Parma, 17 novembre 2021 – Significativa “stretta di mano” questa mattina tra l’Università di Parma e il Consorzio della Bonifica Parmense. In Aula magna il Rettore Paolo Andrei e la Presidente del Consorzio Francesca Mantelli hanno firmato una convenzione quadro tra i due enti, per la realizzazione di iniziative e progetti comuni. Un “patto” che mira a rafforzare la difesa delle aree montane e la tutela delle comunità che le abitano, sviluppando e approfondendo la ricerca e la formazione sulle importanti tematiche della riduzione dei rischi legati all’innesco delle frane, grazie all’uso di nuove e più performanti tecniche di eco-ingegneria per la stabilità dei pendii.
“Siamo soddisfatti – ha spiegato il Rettore Paolo Andrei – di poter formalizzare la collaborazione con il Consorzio della Bonifica Parmense. La ricerca condotta in Università può mettere le proprie competenze e le proprie acquisizioni a disposizione del territorio, che può trarne benefici concreti in un settore, quello del dissesto idrogeologico, che purtroppo affligge le nostre aree montane; nello stesso tempo, dal territorio la ricerca può trarre indicazioni importanti per affinarsi e migliorarsi ulteriormente. Tutto questo attiene a sostenibilità, rispetto dell’ambiente e riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, tre vere sfide del nostro tempo”.
“Desidero ringraziare l'Università di Parma e il Rettore Andrei per il virtuoso rapporto di sinergia e l’attiva collaborazione in merito al contrasto al dissesto idrogeologico, uno dei temi prioritari della mission del Consorzio – ha dichiarato la Presidente della Bonifica Parmense, Francesca Mantelli – . Siamo lieti di contribuire allo sviluppo di questo importante progetto che ci permetterà di agire con capillari strumenti di prevenzione”.
Accanto al Rettore e alla Presidente i due referenti scientifici della convenzione: il Direttore generale del Consorzio Fabrizio Useri e Lorella Montrasio, docente di Geotecnica all’Università di Parma.
“Il modello SLIP a cui il mio gruppo di ricerca lavora da diversi anni – ha osservato Lorella Montrasio, docente di Geotecnica – è stato messo a punto e applicato nell’ambito di cooperazioni con la Protezione Civile Nazionale e la Regione Emilia-Romagna. Le potenzialità della modellazione, che ha un’elevata capacità predittiva delle frane indotte da poggia, la rendono un utile strumento di prevenzione a disposizione degli organi preposti alla tutela del territorio. L’attività che verrà sviluppata in cooperazione con il Consorzio della Bonifica Parmense, oltre a costruire un’ulteriore occasione di “test” per rendere “operativo” in fase di allerta il modello a scala territoriale, permetterà di compiere un concreto passo avanti nella prevenzione basata sull’impiego di tecniche naturalistiche, mediante l’affinamento della modellazione e la sperimentazione in varie grandezze”.
“La collaborazione fra Bonifica Parmense e Università – ha sottolineato il Direttore generale del Consorzio, Fabrizio Useri – ha anche lo scopo di verificare nella pratica mediante interventi sul territorio il modello teorico, redatto dall’Università e finalizzato alla predizione delle frane superficiali indotte da pioggia, che preveda l’utilizzo di adeguate essenze arboree, al fine di aumentare la resistenza del terreno in termini di coesione radicale. L’obiettivo futuro, in caso di risultati positivi, potrebbe essere anche quello di intraprendere un confronto con le Amministrazioni competenti sull’importanza di promuovere tale modello teorico utile a valutare l’effetto benefico delle inclusioni radicali nei confronti della stabilità dei pendii soggetti a frane pluvio-indotte”.
I movimenti franosi indotti da pioggia (tecnicamente: “soil slip”) coinvolgono la parte superficiale dei terreni e sono tipici degli ambienti montani: si verificano solitamente nelle zone prealpine, in Appennino o nell’alta fascia collinare. Si tratta di fenomeni estremamente pericolosi a causa sia della loro imprevedibile localizzazione (essendo spesso privi di qualsiasi segnale che lasci presagire un imminente accadimento) sia della velocità di propagazione a elevato potere distruttivo (colate di fango distruttive che raggiungono velocità anche di 9 m/s). In un simile quadro, l’attività di monitoraggio degli organismi preposti alla difesa del territorio è una delle poche possibili azioni a contrasto di tali fenomeni. In quest’ottica diventa più che mai necessaria l’acquisizione dei cosiddetti “big data”, che grazie all’impiego di modelli predittivi implementati a scala territoriale in piattaforme di monitoraggio in tempo reale, adeguatamente comparati, restituiscano un quadro chiaro di pericolosità (e rischio) legati all’innesco e associabili al fattore di sicurezza dei terreni. Contemporaneamente, grazie alla struttura robusta, scientificamente basata e consolidata della modellazione teorica messa a punto della prof. Montrasio, ampiamente applicata dal suo gruppo di ricerca Unipr sul territorio nazionale, diverrà possibile tener conto del contributo di interventi naturalistici, al fine di intervenire nella mitigazione dei rischi di innesco di soil-slip e nel rafforzamento dei pendii.