L’evento, arricchito quest’anno dalla partecipazione di imprenditori, istituzioni ed esperti di tematiche ambientali, si è proposto come un catalizzatore per l'azione concreta, offrendo spunti e idee che possano ispirare cambiamenti significativi a livello globale.
Accanto a ben 15 Grandi eventi sui più attuali temi legati alla sostenibilità, si sono volte sette sezioni tematiche, dedicate ai legami tra il green e diversi settori industriali. In particolare, sono stati trattati i temi del “Food” (che tematizza le sfide della filiera agroalimentare), “Sfide e opportunità della sostenibilità" (Moda, legno arredo e la decarbonizzazione dei processi industriali), ”Edilizia, infrastrutture e Smart cities”, “Logistica e mobilità”, (le nuove frontiere dei mezzi di trasporto e la transizione della logistica) “Imprese alla prova della sostenibilità” (economia circolare, bilanci di sostenibilità e modelli di governance), il “Cambiamento climatico”, il “Ruolo delle donne nell’economia e nella società” ed infine il “Futuro dell’energia, tra agrivoltaico e batterie”.
Non ultime le presentazioni dei libri in corsa per il Premio Green Book 2024.
I cambiamenti climatici e risorse idriche. gestire la complessità
Domenica 7 aprile la chiusura del Festival è stata affidata al ‘premio Nobel’ per l'acqua Andrea Rinaldo e al direttore scientifico del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici Giulio Boccaletti, che hanno fornito approfondimenti fondamentali sull'importanza della gestione sostenibile delle risorse idriche.
L’ultimo incontro è stato proprio con Giulio Boccaletti, moderato dalla giornalista del Corriere della Sera Elena Comelli, arricchito dagli interventi di Emma Nicolazzi Bonati e Anita Riccardi, due ragazze appartenenti al progetto Parma Giovani 2027.
Boccaletti ha parlato del problema della siccità (su cui ha scritto anche un libro): dagli eventi passati dell’inverno 2021, particolarmente secco, (ricorda che emerse anche un carro armato tedesco dai fondali del Po), alle legittime proteste degli agricoltori che capirono prima degli altri la drammaticità della situazione.
Ma anche degli evidenti segnali di dissesto idrogeologico come le frane di Ischia o il disgelo della Marmolada, il mancato innevamento del 2023 fino alle esondazioni dei fiumi in Romagna.
L’Italia ha due problemi fondamentali: i cambiamenti climatici e la loro frequenza che nel nostro Paese sono più veloci rispetto al resto del Continente. Per decenni abbiamo utilizzato infrastrutture realizzate XX secolo in una situazione "benigna", che oggi si stanno rivelando anacronistiche.
Ci sono inoltre due equivoci.
Il primo è non è vero che è “tutto un disastro”; l'Italia è un paese moderno con infrastrutture sofisticate e che funzionano. Il secondo è la fascinazione delle perdite di rete, che non c'entrano nulla con il problema della scarsità dell'acqua: in tutta Europa ci sono ed il 20% è considerato “fisiologico” (Milano è all'11%).
Qualche numero.
Sull’Italia cadono ogni anno 300 miliardi di mc di acqua di cui la metà viene intercettata dalla vegetazione. Su un territorio di 30 milioni di ettari, 12 milioni sono occupati dalle foreste, 16 dai campi agricoli e 2 da aree costruite. Quindi della metà disponibile, i 150 miliardi presenti in falda, circa 40 vengono estratti. Di questi, 20 miliardi sono destinati all’irrigazione mentre i rimanenti sono utilizzati per l’industria e per il consumo umano.
Acqua e unione europea.
Le ragazze hanno chiesto se esiste una comune linea europea. Il dottor Boccaletti ha spiegato che l’Italia è la barriera climatica più delicata per la sua vicinanza con il Mediterraneo, e che l’Europa dovrebbe avere una visione d’insieme, come un condominio dove l’Amministratore detta le regole per una convivenza sostenibile e di “protezione” anche per il futuro.
All’Europa non manca la tecnica, non mancano le competenze e nemmeno i progetti. Ma è necessaria un’azione politica che faccia la sintesi tra le varie esigenze e sappia guardare al futuro. L’esempio del Po è calzante: la corretta gestione di un fiume così lungo deve conciliare le istanze delle risaie vercellesi con la coltivazione delle pesche in Romagna.
Il tema delle immigrazioni legate ai cambiamenti climatici. In buona parte del Mondo manca la protezione collettiva dello stato che ci difende dai cambiamenti naturali. Si stima che nei prossimi anni nei tropici ci saranno vaste aree ritenute non abitabili. Al momento l'immigrazione è intra nazionale ma col tempo una parte della immigrazione potrebbe riguardare anche noi. E anche questo aspetto apre delle riflessioni sulla cosiddetta “giustizia climatica” (chi paga le conseguenze dei cambiamenti climatici? Il costo sarà sempre a carico delle popolazioni più vulnerabili?)
Un altro problema è l’accesso all’acqua pulita, verosimilmente legato alla povertà. Se da un lato si assiste ad un positivo calo delle popolazioni senza accesso all’acqua (Obiettivo nr.6 dell'Agenda 2030), dall’altro ci sono ancora molti Paesi in Africa che hanno ancora serie difficoltà a organizzare servizi e attirare investimenti per una popolazione che sta crescendo in modo esponenziale.
E il futuro? “Se non capiamo cosa siamo oggi e cosa vogliamo diventare in futuro, sbaglieremo strada” conclude il dottor Boccaletti – “Per risolvere i problemi climatici dobbiamo prima capire cos'è il nostro territorio, cosa vogliamo produrre oggi e cosa vogliamo produrre domani. Se pensiamo solo al presente, non faremo nulla”.
Guglielmo Mauti