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Cinque date, da domani, martedì 11, a sabato 15 febbraio. Un’occasione irripetibile per gli amanti del genere: Ray Gelato, uno dei massimi esponenti del mondo jazz, si esibirà al Blue Note di Via Borsieri a Milano per ben 5 date, con due spettacoli ogni sera. Il primo con inizio alle 21. Il secondo, alle 23 (il secondo spettacolo, venerdì e sabato, inizierà alle ore 23.30. Già sold out le prime serate di questi giorni).

CHI E' RAY GELATO

Per gli innamorati del jazz, questo nome è una garanzia. Grande show, musica divina e canzoni indimenticabili. Per chi si approccia al genere da poco, basta raccontare che Ray Gelato si è esibito in tutto il mondo, al Dubai International Jazz Festival, al Montreal Jazz Festival, a Philadelphia, Tampa, Chicago, Washington D.C., Los Angeles, al Ronnie Scott di Londra, alla Carnegie Hall, The Nice Jazz Festival, The Lugano Jazz Festival, San Sebastian Jazz Festival in Spagna così come all’Umbria Jazz (4 volte). In suolo inglese ha addirittura suonato dal vivo al matrimonio di Sir Paul Mc Cartney e a un party pubblico tenuto da sua Maestà, la Regina d’Inghilterra. Popolare in Inghilterra così come in Italia, è conosciuto in Florida e in tutti gli Stati Uniti come uno dei grandi interpreti del jazz. Oltre al suo sound ineguagliabile, Ray ha raggiunto grande notorietà in Italia grazie alla orchestra dei romagnoli “Good Fellas” che l’hanno voluto con loro in tournée nello show del trio comico “Aldo, Giovanni e Giacomo” (Tel chi el telun). 

LO SHOW 

Ray Gelato sarà accompagnato dagli immancabili The Giants e proporrà al pubblico una miscela contagiosa, spettacolare e irresistibile. La base sarà una musica anni ‘40 e ‘50 con influenze che vanno da Nat King Cole a Frank Sinatra, da Cole Porter a Louis Prima. A ciò si aggiungeranno brani della tradizione italiana, in special modo partenopea. Fred Buscaglione, il Quartetto Cetra, Renato Carosone, Alberto Rabagliati, Natalino Otto (un vero gigante del swing italico) e Jula (Iolanda) De Palma, infatti, sono artisti che hanno influenzato e contaminato il suo sound e il suo stile. Il tutto condito, ovviamente, da un’esecuzione impeccabile per una performance memorabile di musica swing & jazz e per una notte di divertimento che verrà ricordata dal pubblico. Ray è cresciuto sulle orme dei grandi dello swing, del jazz e del rock and roll. La base è tipicamente americana. Ray Gelato è anche un abile suonatore di sax  e ricorda, con il suo stile, fenomenali strumentisti del passato come Ben Webster (sua maggiore influenza al sax tenore), Coleman Hawkins , Illinois Jacquet e Eddie Lockjaw Davis.

IL BLUE NOTE 

L’atmosfera è quella di un elegante jazz club che dal 2003 è diventato il tempo della musica jazz nella metropoli lombarda. Non ci sono locali come il Blue Note nel territorio. Locali che sono in grado di far vivere concerti di estrema qualità, potendo vivere appieno la serata da ogni posizione della platea e della balconata. Ascoltare le esibizioni di artisti di fama internazionale con il massimo della qualità acustica: questo l’obiettivo del cuore pulsante della musica jazz, capace di regalare, grazie alla particolare struttura e alle dimensioni, il contatto diretto con i musicisti sul palco: una superficie di 1000 metri quadrati con 300 posti a sedere disposti su 3 diversi livelli. Una serata al Blue Note è anche l’occasione per poter vivere al meglio il binomio musica e cibo. Il servizio si effettua nella stessa sala dei concerti e offre una cucina semplice ma raffinata, con specialità italiane ed internazionali. Tutto questo e molto di più, regala ai clienti del Blu Note l’opportunità di entrare in un mondo parallelo, fatto di musica di alta qualità e atmosfere uniche. Da vivere e rivivere per tutti coloro che amano il jazz.

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Dal 14 gennaio fino al 30 aprile venti ristoranti di alta cucina del territorio lombardo offriranno la possibilità di gustare menù completi - antipasto, primo, secondo, dolce e bevande - a 60 euro.

Di Chiara Marando -

L’alta cucina apre le sue porte a un pubblico più ampio di appassionati e curiosi gourmet, attraverso un progetto che si ripete forte del successo ottenuto: con l’inizio dell’anno è uscita anche la nuova edizione della Guida INGruppo 2020, edita da Mediavalue.

Ecco, quindi, prendere forma sulle pagine della Guida la sempre attuale alleanza tra alcuni dei migliori ristoranti situati nel territorio lombardo, con lo scopo di far conoscere e assaporare la loro personale proposta culinaria attraverso questa tanto apprezzata iniziativa: un menù completo a prezzo fisso.

Sono 20 i ristoranti coinvolti, per un totale di 14 stelle Michelin complessive: 16 tra Bergamo e provincia, 1 nel territorio di Monza e Brianza, 2 a Milano e 1 in provincia di Sondrio. Nella lista anche due nuovi ingressi, e precisamente Impronte di Bergamo e Il Cantinone di Madesimo.

In sintesi, l’idea cultural/commerciale (come definita dagli ideatori stessi), iniziata il 14 gennaio, prevede che fino al 30 aprile (a esclusione di San Valentino e giorno di Pasqua) sia possibile prenotare, a pranzo e a cena, il proprio posto per gustare un menu completo di antipasto, primo, secondo, dolce, caffè, acqua e vino al costo prefissato di 60€ a persona. Unica eccezione, Da Vittorio, Enrico Bartolini Ristorante (tre stelle Michelin) e Sadler.

Una formula, divenuta vincente, che combina l’eccellenza a tavola con un prezzo che si può definire accessibile, il tutto senza limitazioni di età.

Come prenotare? Semplicemente chiamando direttamente il ristorante e specificando la volontà di usufruire dell’iniziativa INGruppo.

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Quella portata avanti dalla Guida INGruppo è una linea di azione che vuole mettere in luce l’importante ruolo culturale della cucina d’autore, avvicinando a essa una fascia di persone sempre più consistente. Per farlo ha scelto una duplice via: da una parte l’idea di questa azione concreta in accordo con i ristoranti interessati, dall’altra descrivendone le caratteristiche attraverso precise schede esplicative.

Questi i ristoranti coinvolti:

    Al Vigneto, a Grumello del Monte BG

    Antica Osteria dei Camelì *, ad Ambivere BG

    Casual Ristorante *, a Bergamo Alta

    Collina, Almenno San Bartolomeo BG

    Cucina Cereda, a Ponte San Pietro BG

    Da Vittorio ***, a Brusaoporto BG

    Frosio *, ad Almè BG

    Il Saraceno *, a Cavernago BG

    Impronte, a Bergamo

    La Caprese, a Mozzo BG

    Lio Pellegrini, a Bergamo

    LoRo *, a Trescore Balneario BG

    Osteria Della Brughiera *, a Villa d’Almè BG

    Posta, a Sant’Omobono Terme BG

    Roof Garden Restaurant, a Bergamo

    Tenuta Casa VIRGINIA (ex Villa Patrizia), a Petosino di Sorisole BG

    Enrico Bartolini al Mudec ***, Milano

     Sadler *, Milano

    Pomiroeu, a Seregno MB

    Il Cantinone *, a Madesimo SO

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L’annuncio a tutta la tribù del calcio è lanciato: da martedì 14 a domenica 19 gennaio al “Campo Teatrale, Snodo Creativo” di Via Casoretto 41/A a Milano, Gianfelice Facchetti racconterà il mondo del pallone mixando antropologia e ricordi, aneddoti e musica. E lo farà tramite uno spettacolo dal titolo, appunto, “La Tribù del Calcio”, spiegando come l’uomo si è trasformato da cacciatore… in calciatore. Il figlio di Giacinto, indimenticata bandiera dell’Inter di Helenio Herrera, utilizzerà tutto il percorso artistico e sportivo che negli anni ha costruito attraverso esperienze personali (di lettura e sul campo) per mettere in scena il suo nuovo spettacolo tratto dall’opera di Desmond Morris, autore del saggio “La scimmia nuda”: “C’è qualcosa di primitivo che parte da molto lontano. Il calcio è una caccia ritualizzata, metaforizzata in cui la porta diventa la preda. L’uomo con il tempo si è evoluto. Poi, nel 1800, compare la palla in Inghilterra. Da usare con le mani (nel rugby) o con i piedi (nel calcio). Inizia così, partendo dal saggio, il mio adattamento teatrale”.

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C’è tanto di suo in questo lavoro?

“Direi di sì. Per rendere più caldo il testo del saggio era necessario inserire qualche storia. Ho scelto racconti che infiammano tutt’ora anche me. In un certo senso, sento di essere da sempre nel racconto della vita del pallone e del calcio”.

Qualche esempio?

“Racconto retroscena della partita del Maracanà, la finale del mondiale 1950 tra Brasile e Uruguay, forse il dramma sportivo più grande mai vissuto dal popolo verdeoro. Una curiosità: Alcides Ghiggia, l’uomo che segnò il 2-1 per la Celeste, fu il primo avversario che mio padre affrontò all’esordio in serie A, tanti anni dopo”. 

Quali altri profili ha tratteggiato?

“Non poteva mancare Pelè, per me il più grande di tutti. Nella parte dello spettacolo dedicata al gol, momento culminante del gioco, parlo di lui e della finalissima contro l’Italia, nel 1970 in Messico”.

C’è anche una storia che riguarda il nostro territorio?

“Esattamente: nella tribù del calcio non ci sono solo i campioni ma anche coloro che hanno fatto un’onesta carriera e che, forse, avrebbero meritato di più. Sto parlando di Denis Bergamini, un calciatore di grande talento. Un ragazzo che, quando morì nel 1989, aveva puntati gli occhi delle grandi squadre. E chissà se, anche lui, sarebbe riuscito a entrare nel gruppo di Azeglio Vicini per i mondiali di Italia ‘90”.

Tanti racconti ma non solo.

“Con me sul palco ci sarà “La banda del fuorigioco”: abbiamo già lavorato insieme e li ho voluti ancora al mio fianco perché desideravo che la musica non fosse solo uno contorno allo spettacolo. Nella mia idea, voce e suoni si uniscono in una direzione di racconto ben precisa”.

Questa direzione è piaciuta all’autore del saggio?

“L’autore del saggio e la casa editrice hanno dato grande disponibilità nell’accettare la mia rivisitazione. Il teatro è effimero, basato su intuizioni rapide: è difficile barattarlo con troppe titubanze. Per questo voglio ringraziarli. Hanno avuto fiducia. Sono stati eccezionali”.

Pietro Razzini

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Poco meno di due settimane ancora a disposizione del pubblico. Fino all’ 8 dicembre il Teatro Manzoni di Milano ospiterà una strepitosa Angela Finocchiaro in “Ho perso il filo”. Lo spettacolo (prodotto da Agidi), dopo il successo al TeatroDue di Parma, tornerà nel nostro territorio il 21 marzo 2020, al Teatro Crystal di Collecchio (Pr). L’artista, sicuramente in veste inedita, regala una incontenibile ironia che sfocia in inevitabili risate da parte del pubblico in sala. Ma in questo lavoro, con testi di Walter Fontana e soggetti di Angela Finocchiaro, Walter Fontana e Cristina Pezzoli, c’è qualcosa di più: una commedia, una danza, un gioco, una festa. Lo spettacolo, infatti, svela un’importante messaggio morale: bisogna vincere le proprie paure e lanciarsi nelle situazioni che la vita ci mette davanti quotidianamente. La protagonista si mette alla prova con linguaggi espressivi mai affrontati prima e racconta un’avventura straordinaria: quella di un’eroina pasticciona e anticonvenzionale che parte per un viaggio, si perde, tentenna ma poi combatte fino all’ultimo il suo spaventoso Minotauro. 

LA STORIA - Angela entra in scena e affida agli spettatori un gomitolo enorme da cui dipende la sua vita: già perché vestirà i panni di Teseo, il mitico eroe che si infila nei meandri del Labirinto per combattere il terribile Minotauro. È qui che iniziano tutti i problemi: niente va come previsto. La Finocchiaro viene assalita da strane creature: acrobati, danzatori e spiriti dispettosi che le tagliano il filo che le assicurava la via del ritorno. Ora che ha perso il filo, il Labirinto le lancia un gioco, allegro e crudele per farle ritrovare la retta. Superando trabocchetti e prove di coraggio, con il pericolo incombente di un Minotauro affamato di carne umana, Angela viene costretta a svelare ansie, paure, ipocrisie che non sono solo sue ma che abbracciano il mondo di oggi.

LO SHOW - Lo spettacolo è un interessantissimo mix che vive del rapporto tra le parole comiche di un personaggio contemporaneo e la fisicità acrobatica, primitiva, arcaica delle creature del labirinto che agiscono, danzano, lottano con Angela provocandola come una gang di ragazzi di strada imprevedibili, spietati e seducenti. Lo spettacolo gioca sulla fantasia e sul mondo creato dalle luci e dalle musiche ma soprattutto dalle coreografie originali di Hervé Koubi danzate da sette ballerini che coinvolgono la Finocchiaro stessa in disegni coreografici d’insieme inseriti perfettamente nel contesto. La nostra eroina, dopo aver toccato il fondo, riuscirà a ritrovare il filo e con esso la forza per affrontare il Minotauro in un finale inatteso che si trasforma in una festa collettiva coinvolgente e liberatoria. Molto divertente il finale, in perfetto stile greco, con un sirtaki danzato dai ballerini e dalla brava protagonista, in un’esplosione di sincera allegria.

Pietro Razzini

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Dalla tv al teatro Manzoni. Dal 3 al 6 ottobre. Emilio Solfrizzi apre la stagione del cabaret di uno dei posti magici per il mondo dello spettacolo milanese con il suo “Il cotto e il crudo”. Scritto e diretto dall’attore pugliese e da Antonio Stornaiolo, con lui sul palco, “Il cotto e il crudo” andrà in scena con spettacoli serali a partire dalle ore 20,45. La domenica, anche alle 15,30.

L’IDEA

“Tutto il mondo è un palcoscenico e gli uomini e le donne sono soltanto attori. Hanno le loro uscite e le loro entrate e nella vita ognuno recita molte parti…”. Shakespeare in “Come vi piace” raccontava così il suo modo di leggere la vita, quasi a sottolineare che la quotidianità di ognuno di noi altro non è se non una sequenza di scene e controscene. Il teatro allora diventa il luogo ideale per parlare delle debolezze, ma anche delle straordinarie qualità del genere umano. Solfrizzi e Stornaiolo lo fanno con l’ironia e la leggerezza, attraverso dialoghi serrati, fraseggi comici, esilaranti calembour. 

LO SHOW 

Lo spettacolo propone in scena una coppia storica della comicità pugliese. E proprio la Puglia, come regione, come territorio ricco di attrattive, ma soprattutto come luogo dell’anima dove ritrovarsi, è tra le protagoniste della messa in scena. I due, infatti, racconteranno della sua profonda e positiva trasformazione negli ultimi anni. Dalla valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche allo sviluppo dell’industria cinematografica, fino ad arrivare al trionfo del turismo che ha fatto sì che oggi essa sia tra le mete più ambite al mondo. Vanteranno con orgoglio questi risultati, con un giusto rimando alla civiltà contadina ed ai ricordi d’infanzia.

Pietro Razzini

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 Jonathan Bazzi presenta il libro “Febbre” il 14 settembre a Parma.

Di Nicola Comparato Parma 8 settembre 2019 -Una vita passata tra incertezze e sofferenza, genitori separati, un padre assente, un quartiere degradato, un ragazzo timido, serio, balbuziente, studioso, dotato di una diversità che nel contesto lo rende speciale e che lo allontana dagli altri ragazzi di Rozzano.

Jonathan Bazzi, nato a Milano il 13 giugno 1985, omosessuale e per questo vittima di bullismo, un giorno, di colpo, comincia a stare male. La febbre non passa. Jonathan è preoccupato, si pone mille domande senza riuscire a trovare una risposta. Dopo varie visite e controlli arriva il verdetto. Jonathan ha l’HIV. Ma questo per Jonathan Bazzi non significa la fine. Per lui è solo l’inizio di qualcosa di nuovo, cominciando a vedere la sua malattia, non come un problema, ma come una caratteristica. L’HIV non guarda in faccia a nessuno, non è la malattia dei tossicodipendenti e degli omosessuali come molti ancora credono. Jonathan decide di non nascondersi, affrontando a testa alta la sua nuova caratteristica, al contrario di tante persone “normali” che vivono ogni giorno indossando una maschera. E lo fa nel migliore dei modi scrivendo “Febbre”, libro autobiografico edito da Fandango, un romanzo che diventa una macchina del tempo per il lettore e per l’autore stesso, ripercorrendo, pagina dopo pagina, la vita di Jonathan da quando era bambino fino ad oggi. Perché “Febbre” di Jonathan Bazzi non è solo un libro da leggere, “Febbre” è una storia da raccontare.

Qui le prossime date della presentazione del libro:

– 14 settembre Parma
Libreria Diari di Bordo – Libri Per Viaggiare con Ariase Barretta

– 19 settembre Bologna
Centro Commerciale Artigianale Pilastro con Valeria Alpi, Sandro Mattioli e IGOR Libreria

– 20 settembre Milano
Aids Running in Music (Parco Sempione)

Per maggiori informazioni la pagina Facebook di Jonathan Bazzi

https://www.facebook.com/lacongiuradeibazzi/ 

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Domenica, 04 Agosto 2019 07:35

Disagi per la chiusura di Linate

Como, Milano e Varese invase dall'inquinamento di Malpensa. Chiude Linate e l'aumento del traffico aereo a Malpensa provoca ripercussioni anche sul capoluogo lombardo. 

Nei capoluoghi lombardi delle province di Milano, Como, e in particolare a Varese è stato rilevato un notevole incremento dell'inquinamento fonico e si teme anche per quello atmosferico. Lo scalo varesino, come noto, gestirà per i prossimi tre mesi i voli da e per Linate, chiuso per un’importante ristrutturazione.

Tradotto in cifre si stima una crescita del 30% di decolli e atterraggi in un unico aeroporto, con già un incremento nella prima settimana di 600 mila passeggeri. Nel 1999 gli ambientalisti avevano manifestato contro l'inquinamento da traffico aereo, dove l'allargamento del corridoio delle rotte di avvicinamento proprio a Malpensa aveva provocato un aumento dell'impatto fonico. Tuttavia, ogni tentativo di evitare queste problematiche ambientali, a quanto pare, è risultato vano. Una lotta, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che oggi torna d’attualità più che mai, sui rischi in tutta la Lombardia occidentale dell’inquinamento atmosferico causato dagli aerei.

(3 agosto 2019)

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È in corso a Milano fino al 2 giugno, presso la Fondazione Sottazzani, la mostra World Press Photo 2019. Per il 25° anno consecutivo, la galleria di corso Como 10, presenta uno dei più prestigiosi premi di fotogiornalismo al mondo.

Il concorso è aperto ai fotografi provenienti da tutto il mondo che nel corso dell'anno precedente alla premiazione (2018), con creatività e competenza, abbiano fotografato un avvenimento o sviluppato un progetto di forte rilevanza giornalistica. Sin dalla sua fondazione nel 1955, il World Press Photo contribuisce alla storia del miglior giornalismo visivo mondiale.

I premi sono suddivisi in otto categorie distinte in “scatti singoli” e “storie”. Le categorie sono: Attualità (Contemporary Issues), Ambiente (Environment), Notizie Generali (General News), Progetti a Lungo Termine (Long-Term Projects), Natura (Nature), Ritratti (Portraits), Sport, Spot News.

Il prestigioso premio World Press Photo of the Year 2019 è stato assegnato al fotografo John Moore (Stati Uniti), nella categoria "Spot News" per la foto della bambina honduregna che piange ai piedi della madre fermata dalla polizia di frontiera tra Messico e Stati Uniti. Tra i sei finalisti candidati i fotografi anche il parmigiano Marco Gualazzini.

Mohammed Badra (Siria), nominato nella categoria "Spot News" con un’immagine che racconta la guerra civile siriana a Ghouta; l’italiano Marco Gualazzini nella categoria "Ambiente" sulla crisi idrica del lago Ciad; Catalina Martin-Chico (Francia / Spagna) nella categoria “Contemporary Issues” un’ex combattente delle FARC incinta dopo lo scioglimento del gruppo; Chris McGrath (Australia), nella categoria "Notizie generali" mentre trattiene la stampa dopo l’omicidio di Khashoggi a Istanbul; e Brent Stirton (Sudafrica), nella categoria "Ambiente" con la foto di una donna dell’unità antibracconaggio nel Parco naturale Phundundu in Zimbabwe.

Per la 62esima edizione del concorso fotografico, la World Press Photo Foundation ha introdotto un nuovo importante premio: il Premio Storia dell’anno (World Press Photo Story of the Year). Insieme alla Foto dell’anno, questo nuovo premio valuta la scelta delle immagini che compongono una storia e la loro sequenza. Lo ha vinto il fotografo Pieter Ten Hoopen (Paesi Bassi/ Svezia), finalista nella categoria "Spot News" per uno scatto sulla carovana dei migranti diretta dal Centro America negli Stati Uniti. Candidati finalisti sono stati i due italiani Marco Gualazzini, finalista nella categoria "Ambiente" con un reportage sulla crisi umanitaria del bacino del Ciad e Lorenzo Tugnoli, nella categoria "Notizie generali" con un reportage commissionato dal Washington Post sulla crisi umanitaria in Yemen.

Quest'anno, il concorso ha visto la partecipazione di 4.783 fotografi da 129 Paesi diversi che hanno presentato un totale di 78.801 immagini. Una giuria indipendente composta da esperti del settore e presieduta da Whitney C. Johnson, vicepresidente della sezione Esperienze Visive ed Immersive presso National Geographic, ha selezionato 43 candidati provenienti da 25 differenti nazioni: Australia, Belgio, Brasile, Canada, Repubblica Ceca, Egitto, Francia, Germania, Ungheria, Iran, Italia, Messico, Paesi Bassi, Norvegia, Filippine, Portogallo, Russia, Sud Africa, Spagna, Svezia, Syria, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti, e Venezuela. Tra questi vi sono 14 donne (32%), dato che rappresenta un significativo aumento rispetto al Photo Contest del 2018, che aveva il 12% di candidati donne.

Galleria fotografica a cura di Francesca Bocchia

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In occasione del Salone del Mobile di Milano, per il secondo anno, il celebre Vogue Italia cambia veste: otto stanze della redazione per altrettanti designer di rilevanza internazionale. Nell’ambito dell’evento “Life in Vogue” Jonathan Anderson, David/Nicolas, Rafael de Cárdenas/Architecture at Large, Ana Kraš, Massimiliano Locatelli, Pierre Marie, storagemilano, Studio Proba hanno reinterpretato magistralmente spazi e arredi della redazione di Piazzale Cadorna.

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Per l'occasione é stato allestito, inoltre, un guardaroba speciale che ripropone a 360 gradi quello utilizzato dalle modelle durante gli shooting da copertina.

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La sola esposizione di scarpe, delle griff più prestigiose, divise ordinatamente per colore può far predere la testa ad ogni donna!

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Inoltre, San Carlo é protagonista con un’istallazione che rivede in chiave contemporanea il concetto di Break Room. La designer tedesca, Alex Proba di Studio Proba, con sede a Brooklyn, ha trasformato lo spazio in un’area di sosta capace di dispensare non solo snack ma anche creatività, ponendo al centro della stanza un’esclusiva vending machine che distribuisce stile, non solo patatine!

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Foto a cura di Francesca Bocchia

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Come ogni anno in questo periodo, il design si impossessa della città di Milano. Durante le giornate del Salone del Mobile 2019, in corso presso Rho Fiera dall'8 al 14 aprile, tutta la città si anima con un ricco calendario di appuntamenti, eventi, mostre e migliaia di persone fra professionisti del settore e curiosi.  

Il Fuorisalone, nato spontaneamente nei primi anni '80 dalla volontà di aziende attive nel settore dell'arredamento e del design industriale, si dirama oggi in tutta la città, principalmente fra Brera, Tortona e Ventura. Un appuntamento che rappresenta il più importanee prestigioso legato al mondo del design su scala internazionale e che é capace di richiamare 400mila visitatori.

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Potete trovare inaspettate installazioni ovunque, persino negli spazi dell’Università Statale di Milano dove campeggia una gigantesca scritta 'Help', realizzata dalla designer Maria Cristina Finucci con 5 milioni di tappi di plastica.

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Foto a cura di Francesca Bocchia

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