Protagonista il nuovo romanzo di Adriano Angelini Sut per Gaffi Editore: "Jackie" sulla vita della donna più amata ed invidiata del Novecento. La rassegna prosegue sabato 18 alle 17.30 al Dr. Coffee & Mr. Wine con "Un uomo allegro" di Marco Cassardo, edito da Miraviglia. -
Parma, 13 luglio 2015 -
È giunto anche a Salsomaggiore Terme il successo editoriale 2015 per la casa romana Gaffi. Sabato pomeriggio nella splendida cornice del Caffè Orientale la rassegna promossa da Miraviglia Editore in collaborazione con numerosi sponsor e partner, ha portato in scena l'ultimo lavoro dello scrittore e traduttore Adriano Angelini Sut.
Presente con lui l'editore Alberto Gaffi, affiancato dalla collega Benedetta Reverberi di Miraviglia che ha voluto portare nel salottino emiliano questo emozionante romanzo. Un incontro che ha toccato la vita della donna più amata ed invidiata del Novecento, che Adriano Angelini Sut ha saputo ricreare in modo fresco e nuovo attraverso un duro e serio lavoro di ricerca e di immedesimazione, cosa tutt'altro che facile per un uomo.
Tante le domande scaturite durante la presentazione della vita di Jacqueline: dall'amore per John Kennedy al matrimonio con Aristotele Onassis, dai sogni di ragazza alla donna che sognava di scrivere e divenne editor. Con lei i grandi nomi della moda: Valentino, Hermes, Givenchy che la videro testimonial di un'epoca mai tramontata, perché lei, Jackie, detta lo stile anche oggi che non c'è più. Ma fu vera o creata a regola?
«Indubbiamente vi fu un grande lavoro di immagine dietro di lei. Una creazione che si fermò laddove lei volle fermarla. Era ben consapevole del proprio ruolo e della propria forza» ha spiegato Angelini Sut, aggiungendo che indubbiamente Kennedy ebbe molti flirt, ma «tornò sempre da lei». Un lavoro di ricerca, di ricostruzione, che partendo dagli ultimi giorni di vita di Jackie, ormai devastata dal tumore, ci porta a ritroso nel tempo: è un percorso, meticolosamente spiegato, nella storia mondiale, tra fatti e protagonisti noti e meno noti.
Attraverso Jackie riviviamo la grande storia d'amore, la delusione e la rinascita, attraverso fatti e documenti che sino ad oggi non ci erano stati svelati. «Un'esempio di stile, semplice e composto, che in tanti hanno cercato inutilmente di imitare» ha commentato Benedetta Reverberi salutando gli ospiti a fine incontro. La rassegna prosegue sabato 18 alle 17.30 al Dr. Coffee & Mr. Wine con "Un uomo allegro" di Marco Cassardo, edito da Miraviglia.
Gli appuntamenti al Museo Cervi di Gattatico (Reggio Emilia) di sabato 11 e domenica 12 luglio, per la 14^ edizione del Festival Teatrale di Resistenza, Premio Museo Cervi-Teatro per la Memoria. -
Reggio Emilia, 11 luglio 2015 -
Un fine settimana denso di appuntamenti al Museo Cervi di Gattatico (Reggio Emilia), sabato 11 e domenica 12 luglio, per la 14^ edizione del Festival Teatrale di Resistenza, Premio Museo Cervi-Teatro per la Memoria, rassegna di teatro civile contemporaneo, ideato e promosso dall'Istituto Alcide Cervi e da Cooperativa Boorea, che si svolge sino al 25 luglio negli spazi esterni della casa contadina abitata dalla famiglia Cervi.
Sabato 11 luglio
Sabato 11 luglio inaugura la mostra di Anna Paglia "L'Universo e lo Zodiaco": alle 18.30 presso la Sala Genoeffa Cocconi si svolgerà incontro con l'autrice e il critico d'arte Franco Canova. Alle ore 19.00 seguiranno le letture musicate dal libro di Valeria Contavalli "L'isola della rugiada" con l'autrice e il maestro fisarmonicista Paolo Gandolfi mentre alle ore 19.30 si potrà effettuare la visita alla mostra allestita alla Sala della Solidarietà e che rimarrà visitabile sino al 2 agosto. Al termine verrà offerto ai presenti un rinfresco.
Alle ore 21.30 il Festival presenta "Contrada Acquaviola n.1" della formazione siciliana Nutrimenti Terrestri/Castello Sancio Panza, uno spettacolo di Simone Corso, anche in scena insieme ad Antonio Alveario, regia Roberto Bonaventura.
Lo spettacolo nasce dall'urgenza di denunciare l'immobilità di una realtà socio-ambientale difficile, che attraversa diversi spaccati dell'Italia contemporanea. E lo fa sondando nel profondo un tipico rapporto padre-figlio condizionato dalla presenza della raffineria di Milazzo, un mostro ambientale nel cuore del paese, presenza che si infila nelle coscienze di chi vi vive intorno. Così, un padre e un figlio, nati e cresciuti all'ombra dei fumi e dei gas di scarico, si scoprono violati nel proprio diritto a vivere una vita normale, mentre lo scontro generazionale, in altri contesti 'fisiologico', diventa scontro di idee e richiamo alla necessità di una presa di posizione.
Dopo lo spettacolo seguirà una degustazione dei prodotti dell'Azienda Agricola Baiocchi di Praticello di Gattatico, accompagnata dai Vini della Cooperativa Cantine Riunite di Campegine.
Domenica 12 luglio
Domenica 12 luglio, alle ore 19, nella sezione dedicata ai momenti di approfondimento, il Teatro delle Ariette, già ospite a Casa Cervi in una delle primissime edizioni del Festival, nell'incontro "Territori da cucire: quando il teatro diventa progetto culturale per un territorio" racconterà del progetto che sta conducendo a tappe nel Comune di Valsamoggia (Bologna), con l'obiettivo di coinvolgere i cittadini nella costruzione di un'identità collettiva, in totale sintonia con la poetica del Festival di Resistenza.
Alle ore 21.30, la Compagnia ILoveYouSubito, giovane formazione nata nel 2013, presenta "Lapins", di Alessandro Timpano, con Gianluca Follo, Francesco Modugno, Andrea Rinaldi, Elena Scalet, Alberto Zambelli, regia Gipo Gurrado. La storia, ironica e surreale, mette in scena le conseguenze che il mito della produttività a tutti i costi può portare nel lavoro e nella vita delle persone. La storia si svolge nel settembre 2011 ai piani alti della Todd Business Care, agenzia pubblicitaria newyorkese guidata da un personaggio cinico e arrogante, la cui unica preoccupazione è quella di soddisfare il cliente più ricco ed esigente, non importa che il prodotto da lanciare sia cibo spazzatura, quello che conta è che il cliente sia soddisfatto e che non passi alla concorrenza. E soprattutto non ha importanza che per costruire la campagna pubblicitaria nei tempi richiesti sia la vita degli stessi dipendenti ad andare a pezzi, travolta dai ritmi frenetici, dallo stress, dalla mancanza di comunicazione, dal cinismo.
Dopo lo spettacolo seguirà una degustazione dei prodotti dell'Azienda Piccolo Forno del Borgo di Cervarezza (Consorzio Strada dei Vini e dei Sapori Colline di Scandiano e Canossa), accompagnata dai Vini della Cooperativa Cantine Riunite di Campegine.
Ingresso ad offerta libera.
Il Museo rimane aperto durante le serate di spettacolo.
Il Festival è ideato e promosso dall'Istituto Alcide Cervi e da Cooperativa Boorea, con il patrocinio dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, con il patrocinio del Comune di Reggio Emilia e Comune di Parma, della Provincia di Reggio Emilia e di Parma, dei Comuni di Gattatico, Campegine, Sant'Ilario d'Enza, Castelnovo di Sotto, Fontanellato, Poviglio, in collaborazione con Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Festival ErmoColle, Festival Teatro Civile della Val d'Enza, Quinta Parete, Teatro del Cerchio, Teatro MaMiMO, Arci Parma, Strada dei Vini e dei Sapori Colline di Scandiano e Canossa, Associazione Culturale Dai CampiRossi.
Il Progetto del Festival è a cura di Paola Varesi, Stefano Campani, Mariangela Dosi, Raffaella Ilari e con la collaborazione di William Bigi.
La Giuria è composta da: Lorenzo Belardinelli, Alessandra Belledi, Gigi Dall'Aglio, Giuseppe Romanetti, Patrizia Tamassia e un rappresentante dell'Istituto Cervi.
Nelle serate del Festival è aperto il servizio bar e ristorante al caffè del Museo dalle ore 19 alle ore 24. Su prenotazione è disponibile anche un servizio di ristorazione con specialità del territorio. Per prenotare +39.347.3743765 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Informazioni e prenotazioni
Museo Cervi, via Fratelli Cervi 9 - Gattatico (Reggio Emilia)
Tel.0522.678356 – Fax 0522.477491
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.istitutocervi.it
(Fonte: Ufficio Stampa e Comunicazione Istituto Cervi)
Esce per Meridiano Zero l'ultimo libro di Elisa Guidelli, nota anche come Eliselle, che nel "Romanzo di Matilda" racconta la vita, i lutti, le lotte, la caduta e il riscatto di una delle figure femminili più affascinanti del Medioevo. -
Di Manuela Fiorini -
Modena, 10 luglio 2015 –
E' Matilde di Canossa (1046 – 1115), la Grancontessa che, nel Medioevo, regnò su un territorio che si estendeva dal Lago di Garda al Lazio, la protagonista del Romanzo di Matilda, l'ultima fatica della scrittrice Elisa Guidelli, che esce in questi giorni per Meridiano Zero. Nato dopo una lunga genesi, durata dieci anni, tra ricerca e stesura, il volume di 380 pagine si legge tutto d'un fiato, perché non ha nulla della didascalità di una biografia o di un saggio, ma, piuttosto, la piacevolezza del romanzo storico, con alcuni tratti fantastici e altri squisitamente erotici, che rendono la lettura ancora più appassionante. Il lettore viene trasportato in un viaggio indietro nel tempo, tra intrighi di corte, battaglie, amori, tradimenti, lutti e riscatti. Di alcuni personaggi ci si innamora, per altri sorge un'antipatia spontanea, segno evidente della maestria dell'autrice nel dipingerne i tratti e delinearne la personalità. Matilde, Enrico IV, papa Gregorio VII, ma anche Pier Damiani, Beatrice di Lorena, Goffredo il Gobbo e molti altri, escono dai libri di storia per conquistare la fantasia e l'immaginario del lettore che si appassiona alle loro vicende, trepidando, sognando, sperando insieme a loro. Abbiamo incontrato l'autrice, Elisa Guidelli, per parlare insieme del Romanzo di Matilda.
Matilde di Canossa, uno dei personaggi femminili più importanti e "anomali", nel suo essere donna, del Medioevo. Che cosa ti ha colpito di questa figura, al punto di scrivere un romanzo in cui è la protagonista?
"Il mio primo incontro con Matilde è stato nella primissima infanzia, quando mio padre mi portò in visita al castello di Canossa. Avrò avuto forse 5, 6 anni, e mi colpì moltissimo il racconto di quella donna medievale così potente ma anche così apparentemente sola. La passione per lei è cresciuta con me, si è formata sia in autonomia, con ricerche personali, sia attraverso gli studi universitari. Di lei mi ha sempre colpito il suo essere donna in un mondo di uomini, la sua grazia e la sua determinazione nell'accettare il suo destino e nel portare a termine il suo compito su questa terra, nel periodo drammatico che si è trovata a vivere. La sua potenza e il suo ricordo riecheggiano ancora oggi, a ragione, non solo in Italia ma in tutto il mondo, segno che il suo passaggio è stato determinante per la Storia"
Matilda può considerarsi un personaggio "moderno" per i suoi tempi, ma anche per quelli attuali, dove la condizione femminile e le sue conquiste non sempre sono date per acquisite. Secondo te, che cosa ha contribuito a fare di lei quello che è stata? Carattere, determinazione o circostanze storiche?
"Nei classici libri di storia di Matilde si accenna appena, nel capitolo della lotta per le investiture, dove sembra quasi una semplice castellana che si trova a preparare il banchetto per gli ospiti di rilievo al suo castello, Gregorio VII ed Enrico IV, nell'umiliazione di Canossa. E invece se uno va a cercare bene, si trova davanti una figura che nel corso dei secoli ha goduto e subito qualunque genere di strumentalizzazione, ma che nonostante le diverse interpretazioni date al suo ruolo e alla sua esistenza è stata e continua ad essere molto amata. Di fatto, credo, perché la memoria e l'eredità che ha lasciato storicamente ma anche umanamente è stata grandiosa, lasciandone traccia sul territorio che ha amministrato da diplomatica e guerriera, implacabile ma generosa".
Per scrivere questo romanzo hai impiegato dieci anni tra ricerca e stesura. Come ti sei documentata e quali sono state le difficoltà che hai incontrato lungo questo cammino?
"Le difficoltà sono state tante. Quando affronti un tema del genere, non ti senti mai pronta per iniziare a scrivere, c'è sempre un nuovo libro da leggere, un nuovo saggio da studiare, perché le sfaccettature del personaggio sono innumerevoli e tu vuoi tutte le informazioni del mondo. Poi ti rendi conto che devi fare un primo passo, e allora il problema è cosa lasciare, cosa non scrivere, perché le informazioni che hai sono troppe. E devi selezionare. Ho visitato mostre, cercato e letto libri e saggi introvabili, poi alla fine mi sono detta che era il momento di partire per il mio personale viaggio alla ricerca della "mia" Matilda. E così è stato".
Nel romanzo hai inserito anche l'elemento fantastico. Per esempio, la strega che Matilda incontra prima da bambina e poi da adulta che le predice il suo destino, oppure la "punizione divina" che colpisce gli avversari del Papa. Come mai questa scelta e come si integra con la parte storica?
"La strega è una mia invenzione, ma è coerente con una certa letteratura e con la storia del Medioevo, una sorta di topos che mi era congeniale al racconto e che ho voluto inserire per rendere più appassionante la vicenda. La punizione divina e altre citazioni su sogni e visioni che ho messo nel romanzo, invece, fanno parte delle informazioni che ho raccolto sul conflitto tra papa e imperatore: venivano utilizzate nelle cronache, di una parte e dell'altra, per avvalorare le proprie posizioni e screditare gli avversari. Rendeva il mio romanzo un po' più "gotico", e questo mi piaceva"
Come dice il titolo "Il romanzo di Matilda" non vuole essere una biografia, ma, appunto, un'opera di narrativa. Senza svelare troppo, quali sono gli elementi di fantasia che hai inserito e che non trovano invece un riscontro storico?
"Le storie d'amore che ho inserito sono un parto della mia fantasia, anche se non per questo meno plausibili. Siamo un po' troppo bacchettoni, e spesso sostengo che i nostri "antenati" sapessero godersi la vita molto meglio di noi, nonostante le raccomandazioni sulla continenza e sulla castità di certi predicatori. Altri elementi riguardano il rapporto tra Matilda ed Enrico, abbastanza difficile da inquadrare: io li ho resi nemici, ma potrebbe essere che per un periodo di tempo i loro rapporti fossero più distesi".
C'è stata una parte della storia che ti è piaciuta di più scrivere e magari un'altra che ti ha creato più difficoltà o il caratteristico "blocco dello scrittore"?
"Il blocco dello scrittore è un'invenzione, credo. Certo è che per alcuni snodi del romanzo la preparazione è stata più pesante e la scrittura più insidiosa. Le battaglie cruciali, ad esempio, Sorbara, Monteveglio, e naturalmente il racconto dell'umiliazione di Enrico IV a Canossa hanno richiesto risorse mentali e di pazienza certosina parecchio esose. Poi il bello è che quando rileggi dici: "ma davvero ho scritto io 'sta roba?". Quando scrivi e ti lasci assorbire totalmente dalla materia, sei come in trance".
Tu oltre che scrivere libri tuoi, vendi anche quelli degli altri, essendo libraia. Dalla tua esperienza, c'è un ritorno del romanzo storico?
"In realtà non c'è mai stato un vero e proprio abbandono. Romanzi storici continuano a uscire, alcuni vanno meglio di altri, si riciclano sotto diverse forme come i thriller storici, ma la produzione non diminuisce e ne vengono sfornati parecchi dedicati a ogni epoca, soprattutto da parte degli autori stranieri. E mi auguro che questa tendenza continui: io sono una fruitrice di storici da sempre, e che modo migliore c'è di imparare la storia divertendosi attraverso le emozioni?".
Elisa Guidelli foto di Patrizia Cogliati
Elisa Guidelli, è laureata in Storia Medievale e lavora come libraia. Già autrice del romanzo storico Francigena – Novellario a.D. 1107, ha al suo attivo, con lo pseudonimo di Eliselle, numerosi romanzi, tra cui Nel paese delle ragazze suicide, Ecstasy Love, Fidanzato in affitto, Le avventure di una Kitty Addicted, il noir La Fame e la commedia Amori a tempo determinato (Sperling & Kupfer). E' uscita inoltre con la guida Centouno modi per diventare bella, milionaria e stronza (Newton Compton).
Sabato 11 luglio alla Casa della Musica di Parma, due virtuosi della musica classica in concerto, Enrico Pace e Sung Won Yang. L'evento, realizzato dal Casalmaggiore International Music Festival in collaborazione con la Casa della Musica e Amurt Parma -Associazione di volontariato che aiuta i bambini di tutto il mondo - è patrocinato dal Comune di Parma. I fondi raccolti con il biglietto di ingresso saranno destinati alla ricostruzione delle scuole in Nepal. -
Parma, 9 luglio 2015 -
Sarà un appuntamento di musica e solidarietà quello che accenderà la serata di sabato 11 luglio alle ore 21.15 alla Casa della Musica di Parma.
Enrico Pace, uno dei migliori pianisti italiani contemporanei e il violoncellista coreano Sung-Won Yang saranno infatti protagonisti del concerto organizzato dal Casalmaggiore International Music Festival - rassegna concertistica che porta nelle location più suggestive delle terre del Po 130 giovani talenti della musica classica provenienti da tutto il mondo - in collaborazione con Amurt Parma per raccogliere fondi a favore dei bambini del Nepal.
Cornice del concerto, il quattrocentesco Palazzo Cusani sede della prestigiosa Casa della Musica, concerto che che per circa due ore accompagnerà il pubblico in un viaggio immaginario chiamato Beethoven.
"Siamo onorati della rinnovata collaborazione con la Casa della Musica di Parma - afferma Angelo Porzani Presidente del Festival di Casalmaggiore - una collaborazione che auspico possa consolidarsi nella convinzione che fare networking' sia la strategia vincente per la valorizzazione della cultura e dei nostri territori".
"Quando l'arte, in particolare la musica, si mette a disposizione di chi ha bisogno, si possono creare grandi sinergie. Stiamo sostenendo l'emergenza Nepal fin dai primi giorni dopo il disastro - continua Paolo Bocchi, Presidente di Amurt - e quella di sabato sera rappresenta una straordinaria opportunità per dare ulteriore impulso alla nostra attività di raccolta fondi a favore dei bambini di quelle terre. Un ringraziamento quindi ai due artisti e agli organizzatori del Casalmaggiore International Music Festival che hanno aderito con generosità a questa iniziativa".
La serata di Parma, patrocinata dal Comune di Parma, con ingresso a pagamento (euro 10), si inserisce in una rassegna che è un vero e proprio unicum nel panorama dei festival europei dedicati alla musica classica: un percorso di perfezionamento focalizzato sull'affinamento delle capacità di esecuzione "dal vivo", messe alla prova con un'esibizione al giorno grazie ad un format che coniuga il più alto livello di training artistico con l'esperienza delle performance quotidiane.
Un programma che attira a Casalmaggiore oltre ad un centinaio di musicisti dalla Corea del sud a Taiwan, dall'Australia alla Cina, dal Kazakistan all' Uzbekistan, e ancora Argentina, Cina, Usa Gran Bretagna e Islanda e importanti collaborazioni come l' Eckhardt Gramattè Foundation che invia proprio nella cittadina casalasca i vincitori del suo prestigioso concorso.
Non è un quindi un caso che l'edizione 2015 accolga tra i suoi allievi uno dei più straordinari giovani talenti dell'attuale panorama pianistico come Ryan Wang, canadese di origine cinese, che a soli 7 anni ha già incantato le platee di tutto il mondo. La Carnegie Hall di New York, il Kay Meek Theater di Vancouver e un tour in Cina con la Shanghai Symphony Orchestra sono le tappe già toccate dalla sua incredibile bravura. Una carriera che ha del sensazionale dove l'innocenza dell'infanzia incontra l'esperienza artistica.
Il festival, con una antologia di brani che va da Scarlatti a Mozart, da Chopin a Stravinsky e Bartók torna in terra emiliana a Priorato domenica 12 luglio. Altre importanti tappe sono Sabbioneta (21 Luglio) città patrimonio dell'Unesco, a Cremona all'Auditorium "Arvedi" del Museo del Violino (23 Luglio).
L'ingresso per i concerti del Festival di Casalmaggiore è gratuito. Per informazioni di dettaglio sul programma www.casalmaggiorefestival.com
Incontro con la scrittrice e reporter sassolese Annalisa Vandelli, che ha fatto del suo essere giornalista una missione, per documentare e fare conoscere situazioni di guerra, povertà, disagio nelle zone più calde e povere del mondo. -
Di Manuela Fiorini – foto di Annalisa Vandelli in fondo alla pagina -
Sassuolo (Modena), 11 luglio 2015 -
Annalisa è una di quelle persone che incontri per caso o per destino. Colpisce per il suo sorriso solare e per l'ottimismo che riesce a trasmettere. Quando comincia a parlare, capisci subito che lei non fa solo la giornalista, ma giornalista lo è nel profondo. Ha tutte quelle caratteristiche, la curiosità, la determinazione, il talento, il coraggio, che servono per trasformare in lavoro quell'impulso irresistibile che fa parte del proprio modo di essere.
Annalisa Vandelli, sassolese, classe 1972, è riuscita a realizzare quello che, per molti che fanno il suo stesso mestiere, rimane un sogno o un ideale. Come reporter freelance ha documentato, per conto del Ministero degli Affari Esteri, realtà lontane e difficili, come i campi profughi in Libia, il Nicaragua flagellato dai disastri naturali, la povertà in Guatemala e, poi, ancora la condizione delle donne in Pakistan. Ha poi visitato la Tunisia, l'Egitto, i Territori Palestinesi e l'Albania, producendo reportage per la rivista "Cooperazione Italiana Informa". Nel 2007, ha trascorso un anno in Etiopia, collaborando con Uliano Lucas. Da quell'esperienza, è nato il libro "Scritto sull'acqua", poi diventato un' opera teatrale con Ivana Monti, Anna Palumbo e Teri Weikel. Oltre a vari saggi e romanzi, pubblicati anche in spagnolo e inglese, dirige le riviste Afro, con sede in Abruzzo, e Il Barrito del Mammut, con sede a Napoli, nel difficile quartiere di Scampia. Tanti anche i riconoscimenti, come il Premio Nazionale Mediterraneo 2014, il Premio Nazionale Profilo Donna 2012 e il Premio di giornalismo Hombres.
Annalisa, quale è stata la "molla" che ti ha fatto decidere che volevi essere una reporter?
"Credo sia una questione genetica, di essere nata già con quella tensione, con caratteristiche personali che vanno dalla curiosità, alla voglia di esplorare, allo slancio ideale e poi alla condizione. Nel corso degli anni, ho cercato di crearmi gli strumenti narrativi a sostegno di questi aspetti molto marcati del mio modo di essere. Ho cercato di coniugare l'esperienza allo studio. La molla vera e propria è stata la morte di una persona a me molto cara, Padre Giuseppe Richetti, un missionario che si potrebbe definire profetico. A vent'anni, la sua biografia è stata il mio primo racconto e il mio primo viaggio importante in un paese africano, il Kenya.
Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nella realizzazione di questo tuo progetto di vita?
"Tante, ma ritengo che valga per ciascuno di noi trovare molte difficoltà per realizzare un sogno. Gli impedimenti aumentano senz'altro il gusto del traguardo raggiunto. Comunque tra i principali metterei la "crisi" della figura stessa del reporter e dello scrittore. Un inviato è molto costoso per i giornali in tempi di ristrettezze economiche e ci si rivolge sempre più alle agenzie".
Sei stata inviata speciale per il Ministero degli Affari Esteri in zone di emergenza. Quale è stata l'esperienza, o le esperienze, che ti hanno colpito di più?
"Ho raccontato da un punto di vista privilegiato l'aspetto della speranza nella catastrofe, per esempio il tentativo di soccorrere le afflizioni delle popolazioni che soffrono guerre, terremoti, disastri naturali, fame, ecc. messo in atto dalla Cooperazione Italiana e dalle organizzazioni non governative. Ho sempre cercato di mettere a fuoco quel messaggio di resurrezione che è racchiuso quasi in ogni situazione. Paradossalmente, spesso sono state le persone afflitte a darmi coraggio. L'essere umano è tremendo e meraviglioso, un viaggio nel viaggio. Mi sono sentita quasi sempre accolta, ma soprattutto nella continua possibilità di comprendere e imparare qualcosa in più, di allargare la mia mente ristretta. Tante esperienze mi hanno colpita e direi segnata. Ne cito una per tutte: il racconto allucinante della fuga durata anni di una ragazza eritrea dal proprio paese e dalla Libia attraverso il deserto. In Libia, durante la rivoluzione, riesce a ricongiungersi con il proprio ragazzo che non vede da tre anni e rimane incinta. Lui è stato recluso a lungo nelle prigioni lager di Gheddafi, riservate ai profughi. Lei deve entrare in ospedale per delle complicazioni, ne esce senza il bambino e senza un rene. In queste condizioni, i due innamorati riescono a scappare e ad attraversare il confine giungendo in Tunisia. Li ho conosciuti nel campo profughi di Choucha. Ora vivono in Canada. Considero questa gente come eroi del nostro tempo. Siamo abituati a cercare nella storia i nostri eroi e siamo così ciechi da non accorgerci di quelli che ci vivono accanto. Anche solo l'attaccamento alla vita per me è un grande insegnamento".
Tu sei reporter free lance. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi? Ti sei mai sentita in pericolo?
"Il primo vantaggio che mi viene in mente è la libertà, lo svantaggio è la precarietà costante. Mi sono spesso sentita protetta. La felicità che comporta il mio lavoro mi fa essere piuttosto spensierata sul pericolo in sé, anche se lo valuto sempre. La paura è importante solo se diventa una nostra alleata. L'idea del pericolo tende a bloccarci, ma spesso è solo un'idea, non la realtà. Comunque sì, mi sono sentita in pericolo, ma sono più a disagio quando il pericolo è poco evidente. In una situazione di pericolo esplicito navigo con maggior sicurezza. Per esempio ho fatto una breve esperienza di campagna elettorale e lì ho vissuto un pericolo carsico, quello di perdere i miei ideali proprio mentre cercavo di affermarli. I politici corrono questo grande rischio, non rendendosi conto forse che in gioco c'è la vita. Ricordo con grande partecipazione sempre una frase di un giovane domenicano suicida che lasciò scritta sulla propria bibbia: "meglio morire che perdere la vita". Ecco per me il pericolo più grande è perdere la vita".
Come programmi un tuo viaggio? Decidi tu dove andare o valuti le possibilità che ti vengono offerte?
"Entrambe le cose, fermo restando che un viaggio può essere anche intorno a casa. So che è un paradosso, ma riuscire a raccontare la consuetudine con occhi nuovi è il reportage che mi affascina maggiormente. In genere, programmo i primi due o tre giorni a livello logistico e di incontri; poi il resto in base a quello che trovo strada facendo e che già ho in mente. La sfida più bella è quando le idee e i pregiudizi di partenza vengono smentiti dalla realtà".
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
"Non vivo in una situazione di certezza mai. Credo di ripartire presto perché è anche una necessità per me di igiene mentale. Confido di tornare in Centro America e di riprendere anche l'insegnamento all'università. A tale proposito ritengo importantissimo l'insegnamento e il mentorato, come trasmissione tra generazioni, come legame comunitario. Viviamo in un epoca dove la profondità del nostro sguardo si limita a pochi centimetri che pretendono di allungare la nostra vista al mondo intero. Mi riferisco agli schermi vari che delimitano il nostro quotidiano. Lo sforzo di un insegnante e di un reporter deve essere oggi quello di andare più in là, usare le gambe e l'ingegno per cercare nella realtà e uscire un po' dal quadrante fisso dei megapixel. Mi rendo conto che sia paradossale, visto che il mio lavoro riempie anche quegli schermi, ma è essenziale la ricerca di una misura per le nuove generazioni, altrimenti il virtuale viene scambiato per reale e ci si allontana dal senso in modo irrimediabile. La siepe di Leopardi prolungava il suo immaginario, la nostra siepe ne risolve immediatamente le domande. Con quali conseguenze?
Che cosa consigli a chi desidera intraprendere il tuo stesso percorso? E' più facile in Italia o all'estero?
"Consiglio di trovare continue ispirazioni e persone con cui condividere il percorso, di avere disciplina e metodo, di studiare e di fare pratica, di allenarsi sul punto di vista, di entrare sempre in comunicazione con gli altri, di essere pertinaci e di sapersi mettere in secondo piano, a servizio. E' più facile dove ci si sente a proprio agio".
Presso il Foro Boario di Modena una nuova mostra tratta dalle collezioni permanenti della Fondazione Cassa di risparmio di Modena. Dal 9 luglio - 6 settembre 2015. -
Modena, 8 luglio 2015 -
Fondazione Fotografia è lieta di annunciare l'apertura al pubblico del Foro Boario di Modena per tutta la stagione estiva: dal 9 luglio al 6 settembre 2015 gli spazi espositivi ospiteranno infatti Strange Worlds, una nuova mostra tratta dalle collezioni permanenti della Fondazione Cassa di risparmio di Modena e organizzata in collaborazione con il Comune di Modena nell'ambito del programma di iniziative estive collegate ad Expo 2015, in partnership con UniCredit.
Il percorso, a cura del direttore di Fondazione Fotografia Filippo Maggia, comprende circa 70 opere, tra fotografie, video e installazioni, di 26 artisti provenienti da ogni parte del mondo: Claudia Andujar (Svizzera/Brasile), Philip Kwame Apagya (Ghana), Marika Asatiani (Georgia), Yto Barrada (Francia), Jodi Bieber (Sudafrica), Nikhil Chopra (India), Cao Fei (Cina), Yang Fudong (Cina), Laura Glusman (Argentina), David Goldblatt (Sudafrica), Pieter Hugo (Sudafrica), Amar Kanwar (India), Anastasia Khoroshilova (Russia), Goddy Leye (Camerun), Ma Liuming (Cina), Daniel Naudè (Sudafrica), George Osodi (Nigeria), Marco Pando (Perù), Rosangela Renno (Brasile), Mauro Restiffe (Brasile), Ketaki Sheth (India), Ahlam Shibli (Palestina), Raghubir Singh (India), Sebastian Szyd (Argentina), Guy Tillim (Sudafrica), David Zynk Yi (Perù).
Tema declinato dalla mostra è il racconto di altri mondi, vicini e lontani, dove le dinamiche sociali, culturali, religiose in atto si intrecciano dando vita a storie inedite: "un susseguirsi emozionante di volti e costumi", "un mosaico interattivo", come spiega il curatore Maggia, in grado di comporre una "fotografia reale e tangibile della nostra contemporaneità".
La mostra invita il pubblico a soffermarsi su immagini, talvolta scioccanti, che spesso scorrono veloci davanti ai nostri occhi nei telegiornali senza percepirne a fondo il dramma: i soldati di origine palestinese di Ahlam Shibli, che prestano servizio nell'esercito israeliano; i ritratti delle madonne sudamericane di Sebastian Szyd, vedove tristi e rassegnate di minatori boliviani; i cani di Daniel Naudé, un tempo guardiani fidati delle fattorie degli afrikaner e oggi randagi, dopo che queste sono state abbandonate e i proprietari sono tornati in Europa.
E ancora: le campagne sudafricane di David Goldblatt, vere e proprie pagine di storia dell'apartheid, e la Soweto di oggi di Jodie Bieber, dove bianchi e neri convivono nella povertà e nell'incertezza; il piccolo villaggio georgiano di confine, un tempo baluardo dell'impero sovietico, oggi soggetto ai venti di cambiamento che spirano dalla Turchia, nei ritratti femminili di Marika Asatiani; l'installazione onirica di Nikil Chopra, che combina ricordi e icone del post colonialismo inglese in India.
In altri casi, i mondi descritti dalle immagini hanno a che fare con sogni, o illusioni, come nel caso delle ambientazioni organizzate da Philip Kwame Apagya; sono momenti di liberazione e di gratificazione di sé, come per i ballerini improvvisati di Cao Fei o per Goddy Leye che, sdraiato a terra, canta ironicamente "We Are The World" e s'ingozza di frutti tropicali o, ancora, Ma Liuming, che cammina nudo sulla Grande Muraglia, sfidando l'avversione culturale cinese nei confronti della diversità di genere.
Alludono ad icone e metafore di tradizioni millenarie le figure posizionate su diversi piani prospettici di Raghubir Singh, le sapienti dita che scorrono l'arpa incantatrice in un pueblo andino riprese da David Zink Yi, la terra battuta che sembra uscire da un racconto di Paul Bowles e l'aria che sa di spezie nei tondi marocchini di Yto Barrada; il cantante resuscitato nel film di Marco Pando, idolo degli indios andini.
La natura non è mai solo sfondo, ambientazione, ma parte integrante della vita quotidiana, con la quale è necessario confrontarsi, come fa Laura Glusman, nuotando e lottando contro la corrente impetuosa del rio color terra, o Mauro Restiffe, che inserisce come in un quadro i componenti di un gruppo di famiglia, protetti dalla foresta brasiliana. Si muovono sicuri nella natura anche i due soggetti a cavallo di Anastasia Khoroshilova, dai tratti così differenti, eppure entrambi sovietici, quasi a ricordarci quanto sia sconfinata la sua terra. Appaiono invece incerti e insicuri, sulla cima di un altopiano della Cina, gli attori di Yang Fudong. È una natura sfigurata e violentata dall'uomo, infine, quella delle fotografie di George Osodi, in una delle quali un ragazzino guarda preoccupato il cielo grigio e fumoso domandandosi se un pozzo petrolifero valga tanta devastazione.
Emblema della stranezza, infine, sono i mondi evocati dai gemelli di Ketaki Sheth, che disegnano l'India e le sue gerarchie sociali; i ritratti ritoccati manualmente - secondo la tradizione sudamericana - dei campesinos di Rosangela Renno; l'uomo con la iena al guinzaglio di Pieter Hugo, emblema di un'Africa dura e feroce.
Avviata nel 2007, la collezione di fotografia contemporanea della Fondazione Cassa di risparmio di Modena si è progressivamente arricchita nel corso degli anni attraverso una serie di campagne di acquisizioni riferite a diverse aree geografiche: dall'Africa all'Estremo Oriente, dagli Stati Uniti al Sud America, all'India e all'Europa dell'Est. Attualmente comprende oltre milleduecento opere di quasi duecento artisti: un patrimonio culturale che Fondazione Fotografia, in qualità di società strumentale, ha il compito di esporre e valorizzare attraverso un'accurata opera di catalogazione, conservazione e divulgazione.
La mostra Strange Worlds è promossa da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena in collaborazione con il Comune di Modena e in partnership con UniCredit, da sempre impegnata in favore dell'arte e delle iniziative culturali dei territori in cui è presente.
"Siamo convinti - sottolinea Giuseppe Zanardi, Area Manager Modena di UniCredit - che cultura e sviluppo vadano di pari passo. Il sostegno all'arte è un impegno che ci assumiamo nei confronti del patrimonio artistico e, più in generale, del territorio in cui operiamo, consapevoli che questo supporto deve passare anche attraverso la promozione di iniziative culturali capaci di alimentare una crescita sociale ed economica sostenibile e duratura nel tempo".
(Fonte: ufficio stampa Unicredit)
Domenica 19 luglio, in via del tutto eccezionale, verranno aperte delle stanze private, mai visitate prima di Villa Verdi. -
Parma, 11 luglio 2015 -
"Villa Verdi", la dimora storica di Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi, domenica 19 luglio apre al pubblico stanze private mai visitate prima.
Il costo del biglietto per l'ingresso al museo + stanze private è di 15,00€.
Martedì 7 luglio 2015 ore 21.15 inaugurazione del Festival Teatrale di Resistenza nel 55° Anniversario dei Caduti di Reggio Emilia. Ore 21.30 "Figlie dell'epoca. Storia di (alcune) donne della grande guerra". -
Reggio Emilia, 7 luglio 2015 -
Nel giorno del 55° Anniversario dei Caduti di Reggio Emilia, oggi, martedì 7 luglio, inaugura al Museo Cervi di Gattatico (Reggio Emilia) la 14^ edizione del Festival Teatrale di Resistenza, rassegna di teatro civile contemporaneo, ideato e promosso dall'Istituto Alcide Cervi e da Cooperativa Boorea, con il patrocinio dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Reggio Emilia e Comune di Parma, della Provincia di Reggio Emilia e di Parma, dei Comuni di Gattatico, Campegine, Sant'Ilario d'Enza, Castelnovo di Sotto, Fontanellato, Poviglio, che si svolgerà sino al 25 luglio negli spazi esterni della casa contadina abitata dalla famiglia Cervi, oggi moderno Museo di Storia contemporanea.
Dopo l'inaugurazione alle ore 21.15, seguirà, primo spettacolo in concorso, alle ore 21.30 Roberta Biagiarelli con "Figlie dell'epoca. Storia di (alcune) donne della grande guerra", drammaturgia di Simona Gonella, advisor storico Gemma Bigi, produzione La Corte Ospitale – Rubiera (RE), Babelia&C, in collaborazione con Istoreco - Reggio Emilia, Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Fano, con il sostegno di Converse.
Lo spettacolo, nell'anno del Centenario della Prima Guerra Mondiale, propone una visione del conflitto con gli occhi delle donne, attraverso un catalogo di voci e persone che anche se non sono partite per il fronte, come hanno fatto gli uomini, ugualmente sono andate in guerra come crocerossine, operaie, braccianti, ma anche come intellettuali, pensatrici, pacifiste e antimilitariste. Al centro del racconto c'è il Congresso internazionale delle Donne dell'Aja del 28 aprile 1915, cui partecipano oltre 1000 donne provenienti da tutta Europa e dall'America per cercare una pace possibile. Facendosi ponte tra le donne di ieri e quelle di oggi, l'autrice dà voce alle "figlie di quell'epoca" e della sua, creando un cosmo popolato da donne con biografie esemplari dentro al flusso della Storia. Uno spettacolo di genere, per fare emergere un protagonismo al femminile della prima guerra mondiale e vedere, di nuovo, cosa resta oggi.
"Il novecento si apre e si chiude a Sarajevo". Frase consumata – scrive Roberta Biagiarelli - ma efficace per creare un ponte tra l'inizio della prima "grande guerra" e le macerie dell'ultima guerra in terra d'Europa: il conflitto tra gli stati dell'ex-Jugoslavia. Ecco, io quel conflitto l'ho attraversato e lo conosco a fondo. Sono più di quindici anni che ne parlo attraverso le parole di un altro spettacolo e lo abito nelle sue conseguenze, come artista ed essere umano, nei miei viaggi, progetti ed azioni concrete nei confronti della Bosnia-Herzegovina, ed in particolare delle sue donne. Il conflitto della prima guerra mondiale invece no, lo conoscevo poco, era ancora storia di libri, di scuola, di film. Poi c'è questo Centenario (1915- 2015) che arriva, quella frase consumata che mi rimbomba nelle orecchie ed ecco che mi metto a cercare dove sono io rispetto ad un evento che ha segnato così profondamente la storia e il territorio europeo. E scopro che io vedo quel conflitto con gli occhi delle donne, che quando cerco, cerco un catalogo di voci, corpi, persone che non sono partite per il fronte – cose da uomini – ma che sono ugualmente andate in guerra come crocerossine, operaie, braccianti, ma anche come intellettuali, pensatrici, pacifiste e antimilitariste. E scopro che 1.136 di loro hanno fatto del pacifismo in tempo di guerra, un evento che trascende ogni mia immaginazione: l'auto convocazione il 28 aprile 1915 all'Aja del Congresso internazionale femminile per discutere del ruolo delle donne per la diffusione di una cultura di pace. Attraversando i confini di un continente in guerra, donne di tutta Europa e dall'America si sono radunate per parlare di pace (nota bene: dalle 1.136 che si sono autoconvocate il numero è poi salito a più di 2.000). E allora, io mi metto a confronto con quelle donne e tento la strada di un dialogo, di una rappresentazione, di una memoria; mi metto dentro le loro storie, aggiungo le mie di questi anni di Bosnia, di artista, di donna e traccio una linea immaginaria tra loro e me".
Dopo lo spettacolo seguirà una degustazione dei prodotti dell'Azienda 'Nonna Lea' di Quattro Castella, del Consorzio Strada dei Vini e dei Sapori delle Colline di Scandiano e Canossa, accompagnata dai Vini della Cooperativa 'Cantine Riunite' di Campegine.
Il Festival è ideato e promosso dall'Istituto Alcide Cervi e da Cooperativa Boorea, con il patrocinio dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, con il patrocinio del Comune di Reggio Emilia e Comune di Parma, della Provincia di Reggio Emilia e di Parma, dei Comuni di Gattatico, Campegine, Sant'Ilario d'Enza, Castelnovo di Sotto, Fontanellato, Poviglio, in collaborazione con Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Festival ErmoColle, Festival Teatro Civile della Val d'Enza, Quinta Parete, Teatro del Cerchio, Teatro MaMiMO, Arci Parma, Strada dei Vini e dei Sapori Colline di Scandiano e Canossa, Associazione Culturale Dai CampiRossi.
Il Progetto del Festival è a cura di Paola Varesi, Stefano Campani, Mariangela Dosi, Raffaella Ilari e con la collaborazione di William Bigi.
La Giuria è composta da: Lorenzo Belardinelli, Alessandra Belledi, Gigi Dall'Aglio, Giuseppe Romanetti, Patrizia Tamassia e un rappresentante dell'Istituto Cervi.
Ingresso ad offerta libera.
Il Museo rimane aperto durante le serate di spettacolo.
Nelle serate del Festival è aperto il servizio bar e ristorante al caffè del Museo dalle ore 19 alle ore 24. Su prenotazione è disponibile anche un servizio di ristorazione con specialità del territorio. Per prenotare +39.347.3743765 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Informazioni e prenotazioni
Museo Cervi, via Fratelli Cervi 9 - Gattatico (Reggio Emilia)
Tel.0522.678356 – Fax 0522.477491
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.istitutocervi.it
(Fonte: Ufficio Stampa e Comunicazione Istituto Cervi)
Martedi 7 luglio ultimo appuntamento con i concerti di Modenamoremio per EXPO 2015. In collaborazione con il Conservatorio "G.B. Martini" di Bologna due formazioni in scena per nuove interpretazioni della musica emiliana, italiana e brasiliana. -
Modena, 6 luglio 2015 -
Doppio appuntamento con la musica d'autore martedi 7 luglio alla Chiesa di San Carlo a chiusura del cartellone di concerti promossi da Modenamoremio nell'ambito della mostra "Il gusto della contaminazione". In scena le due formazioni musicali, nate in seno al Conservatorio "G.B. Martini" di Bologna, dei LILQE e del duo Laura Mars e Claudio Tuma.
Autori di arrangiamenti audaci e originali, i LILQE (Lascia Il Liscio Quando Esci) rielaborano i brani della tradizione emiliano – romagnola in un ibrido musicale stravagante e mutevole che mette in contaminazione dixieland, jazz, blues e rock sulla matrice comune del ballo. Una nuova prospettiva di un universo musicale che continua a riservare sorprese. I componenti del gruppo sono Angelica Foschi alla fisarmonica, Luca Boero al pianoforte e tastiere, Federico Magazzeni al basso elettrico e contrabbasso.
Altra musica invece per il duo composto da Laura Mars alla voce e Claudio Tuma alla chitarra. Cantante, cantautrice e musicoterapista, con all'attivo un lungo percorso attraverso il rock il blues il soul e il funk, la collaborazione con diversi gruppi della scena indipendente e due album prodotti, Laura Mars si affaccia nel 2003 al mondo della bossa nova e del jazz. Attualmente frequenta il Consevatorio di Bologna ramo canto jazz. ClaudioTuma, salentino di nascita e parmigiano d'adozione, da oltre 30 anni collabora con i protagonisti del pop nazionale come Bruno Lauzi, Giorgia, Mario Biondi e le soul singers Aida Cooper e Linda Wensley. Nel campo della musica latina ha affiancato Flaco Biondini (storico braccio destro di Guccini) in progetti di tango e milonga e ha collaborato con i maggiori artisti brasiliani. Il duo propone un omaggio ai successi italiani e brasiliani dagli anni 50 in poi, da Battisti a Chico Buarque, da Pino Daniele a Toquinho, dai Matia Bazar a Vinicius De Moraes, riadattati in un'interpretazione del tutto originale per voce e chitarra. Ancora una contaminazione di stili e culture fra melodia italiana e bossa nova che trasmette al pubblico il calore e la "saudade" tipiche dei due Paesi.
L'appuntamento è alle 20.30 con ingresso libero fino ad esaurimento dei posti. La serata musicale si colloca nella cornice della mostra "Il gusto della contaminazione – percorsi di stile nelle arti italiane", ancora in corso alla Chiesa di San Carlo fino al 19 luglio. L'originale esposizione in centro storico che affianca i capolavori dell'arte a quelli della moda sul tema del cibo continua a suscitare la curiosità dei visitatori, che hanno superato ad oggi le settemila presenze.
(Fonte: ufficio stampa Modenamoremio)
Martedì 7 luglio, alle ore 18.00, la presentazione del libro alla libreria Feltrinelli di via Farini. -
Parma, 4 luglio 2015 -
Nato dalla volontà di approfondire il legame tra Garibaldi e la Malvasia delle colline di Parma, il libro "Il vino di Garibaldi, alla ricerca di un mito tra Parma e Caprera" ha visto la luce durante la creazione e l'allestimento della Cantina dei Musei del Cibo, per raccontare con aneddoti e dettagli inediti le origini del vino ambrato e dei suoi legami con l'Eroe dei due mondi.
L'appuntamento con la presentazione del libro, condotta dal giornalista Sandro Piovani, è per martedì 7 luglio alle ore 18.00 presso la libreria Feltrinelli di via Farini (Parma). Siamo nel 1861 quando Giuseppe Garibaldi si innamorò così perdutamente del colore bianco-ambrato della Malvasia che decise di trapiantare alcuni virgulti dalle vigne di Maiatico nella sua sassosa Caprera. Le colline di Parma non fecero innamorare solo l'Eroe dei due mondi ma anche alcune famiglie francesi che, nella seconda metà dell'Ottocento, decisero di "adottare" i colli di Parma impiantando vigneti specializzati e permettendo così al territorio parmense di rinvigorire una tradizione vinicola risalente all'epoca romana. Lo stesso territorio dove il famoso archeologo Luigi Pigorini, scavando le "Terramare" dell'Emilia, scoprì le origini del nostro modo "moderno" di bere il vino.
Il percorso museale ed esperienziale che la "Cantina" ha dedicato al vino di Parma, alla sua storia e alla sua cultura, è stato allestito al centro di una zona vocata da secoli alla viticoltura con l'obiettivo di promuovere la produzione vinicola parmense presso il grande pubblico ed i turisti attraverso la visita delle cantine attive sul territorio.
Il volume, il cui autore è il Coordinatore dei Musei del Cibo della Provincia di Parma Giancarlo Gonizzi, si inserisce nella collana dedicata al vino dell'editore Wingsbert House.
(fonte: Ufficio Stampa Musei del Cibo)