Roma 25 giugno 2020 - Sviluppare una specifica metodologia della consulenza tecnica psicologica in tema di violenza domestica nei procedimenti giudiziari per l'affido dei figli nei casi di separazione. È lo scopo del Protocollo Napoli, il documento deliberato dal consiglio dell'Ordine degli Psicologi della Campania e nato per fornire linee guida, concettuali e metodologiche, volte a garantire la tutela psicofisica dei minori e delle loro madri che hanno vissuto situazioni di violenza domestica, a professionisti ed esperti chiamati dai giudici civili e minorili a relazionare nei tribunali come consulenti.
Il focus del protocollo e' stato presentato ieri pomeriggio - con la conduzione di DireDonne, che da mesi porta avanti l'inchiesta dedicata alle mamme coraggio - da Elvira Reale, Caterina Arcidiacono, Antonella Bozzaotra, Gabriella Ferrari Bravo ed Ester Ricciardelli nel corso del webinar 'Protocollo Napoli. La nuova frontiera della consulenza psicologica in caso di violenza' alla presenza della ministra per le Pari Opportunita' e la Famiglia, Elena Bonetti, e della senatrice e presidente della Commissione parlamentare d'inchista sul femminicidio, Valeria Valente, che hanno plaudito all'iniziativa.
Due i pregiudizi che stanno "alle spalle del protocollo - spiega Reale, responsabile scientifica dell'associazione Salute donna e centro Dafne di Napoli e consulente della Commissione femminicidio - La valutazione che non si possa parlare di violenza se non dopo l'accertamento nel penale al terzo grado di giudizio" e il "mal interpretato diritto alla bigenitorialita'. Il civile - spiega l'esperta - ha un suo procedimento accertatorio, che puo' utilizzare strumenti probatori specifici e ha come obiettivo la tutela dei minori dai pregiudizi sulla loro salute e sicurezza. Quindi, come consulenti - sottolinea- possiamo parlare a buon diritto di violenza domestica all'interno di questi procedimenti". In piu', per la psicologa e' fondamentale considerare la genitorialita' sulla base dell'articolo 30 della Costituzione come "dovere-diritto", per cui "hai diritto solo se hai compiuto il tuo dovere di cura del minore". Non si tratta, quindi, "di un diritto primario, perche' la relazione con i genitori non e' uno strumento ma un fine". Per questo, individuare la bigenitorialita' come "principio cardine attorno a cui far ruotare i procedimenti" porta a "considerare un buon genitore quello che favorisce l'accesso del figlio all'altro genitore" e a tagliare di fatto fuori "le vittime di violenza domestica".
Per ribaltare gli esiti di procedimenti che vedono spesso l'allontanamento forzoso dei minori da madri che hanno denunciato violenza domestica, le linee guida elaborate a partire dall'esperienza in centri antiviolenza e case rifugio dalle psicologhe campane suggeriscono di: valutare la presenza della violenza domestica nei confronti della madre in connessione con quella assistita dai minori; sollecitare gli esperti a un approfondimento del disturbo post-traumatico da stress, "tra i piu' implicati in casi di abusi e violenze"; promuovere la distinzione tra intervento psicologico valutativo e trattamento, senza fare di consulenze tecniche luoghi di "trasformazione della separazione conflittuale in separazione pacifica, stravolgendo le finalita' della consulenza dal punto di vista del diritto". E ancora promuovere: l'ascolto del minore, mettendo al primo posto la sua sicurezza ('Safety first'); il dovere-diritto alla
genitorialita' (art. 30 della Costituzione); l'adesione solo ai costrutti scientifici validati, superando l'utilizzo delle teorie della Pas o della 'madre malevola'; e modalita' di affido che non alterino le abitudini di vita del minore e non ricorrano a strumenti di costrizione.
Fondamentale il richiamo ai ruoli e ai limiti dell'esperto, che per il protocollo deve essere specificamente preparato sul tema della violenza domestica e dell'elevata conflittualita'. Un aspetto che ha trovato d'accordo il presidente dell'Ordine nazionale degli Assistenti sociali, Gian Mario Gazzi, convinto della necessita' di attivare "percorsi specifici" che aiutino i professionisti "a intervenire in situazioni che non sono lampanti" anche riformando i percorsi formativi dei professionisti; e Fulvio Giardina, past president dell'Ordine nazionale degli Psicologi, che ha proposto di cambiare questa formazione "in termini di specializzazione e non piu' di master", perche' "ormai la complessita' e' rilevante", sottolineando l'importanza della figura dello psicologo nei centri antiviolenza.
E il tema della violenza sulle donne e' ormai una delle priorita' affrontate a livello mondiale da questa categoria di professionisti, ricorda David Lazzari, presidente dell'Ordine nazionale degli Psicologi, che ha segnalato "il manifesto Psicologi uniti in tutto il mondo per agire contro la violenza domestica", partito dall'associazione di categoria statunitense e "recepito anche in Italia".
Nato dalla collaborazione tra universita', servizi sociali e psicologhe, il Protocollo "e' stato il primo atto approvato dal Comitato dopo l'insediamento- ha ricordato Angela Maria Quaquero della Commissione Pari opportunita' dell'Ordine nazionale Psicologi- e questo la dice lunga sull'importanza attribuita all'argomento". Il protocollo Napoli, considerato dalla giudice penale del Tribunale di Roma, Paola di Nicola, "uno strumento che consentira' alla magistratura di crescere davvero", e' stato salutato positivamente anche dalla presidente del Consiglio nazionale Forense, Maria Masi, e dal presidente della Sezione Civile Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Raffaele Sdino, che nei casi di violenza domestica ha invitato i giudici civili ad "abbandonare l'idea della conflittualita' e scegliere senza tentennamenti", perche' "non credo che un uomo violento possa neanche lontanamente svolgere una funzione genitoriale".
Rilanciare in un'ottica nazionale la "buona prassi" del Protocollo Napoli e' il prossimo passo a cui stanno lavorando le sue promotrici, che hanno invitato le altre realta' professionali ad adottarlo, favorendo "la formazione dei propri iscritti. Chiediamo alla ministra Bonetti di istituire un tavolo tecnico interministeriale e interistituzionale sui temi promossi dal protocollo - conclude Bozzaotra- e alla presidente della Comissione femminicidio di promuovere la sorveglianza e il monitoraggio alle sentenze di affido dei minori in caso di violenza".
VIOLENZA DONNE. D.I.RE.: PROTOCOLLO NAPOLI IMPRESCINDIBILE PER PSICOLOGI E CENTRI
"Il Protocollo Napoli e' un passo avanti importante nel riconoscere la violenza domestica e la violenza assistita come fenomeno specifico, perche' bisogna assolutamente evitare la trasformazione delle donne che hanno subito violenza in pazienti che devono essere curate secondo un approccio clinico generico, che non tiene conto degli effetti propri della violenza di genere", afferma Luisanna Porcu, consigliera e referente del Gruppo psicologhe di D.i.Re - Donne in rete contro la violenza. Il Protocollo Napoli precisa chiaramente che "gli psicologi non specificamente addestrati possono ignorare o minimizzare la violenza e attribuire inappropriate etichette di patologia alle risposte delle donne alla vittimizzazione cronica".
"Sappiamo bene che i tribunali civili riducono tutto al conflitto e, non riconoscendo la violenza, pongono le due figure genitoriali sullo stesso piano neutralizzandone gli effetti e punendo la donna- sottolinea Daniela Fevola, consigliera D.i.Re per la Campania, regione dove il Protocollo Napoli comincia a essere usato- Con il Protocollo Napoli CTU e CTP devono tenere conto della violenza domestica e della violenza assistita dai/lle minori nella valutazione della capacita' genitoriale, e dunque rappresenta un utile strumento per i centri antiviolenza al fine di vedere riconosciuti i diritti delle donne sanciti anche dalla convenzione di Istanbul".
Giustamente, sottolinea Porcu, il Protocollo Napoli evidenzi "una necessita' generale- che in caso di violenza domestica diviene centrale- e cioe' che siano sempre separati l'intervento clinico-trasformativo e l'intervento forense-valutativo", perche' "la finalita' clinicotrasformativa nei fatti, evolve frequentemente in una prospettiva di mediazione che, in caso di violenza domestica, la Convenzione di Istanbul vieta
esplicitamente".
"Le psicologhe dei centri antiviolenza D.i.Re non lavorano per una trasformazione del se', bensi' per una realizzazione del se'- spiega Porcu- e questo esclude, come fa la Convenzione di Istanbul, la
possibilita' di una mediazione che equipara donne che hanno subito violenza ai loro maltrattanti. Occorre una formazione adeguata delle CTU e CTP e di tutte i/le professonisti/e che a vario titolo entrano in contatto con situazioni di violenza domestica e assistita, come ribadito continuamente da D.i.Re e sottolineato dal GREVIO nel suo Rapporto sull'applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia- aggiunge Porcu- Questo e' un elemento chiave del Protocollo Napoli ma non puo' essere delegata unicamente a professionisti/e della formazione che non hanno adicamento reale nell'esperienza della fuoriuscita dalla
violenza, come invece e' il caso delle esperte che lavorano nei centri antiviolenza della rete D.i.Re, che su questo hanno costruito negli anni un corpus di saperi ed esperienze fondamentale".
"Il Protocollo Napoli andrebbe certamente diffuso- afferma Daniela Fevola, consigliera D.i.Re per la Campania- perche' ha il merito di far emergere i diversi livelli di responsabilita' in caso di violenza ed e' uno strumento contro la vitimizzazione secondaria".
"L'esperienza e professionalita' di D.i.Re e' un patrimonio imprescindibile per chi vuole attuare il Protocollo di Napoli, senza la quale potrebbe non essere davvero utile alle donne che subiscono violenza e ai/lle bambini/e che alla violenza assistono- conclude Porcu- Per questo D.i.Re definira' dei moduli di formazione specifici da proporre a tutte le universita' e scuole di specializzazione in psicologia, affinche' l'esperienza acquisita dai centri antiviolenza in quasi 40 anni di attivita' diventi elemento centrale delle competenze necessarie per attuare il Protocollo Napoli".
VIOLENZA DONNE. VALENTE: PROTOCOLLO NAPOLI SIA MODELLO PER ALTRI ORDINI
INDAGINE COMMISSIONE FEMMINICIDIO SU PAS, "PRESENTEREMO DOCUMENTO A PARLAMENTO"
Il Protocollo Napoli "e' prezioso, un'esperienza davvero unica, ed e' particolarmente importante che questo impegno venga dalla categoria professionale degli psicologi, un anello particolarmente delicato di questa partita. Ringrazio le psicologhe di Napoli per questo protocollo che mi auguro possa essere preso a modello dagli altri ordini professionali". Cosi' la senatrice e presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, Valeria Valente, intervenendo al webinar 'Protocollo Napoli. La nuova frontiera della consulenza psicologica nei casi di violenza sulle donne'. "Come Commissione d'inchiesta abbiamo deciso di indagare ed aggredire questo fenomeno e vogliamo scrivere e adottare un documento da presentare al Parlamento per dire parole chiare, definite, certe, su tutta la partita", ricorda Valente, che
rispetto alla mancata valutazione della violenza domestica nell'ambito dei processi di affido dei minori nei casi di separazione parla di "una forma di vittimizzazione secondaria.
Per me il discrimine e' la violenza- sottolinea- Quando c'e' violenza all'interno di una relazione di coppia tutto va letto in un determinato modo, le scelte di giudici e avvocati devono andare in una certa direzione, si deve applicare la Convenzione di Istanbul".
Per la presidente della Commissione femminicidio anche la violenza assistita subita dai minori nei casi di maltrattamento delle madri "e' una violenza diretta, che va perseguita e punita" e il maltrattante "va allontanato da donna e minori. Nessuno mi convincera' mai che un uomo violento nei confronti di una madre possa essere un buon padre". Sono diversi "gli strumenti per intervenire" prima del terzo grado di giudizio penale: "I giudici civili- ricorda Valente- hanno la possibilita' di verificare in tanti modi se c'e' violenza in un contesto di coppia, basta ascoltare i vicini, i figli e non
valutare il rifiuto nei confronti dei papa', non ritenerli
alienati, malati e da curare. Dobbiamo chiedere che penale e
civile dialoghino di piu'", chiedere maggiore "competenza degli
operatori nel leggere la violenza", che siano in grado di
"distinguerla dal conflitto, ascoltare la donna senza pregiudizi
e crederle", e, quindi, "applicare le norme giuste. Con
l'indagine che stiamo conducendo da mesi abbiamo analizzato
fascicoli e carte, per capire come il civile ragiona con i
minori, come vengono ascoltati. Mi auguro che alla fine avremo
tutti gli elementi per dire che l'alienazione parentale non
esiste come sindrome, ma anche che non e' possibile considerare
una donna vulnerabile dopo anni di violenza una cattiva madre".
Conclude Valente: "Non si puo' pretendere di giudicare quella
madre e quel minore e anteporre il diritto del padre a mantenere
un rapporto con lui, alla tutela del minore stesso dalla violenza
e alla sua volonta' di allontanarsi. Il nostro impegno come
Commissione e' dire parole chiare. Non possiamo ammettere che
un'ulteriore forma di violenza possa essere compiuta dallo Stato,
dal giudice attraverso consulenze errate, per un'incapacita' di
leggere la violenza per quello che e'".
IOLENZA DONNE. CAMPANIA, ASSESSORA MARCIANI: PROTOCOLLO NAPOLI BUONA PRASSI
"SCRIVEREMO CON ASSOCIAZIONI LINEE DI ATTUAZIONE E PROGRAMMAZIONE RISORSE"
"Abbiamo deciso di fare una riunione la prossima settimana per chiedere alle associazioni e a tutte coloro che sono coinvolte in prima linea nell'azione prevenzione della violenza contro le donne, di scrivere insieme le linee di attuazione e di programmazione finanziaria delle risorse che abbiamo a disposizione. Abbiamo anche progetti pilota e potrebbe essere bello legare il Protocollo Napoli ad uno di questi progetti". È l'intento dell'assessora alle Pari Opportunita' della Regione Campania, Chiara Marciani, intervenuta al webinar 'Protocollo Napoli. La nuova frontiera della consulenza psicologica nei casi di violenza sulle donne'.
"Ero presente alla firma del protocollo- continua Marciani-
sono contenta di poterlo seguire nella sua attuazione e che non
resti nel cassetto, ma sia un documento utile nella reale
attuazione del sostegno alle donne, alle bambine e ai bambini, a
Napoli, in Regione Campania e non solo. La Regione- conclude
l'assessora- ha considerato il protocollo una buona prassi e
abbiamo deciso di proporlo in tutta la Campania come strumento e
punto di riferimento per operatrici, psicologhe e avvocate dei
centri antiviolenza".