Detto diversamente, la politica si risolve in un artificio cratologico imposto convenzionalmente per cui la sua realtà finisce per identificarsi con la sua effettività (Turco). Partecipare ad una festa dell'Unità, piuttosto che ad Atreju, è la stessa cosa dal momento che la passerella (il "farsi vedere") altro non fa che rimarcare questa prospettiva. In particolare, essa (la politica) si serve della regola democratica che ha natura procedurale, utilizzandola però come regola sostanziale e, dunque, "come verità della non verità".
Questo significa che la concezione moderna della politica implica, da parte dello Stato o di un ordinamento sovranazionale (pensiamo all'Unione Europea), il non riconoscimento di alcunchè di stabile e definitivo, il non riconoscimento di alcun principio. Lo Stato, in questo modo, si fa garante della non/verità come verità. Ora, mancando il criterio veritativo, l'ordinamento è costretto a riconoscere come valori (per natura modulabili secondo il noto insegnamento di Carl Schmitt (1888/1985)) tutte le opzioni, pervenendo in questo modo all'indifferentismo (diritto alla vita del concepito, ma al contempo il diritto della madre alla salute psico/fisica per cui, entro un dato termine, può interrompere volontariamente la gravidanza).
Pertanto, la banale discussione cui si assiste periodicamente, specialmente per la mancanza di temi da parte dell'imbarazzante Partito Democratico, sulla Costituzione "antifascista" è totalmente priva di rilievo.
La Costituzione italiana vigente del 1948 e tutte le altre Costituzioni "occidentali" non sono né fasciste, né antifasciste, ma semplicemente "anfibie", indifferenti a qualunque tipo di contenuto che non sia il continuo bilanciamento degli interessi in gioco (non sta, forse, in questo la "mitezza del diritto" per cui è anatema cristallizzarsi su "un'identità a priori"?). Operando all'interno di codesto contesto il ruolo dei partiti attuali è assolutamente inutile e perfettamente interscambiabile.
Eppure, la autentica politica è intrinsecamente caratterizzata dalla ricerca (non semplice e non banale) della verità dell'essere, perché, sulla scia dell'insegnamento di Aristotele (384 a.C./322 a.C.), è questa la vera condizione del formarsi di ogni società umana ed il fattore di equilibrio nel comprendere prima e nel realizzare poi il bene comune.
Solo la Verità impedisce l'anarchia e la nascita dei totalitarismi e degli autoritarismi (non certo le "piazze" di Schlein e Ladini). Solo la Verità garantisce il vero pluralismo delle realtà per quello che sono ontologicamente, nonché il perseguimento dei loro fini naturali.
Scrive l'evangelista Giovanni: "Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi" (cit. Gv 8, 31/32). È questa la Via maestra da seguire...
(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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