Una collezione privata di trattori e macchine agricole da fare impallidire per completezza e fascino. Decine e decine di macchine agricole completamente restaurate e perfettamente funzionanti che raccontano la storia della meccanizzazione agricola nel corso degli ultimi 90 anni.
di Virgilio Parma 28 febbraio 2016 - (Galleria immagini a fondo pagina)
Attraversare il portone che dà accesso alle tre nuovissime rimesse appollaiate sulle dolci colline di Siccomonte, è come attraversare la porta dello Stargate.
Un tuffo nel passato remoto dell'agricoltura, anche se alla fine sono trascorsi solo 90 anni. Decine di trattori d'ogni marca e dimensioni, verdi, grigi, azzurri, arancioni o rossi, una distesa di fiammanti gioielli da ammirare che, alla pari delle auto d'epoca, raccontano con orgoglio il loro trascorso in attività.
C'è la prima trebbia, una Laverda per intenderci, che fa bella mostra della appesa a una parete che sembra guardare dall'alto il mare di trattori posizionati a terra uno accanto all'altro come lo erano gli agricoltori in ogni piazza di un qualsiasi villaggio intenti a raccontarsi le novità e a scambiarsi merci.
C'è la trattrice a vapore con il suo allungato camino e il Mc Cormick del 1930 che bisbiglia con l'Oto Melara che a sua volta lancia un guanto di sfida al Fordson. L'antico Steyer e l'agile e piccola Fiat che fan bella mostra a fianco dei "Bull-Dog" e dei Fergusson ma anche i cingolati nostrani, che hanno portato la modernità sulle ripide pendici, affiancati agli imponenti Caterpillar che smuovevano invece le montagne mentre i primi le dominavano.
Ogni mezzo quindi rappresentava una specialità, ognuno era stato creato dall'ingegneria europea piuttosto che statunitense per assolvere al meglio a quei compiti che, prima di loro, erano assegnati a intere squadre di contadini.
Macchine inesauribili molte delle quali ancora si vedono lavorare nei campi a sfalciare l'erba piuttosto che a trascinare vecchi rimorchi sui quali sono stipati sacchi di fertilizzanti o cassette d'uva.
Sedili in ferro ammortizzati da balestre, grandi volanti e un paio di lunghe leve posizionate sotto lo sterzo, tre grossi pedali e un misero tachimetro era tutto quella di cui disponevano i pionieri della meccanizzazione agricola per governare queste macchine e farle volare tra i campi e il centro aziendale.
Zigzagando tra le decine di macchine agricole, non si ha la sensazione di essere all'interno di un salone museale bensì di una rimessa di attrezzature pronte a prendere il cammino al primo cenno del loro mecenate. Belle e pronte a tornare al servizio di Lamberto Marvasi, l'appassionato collezionista, che proseguendo la passione del padre, ha donato dignità e bellezza a questi straordinari pezzi che hanno contribuito a innalzare l'Italia a una delle più importanti potenze economiche e leader indiscussa in campo agroalimentare. Una sinergia uomo - macchina i cui risultati sono sotto l'occhio di tutti e motivo di invidia da parte delle altre nazioni anche ben più grandi e organizzate del nostro Paese.
Un tesoro, quello celato tra le dolci colline comprese tra Fidenza e Salsomaggiore che, almeno per ora, rimane nella disponibilità del proprietario o al massimo degli ospiti dell'agriturismo "Innsbruck" all'interno del quale la straordinaria collezione è ospitata.
Chissà che un giorno la collezione possa aprirsi al pubblico dei tanti appassionati alle radici della nostra cultura e un compendio didattico alla convenzionale formazione scolastica oltre che un ulteriore punto di interesse turistico locale.