Giovedì, 19 Ottobre 2017 11:46

Welfare aziendale e piramide organizzativa: luoghi di lavoro felici? In evidenza

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Quando si parla di welfare aziendale lo stato d'animo delle persone prima e il pensiero poi si muovono d'intesa per accompagnare la mente e lo spirito a intravedere un ambiente di lavoro felice dove poter realizzare i propri sogni e conseguire le proprie aspettative personali, professionali e sociali.

Di Guido Zaccarelli Modena 19 ottobre 2017 - Molte aziende, spinte da un quadro legislativo favorevole, che consente loro di ricevere agevolazioni fiscali importanti in chiave di ammortamento sul breve e medio periodo, stanno mettendo a punto programmi di sviluppo interno del welfare rivolto alle maestranze, per creare una dimensione lavorativa in linea con le aspettative di ogni singola persona.

Uno sforzo che è ancora agli inizi per le molteplici difficoltà che nascono naturali in relazione alla necessità di promuovere similmente un cambio del modello culturale, al quale le persone sono state impegnate per anni a seguire, in strutture organizzative imperniate su schemi piramidali sostenuti da una accentuata azione verticistica delle linee di comando. "Il capo che ordina al sottoposto di eseguire un lavoro senza avere la possibilità, per quest'ultimo, di poter intervenire nel modulare schemi d'azione e comportamenti orientati a combinare la nascita di un valore aggiunto collettivo".

La catena del valore, da tempo terreno di studi e di osservazione da parte del mondo scientifico ed economico, è il punto di congiunzione all'interno della quale è imprescindibile la necessità di individuare e definire la stessa unità di misura per ottenere una gestione coerente del personale e delle attività ad esse riferite. Le difficoltà esistono, e in molti casi di difficile soluzione, causa la presenza della dimensione immateriale che non consente di definire ordini di grandezza misurabili in termini oggettivi e replicabili nella stessa realtà e in ambiti differenti.

La presenza di questi scenari induce una riflessione attenta e puntuale dello stato delle cose e il confronto tra posizioni differenti potrebbe fare emergere una scollatura tra il quadro normativo in atto, proiettata nella dimensione economica e psicofisica delle persone, e la volontà di una certa parte del management di consolidare la struttura organizzativa esistente, dando per scontato che la semplice adesione al programma di welfare aziendale sia sufficiente per soddisfare e completare il progetto di benessere delle persone.

E' urgente la pretesa, da più parti sollevata, di chiedersi se il modello piramidale in atto, che le persone vivono ancora oggi sulla propria pelle e avvertono come un peso quotidiano insostenibile da portare sulle proprie spalle, può essere ancora considerato il modello vincente sul quale continuare a sviluppare politiche economiche globali, oppure, forte dell'inversione di tendenza e della crisi in atto, è necessaria una brusca virata per rispondere alle mutate esigenze emerse dal contatto con le nuove economie di mercato e con modelli relazionali differenti.

È forte il dubbio in chi scrive che il welfare come oggi viene pensato, gestito e applicato, senza un cambio del modello organizzativo, possa realmente ed efficacemente completare il disegno che ha animato lo spirito e la mano del legislatore, se non vengono messe in campo azioni decise di cambiamento del modello organizzativo, legittimando il cerchio come figura geometrica di riferimento, al quale ispirarsi nelle aziende che hanno deciso che il benessere delle persone appartiene alla comunità, il cui valore sociale si mescola con il fine economico e nella cooperazione il punto d'arrivo del bene comune.

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