"La Bussola - Soluzioni d'impresa"

"La Bussola - Soluzioni d'impresa"

Descrizione

La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
 
“Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito la cultura aziendale ed ho potuto specializzarmi nel management dell’impresa e contestualmente ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni ricoprendo diverse attività sino al ruolo di vice presidente.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho accettato di fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Le competenze acquisite mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza in qualità di Manager al servizio delle aziende per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari efficientando il controllo di gestione e la finanza d’impresa.
Un iter professionale che mi ha consentito di sviluppare negli anni competenze in vari ambiti, dalla sfera Finanziaria, Amministrativa e Gestionale, alle dinamiche fiscali, passando attraverso esperienze di "start-up", M&A e Turnaround, con un occhio vigile e sempre attento alla prevenzione del rischio d’impresa.
Un percorso arricchito da anni di esperienza nella gestione di Risorse Umane e Finanziarie, nella Contrattualistica, nella gestione dei rapporti diretti con Clienti e Fornitori, nella gestione delle dinamiche di Gruppo con soci e loro consulenti. 
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di anticipare e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari delle attività.
Il mio agire è sempre stato caratterizzato da entusiasmo e passione in tutto quello che ho fatto e continuo a fare sia in ambito professionale che extra-professionale, sempre alla ricerca dell'innovazione e della differenziazione come caratteristica vincente.
La passione per la cultura mi ha portato ad iscrivermi all’Ordine dei Giornalisti ed a  scrivere articoli di economia pubblicati nella rubrica “La Bussola d’Impresa” edita dalla Gazzetta dell’Emilia ed a collaborare saltuariamente con altre testate.
La stessa passione mi porta a pianificare ed organizzare eventi non profit volti al raggiungimento di obiettivi filantropici legati  alla carità ed alla fratellanza anche attraverso  club ed associazioni locali. 
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio impegno è lavorare sodo con etica, lealtà ed armonia.”
 
Contatto Personale: mvacca@capri.it
 

Contatto Personale: mvacca@capri.it

 
Riferimenti
Mario Vacca
mail: mvacca@capri.it
Telefono: ‭+39 347 2955391‬
Domenica, 03 Febbraio 2019 08:15

L'esenzione per il welfare aziendale

di Mario Vacca Parma 3 gennaio 2019 - Rivestono sempre più importanza per i tanti imprenditori i chiarimenti delle Entrate in risposta agli interpelli presentanti da singole aziende.

Nel caso specifico in risposta all'interpello n. 10/2019 l'Agenzia delle Entrate disamina quando i benefit concessi ai dipendenti risultano esclusi dalla tassazione in busta paga e non formano oggetto di base imponibile INPS.

Anche in questa occasione l'Agenzia ha menzionato che i benefit devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e perseguire specifiche finalità e devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti confermando il principio secondo il quale perché i benefit riconosciuti ai dipendenti non generino imponibile è necessario che non siano rivolti al singolo o costituiscano vantaggi solo per alcuni lavoratori.

Con la circolare n 5/2018 l'Agenzia delle Entrate chiarisce che tale apsetto non va inteso solo con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai etc.), ma a tutti i dipendenti di un certo tipo (di un certo livello o di una certa qualifica oppure, ad esempio, tutti i dipendenti del turno di notte), purché tale inquadramento sia sufficiente a impedire la concessione di erogazioni ad personam in esenzione da imposte.

Nel caso specifico una società che gestisce un'attività di ristorazione ha presentato l'interpello per domandare il corretto trattamento fiscale di un piano di welfare comprendente una serie di servizi destinati a diverse categorie di lavoratori.

Il piano ha previsto - per la categoria dei "manager" - il diritto all'assistenza domiciliare ai familiari anziani e alla frequenza a un corso privato di lingua per i figli mentre - per la categoria degli "addetti alla sala" - (diversi collaboratori in libro matricola, di cui uno in somministrazione a tempo determinato e uno stagista extracurriculare, percettore di un'indennità inquadrabile tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente), un servizio di check-up cardiaco presso una struttura sanitaria convenzionata, mentre il programma ha lasciato esclusi gli addetti alla cucina e l'addetto alla cassa.

Salta immediatamente all'occhio che il programma di welfare prospettato non offra servizi alla generalità dei dipendenti, lasciandone fuori alcuni. In questi casi ai fini della non concorrenza dei benefit alla determinazione del reddito di lavoro va verificato l'eventualità che i destinatari rappresentino una "categoria di dipendenti".

L'Agenzia nella risposta evidenzia che per quanto riguarda amministratore della società e direttore di sala l'esenzione non può essere attuabile in quanto i due beneficiari non possono essere considerati categoria omogenea dal punto di vista dell'inquadramento giuridico e contrattuale. Per quanto concerne invece gli addetti alla sala si possono considerare categoria omogenea dal punto di vista contrattuale, incorporando anche lo stagista (titolare di reddito assimilato) e all'addetto alla sala assunto con un contratto di somministrazione a tempo determinato, cosi come previsto dall'art. 51 del TUIR

 

Domenica, 27 Gennaio 2019 06:41

Strumenti di allerta della crisi

di Mario Vacca Parma 27 gennaio 2019 - A seguito della crisi degli ultimi anni, il legislatore ha inteso procedere ad una riforma della legge fallimentare con l'introduzione dell'obbligo a carico di tutte le aziende "di dotarsi di un sistema di allerta interna" in grado di individuare squilibri di natura finanziaria, reddituale e patrimoniale indicativi della crisi d'impresa per l'esercizio in corso o, quando la durata residua dell'esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi.

L'imprenditore, l'amministratore o il consiglio di amministrazione dovrà dotarsi di strumenti atti a rilevare i sintomi della crisi prima che intervenga una segnalazione ad opera dei soggetti abilitati (tra cui l'Agenzia delle Entrate, gli istituti previdenziali, le banche) presso l'organismo di composizione della crisi territoriale competente, che dovrà essere costituito presso la Camera di Commercio competente.
Il fine della nuova normativa, con benefici per tutti, sarebbe quello di monitorare l'assetto economico-finanziario dell'azienda per garantire la sostenibilità finanziaria nel medio-lungo periodo ed individuare l'insorgere di situazioni che potrebbero provocare un prolungato squilibrio economico-finanziario, compromettendo la situazione dell'azienda stessa.

Tra i soggetti segnalatori figurano gli istituti di credito ed è pertanto del tutto lecito attendersi che gli stessi porranno maggiore attenzione all'andamento delle aziende clienti, alle perdite attese dal singolo rapporto. Il monitoraggio sul credito interverrà dal momento dell'erogazione, con un'analisi continua degli scostamenti dei parametri da quanto programmato.

Mentre la proposta della legge è costruttiva, dal ceto bancario, già oggi in un clima poco propenso al credito ed agli impieghi, dovremmo attenderci una maggiore selettività nell'erogazione o quantomeno un inasprimento del livello degli spread applicati.

Ho avuto modo di scrivere più volte articoli al riguardo ed ho sempre sostenuto che siamo di fronte ad un cambiamento che imprenditori, commercialisti e consulenti devono cogliere per rendere più efficiente il proprio e l'altrui lavoro.

Domenica, 20 Gennaio 2019 08:43

Esterovestizione, il caso D&G fa scuola

Di Mario Vacca Parma 20 gennaio 2019 - Le contestazioni in fatto di esterovestizione sono ritornate sotto i riflettori a seguito della recente pronuncia della corte di cassazione sul caso D&G (Cassazione 33234 del 21 dicembre 2018); i giudici di legittimità hanno negato la sussistenza dell'esterovestizione con il rigetto delle motivazioni addotte dalla commissione tributaria regionale, la quale aveva concordato con la tesi avanzata dall'ufficio circa l'ubicazione della sede amministrativa (rectius: sede effettiva) della società lussemburghese - proprietaria dei marchi - presso gli uffici della controllante italiana.

Gli ermellini hanno sancito che non è sufficiente riscontrare che la sede effettiva della società estera sia in realtà localizzata in Italia essendo lo stato dal quale si originano e sono profusi gli impulsi gestionali e le direttive amministrative. Piuttosto è necessario che la società estera sia una costruzione di puro artificio che non svolga una effettiva attività economica.

A tal proposito, ai sensi dell'articolo 73, comma 3, del Tuir, i verificatori hanno l'onere di provare congiuntamente che:
-la sede effettiva situata in Italia;
- vi sia l'impiego di una struttura meramente artificiosa ove la forma giuridica non è rappresentativa della realtà economica.

La corte ha anche sottolineato che la costituzione in uno stato dell'Ue di una società al fine di fruire di una fiscalità più vantaggiosa non costituisce un abuso e ciò in applicazione del principio di libertà di stabilimento.

La giurisprudenza individua la sede nel luogo ove hanno luogo le attività amministrative e di direzione della società, le assemblee e non tralasciando le residenze ed i domicili dei dirigenti.

L'agenzia dell'entrate chiarisce opportunamente che l'attività di coordinamento e indirizzo della controllante deve essere distinta dagli atti concreta amministrazione e quindi ove si dimostra che la gestione operativa sia svolta all'estero, la circostanza che gli indirizzi strategici siano emanati dall'Italia non dovrebbe assumere particolare valenza della potenziale estrovestizione della consociata estera.

A seguito delle pronunce della Corte di Cassazione e ovviamente dei dettati comunitari occorrerebbe adesso che le prassi accertative si adeguino di conseguenza.

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