Sono numeri freddi, che però dietro nascondono persone, padri, madri, figli… famiglie. La tragedia che ha portato via Kevin Laganà (di soli 22 anni), Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa e Giuseppe Saverio Lombardo è la conseguenza di una prassi che si faceva beffe di una qualsiasi regola. “Quando vi dico ‘treno’, vi spostate”, è la frase che risuona nel video che una delle vittime, Kevin Laganà, ha fatto prima della tragedia. È il video che testimonia che non è stata una fatalità. Il cantiere dove operavano i cinque lavoratori della Sigifer, società subappaltatrice delle Ferrovie, doveva essere aperto col nullaosta all’agente di scorta da parte della responsabile dell’ufficio di Chivasso. Nonostante questo nullaosta non fosse arrivato, il capocantiere aveva dato inizio ai lavori perchè pensava che un treno – in realtà in ritardo – fosse già passato dalla stazione di Brandizzo. E subito dopo alcuni addetti ai lavori hanno testimoniato che la procedura formale non veniva quasi mai rispettata. Non siamo, però, di certo qui a svolgere la funzione dei magistrati: sarà la procura di Ivrea a decidere eventuali colpe e condanne.
Quello che preoccupa, invece, è che l’ennesima tragedia sul posto di lavoro avviene per una consapevole violazione delle leggi, tanto da parte di coloro che avevano la responsabilità del cantiere quanto da parte degli operai che, una volta ricevuti gli ordini, avevano iniziato tranquillamente a lavorare. Non è quindi una causalità quello che è successo. E questo lascia senza parole. Non è nemmeno, a differenza di quanto ha detto il segretario della CGIL, Maurizio Landini, a La Stampa, colpa del sistema economico in cui viviamo e della politica. Ciò che è avvenuto a Brandizzo non è colpa dei subappalti, diversamente da quello che sostiene il segretario della CGIL. Non sono le liberalizzazioni ad aver tolto le regole di sicurezza sul posto di lavoro. Le liberalizzazioni hanno cambiato le regole del mondo del lavoro, non le tutele e le norme sulla sicurezza. E proprio il caso di Brandizzo conferma che non sono le norme a mancare. È sufficiente provare a prendere in mano la legge 81/2008: il numero di norme abbonda. Quindi, perché accadono continuamente queste tragedie? Perché accadono quando ormai oggi abbiamo gli strumenti per ridurre i rischi quasi a zero? Additare la colpa al legislatore ci porta fuori strada. Pensare ad ulteriori regole e norme non significherà evitare episodi simili. Anzi, la ipernormazione è la rovina del nostro paese.
Landini, invece di attaccare il capitalismo e la politica, avrebbe dovuto porre l’attenzione sulla cultura della sicurezza. Il rispetto delle norme è il primo, e forse unico, metodo per evitare morti sul lavoro. Perché non accettabile che nel 2023 accadano tragedie simili. Ma non è nemmeno accettabile che leggi fondamentali che tutelano la vita delle persone vengano violate. Parlare di una cultura della sicurezza significa abbandonare un approccio unicamente di tipo “reattivo”, cioè il giorno dopo la tragedia pensare a chi è stato il colpevole, condannarlo mediaticamente ancor prima che a livello giudiziario e poi dimenticarci tutti di ciò che è successo. Landini ha fatto proprio questo: avvenuta la tragedia, ha condannato i colpevoli, cioè il sistema economico vigente, e le leggi, cioè la politica. Già tanto, direte voi, che non abbia additato la colpa alla Meloni o al governo – come piace scrivere ad alcuna stampa – di destra-centro (che, poi, che significa “destra-centro”…?). Il problema grave è che il segretario della CGIL non parla del mancato rispetto delle norme da parte dei lavoratori, di qualunque grado essi siano. Dare la colpa al capitalismo e al profitto, distoglie le persone dalla realtà dei fatti, ossia che le tragedie sul lavoro per gran parte delle occasioni sono dovute al consapevole mancato rispetto delle norme.
Quindi, quello da auspicare è un grande piano di educazione alla cultura della sicurezza, quindi a non percepire le norme come futili, ma come mezzi di prevenzione sul posto di lavoro. Bisogna andare nelle scuole a raccontare tutto ciò. Perché a mio avviso la tragedia di Brandizzo non è riferibile ad un errore umano – a differenza di quanto sostiene quest’oggi il direttore de Il Foglio Claudio Cerasa – ma a una prassi deliberata in chiara violazione della legge. E, quindi, se le norme ci sono ma non vengono rispettate, sarà colpa del capitalismo o noi tutti dovremmo impegnarci maggiormente nel considerare sempre e comunque la sicurezza sul lavoro un pilastro fondamentale della nostra vita?