Domenica, 11 Agosto 2024 06:28

“Lavoro migrante”: Alexandr Ozerski In evidenza

Scritto da Francesca Dallatana
Aleksandr Ozerski Aleksandr Ozerski

Estro estremo. Deep Russia.

Di Francesca Dallatana Parma, 11 agosto 2024 -

Occhi che parlano. Traslitterato dal cirillico: glasa, kotorye govoriat. In russo suona meglio.

Che sia russo lo dicono gli occhi e Dmitri Shostakovich in sottofondo all’intervista, sull’onda lenta ma profonda del Waltz no.2. Adagiata a mezz’aria nello studio, dopo il Bolero di Ravel, Mozart e una passeggiata sulle ottave del pianoforte a tutto Beethoven. Prima del Walz no.2 Carl Orff con i Carmina Burana. I canti profani di Orff introducono lo studio di arte e pittura Alexandr Art Studio, in via Aurelio Saffi numero civico 32 a Parma.

Non c’è arte senza musica.

Alexandr Ozerski è maestro del tratto e del colore. Le sue composizioni sono senza ritorno. La memoria degli occhi sa essere carnale come quella della pelle. La mano ha bisogno della musica per muoversi sulla tela. Non ascolta, ma sente. E la fa vibrare sulla tela, la trasforma in disegno, in colore, in colata. L’allaccia al cordone emotivo di una risonanza profonda.

Russo, siberiano, figlio di una pianista, nipote di Flora Ozerskaia la celebre ginnasta che gli ha trasmesso l’orgoglio dell’autonomia: sapere fare le cose necessarie per vivere anche in tempi di risorse scarse. Viene da Ekaterinburg, “che un tempo si chiamava Sverdlosk, città chiusa a lungo. Ora tutto è cambiato. La città è avanti di quarant’anni rispetto all’Italia. E’ una delle città più importanti della Russia. Ha una storia significativa. Abitavo nel quartiere Uralmash prima di emigrare in Italia.”

Una volta stabilizzate le fondamenta essenziali della vita in Italia, Alexandr Ozerski ha espresso se stesso nel profondo, attraverso il talento. Non si mente a sè stessi, non si sfugge alla genetica.

La sua storia d’artista inizia sui banchi di una scuola reggiana.

E’ il 1994. A dieci anni raggiunge la madre, che vive e lavora in Italia da tempo. I flussi di migranti di allora verso l’Italia sono numerosi, ma le scuole sono ancora a maggioranza indigena. “Due marocchini di seconda generazione, alcuni calabresi di Cutro oltre a me, l’unico russo. Oltre a noi, c’erano gli studenti reggiani. Questa era la mia classe. Nel primo anno di scuola italiana.”

I calabresi sono italiani, però. Il volto si increspa in un sorriso di risposta. Gli occhi dicono prima delle parole. “I calabresi sono calabresi in qualunque parte del mondo.

E Alexandr Ozerski, cittadino italiano dalla sintassi perfetta e una velatura di accento reggiano quasi fosse un vezzo, come si dichiara quando gli si chiede la provenienza? “Sono russo.”

E imparare l’italiano per un russo quanto è stato difficile? “Poco tempo per imparare la lingua. A scuola ero una classe indietro rispetto alla mia età, appena arrivato. La lingua è arrivata presto. Stare con gli altri aiuta.”

Alla scuola di Reggio la tensione all’espressione pittorica comincia a farsi sentire. L’insegnante di disegno non appoggia la scelta dello studente di iscriversi alla fine della terza media all’Istituto d’Arte Toschi, a Parma: “Avrei dovuto fare l’idraulico, secondo lei. Avevamo visioni molto differenti. Ho seguito me stesso e sono andato al Toschi.” Il richiamo dell’arte è forte e un strana attrazione della vita, dopo i primi anni dedicati al percorso di grafica, devia il percorso di formazione artistica e lo indirizza all’insegnamento del Maestro Mauro Marchini, che tiene uno dei corsi serali del Toschi: decorazione pittorica.

Una scintilla, incontro salvifico per l’artista. “Venivo dal fumetto. Avevo in mente le arti grafiche. Il maestro Marchini mi ha osservato da vicino e mi ha indicato una strada. Insegnava alla scuola serale. Il suo gruppo di allievi era molto particolare: tutte persone adulte, molti di loro professionisti di alta competenza. Giovanni Braidi,  psicologo e psicoterapeuta, era uno degli studenti. Con lui e con altri anche Fabio Gatti, una mascotte, un allievo che si faceva bocciare ogni anno per continuare a seguire le lezioni del Maestro Marchini.” Lezioni serali all’Istituto d’Arte: un motivo ispiratore alto e nobile a garanzia della tenuta del gruppo: “Era un ambiente bohémien, con la musica in sottofondo. Il Maestro portava il vino. Passeggiava tra i cavalletti, ci osservava disegnare e dipingere a distanza di sicurezza. Non mi ha mai detto “bravo”.  L’ho sentito quando diceva a Gatti che avevo dei numeri. Inavvertitamente, alle mie spalle. Gli deve essere sfuggito. Poi sono diventato il suo allievo. Fino al diploma di maturità. E anche dopo. La scuola serale per me ha fatto la differenza. Non era rigidamente inquadrata come quella in orario diurno. Gli studenti erano intellettualmente vivaci e curiosi e avevano richieste specifiche di formazione artistica. Avevamo tutti una pulsione profonda per l’arte.”, ricorda l’intervistato.

La scintilla che innesca la miccia: l’arte è una condizione dello spirito: si manifesta quando riconosce il Demiurgo.

Vive a Reggio Emilia. Ha un lavoro per garantire l’autonomia economica, pesante ma retribuito a sufficienza: traslocatore di biblioteche e di archivi. Poi, il lavoro attuale a Parma presso la Wise. E ancora Parma per l’esperienza pittorica, in Borgo del Parmigianino  dove apre il primo studio insieme a un collega: “uno spazio grande diventato un polo di attrazione per gli artisti, dove ci si incontrava al venerdì sera per gli apertivi dell’arte. Lo raggiungevo al sabato e alla domenica per dipingere. Il Maestro Marchini passava sempre. Guardava le tele e mi diceva quando fermarmi. Una tela la si può rovinare se si eccede. Il maestro aveva uno sguardo esterno, obiettivo e competente. Fermati adesso, fermati qui. Mi diceva Marchini. E io sapevo di avere terminato la tela. Da quando il maestro se ne è andato per sempre non ho nessuna guida.” Il ritratto del Maestro Mauro Marchini è sopra il tavolo da lavoro. Lo ha dipinto l’allievo Alexandr Ozerski, a memoria. “Non avevo fotografie sue, neanche uno scatto insieme. Ma l’immagine di Mauro Marchini l’avevo ben chiara in mente”, dice. Scattata la fotografia pittorica, impressa sulla tela.

Le opere d’arte e lo studio.

Lo studio è un parallelepipedo tappezzato di tele. Due sgabelli, due tavoli da lavoro. E tele sui muri, anche in terza fila. Dall’olio l’artista è passato all’acrilico. Ai ritratti commissionati alterna opera di ispirazione personale e tematica. Il tratto è deciso. La sua è una pittura senza ritorno. Condizionata dall’identità culturale costruita con Mauro Marchini e dalla provenienza da una terra che non conosce bande intermedie di colore. In Russia quando piove diluvia; il freddo uccide se non si abbassa la testa; se ci si perde si rischia di non ritrovare la strada del ritorno in uno spazio senza limiti e un orizzonte alto. Lo studio è come lui: riserva sorprese in ogni angolo, brillante come lo sguardo del pittore a guizzi di nero e di luce in taglio d’occhi forse di genetica tatara.

La Russia è grande e confonde.

 

Le esposizioni.

La più nota è quella che non c’è stata. Febbraio 2022: operazione speciale della Russia verso l’Ucraina, azione che si trasforma in guerra. Alexadr Ozerski ha organizzato una mostra dedicata alla mitologia slava e intitolata “Made in Russia” presso “LOstello”, il locale del Parco La Cittadella, a Parma. Il vento è sfavorevole. E i gestori declinano l’invito, nel solco della cancellazione dei corsi di Letteratura russa all’Università di Milano. Una preparazione significativa per questa mostra: il pennello ha dato forma alle opere a partire dal 2020, quando i russi hanno portato il loro aiuto all’Italia durante il lockdown per il Covid-19.  Si è offerta di ospitare la mostra l’avvocato Isabella Grassi Bertani, nel suo studio in strada al Ponte Caprazucca dove molti visitatori hanno apprezzato l’estro artistico del pittore russo. Un atto di generosità: l’arte avvicina e non combatte. “Zoloto”, oro: è il titolo dell’esposizione di una raccolta di volti di donna su tela e dell’oro della loro anima svelata dal tratto dell’artista russo, L’ha ospitata Il Grand Hotel de la Ville, nel mese di Febbraio del 2024. Universo femminile ricco e complesso: rinascite e cambiamenti e tenuta tenace come quella dell’oro capace di resistere al tempo e di rinnovarsi nei bagni di luce che attrae.

A ritroso, altre esposizioni segnano le fasi della vita artistica di Alexandr Ozerski. Dal 2003 al 2009: Il corpo e il pensiero; Tra l’amore e il tormento; Incubi; False; Lenzuola. Ogni anno, una mostra: il lavoro parte dall’introspezione, si ferma alla riflessione dell’autoritratto e comincia a sfumare l’attenzione verso l’esterno da sé.

Dal 2012 al 2015: Hanan Pacha: esposizione nella quale si esplora il rapporto con il divino; Geisha; Maison Close; Tracce.

Nell’ultimo periodo l’artista russo si muove verso la maturità. Il Maestro Marchini ha lasciato forte traccia di sé. Fisicamente assente, ma presente più che mai.

E’ datata 2016 la mostra ispirata ai “Fiori del male” di Baudelaire; del 2018 Dansant sur l’Etoile.

L’artista oggi.

Il prossimo impegno è in agenda per il mese di novembre 2024: Les fleurs du mal. I versi del poeta francese hanno ispirato l’artista russo.

Alexandr Ozerski da qualche anno si è trasferito da Reggio Emilia a Parma. E da diversi anni organizza e conduce un corso di disegno. “Al corso – continua -  prendono parte allievi che avevano un conto in sospeso con il disegno e con la pittura. Sono persone che da sempre avrebbero voluto disegnare e imparare a dipingere e non lo hanno mai fatto. Alle lezioni: musica in sottofondo, relazioni leggere e aperte. Cominciamo in ottobre e finiamo nel mese di giugno. Il modello didattico al quale mi ispiro è quello del Maestro Marchini. Non una lezione frontale, ma un gruppo di lavoro che dialoga e lavora. Non dico “bravo”. A nessuno.”

Ekaterinburg, Russia.

Est profondo. Alexandr Ozerski proiettato al futuro. Ci sarà la Russia? “La Russia non se ne è andata. Mai. Nella prima fase della mia vita italiana non volevo sentirmi diverso. A nessun bambino, a nessun ragazzo piace sentirsi diverso. Poi la Russia si è sprigionata nel mio lavoro artistico, con la sua forza antica.” Un'attrazione senza possibilità di oblio. “Il mal di Russia esiste”: è un fatto. Un quinto delle terre emerse, dieci fusi orari, una lingua per ogni anfratto di Russia. Quale è la città che più significativamente rappresenta il grande Paese? “Le periferie”, risponde lapidario. Un libro per avvicinare i lettori della Gazzetta dell’Emilia alla comprensione del caleidoscopio russo? “Un film: Il barbiere di Siberia.” Relazioni internazionali mediate da amori inattesi e prepotenti e più forti degli affari economici. Russia inesorabile.

AlexandrArtStudio: https://www.facebook.com/ArtStudioAlexander

 

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