Domenica, 18 Settembre 2022 07:39

Le dieci più incredibili forme di censura della storia In evidenza

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Nell’antica Roma i censori erano i magistrati incaricati di vigilare sulla condotta dei cittadini.

Di G. Middei Roma, 16 settembre 2022 (Quotidianoweb.it) - Nel Medioevo e durante la Controriforma, la censura si concentrava principalmente su idee e dottrine religiose.

Nei secoli successivi la censura diventò uno strumento di controllo politico, militare, sociale.

Governi e istituzioni non andarono troppo per il sottile, censurando e mettendo al bando tutto ciò temevano minacciasse lo status quo.

Opere d’arte, romanzi, film, canzoni, perfino passi della Bibbia… la censura non ha avuto riguardo per niente e per nessuno.

Il Concilio di Nicea rappresentò la più vasta e sistematica forma di censura dell’Antichità.

Nel corso di questa santa riunione venne deciso a tavolino quali dottrine, quali interpretazioni dei testi sacri fossero giuste e quali no. 

Il Giudizio Universale di Michelangelo: ebbene sì, una delle opere d’arte più famose della cristianità venne censurata. 

All’epoca della sua realizzazione, le accuse d’immoralità piovvero su Michelangelo sia dall'interno sia dall'esterno della corte papale.

Quei corpi nudi, con i genitali in evidenza, dalla fisicità plastica urtarono la sensibilità di molti.

Ma soprattutto non vi era una netta differenziazione fisica tra santi e dannati e questa venne giudicata una vera e propria eresia.

Alla fine, la Congregazione del Concilio di Trento dispose la copertura di ogni oscenità nel Giudizio, compito che venne affidato a Daniele da Volterra che passò alla storia con il soprannome di "Braghettone". 

Per lo stesso motivo anche il dipinto la Morte della Vergine di Caravaggio venne rifiutato.

Il realismo terreno con cui Caravaggio aveva ritratto la Vergine fu giudicato osceno.

Caravaggio fu uno dei pittori più contestati della storia, i soggetti dei suoi dipinti che non sono idealizzati o abbelliti ma ritratti in modo straordinariamente realistico, con una fisicità schietta, “boccaccesca” che non sempre incontrò l’approvazione della Chiesa.

La Dolce vita di Fellini: pensate che una delle pellicole più iconiche della storia del cinema, all’uscita nelle sale ricevette aspre critiche da parte della Chiesa cattolica, che vide nel capolavoro di Fellini una mera apologia del libertinaggio.

Pochissimi gli intellettuali e i critici che difesero il grande regista, ma del resto il coraggio e l’onestà intellettuale sono sempre stati merce rara.

Ad ogni modo il capolavoro di Fellini fu ritirato dalle sale per qualche tempo. Il casus belli? Ragioni di ordine pubblico.

Stessa sorte toccò ad Arancia Meccanica che fu oggetto di censure e divieti negli Stati Uniti.

La violenza che la pellicola mostra dovette urtare la sensibilità di molti ben pensanti, che nella loro utopia di un mondo perfetto, all’apparenza almeno, ignorarono le profonde riflessioni sul libero arbitrio che l’opera di Kubrick sollevava.

Cartellino rosso anche per Le avventure di Huckleberry Finn del buon, vecchio Mark Twain.

Questo classico della letteratura dell’infanzia è finito nel mirino del polemicamente corretto e della cancel culture. Il motivo? È stato accusato di razzismo e l’uso della parola nigger è bastato per far declassare il buon vecchio Mark Twain a scrittore diseducativo.

Per gli stessi motivi, sul buon suolo statunitense, anche Il buio oltre la siepe è stato bandito dalle scuole.

Cartellino giallo invece per la canzone dei Nomadi “Dio è morto”. La canzone scritta da Guccini venne oscurata dalla Rai ma non da Radio Vaticana.

Per parlare di tempi moderni, i dipinti di Rubens sono stati oscurati dal più popolare e intransigente dei social network: Facebook.

Facebook nel 2018 ha ritenuto opportuno censurare i dipinti del maestro fiammingo promossi dall’Ufficio del turismo delle Fiandre.

Le formose donne e i paffuti cherubini di Rubens sono stati derubricati dall’algoritmo come materiale pornografico.

La querelle è ancora aperta, perché in tema di censura la creatura di Zuckerberg non va tanto per il sottile e molti si domandano quanto sia giusto affidare a un algoritmo la decisione di oscurare determinati contenuti.

Infine, proprio in questi ultimi mesi, nella nostra bella Italia leggere e parlare di Dostoevskij è stato giudicato sconveniente.

Allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, si era pensato bene di mettere al bando Dostoevskij. Paolo Nori, autore di “Sanguina ancora” si vide cancellare dal rettore della Bicocca la lezione su Dostoevskij.

Dostoevskij, condannato a morte e graziato sul patibolo, perché coinvolto con un gruppo di dissidenti sgraditi allo zar, un gigante della letteratura, forse il più grande romanziere di tutti i tempi, sacrificato oggi sull’altare del politicamente corretto.

La letteratura viene censurata perché non si comprende il messaggio che ha voluto trasmetterci o perché lo si comprende fin troppo bene.

I libri dopo tutto insegnano a pensare.

E il pensiero è sempre pericoloso: può svergognare i governi, far scoppiare rivoluzioni o semplicemente mettere a nudo i pregiudizi e l’ipocrisia dei benpensanti.

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