Giovedì, 26 Ottobre 2023 10:06

Aldo Moro, le Brigate Rosse e il Covo di Via Gradoli In evidenza

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Di Nicola Comparato Felino, 25 ottobre 2023 - Per comprendere appieno il mistero del "Covo di Via Gradoli" nel contesto del sequestro di Aldo Moro, dobbiamo iniziare con un'analisi delle Brigate Rosse (BR) e del loro ruolo nella storia italiana.

Le BR, un gruppo estremista di sinistra, fecero la loro comparsa alla fine degli anni '60 e divennero notoriamente radicali negli anni '70. La loro missione era rovesciare lo stato italiano e instaurare un regime comunista, un obiettivo che perseguirono attraverso una serie di attacchi, rapimenti e omicidi, spesso mirati a figure politiche e istituzionali.

Uno dei momenti più drammatici legati alle BR fu il rapimento di Aldo Moro nel marzo 1978. Moro, un influente politico italiano, fu preso in ostaggio mentre era presidente della Democrazia Cristiana e rimase prigioniero in un luogo sconosciuto per 55 giorni. Nonostante i frenetici sforzi del governo italiano per negoziare il suo rilascio, la vicenda ebbe un epilogo tragico con l'uccisione di Moro.

Ora, entriamo nel misterioso "Covo di Via Gradoli." Tutto ha inizio il 18 marzo, quando una residente del condominio di Via Gradoli 96, zona Cassia, segnala alle forze dell'ordine rumori sospetti provenienti da un appartamento. Gli inquirenti decidono di verificare questa segnalazione, ma, dopo un tentativo infruttuoso di accesso all'appartamento, si ritirano senza ulteriori indagini.

Ma qui entra in gioco il depistaggio. Il 2 aprile, a Bologna, tre professori dell'Università degli Studi, tra cui il noto Romano Prodi, decidono di condurre una "seduta spiritica" che fornisce un nome: "Gradoli." Il Professor Prodi riferisce questo nome alle autorità inquirenti senza neppure verificare se a Roma esista una Via Gradoli. Le forze dell'ordine, invece di consultare una mappa della città, scelgono di concentrare uomini ed energie nel rastrellamento del paese di Gradoli, situato nei pressi del lago di Bolsena, in un tentativo di seguire questa traccia.

Il 18 aprile, il mistero si infittisce quando emerge un comunicato delle Brigate Rosse, il numero 7, che dichiara la morte di Aldo Moro presso il "Lago della Duchessa." Questo documento si rivela essere un evidente falso, creato da Antonio Chicchiarelli, un noto criminale romano. Il medesimo giorno, i Vigili del Fuoco fanno irruzione nell'appartamento di Via Gradoli 96, precedentemente trascurato dalle forze dell'ordine a causa di una perdita d'acqua apparentemente inspiegabile. All'interno dell'appartamento vengono scoperte armi, targhe e documenti collegati alle Brigate Rosse. L'appartamento è intestato a un certo "Ing. Mario Borghi," ma ben presto si scopre che dietro questo pseudonimo si cela Mario Moretti, il capo delle BR e carceriere di Moro.

Il "Covo di Via Gradoli," quindi, rappresenta un tassello cruciale di questa intricata storia, in cui il depistaggio da parte delle Brigate Rosse e il loro tentativo di confondere le autorità rendono ancora più complesso il caso Moro. In questa intricata trama, si intrecciano politica, terrorismo e depistaggio, dando vita a uno dei momenti più oscuri e complessi della storia italiana.

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