“I sistemi alimentari devono diventare urgentemente sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta un obiettivo da raggiungere entro il 2030” è in sintesi la mission indicata dal Piano. Un punto di vista ineccepibile ma contraddittorio. Riposizionare l’agricoltura nel contesto produttivo e ambientale contemporaneo non è come ristrutturare i comparti industriali o commerciali. Presenta alcune criticità che risalgono molto indietro nel tempo e rendono il cambiamento delle sue modalità operative estremamente complesse poiché prevedono l’utilizzo di nuove cultivar come già era avvenuto con la rivoluzione verde degli anni ’60 del secolo scorso ma in un contesto ambientale e climatico completamente diverso che richiede interventi di altra natura.
La lunga traiettoria dell’agricoltura dal suo apparire nell’attuale Medio Oriente fino ai giorni nostri pur con tutte le differenze del caso si può riassumere nel concetto di coevoluzione fra le migliori varietà vegetali disponibili in un determinato momento storico e gli agricoltori. Uomini e piante sono diventati nel tempo reciprocamente indispensabili. Le varietà domesticate potevano sopravvivere solo grazie alle cure dei contadini che avevano a loro volta bisogno delle stesse per la loro alimentazione. Dai primi incroci di specie diverse realizzati in modo empirico con varietà selvatiche del grano del mais, del riso e di altre centinaia di piante adatte all’alimentazione umana, si è arrivati a inizi novecento a incroci varietali sofisticati con l’uso della genetica per massimizzare le produzioni e ridurre l’impatto dei patogeni.
Una storia che arriva direttamente ai problemi dell’agricoltura contemporanea. La lunga domesticazione delle decine di piante di interesse per l’alimentazione umana ha prodotto varietà molto produttive sul piano della resa agronomica, ma fragili contro gli attacchi di patogeni biotici e ambientali. Le cultivar selvatiche erano caratterizzate da una elevata resistenza ai patogeni grazie ad un gruppo di geni ancestrali, i geni R sono stati definiti, che sono progressivamente scomparsi nelle cultivar contemporanee. Un evento che ha richiesto l’uso di fitofarmaci specifici a difesa delle coltivazioni. La loro riduzione prevista da piano europeo richiede quindi un complesso intervento di tipo genetico sulle migliaia di cultivar attualmente in uso.
“Le tradizionali monoculture realizzate con varietà vegetali di elite altamente sofisticate hanno una basso tasso di biodiversità genetica e sono diventate un collo di bottiglia per realizzare l’innovazione varietale in funzione di una agricoltura sostenibile” commenta Jiayang Li dell’Institute of Genetics, Chinese Academy of Sciences, Beijing, China. L’attuale modello di agricoltura ha messo in secondo piano alcune fondamentali specificità genetiche tipiche delle varietà selvatiche in particolare la loro naturale resistenza alle malattie, agli insetti, alle temperature e agli stress idrici, un patrimonio di grande valore agronomico che in gran parte è andato perduto mentre potrebbe rivelarsi un grande valore aggiunto per un nuovo modello di agricoltura.
Non è possibile indicare, come è stato previsto nel piano europeo, una diminuzione del 50% dell’uso dai fitofarmaci e dei concimi chimici di sintesi dimenticando che entrambi sono parte integrante degli attuali modelli di coltivazione, non solo in Europa, ma in tutte le aree ad alta intensità agricola a livello globale. Come sostiene Jiayang Li si tratta in estrema sintesi di accelerare l’introduzione di nuove varietà vegetali con gli editing genetici di nuova generazione le sole con le quali si può immaginare di realizzare la sostenibilità ambientale in termini operativi e non solo nelle dichiarazioni. Ma per potere operare in questa direzione manca ancora il placet normativo dell’Europa che solo nel gennaio di quest’anno ha avviato la procedura di autorizzazione. Un grave ritardo perché in altre realtà come la Cina, gli Stati Uniti, alcuni paesi africani le normative relative agli editing genetici sono state approvate da alcuni anni. Una profonda contraddizione rispetto alla scadenza del 2030 del piano europeo che nei fatti è stato rinviato ad altra data.
Un ritardo dovuto al profondo pregiudizio culturale delle nostre classi dirigenti europee e di alcuni gruppi di interesse nei confronti dei nuovi strumenti di editing genetico che sono disponibili da alcuni anni, validati da un corposo numero di pubblicazioni scientifiche a supporto della loro efficacia sul campo. Sono tutti interventi che mimano quello che accade in natura e addirittura in qualche caso vanno decisamente oltre la nostra più fervida immaginazione. Un recente studio ha rivelato che anche i tanto ostracizzati Organismi Geneticamente Modificati, gli OGM, vengono utilizzati da migliaia di anni dalle felci per difendersi dagli attacchi mortali dei lepidotteri.
Sul piano delle nuove tecnologie di editing recentemente è emersa la necessità proposta dalla maggioranza dei ricercatori di una nuova domesticazione delle varietà vegetali attualmente in uso utilizzando il genoma di quelle selvatiche molto più funzionale di quelle attualmente in uso, in tema di difesa contro i patogeni ambientali e biotici. Ma non sempre le varietà selvatiche sono disponibili…
“Secondo una recente stima, durante la lunga domesticazione delle patate sono andati perduti più di 500 geni tra i quali un gran numero di quelli coinvolti nella resistenza ai patogeni biotici e ambientali” ricorda Sophia Gerasimova dell’Institute of Cytology, Russian Academy of Sciences, Novosibirsk; Russia “Recentemente è stata proposta la nuova strategia per convertire varietà selvatiche in domesticate utilizzando gli editing genetici di ultima generazione. Non sempre però è possibile rintracciare le varietà selvatiche perché alcune sono andate perdute durante il lungo processo di domesticazione realizzato con i tradizionali incroci fra varietà”.
È in ogni caso un percorso obbligato perché i tentativi di recuperare elementi genetici utili dalle varietà selvatiche con le tradizionali tecniche di incrocio sono falliti perché i geni della resistenza ai patogeni sono controllati da complessi percorsi genetici. “Solamente l’uso di Crispr-Cas9 ha permesso di introdurre alcuni geni della resistenza nei pomodori Solanum pimpinellifolium una varietà che è stata ri-domesticata dalla sua omologa selvatica con risultati eccellenti” ricorda Jiayang Li. Ancora più importante dal punto di vista economico e sociale lo stesso gruppo di ricerca della Accademia delle Scienze Cinese ha ripetuto la stessa operazione con una varietà selvatica di riso, la Oryza alta, con risultati importanti sul piano agronomico. Ma ci sono problemi di tempi e di costi
“Dalle prove in piccoli appezzamenti ci aspetta ancora un lungo e faticoso lavoro per trasferire le caratteristiche genetiche delle varietà selvatiche a quelle attualmente in uso. Sebbene la nuova domesticazione che si sta realizzando in molti laboratori di genetica utilizzando gli editing genetici di ultima generazione sia molto più efficace dei tradizionali incroci fra varietà, la sua validazione prima sperimentale e poi in pieno campo rimane pur sempre un lavoro lungo e costoso per poter operare con tutta la necessaria sicurezza di ottenere risultati finali in grado di reggere il cambiamento climatico e l’aspettativa di una agricoltura sostenibile sul piano ambientale” è il commento di Jiayang Li.
La lega italiana per la protezione degli uccelli, la LIPU, ha emesso un comunicato nel febbraio di quest’anno che denuncia la scomparsa del 36% delle specie di uccelli in Italia e del 50% in Valle Padana tra il 2000 e il 2023 causata dall’agricoltura intensiva e dalla eccessiva urbanizzazione. A cui vanno sommati gli effetti dell’uso dei fitofarmaci sulla salute umana. Dati incontestabili che dovrebbero accelerare il processo di transizione tra la vecchia e la nuova agricoltura nella quale diventano centrali le nuove tecnologie genetiche. È la regola che ha guidato lo sviluppo in tutti i settori economici negli ultimi trent’anni: dall’hardware al software.
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