Ai primi di settembre la firma di un protocollo condiviso. Gualmini: "Un patto di convivenza civile con i nostri cittadini". L'attività di volontariato è legata a obiettivi di pubblica utilità e non è prevista alcuna remunerazione. Reciprocità e scambo di esperienze per promuovere l'integrazione.
Bologna – La Giunta regionale ha definito un protocollo d'intesa sulle attività di volontariato che i richiedenti asilo possono svolgere nelle comunità dell'Emilia-Romagna. Il documento, che verrà sottoscritto e presentato ufficialmente ai primi di settembre, è stato preparato insieme ai Comuni, ai Prefetti e alle forze sociali più rappresentative, sindacati e Terzo settore.
Le linee guida della Regione si basano su alcuni punti molto chiari: primo, l'attività di volontariato è legata a obiettivi di pubblica utilità (pulizia strade e sentieri, cura di parchi e giardini pubblici, etc.) a favore dell'intera comunità dei diversi territori; secondo, non è prevista nessuna forma di lavoro retribuito che non sia legalmente realizzabile in assenza dei permessi di soggiorno; terzo, reciprocità e scambio di esperienze per promuovere un'integrazione efficace e quanto più possibile priva di tensioni.
"Abbiamo giocato di anticipo e ora i Comuni sono pronti a partire in una logica di reciprocità e di positiva convivenza civile – commenta l'assessore al Welfare e vicepresidente della Regione, Elisabetta Gualmini -. Avevamo ben chiaro che nel periodo in cui i migranti aspettano la conclusione dell'iter di rilascio dei permessi è opportuno e persino consigliabile predisporre iniziative di integrazione sociale e di effettivo inserimento nelle comunità di cittadini emiliano-romagnoli, che si trovano a convivere da un giorno all'altro con le persone che sbarcano sulle nostre coste".
"Abbiamo detto più volte che noi non rinunciamo ad accogliere e che non sbattiamo le porte in faccia a chi rischia di morire nei nostri mari – continua l'assessore Gualmini -. Sia chiaro che la vita umana ha lo stesso valore indipendentemente da dove si nasce. Questo non vuol dire accogliere tutti ma mettere in piedi con senso di responsabilità e spirito pragmatico un sistema di accoglienza serio, quanto più possibile privo di ricadute insostenibili per sindaci e cittadini".