Di Andrea Caldart Cagliari, 18 ottobre 2024 - Il paradosso al quale tutti abbiamo assistito è appunto quella di vedere un’Italia del Nord sempre più presa di mira da fenomeni alluvionali estremi di tipo tropicale, e un sud del nostro Paese sempre più asciutto e “tagliato fuori” da questi fenomeni.
Ne nasce così un dialogo conflittuale dove nemmeno gli scienziati sono d’accordo tra loro, e allora cosa sta davvero succedendo sopra le nostre teste?
Da una parte abbiamo la narrazione del pensiero unico che vorrebbe plagiare una consapevolezza inculcando che, il sistema economico e sociale attuale — basato sulla crescita infinita, l'estrattivismo predatorio e la continua espansione dei consumi — sia il responsabile principale della crisi ambientale e secondo questa visione, si dovrebbe agire per rimuovere le cause strutturali che hanno prodotto questi cataclismi accelerando con la transizione green.
Dall’altra invece abbiamo una realtà dove si rincorrono e attuano politiche emergenziali che non risolvono il problema, ma ci mettono la cosiddetta “pezza”.
Sono soluzioni temporanee e superficiali che non risolvono il problema, anzi nella maggior parte dei casi lo peggiorano, perché senza una visione a lungo termine si riducono progressivamente i margini per adottare misure efficaci future.
Ad esempio, la prima misura adottata dalla giunta Todde appena insediata in aprile di quest’anno, è stata quella di far confluire le acque del Tirso in quelle del Flumendosa, per poi aprire la diga di quest’ultimo disperdendo in un colpo solo, l’acqua dei due più importanti bacini idrici della Sardegna.
Milioni di metri cubi d’acqua sono stati così riversati in mare, ben sapendo che da aprile ad ottobre in Sardegna non piove, e questo non poteva che comportare un’emergenza idrica su tutta l’area della Nurra, Ogliastra e Sarrabus attraversate dal Flumendosa.
Perché una scelta di questo tipo che non poteva che comportare un annunciato disastro ambientale-produttivo-sociale, mettendo in crisi turismo, allevamenti, produzioni ortofrutticole e agrumicole di quei territori.
La gestione dell’acqua è prima di tutto un modello di sviluppo e produzione, sversarla disperdendola nel nulla, non fa altro che agevolare la desertificazione di quelle aree.
Viene da chiedersi se potrebbe essere stato questo non virtuoso governo dell’acqua a far intervenire il Ministro dell’Agricoltura On. Francesco Lollobrigida, che ha negato lo stato di calamità per la siccità in Sardegna.
A questo proposito abbiamo ricostruito il fatto e, abbiamo scoperto che, la Regione Sardegna, con delibera n. 33/15 dell’11 settembre 2024, ha proposto la dichiarazione dell’esistenza del carattere di eccezionalità dei danni causati dal fenomeno siccitoso che ha colpito il territorio regionale tra il mese di novembre 2023 e il mese di giugno 2024, ai sensi del decreto legislativo n. 102/2004.
Da fonti interne al ministero abbiamo saputo che, non appena pervenuta la richiesta è stata avviata immediatamente l’istruttoria e, dalla documentazione allegata alla delibera, risultano delimitate produzioni ammissibili all’assicurazione agricola agevolata per le quali non è possibile attivare gli interventi compensativi ex post del Fondo di solidarietà nazionale.
Infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, gli interventi compensativi possono essere attivati esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano di gestione dei rischi in agricoltura.
Per derogare a tali disposizioni è necessario un apposito atto normativo, così com’è stato fatto con l’articolo 3 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito dalla legge 12 luglio 2024, n. 101, per la siccità che nel corrente anno ha colpito la regione Sicilia.
Pertanto, in assenza di apposita norma di deroga non è stato possibile dare seguito alla richiesta della Regione Sardegna.
Risposte dello stesso tenore sono state inviate alle Regioni Piemonte, Basilicata e Calabria.
Paradossi e contraddizioni tra politici e natura dove i primi, sono talmente indottrinati dal vangelo secondo transizione verde europea, da non fermarsi a pensare di mettere in discussione l’intero modello green, utile solo al capitalismo verde delle lobby speculative finanziarie internazionali.
Ma tocca a noi non rimanere semplici spettatori di quel capitalismo che ha inquinato l’informazione attraverso il climatismo fanatico, perché è lo stesso che oggi propone le sue ricette di limitazioni di acqua e beni comuni, secondo gli obiettivi della spregiudicata Agenda 2030, attraverso i “soldatini” politici asserviti alla finanza.