memoria scorre sul filo del tempo e la storia in ogni istante definisce se stessa alla luce dei fatti e degli accadimenti che ogni giorno si schiudono agli occhi del mondo. Dal fare manuale delle prime comunità si è passati al fare automatico delle macchine che in poco tempo devono realizzare una elevata quantità di prodotti per rispondere rapidamente ai bisogni della popolazione. In questo passaggio epocale del nostro tempo, la tecnologia ha sostituito l'uomo nelle attività produttive incapace di trasferire la memoria umana nella memoria digitale dei computer che è diventata la protagonista assoluta dell'industria 4.0.
L'azienda ha lasciato per strada un elevato numero di lavoratori che rappresentavano l'unità d'intenti e la memoria storica dell'impresa. Il ricordo del singolo diventava patrimonio comune in grado di orientare, e agevolare, il comportamento dei colleghi in una direzione o nell'altra favorendo la contrazione dei costi e l'incremento della redditività. Oggi, sembra che le persone abbiano perso la memoria e la capacità di ricordare... e demandano... «chiedi ad a ...» riversando nell'altro, nel "non so" e nelle esternalizzazioni i vuoti creati nell'azienda.
I nuovi modelli organizzativi hanno smarrito i ricordi dei lavoratori e sciupato il valore aggiunto della loro memoria. I ricordi che venivano condivisi tra le persone godevano di una energia elitaria frutto dello stare insieme che animava lo spirito della relazione all'interno della comunità imprenditoriale. Frammentare i ricordi del passato significa, sfumare il valore intrinseco della relazione sociale delle persone riducendo progressivamente il valore dello stare insieme. L'identità 4.0 nasce per suggerire al mondo imprenditoriale che le persone devono essere messe nelle condizioni di condividere la memoria e trovare nei ricordi i punti di contatto per tratteggiare una nuova linea che recuperi dal passato il valore della relazione da piantare nel presente, per godere dei sui frutti nel futuro.
Le aziende devono ripensare all'intera filiera organizzativa per riportarla ai principi cardini della conversazione tra persone che si scambiano informazioni utili alla continua ricerca di relazioni di condivisione. Agendo in questa direzione di marcia, la memoria torna ad assumere il ruolo chiave che ha avuto nel tempo contribuendo ad elevare l'asticella dell'apprendimento collettivo e l'innesto di una nuova credenza condivisa che trova nella "memoria circolare collettiva" la genesi dell'identità 4.0, dove le persone diventando risorse preziose per il futuro di intere generazioni.
Riferimenti bibliografici e sitografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici: https://www.wikipedia.org/
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GUIDO ZACCARELLI
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