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Di Mario Vacca Parma, 7 aprile 2019 - Per ciascuna delle procedure prese in esame e richiamate nel precedente articolo, il piano attestato di risanamento – ex art. 67 – l'accordo di ristrutturazione dei debiti – ex art. 182-bis – ed il concordato preventivo – ex art 160 - è opportuno tenere conto di una serie di vantaggi e svantaggi, che possono indurre un'impresa in stato di necessità a ricorrere ad uno strumento piuttosto che ad un altro o addirittura anche a più strumenti. Nelle Linee-Guida per il finanziamento alle imprese in crisi, si afferma: "L'impresa può infatti iniziare trattative "protette" verso un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'art. 182-bis, commi 6° e 7° (supra, par. 1.3), e passare ad un concordato preventivo (conservando gli effetti protettivi sul proprio patrimonio) se lo strumento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti si rivelasse inidoneo (art. 182-bis comma 8° )."
Il vantaggio comune alle tre procedure è rappresentato dalla possibilità, in caso di successivo fallimento, di esenzione da revocatoria fallimentare per gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere durante l'esecuzione dei piani.
L'Accordo di ristrutturazione dei debiti
Gli Accordi di Ristrutturazione dei Debiti sono uno strumento flessibile disciplinato dalla legge come mezzo di risanamento. L'impresa in crisi vi ricorre quando vuole ridurre la propria esposizione debitoria e tentare il risanamento. Il comma 1 dell'art. 182-bis L.F. prevede che l'imprenditore in crisi può domandare "l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il settanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lett. d) sull'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei"
Il contenuto dell'accordo con i creditori aderenti, anche di natura tributaria e previdenziale, è liberamente determinabile mentre a quelli non aderenti si deve assicurare l'integrale pagamento nei termini fissati dalla legge. Nel tentativo di raggiungere un accordo, che potrebbe durare anche del tempo, l'impresa può fare richiesta di pre-accordo al fine di ottenere l'applicazione "anticipata" delle tutele previste.
La tesi prevalente riconosce all'accordo di ristrutturazione una natura privatistica: si tratterebbe di un accordo tra privati che, se concluso nel rispetto di determinate regole di procedimento, produce gli effetti particolari previsti dalla legge, pertanto il legislatore ha valorizzato il ruolo dell'autonomia privata, mediante la previsione di una procedura semplificata a carattere stragiudiziale sfociante in un accordo, stipulato dal debitore con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, la cui efficacia è garantita dal provvedimento di omologazione del Tribunale.
Stante il carattere contrattuale dello stesso, il regolamento in esso previsto vincola esclusivamente i creditori che vi abbiano aderito. Per quanto concerne, gli altri creditori, la legge prevede, come requisito stesso di attuabilità dell'accordo , la sua idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei escludendo in tal modo qualsiasi effetto remissorio del loro credito.
L'accordo si ritiene privato anche in ragione del fatto che non determina l'apertura del concorso dei creditori sul patrimonio dell'impresa, non vi è l'obbligo di rispettare la par condicio tra i creditori e non è nominato alcun organo che rappresenta la massa dei creditori, non ha una efficacia vincolante verso tutti i creditori e quindi solo nei confronti degli aderenti.
Al contrario del piano di risanamento, la procedura dell'accordo è soggetta a pubblicità ed infatti, ha efficacia dalla data di pubblicazione sul registro delle imprese.
di Mario Vacca Parma 31 marzo 2019 - Alla fine la riforma del diritto fallimentare è giunta al traguardo e sostituisce uno dei regi decreti più noti tra quelli ancora in vigore. La prima parte contiene gli articoli sul codice della crisi e dell'insolvenza, la seconda modifiche al codice civile, la terza garanzie per gli acquirenti di immobili da costruire la quarta disposizioni finali e transitorie. I principali obiettivi sono stati quelli di agevolare il risanamento dell'impresa in crisi valorizzando gli accordi negoziali per tutelare il valore aziendale e i livelli occupazionali.
Di seguito si identificano gli strumenti messi a disposizione dal legislatore, considerando che l'intento è stato quello di evitare il ricorso a procedure liquidatorie e/o fallimentari da parte dei soggetti in crisi e quindi – come evidenziato poc'anzi - tutelare il valore aziendale e i livelli occupazionali.
Sono previste tre diverse procedure, tutte finalizzate alla gestione e al superamento dello stato di crisi delle imprese. Elemento comune è che l'impresa rappresenti un piano di risanamento credibile con il quale si individuino le cause, si analizzino le possibili alternative e delineino con precisione le strategie e gli interventi fondamentali che dovranno guidare l'impresa per superare le difficoltà.
Le procedure appena richiamate sono le seguenti:
piano attestato di risanamento (ex art. 67 , L.F.);
accordo di ristrutturazione dei debiti (ex art. 182-bis , L.F.);
concordato preventivo (ex artt. 160 ss. L.F.).
Il piano attestato di risanamento – di cui ho parlato in un precedente articolo - e gli accordi di ristrutturazione dei debiti non possono essere annoverati tra le procedure concorsuali al pari del concordato preventivo; spesso ritenuti "minori" poiché trattasi di strumenti nella mani dell'imprenditore per risanare l'impresa e riportarla in equilibrio attraverso una serie di operazioni strategiche senza che vi sia un vero e proprio controllo del tribunale; il piano attestato di risanamento non prevede l'intervento del tribunale e non è soggetto ad alcun regime pubblicistico, l'accordi di ristrutturazione viene pubblicato al registro delle imprese ma vede il coinvolgimento del tribunale soltanto nella fase finale dell'omologazione, mentre il concordato preventivo vede il tribunale operare quale organo della procedura sin dall'inizio ed ovviamente la stessa è pubblicata in camera di commercio.
Non sempre queste tre procedure sono alternative tra loro ma è comunque possibile individuare caratteristiche fondamentali comuni:
presupposto soggettivo: possono accedervi le imprese (siano imprenditori individuali o società commerciali) ritenute fallibili; Ricordo che non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
1. aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
2. aver realizzato, nei tre esercizi antecedenti ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
3. avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
presupposto oggettivo: sussistenza dello stato di crisi per il piano attestato di risanamento e dello stato di crisi o insolvenza sia per gli accordi di ristrutturazione dei debiti sia per il concordato preventivo;
tutele e limitazioni all'azione revocatoria: l'art. 67, comma 3 , lett. d), L.F. sottrae all'ambito dell'azione revocatoria una serie di atti sulla base della loro inerenza al piano di risanamento. Non sono quindi applicabili le disposizioni in materia di bancarotta semplice e preferenziale a pagamenti e operazioni compiuti in esecuzione di un piano attestato o di un accordo di ristrutturazione omologato. È quindi opportuno che il piano preveda con un elevato grado di dettaglio gli atti da compiere;
piano attestato da parte di un professionista indipendente incaricato dal debitore. Il professionista incaricato della redazione della relazione giurata, oltre a possedere i requisiti indicati dall'art. 28 , lett. a) e b), della L.F. deve essere iscritto nel registro dei revisori legali. L'attestatore deve inoltre possedere tutti i requisiti di indipendenza e professionalità ai sensi dell'art. 2399, c.c. "e non deve, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, in pratica deve essere completamente indipendente. L'attestazione suppone la verifica della veridicità dei dati aziendali, la concretezza del piano affinchè sia idoneo a risanare le posizioni debitorie e a garantire il riequilibrio della situazione economico-patrimoniale.
di Mario Vacca Parma 24 marzo 2019 - Tra le procedure che mirano a dare una soluzione allo stato di crisi di un'impresa attraverso la regolamentazione con i rapporti con i fornitori troviamo i Piani di risanamento disciplinati dall'art. 67 ex legge fallimentare.
Il piano di risanamento – detto comunemente piano attestato - è ritenuto uno strumento concorsuale "Minore" in quanto è uno strumento nella mani dell'imprenditore per risanare l'impresa e riportarla in equilibrio attraverso una serie di operazioni strategiche - se non straordinarie - senza che vi sia un vero e proprio controllo del tribunale come avviene con le altre procedure e si differenzia anche perché non è soggetto ad alcun regine pubblicistico. Possono farvi ricorso tutti gli imprenditori potenzialmente assoggettabili alla procedura del fallimento; il presupposto soggettivo per ricorrere al piano di risanamento è rappresentato dalla condizione di imprenditore commerciale soggetto a fallimento ai sensi dell'articolo 1 Legge fallimentare.
La ratio dell'istituto è quello di salvaguardare gli atti posti in essere in esecuzione di un piano di risanamento credibile e quindi di garantirli dall'azione revocatoria fallimentare salvaguardando, in questo modo, i nuovi rapporti economici tra l'impresa e i suoi fornitori, clienti, collaboratori e finanziatori che agiscono in modo attivo nell'operazione di risanamento, dagli effetti dell'eventuale successivo fallimento dell'imprenditore.
Il piano attestato di risanamento deve avere due caratteristiche sostanziali per poter godere della protezione prevista dal legislatore, deve permettere il risanamento dell'impresa, sia dal punto di vista dell'esposizione debitoria che dal punto di vista della situazione finanziaria, e deve essere attestato da un professionista indipendente che accerti la veridicità dei dati e la fattibilità del piano. Il documento dovrà identificare ed esporre nei termini più precisi possibili le operazioni che l'imprenditore intende porre in essere quando la crisi aziendale è ancora reversibile ed è ancora possibile ripristinare gli equilibri economici e finanziari che garantiscono la continuità aziendale.
L'obiettivo cui mira l'imprenditore tramite il piano e il relativo accordo è ottenere il consenso dei partners in merito all'opportunità di garantire la continuità aziendale e al relativo programma economico-finanziario. Si potrebbe affermare che per il risanamento dell'esposizione debitoria si intenda:
- Riduzione dell'entità dei debiti;
- Rimodulazione e rinegoziazione delle scadenze;
- Rinegoziazione delle condizioni, e dei tassi di interesse;
- Rimodulazione degli strumenti finanziari;
La credibilità del piano passa anche per la previsione di un cambio – o un affiancamento – del vecchio management - che potrebbe essere imputato come l'attore stesso della crisi – con un manager di comprovata esperienza che, sarà affiancato da un Advisor ( che costruisce le linee guida del piano e lo negozia con i creditori), dal legale, che rende conforme il piano alle normative, dai consulenti (commercialista e consulente del lavoro) ed infine dall'attestatore che valuta il piano e ne attesta la veridicità.