Sabato 21 novembre, alle ore 18,00, presso la Libreria Ubik di Parma, verrà presentato il primo romanzo di Giulio Cavalli, scrittore ed autore teatrale che dal 2007 vive sotto scorta a causa del suo impegno contro le mafie: “Mio padre in una scatola da scarpe”
Parma 14 Novembre 2015 -
“Questa è una terra che va abitata in punta di piedi, Michele, va abitata in silenzio, qui le brave persone per difendersi diventano invisibili, Michele, in-vi-si-bi-li”.
“Mio padre in una scatola da scarpe” – Rizzoli editore – è il primo romanzo di Giulio Cavalli, scrittore e autore teatrale, che dal 2007 vive sotto scorta a causa del suo impegno contro le mafie.
Giulio sarà alla Libreria Ubik di Parma - Via Oberdan, 4 – sabato 21 novembre alle 18,00, per presentarlo insieme al contributo di Raffaele Castagno, giornalista de La Repubblica, per raccontare con la sua scrittura avvolgente la storia di un’Italia dimenticata ed indifesa.
Un’Italia nella quale si muove Michele Landa, il protagonista che incarna i valori della Vita nella sua sorprendente semplicità. Perché non serve fare rumore per diventare eroi delle piccole cose. Tutto parte da un lungo pranzo domenicale con la famiglia Landa che ha fatto respirare a Giulio Cavalli un dolore diventato poi testimonianza antimafia «fieramente fragile e decisamente umana» e l’umiltà di chi ha sempre perseguito l’ideale di una vita semplice e onesta, come Michele.
Da qui nasce l’idea di un libro sulla vita di Michele Landa e della sua famiglia, e da qui anche la missione di dare voce al silenzio per sensibilizzare passanti e lettori sul tema dell'omertà, tema trasversale all'intera opera. La Cooperativa Sociale Pepita Onlus organizzerà per l'occasione un flashmob proprio vicino alla libreria, coinvolgendo alcuni adolescenti delle scuole e degli oratori del parmense in un coro contro ogni genere di prevaricazione.
"Quando Angela mi ha raccontato la storia di suo padre, che è poi anche la sua - spiega l’autore - io che la storia l'avevo già ascoltata da un giornalista e un amico, Sergio Nazzaro, mentre l’ascoltavo in diretta, così, al tavolo come quando ci si siede al tavolo con gli assicuratori, ho avuto la sensazione che colasse. Non c'era niente di più da estrarre o da spulciare, sarebbe bastato un contenitore. Ecco, forse questo libro è la pinta di quella storia. Che vi giuro aveva già tutti i sapori".
Michele Landa non è un eroe, e neppure un criminale. Tutto ciò che desidera è coltivare il suo orto e godersi i suoi affetti, vuole guardarsi allo specchio e vedere il riflesso di una persona pulita. Ma a Mondragone serve coraggio anche per vivere tranquilli: chi non cerca guai è costretto a confrontarsi ogni giorno con gli spari e le minacce dei torre e con l'omertà dei compaesani. Michele conosce la posta in gioco, ha perso il lavoro e molti amici, ma è convinto, nonostante tutto, che in quel deserto si possa costruire qualcosa di bello e provare a essere felici. Al suo fianco c'è Rosalba, "la silenziosa": dopo quarant'anni si amano come il primo giorno, sono diventati genitori e nonni, sognano una casa grande e un albero di mele.
Ma si può immaginare una vita diversa, in una terra paralizzata dalla paura?
GIULIO CAVALLI (Milano, 1977) scrittore e autore teatrale, dal 2007 vive sotto scorta a causa del suo impegno contro le mafie. Collabora con varie testate giornalistiche e ha pubblicato diversi libri d’inchiesta, tra i quali ricordiamo Nomi, cognomi e infami (2010) e L'innocenza di Giulio (2012). È stato membro dell’Osservatorio sulla legalità e consigliere regionale in Lombardia.
Domenica 15 novembre, presso la libreria Emily Bookshop (in via Fonte d'Abisso 11), a Modena, il giornalista, scrittore e insegnante presenta il suo romanzo storico, ambientato durante l'assedio della città dei Pico del 1552 e vincitore del Premio Nabokov 2015 nella sezione Narrativa. -
- Di Manuela Fiorini -
Modena, 13 novembre 2015 -
Ci sono le battaglie, gli amori, gli intrighi dei potenti, le peripezie degli umili, la fame, la filosofia, l'ortodossia religiosa, i primi echi della Riforma protestante e persino un poema in ottave ariostesche ideato dall'autore nel complesso e avvincente libro di Antonio Saltini, L'Assedio della Mirandola (Edizioni Diabasis) che sarà presentato a Modena, presso la libreria Emily Bookshop di via Fonte d'Abisso, domenica 15 novembre, alle ore 16.30, in collaborazione con l'Associazione di Scrittori I Semi Neri.
Il libro di Antonio Saltini, primo classificato al Premio Nabokov 2015, sezione Narrativa, è ambientato durante il secondo assedio della città di Mirandola, dal luglio 1551 all'aprile del 1552. In quel tempo, Mirandola è coinvolta nelle diatribe che vedono opposti il papato, sul cui soglio siede Giulio III, alleato con l'imperatore Carlo V d'Asburgo, sovrano della cattolicissima Spagna e la Francia di Enrico II. La città è invece governata dalla signoria dei Pico, è alleata con la Francia e con i Farnese di Parma, su cui il Papa ha delle mire. Giulio III affida le sue truppe ai generali Camillo Orsini e Alessandro Vitelli, ma affianca a questi il nipote Giovanni Battista del Monte, incapace al punto di vista militare, ma la cui presenza crea rivalità tra i comandanti. Soprattutto perché Del Monte insiste con l'illustre zio per portare avanti la guerra, aspirando a ricevere il feudo della Mirandola.
Abbiamo fatto due chiacchiere con l'autore.
Come è nata l'idea del romanzo e quella delle storie che ha raccontato tra le sue pagine?
"Ho sempre amato alla follia il grande romanzo ottocentesco, specialmente russo, con il tema, sempre inequivocabile, ma misterioso, della presenza di Dio nella storia. Il sogno del primo romanzo, una storia dell'affascinante quarto secolo, prese forma in 169 giorni. Si chiamava Periploos. Decisi che nel tempo che avevo previsto per un romanzo avrei scritto una trilogia, tre romanzi sul grande tema che mi incantava, ma tutti di 60 capitoli, su tre secoli radicalmente diversi e con tre disegni narrativi che dimostrassero che si può cambiare il meccanismo della narrazione per ogni cosa che si scriva. L'Assedio sarebbe stato il secondo. Avevo iniziato Periploos il 3 gennaio 1993, alla fine dell'anno avevo scritto i primi 20 capitoli dell'Assedio. La chiave del racconto era: basta con il Rinascimento stucchevole di Elisabetta d'Este e del Castiglione. Il Cinquecento è una successione di guerre combattute da brutali soldati di ventura, per ordine di principi e cardinali, tutto a spese del miserabile contadiname. La Mirandola era osservatorio ideale: dietro gli apparenti splendori dei Pico c'era una fortezza popolata da contadini, che pagano ogni giorno il prezzo di una guerra combattuta come confronto di potenza tra Sua maestà cristianissima e Sua altezza cattolicissima, con il papa come mezzano".
I personaggi di fantasia agiscono insieme a quelli storici. Con i primi, l'autore ha "carta bianca", mentre con i secondi c'è la difficoltà di coniugare la storia con il romanzo. Come si è destreggiato tra gli uni e gli altri? Quali sono state le difficoltà?
"Ho consultato l'imponente e dettagliatissima cronaca modenese di Tommasino Lancellotto, che descrive quotidianamente tutto il periodo della guerra. Poi, mi ha aiutato la cronaca mirandolese di Papazzoni. Per il quadro generale mi ha soccorso il Guicciardini, con la sua Storia. Sui personaggi storici credo di avere fatto veramente lo storico, per quelli minori, creature mie, ho cercato di fare il mio mestiere di storico dell'agricoltura: la loro giornata doveva trascorrere secondo gli schemi (stagionali) della vita contadina del tempo".
Uno dei personaggi, Annibale Signoruccini, scrive il poema di Taar, che propone "a puntate", lungo tutto il corso del romanzo. Le rime sono in ottave ariostesche. Chi è l'autore?
"Ho sempre amato la sonorità di Ariosto, che credo si divertisse moltissimo a scrivere in ottave. Mi sono divertito anch'io. Non è stato facilissimo immaginare una storia che contrapponesse la vita costretta nel borgo assediato e le favolose prospettive, ancora quasi leggenda, dei primi viaggi intercontinentali. Non posso giudicare io l'esito, ma credo che solo affrontare l'impresa sia stato appassionante.
C'è un personaggio a cui si è particolarmente affezionato, o di cui le è piaciuto di più scrivere?
"Ho molto amato Erminia per la sua immensa tenacia disarmata, e ho scritto con passione del fratello prete, ho amato Anselmo Losco, che ho collocato nella medesima parrocchia, San Giacomo Roncole, e che ho rivestito delle medesime doti di mio zio don Zeno quando a San Giacomo era cappellano, promanando una dedizione cristiana da autentico santo. In vecchiaia l'ho conosciuto molto meglio, ma non era più il travolgente giovane prete di San Giacomo, ma un uomo che aveva creduto in un sogno che si era già dissolto, e che contemplava, incredulo, l'insuccesso".
L'autore: Antonio Saltini è nato a Brioni (Pola) nel 1943. E' giornalista, scrittore e docente di Storia dell'Agricoltura alla Facoltà di Agraria dell'Università di Milano. Laureato in Legge e in Agraria, ha iniziato la sua attività di giornalista collaborando a diversi periodici e ha diretto il mensile di agricoltura Genio Rurale. E' stato vicedirettore di Terra e vita, sotto la direzione di Luigi Perdisa. Come scrittore ha prodotto diverse pubblicazioni, tra cui Storia delle scienze agrarie, sull' agronomia degli ultimi due millenni, che, a parere di Ludovico Geymonat, che ne ha curato la prefazione, ha segnato "l'ingresso dell'agnonomia sul terreno della storia delle scienze". Ha scritto anche diversi romanzi di genere fantastico e storico, tra cui "L'assedio della Mirandola". Nipote di Don Zeno Saltini, nel 1966, alla fine del liceo è stato per quattro anni a fianco dello zio, al quale ha dedicato il libro "Don Zeno: il sovversivo di Dio", edizioni Il Fiorino (Modena, 2003). Nel 2010, è uscito Il figlio del capitano. Guerra al Turco e congiura dei magnati dell'Ungheria del tempo di Montecuccoli (Nuova Terra Antica Editore).
“Per mangiarti Meglio”, concorso che mira ad insegnare ai bambini i principi della sana alimentazione. Tra le fiabe premiate nella categoria individuale ci sarà anche Ilaria Bertinelli, nota per il suo impegno nell’ambito della cucina per celiaci e diabetici.
Di Chiara Marando – Venerdì 09 Ottobre 2015 -
Insegnare ai bambini le regole per una sana alimentazione, questa è l’idea che sta alla base del progetto “Per mangiarti meglio”, un concorso di fiabe, filastrocche e ricette ideato da Slow Food, Associazione Casa Editrice TraccePerLaMeta, Famiglia Artistica Milanese, membro del Circolo Culturale “I Navigli” e Ristoworld Italy, con il patrocinio di Expo Milano 2015. Un percorso che ha visto collaborare tra loro diverse realtà culturali e professionali della tradizione Made in Italy, per dare vita ad un viaggio di apprendimento che si snoda tra enogastronomia, arti figurative e letterarie.
“Per mangiarti meglio” rappresenta il rispetto per la natura, la volontà di divulgare i principi di una corretta alimentazione proprio a coloro che formeranno il nostro futuro, i bambini, ma anche il desiderio di fornire gli spunti giusti per il miglioramento della qualità di vita quotidiana.
Oltre alla partecipazione individuale degli adulti, il concorso era aperto anche alle scuole primarie e secondarie di primo grado, paritarie e statali. Ed i numeri parlano chiaro: lavori provenienti da 289 città, 365 scuole, 581 classi. In totale 770 elaborati di cui: 198 fiabe, 416 filastrocche e poesie, 156 ricette.
I migliori testi selezionati verranno pubblicati in volume che rappresenterà l’essenza del progetto, un modo nuovo di comunicare con i più piccoli parlando il loro stesso linguaggio ed utilizzando la loro ineguagliabile fantasia.
La premiazione per gli autori di ricette, fiabe e filastrocche della sezione individuale avrà luogo sabato 10 ottobre 2015, alle ore 16, all’interno del Circolo Culturale I Navigli, Via Edmondo de Amicis, 17, a Milano con ingresso libero.
Tra di loro ci sarà anche Ilaria Bertinelli, CEO di Interconsul, società leader in Italia nell’ambito delle traduzioni ed interpretariato professionale, ma soprattutto mamma di Gaia e Nicolò ed autrice del libro ormai famosissimo “ Uno chef per Gaia: La gioia della cucina per diabetici, celiaci ed appassionati”. La sua avventura come scrittrice e promotrice della cucina senza glutine è nata per caso, a seguito della diagnosi di Diabete di Tipo 1 e Celiachia che i medici hanno riscontrato in sua figlia Gaia. Da lì il suo impegno nell’ambito dell’alimentazione è stato costante, una volontà nata dal desiderio di fornire un supporto concreto per chi è costretto a vivere la stessa situazione, regalare un sorriso e far capire che la vita può essere altrettanto felice, partendo soprattutto da un’alimentazione adeguata ma comunque gustosa.
La partecipazione al concorso per Ilaria è stata come un gioco, ed anche il questo caso la sua fiaba, intitolata “L’Ape Regina”, è stata ispirata dai suoi figli, veri protagonisti e simbolo dell’infanzia con la quale è importante comunicare. Tra le righe del racconto la fantasia fa da padrone, e Ilaria, mamma che cerca di supportare Gaia in questa sua nuova condizione, inventa un mondo nel quale la normale spesa si trasforma in un’avventura, nella scoperta degli alimenti che più le fanno bene ma che, al contempo, si presentano con un volto diverso, più diverte ed insolito: i carciofi diventano “armi primitive e torce spinose”, la verza non è altro che una cartina che “ cattura con il suo verde smeraldo, il reticolo finissimo di venature bianche ed i suoi tocchi dorati” e poi ancora la zucca “ la carrozza di Cenerentola” ed i pesci che rappresentano “creature variopinte del mare”.
Ma la vera sorpresa sarà l’assaggio delle preparazioni create con questi ingredienti, la meravigliosa sorpresa di ritrovare “i piatti più buoni del mondo” in qualcosa di diverso, assaporare la delizia di piatti che non solo ci nutrono, ma ci ricaricano in modo sano. Perché in fondo “Tutte le api nascono uguali, ma solo l’ape a cui viene riservato un cibo speciale, la pappa reale, diventerà l’Ape Regina”.
“Q.B.” è il primo romanzo di Marco Bellabarba, esperto di comunicazione con una grande passione per l’arte culinaria, in particolare per la pasticceria. Il suo è il racconto di un viaggio a tratti ironico ed amaro verso una maggiore consapevolezza di sé, nel quale amore, lavoro, amicizia e cucina si incontrano.
Di Chiara Marando - Giovedì 24 Settembre 2015 -
Tutti, prima o poi, ci lasciamo trascinare da una quotidianità che non ci soddisfa fino in fondo, ripetiamo movimenti, viviamo situazioni che divengono déjà vu perché non abbiamo il tempo di fermarci a riflettere…o meglio non ce lo prendiamo.
Rimaniamo lì, come intrappolati in una vita che soffoca le passioni, rassegnati dal dover accantonare quei sogni che tardano a realizzarsi nonostante l’impegno e le energie profuse, altalenanti in un lavoro precario che ben poco somiglia a quello per cui si è tanto faticato.
Ma non si può proprio fare nulla per cambiare? E’ veramente questa l’unica via percorribile?
Perché non proviamo a rallentare, a prendere fiato ed osservare il mondo che ci scorre intorno, analizzarlo e capire che la nostra strada può essere un’altra….basta saperla vedere.
Questo è quello che si trova a fare Paolo, 32enne che poco a poco vede sgretolarsi i suoi obiettivi, un lavoro prestigioso all’estero ed il matrimonio con la sua amata Deborah, per ritrovarsi single e con un impiego, che mai si sarebbe aspettato di ricoprire, come agente di vendita per le strade di Roma.
“Ah Paolo, non dimenticarti che il Giappone è sempre lì. Con o senza Deborah.
Anche a Deborah era venuto da ridere. Alla fine aveva raggiunto il risultato. In realtà non ero nemmeno troppo sorpreso. Sapevo che il Giappone non l’aveva mai entusiasmata. Ma ciò che mi faceva pensare era il modo estremamente lapidario con cui aveva condotto la conversazione. A lei il Sol Levante non interessava. Punto. Era stata rapida, noncurante. Avrei dovuto intuire qualcosa. Almeno immaginare la possibilità che Deborah, quella sera, stesse facendo ben altro che liquidare la mia proposta.
Stava liquidando me.”
Ma è proprio quando tutto sembra più grigio, quando non si riesce a vedere una soluzione, che il destino ti offre una via d’uscita. Per Paolo sarà una pausa estiva trascorsa ad apprendere l’arte culinaria tra pentole e fornelli nella cucina di Luisa, chef brillante e fantasiosa ma anche donna profonda e gentile, che gli farà ritrovare la voglia di tentare e mettersi in gioco.
Ecco allora che, come per una dolce magia, le più piccole attività quotidiane, quelle considerate insignificanti o completamente ignorate fino a poco prima, risplendono di nuova luce e divengono un’occasione continua per scoprire profumi, sapori e sensazioni ma anche, e soprattutto, per concedersi dei momenti dedicati semplicemente a sé stessi ed alle persone più vicine.
“Avocado tagliato a cubetti, pomodorini, cipolla tritata. Un po’ di olio d’oliva a emulsionare e qualche scaglia di grana padano sopra. Tutto su una fetta di pane ancora calda e croccante.
I miei incisivi affondavano in un delizioso mix di consistenze e sapori che si sposavano perfettamente tra loro. No, non me lo ricordavo il sapore dell’avocado, ma anche se lo avessi mangiato tutti i giorni, mi avrebbe sorpreso comunque: preparato a quel modo era semplicemente fantastico.”
“Q.B” scritto da Marco Bellabarba (Robin Edizioni) racchiude tutto questo: un romanzo condito con alcune ricette da cui farsi ispirare, ma anche momenti di inaspettata suspense, nel quale amore, lavoro, amicizia e cucina si incontrano per raccontare quanto la vita possa cambiare in un attimo regalando sorprese inattese, quanto ancora ci sia da scoprire ed imparare, quanto “a volte non basti osservare, ma anche aggiungere” per trovare la direzione giusta.
A partire da settembre, otto golosi appuntamenti tra Lombardia ed Emilia Romagna in compagnia di imperdibili ospiti
Parma 12 Settembre 2015 -
Un viaggio letterario tra eros, poesie, cinema fino alla grande canzone d’autore, un percorso che ben si sposa con l’arte culinaria ed il piacere di conversare assaporando ottimi piatti. Tutto questo è “Mangia come scrivi”, la rassegna diretta e creata dal giornalista Gianluigi Negri, che lo scorso aprile ha festeggiato un importante traguardo: le sue cento cene, per un totale di 300 scrittori e 100 artisti messi a tavola a chiacchierare nel corso di questi 9 anni.
Questa decima edizione arriva parallelamente in Lombardia ed Emilia Romagna, riconfermando il desiderio di intrattenere e divulgare in un modo divertente ed accattivante, nonché assicurando la presenza di nomi importanti e tante novità. Gli appuntamenti si svolgeranno un giovedì al mese al Ristorante Il Garibaldi di Cantù, in provincia di Como, ed un venerdì al mese all’interno dell’Antica Tenuta Santa Teresa di Parma.
Tra i protagonisti della rassegna, Sara Bilotti, Flavio Oreglio, Marco Ferradini, Sara Rattaro, Simona Sparaco, Paolo Roversi, Enzo Gentile, Guido Conti, Danilo Arona, Bruno Bassetto.
Il primo appuntamento con “Mangia come scrivi” è per venerdì 25 settembre a Parma nella splendida Antica Tenuta Santa Teresa.
Per tutti i dettagli consultare il sito www.mangiacomescrivi.it, scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., oppure chiamare il 347-6961251
Un detective che si finge giornalista, una scia di sangue, un misterioso serial killer. E, come sfondo, la Modena del 1860, tra la fine del Ducato Estense e l'ingresso nel Regno d'Italia. Esce per Edizioni Artestampa l'ultima fatica di Gabriele Sorrentino, una sapiente fusione tra thriller e romanzo storico. -
Modena, 18 luglio 2015 - di Manuela Fiorini – foto di Daniela Ori -
Siamo a Modena, nell'aprile del 1860. Tra dubbi, incertezze, interessi, odio, paura per il futuro e nostalgia per l'ancien régime, la città si prepara a ricevere la visita di Vittorio Emanuele II, prevista per il 4 maggio. Il re, per la prima volta, incontrerà i suoi nuovi sudditi, poiché i plebisciti hanno consegnato Modena al Regno d'Italia, ponendo fine al dominio degli Estensi e mandando in esilio l'ultimo duca. Nella notte tra il 22 e il 23 aprile, nella piazza antistante il Palazzo Ducale viene rinvenuto il cadavere di un patriota con in bocca un ritaglio di giornale e la postura a croce. Preoccupati per la prossima visita del Re, le autorità modenesi chiedono aiuto a Torino, che invia sul posto il detective Urbano Platini, che si fingerà giornalista per indagare che cosa si cela dietro la scia di morti che insanguina l'ex città estense. E' questa la trama de Il grido della verità (pag 253, 16 euro), l'ultimo libro dello scrittore e storico modenese Gabriele Sorrentino, pubblicato da Artestampa, un thriller che è anche un romanzo storico, dove le vicende dei protagonisti si intrecciano a quelli di personaggi reali del Risorgimento modenese.
Abbiamo incontrato l'autore.
Come nasce "Il Grido della Verità" e quali sono stati gli spunti, le idee e la scintilla che ha dato vita al romanzo?
"Il Grido della Verità nasce dal desiderio di raccontare un periodo, il 1860, che ha cambiato la storia di Modena e dell'Italia. Ho voluto mostrare la mia città in quell'anno cruciale, farne conoscere le paure, le speranze, la bellezza. I miei personaggi di fantasia interagiscono con uomini e donne realmente esistite e questo mi ha permesso di indagare la psicologia dei modenesi di quel periodo."
Tu hai scritto saggi storici, cito Quando a Modena c'erano i Romani, l'Affaire Giuseppe Ricci e Il Duca Passerino, ma anche la trilogia fantasy Finisterra, e hai partecipato come narratore a diverse antologie e opere collettive, esplorando e sperimentando diversi generi. Dove collocheresti la tua ultima fatica nel tuo percorso di scrittore?
"Sono sempre stato affascinato dalla storia della mia città e della mia terra. Amo studiarla per poterla divulgare meglio. Sono convinto che solo conoscendo ciò che eravamo possiamo porre fondamenta solide per quello che saremo. L'altro aspetto che mi affascina nelle storie è la dimensione epica, le grandi passioni, la lotta per gli ideali, il ritmo. Nel Grido della Verità ci sono entrambi questi aspetti: da una parte la storia di Modena e della sua gente, dall'altro passioni violente, inseguimenti, pericolo. In questo senso credo che sia un'ottima sintesi di ciò che mi piace scrivere".
Hai collocato la vicenda de Il Grido della Verità nella Modena del 1860. Come mai questa scelta?
"Il romanzo è ambientato nella settimana precedente il 4 maggio del 1860. Questa è una data storica per Modena, perché Vittorio Emanuele II giunse in città per la prima volta, accompagnato dal Conte Cavour e da Luigi Carlo Farini. Si tratta di una data simbolo, quindi, del passaggio di Modena al Regno di Sardegna e quindi all'Italia Unita, un momento storico spartiacque che era perfetto per raccontare il conflitto tra il vecchio e il nuovo".
Il protagonista, Urbano Platini, è un detective che si finge giornalista. Un personaggio che richiama molti altri fortunati protagonisti di romanzi e serie TV moderne. Come si inserisce in questo contesto storico? C'erano degli investigatori all'epoca degli Estensi?
"In epoca Estense, come racconto nell'Affaire Ricci, era la polizia ducale, sotto il diretto controllo del Ministro dell'Interno a indagare in collaborazione col giudice. Erano molti i tribunali speciali e la situazione di continua tensione aveva reso la normativa giudiziaria piuttosto farraginosa. Ho quindi scelto un giornalista perché mi lasciava una certa libertà di movimento. Il giornalismo stava muovendo i primi passi, l'Agenzia di stampa Stefani (futura ANSA, n.d.r.) è del 1853 e le gazzette ufficiali stavano lasciando il posto anche in Italia a quotidiani sulle cui pagine i cronisti raccontavano storie frutto di indagini sempre più accurate. Il Times di Londra era nato nel 1753, Le Figaro nel 1826. In Italia La Stampa sarebbe stata fondata nel 1867 e il Corriere della Sera nel 1876. Insomma, Urbano si finge cronista d'inchiesta e quindi interpreta una figura innovativa per i tempi: ero affascinato da ciò che avrebbe saputo e potuto fare, lasciandolo andare, per così dire, in una terra che non conosceva. Non sono rimasto deluso".
Hai definito il tuo libro un thriller, più che un romanzo storico, eppure ci sono entrambi gli ingredienti: il serial killer, il detective, personaggi di fantasia e realmente esistiti. E' il momento del cross over tra generi diversi?
"Hai ragione, si tratta di una storia thriller inserita nella struttura di un romanzo storico. Credo che la contaminazione di genere, se fatta con intelligenza, sia sempre positiva perché permette di sfiorare nel lettore sentimenti che magari non si aspetta da un genere. La scelta di un'indagine serrata mi è sembrata la più adatta a quello che volevo raccontare e la storia mi si è composta nella mente con facilità in poco tempo perché evidentemente ambientazione e trama hanno trovato subito la giusta alchimia".
Quali sono i tuoi punti di riferimento o fonti di ispirazione quando ti trovi a dover descrivere o delineare la personalità dei tuoi personaggi?
"Ho la fortuna di esercitare una professione che mi mette a contatto ogni giorno con tante persone diverse. Cerco di memorizzare un tratto somatico, un comportamento, un tic e poi rimescolo tutto con l'obiettivo di creare personaggi tridimensionali che sono i più efficaci, anche se non è sempre facile dare profondità a ogni personaggio di una storia complessa".
L'autore
Gabriele Sorrentino (Modena 1976) vive e lavora a Modena dove è addetto stampa di un ente pubblico. Scrittore e storico, collabora con riviste quali Modena Storia, Il Ducato e Rassegna Frignanese. È membro dell'Associazione Terra e Identità e ha all'attivo fortunate monografie storiche: I Tempi del Duca Passerino (TEI 2007) e L'Affaire Giuseppe Ricci (TEI 2010), Quando a Modena c'erano i Romani (TEI 2013). È coautore del romanzo storico Francigena. Novellario AD 1107 (Fabrizio Filios 2007, ripubblicato in e-book nel 2014 con Go-Ware) e ha partecipato a numerose antologie tra cui, Toscana tra crimini e misteri (Felici 2009) Presenze di Spirito (Damster 2011), L'Enigma del Toro (Damster 2013). Membro dell'associazione di scrittori "I Semi Neri" fa parte del Laboratorio di Scrittura XOmegaP, con il quale ha all'attivo diversi progetti di scrittura collettiva. Ha pubblicato la trilogia fantasy Finisterra (Le sorgenti del Dumrak, Il Risveglio degli Obliati, L'Ultimo Eroe, Edizioni Domino) il cui secondo episodio ha vinto il Premio Cittadella 2013, mentre la trilogia completa ha meritato il Trofeo Cittadella 2015; dalla saga è stato tratto un Gioco di Narrazione recentemente presentato a Play, la fiera del gioco di Modena. Il suo sito è www.gabrielesorrentino.it.
Esce per Meridiano Zero l'ultimo libro di Elisa Guidelli, nota anche come Eliselle, che nel "Romanzo di Matilda" racconta la vita, i lutti, le lotte, la caduta e il riscatto di una delle figure femminili più affascinanti del Medioevo. -
Di Manuela Fiorini -
Modena, 10 luglio 2015 –
E' Matilde di Canossa (1046 – 1115), la Grancontessa che, nel Medioevo, regnò su un territorio che si estendeva dal Lago di Garda al Lazio, la protagonista del Romanzo di Matilda, l'ultima fatica della scrittrice Elisa Guidelli, che esce in questi giorni per Meridiano Zero. Nato dopo una lunga genesi, durata dieci anni, tra ricerca e stesura, il volume di 380 pagine si legge tutto d'un fiato, perché non ha nulla della didascalità di una biografia o di un saggio, ma, piuttosto, la piacevolezza del romanzo storico, con alcuni tratti fantastici e altri squisitamente erotici, che rendono la lettura ancora più appassionante. Il lettore viene trasportato in un viaggio indietro nel tempo, tra intrighi di corte, battaglie, amori, tradimenti, lutti e riscatti. Di alcuni personaggi ci si innamora, per altri sorge un'antipatia spontanea, segno evidente della maestria dell'autrice nel dipingerne i tratti e delinearne la personalità. Matilde, Enrico IV, papa Gregorio VII, ma anche Pier Damiani, Beatrice di Lorena, Goffredo il Gobbo e molti altri, escono dai libri di storia per conquistare la fantasia e l'immaginario del lettore che si appassiona alle loro vicende, trepidando, sognando, sperando insieme a loro. Abbiamo incontrato l'autrice, Elisa Guidelli, per parlare insieme del Romanzo di Matilda.
Matilde di Canossa, uno dei personaggi femminili più importanti e "anomali", nel suo essere donna, del Medioevo. Che cosa ti ha colpito di questa figura, al punto di scrivere un romanzo in cui è la protagonista?
"Il mio primo incontro con Matilde è stato nella primissima infanzia, quando mio padre mi portò in visita al castello di Canossa. Avrò avuto forse 5, 6 anni, e mi colpì moltissimo il racconto di quella donna medievale così potente ma anche così apparentemente sola. La passione per lei è cresciuta con me, si è formata sia in autonomia, con ricerche personali, sia attraverso gli studi universitari. Di lei mi ha sempre colpito il suo essere donna in un mondo di uomini, la sua grazia e la sua determinazione nell'accettare il suo destino e nel portare a termine il suo compito su questa terra, nel periodo drammatico che si è trovata a vivere. La sua potenza e il suo ricordo riecheggiano ancora oggi, a ragione, non solo in Italia ma in tutto il mondo, segno che il suo passaggio è stato determinante per la Storia"
Matilda può considerarsi un personaggio "moderno" per i suoi tempi, ma anche per quelli attuali, dove la condizione femminile e le sue conquiste non sempre sono date per acquisite. Secondo te, che cosa ha contribuito a fare di lei quello che è stata? Carattere, determinazione o circostanze storiche?
"Nei classici libri di storia di Matilde si accenna appena, nel capitolo della lotta per le investiture, dove sembra quasi una semplice castellana che si trova a preparare il banchetto per gli ospiti di rilievo al suo castello, Gregorio VII ed Enrico IV, nell'umiliazione di Canossa. E invece se uno va a cercare bene, si trova davanti una figura che nel corso dei secoli ha goduto e subito qualunque genere di strumentalizzazione, ma che nonostante le diverse interpretazioni date al suo ruolo e alla sua esistenza è stata e continua ad essere molto amata. Di fatto, credo, perché la memoria e l'eredità che ha lasciato storicamente ma anche umanamente è stata grandiosa, lasciandone traccia sul territorio che ha amministrato da diplomatica e guerriera, implacabile ma generosa".
Per scrivere questo romanzo hai impiegato dieci anni tra ricerca e stesura. Come ti sei documentata e quali sono state le difficoltà che hai incontrato lungo questo cammino?
"Le difficoltà sono state tante. Quando affronti un tema del genere, non ti senti mai pronta per iniziare a scrivere, c'è sempre un nuovo libro da leggere, un nuovo saggio da studiare, perché le sfaccettature del personaggio sono innumerevoli e tu vuoi tutte le informazioni del mondo. Poi ti rendi conto che devi fare un primo passo, e allora il problema è cosa lasciare, cosa non scrivere, perché le informazioni che hai sono troppe. E devi selezionare. Ho visitato mostre, cercato e letto libri e saggi introvabili, poi alla fine mi sono detta che era il momento di partire per il mio personale viaggio alla ricerca della "mia" Matilda. E così è stato".
Nel romanzo hai inserito anche l'elemento fantastico. Per esempio, la strega che Matilda incontra prima da bambina e poi da adulta che le predice il suo destino, oppure la "punizione divina" che colpisce gli avversari del Papa. Come mai questa scelta e come si integra con la parte storica?
"La strega è una mia invenzione, ma è coerente con una certa letteratura e con la storia del Medioevo, una sorta di topos che mi era congeniale al racconto e che ho voluto inserire per rendere più appassionante la vicenda. La punizione divina e altre citazioni su sogni e visioni che ho messo nel romanzo, invece, fanno parte delle informazioni che ho raccolto sul conflitto tra papa e imperatore: venivano utilizzate nelle cronache, di una parte e dell'altra, per avvalorare le proprie posizioni e screditare gli avversari. Rendeva il mio romanzo un po' più "gotico", e questo mi piaceva"
Come dice il titolo "Il romanzo di Matilda" non vuole essere una biografia, ma, appunto, un'opera di narrativa. Senza svelare troppo, quali sono gli elementi di fantasia che hai inserito e che non trovano invece un riscontro storico?
"Le storie d'amore che ho inserito sono un parto della mia fantasia, anche se non per questo meno plausibili. Siamo un po' troppo bacchettoni, e spesso sostengo che i nostri "antenati" sapessero godersi la vita molto meglio di noi, nonostante le raccomandazioni sulla continenza e sulla castità di certi predicatori. Altri elementi riguardano il rapporto tra Matilda ed Enrico, abbastanza difficile da inquadrare: io li ho resi nemici, ma potrebbe essere che per un periodo di tempo i loro rapporti fossero più distesi".
C'è stata una parte della storia che ti è piaciuta di più scrivere e magari un'altra che ti ha creato più difficoltà o il caratteristico "blocco dello scrittore"?
"Il blocco dello scrittore è un'invenzione, credo. Certo è che per alcuni snodi del romanzo la preparazione è stata più pesante e la scrittura più insidiosa. Le battaglie cruciali, ad esempio, Sorbara, Monteveglio, e naturalmente il racconto dell'umiliazione di Enrico IV a Canossa hanno richiesto risorse mentali e di pazienza certosina parecchio esose. Poi il bello è che quando rileggi dici: "ma davvero ho scritto io 'sta roba?". Quando scrivi e ti lasci assorbire totalmente dalla materia, sei come in trance".
Tu oltre che scrivere libri tuoi, vendi anche quelli degli altri, essendo libraia. Dalla tua esperienza, c'è un ritorno del romanzo storico?
"In realtà non c'è mai stato un vero e proprio abbandono. Romanzi storici continuano a uscire, alcuni vanno meglio di altri, si riciclano sotto diverse forme come i thriller storici, ma la produzione non diminuisce e ne vengono sfornati parecchi dedicati a ogni epoca, soprattutto da parte degli autori stranieri. E mi auguro che questa tendenza continui: io sono una fruitrice di storici da sempre, e che modo migliore c'è di imparare la storia divertendosi attraverso le emozioni?".
Elisa Guidelli foto di Patrizia Cogliati
Elisa Guidelli, è laureata in Storia Medievale e lavora come libraia. Già autrice del romanzo storico Francigena – Novellario a.D. 1107, ha al suo attivo, con lo pseudonimo di Eliselle, numerosi romanzi, tra cui Nel paese delle ragazze suicide, Ecstasy Love, Fidanzato in affitto, Le avventure di una Kitty Addicted, il noir La Fame e la commedia Amori a tempo determinato (Sperling & Kupfer). E' uscita inoltre con la guida Centouno modi per diventare bella, milionaria e stronza (Newton Compton).
Mercoledì 8 aprile, nell'Auditorium del Carmine (ore 21.00), il celebre violoncellista Mario Brunello presenterà al pubblico di Parma il suo libro Silenzio. L'ingresso è libero e gratuito -
Parma, 7 aprile 2015 -
Continua il ricco programma del Laboratorio di Retorica Musicale organizzato dal Conservatorio di Musica "Arrigo Boito" di Parma e dedicato al tema "Musica e silenzio": mercoledì 8 aprile, nell'Auditorium del Carmine (ore 21.00), il celebre violoncellista Mario Brunello presenterà al pubblico di Parma il suo libro Silenzio (Bologna, Il Mulino, 2014). Primo artista italiano a vincere il Concorso Čaikovskij di Mosca, concertista di primo livello, da sempre Brunello ricerca la quiete e la pace di luoghi appartati. Per questo suona nei teatri o nei monasteri, sulle cime dolomitiche (è tra l'altro il creatore della rassegna "I suoni delle Dolomiti") o nel deserto: tutti luoghi in cui il silenzio è il denominatore comune. Un silenzio che sta fuori dal tempo, fuori dal suo gioco, che si presenta in ogni momento del giorno, nascosto tra i rumori della nostra quotidianità. Oggi appare come dimensione sconosciuta, in ombra, ma forse sempre intimamente ricercata. Il libro di Brunello è suddiviso come una Sonata in quattro movimenti: l'autore si prende cura del silenzio, lo cerca, lo accoglie e lo abita, accompagnando il lettore a scoprirlo in un intreccio fra l'arte e il nostro vivere.
Mario Brunello viene invitato regolarmente da prestigiose orchestre (London Philharmonic, Munich Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Orchestre Philharmonique de Radio-France, London Symphony, NHK Symphony di Tokyo, Kioi Sinfonietta, Filarmonica della Scala, Accademia di Santa Cecilia) e collabora con direttori quali Valery Gergiev, Yuri Temirkanov, Riccardo Chailly, Vladimir Jurowski, Ton Koopman, Antonio Pappano, Manfred Honeck, Riccardo Muti, John Axelrod, Daniele Gatti, Myung-Whun Chung e Seiji Ozawa. Suona inoltre musica da camera con artisti quali Gidon Kremer, Yuri Bashmet, Martha Argerich, Andrea Lucchesini, Frank Peter Zimmermann, Isabelle Faust, Maurizio Pollini, Valery Afanassiev e l'Hugo Wolf Quartett.
L'incontro è inserito nella seconda edizione di "LabRetMus", Laboratorio di Retorica Musicale organizzato dal Conservatorio di Musica "Arrigo Boito", che dal 23 marzo al 23 aprile porta nell'Auditorium del Carmine incontri, concerti, seminari e masterclass dedicati al tema "Musica e silenzio".
L'ingresso è libero e gratuito.
(Fonte: ufficio stampa Conservatorio A.Boito)
Mercoledì 1 aprile alle ore 21.00 presso il Bar Roma di Novellara Presentazione del romanzo d'esordio di Lorenzo Favella "Il vento in faccia" al Bar Roma di Novellara. -
Parma, 31 marzo 2015 –
"Il vento in faccia" il romanzo d'esordio di Lorenzo Favella sarà presentato mercoledì 1 aprile alle ore 21.00 presso il Bar Roma di Novellara. La presentazione, a cura della biblioteca comunale vedrà la partecipazione dell'autore insieme a Simone Oliva e di Mattia Lorenzini e Giorgia Burani che leggeranno alcuni brani tratti dal libro.
Ambientato tra il 1969 e il 1976, narrato in prima persona, "Il vento in faccia" è il diario di bordo del "bimbo", un ragazzo di provincia che al principio ha 19 anni e una sola idea in testa: farsi crescere i capelli e suonare la chitarra nel suo gruppo beat. Le vie del destino lo porteranno ad abbandonare il suo piccolo eden incantato per raggiungere Milano, abbracciando un'avventura decisamente più grande di lui. Tra turni in fabbrica e scoperta dell'eros, lampi di vita, amore e violenza, infiltrato prima, fiancheggiatore poi, fuggiasco infine, all'alba dei cosiddetti anni di piombo.
Questo libro è un piccolo caso editoriale perché è stato pubblicato da "Lo scafandro Libri" grazie ad una campagna di autofinanziamento lanciata dallo stesso autore su Internet, che grazie ad e-mail e social ha permesso di garantire una prevendita 500 copie in poche settimane dall'avvio della campagna.
Per informazioni contattare la biblioteca tel. 0522-655419 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
(fonte: ufficio stampa Comune di Novellara)
Le strade di Berlino, la città più all'avanguardia d'Europa, sono fiancheggiate da enormi alberi pieni di libri gratuiti per i passanti. -
Parma, 24 marzo 2015 - di Alexa Kuhne -
Una foresta enorme, grande quanto una importante via cittadina, incanta i berlinesi che decidono di rifugiarsi fra le avvolgenti fronde della cultura. Ovvero: gli alberi sono stati trasformati in librerie pubbliche. Obiettivo: promuovere la lettura, accrescere la cultura, farne un dono per tutti.
La civiltà è anche crescita intellettuale. E una città all'avanguardia, protesa in avanti e attenta a ogni stimolo nuovo, proprio come Berlino, non poteva non accogliere l'idea di queste fronde che germogliano il sapere. Gratuito.
Ecco perché alcuni meravigliosi, enormi alberi lungo Prenzlauer Berg sono diventati distributori no profit di testi che girano il mondo.
Il progetto, intitolato Book Forest fa parte del programma BookCrossing Club che realizza librerie gratuite in tutto il globo.
Lo scopo è portare libri usati da condividere in luoghi pubblici in modo da rendere sempre accessibile la lettura a tutti. Sul sito c'è scritto: "Benvenuto nella biblioteca del mondo! E' facile trovare libri, condividerli e incontrare altri amanti della lettura".
Il bookcrossing è effettivamente diventato un movimento mondiale - organizzato su www.bookcrossing.com - per la circolazione libera dei libri che, opportunamente registrati sul sito, vengono seguiti nei loro viaggi sul Pianeta.
A Berlino la singolare iniziativa ha portato alla trasformazione di alcuni arbusti abbattuti in vere e proprie foreste di tomi: i grossi tronchi sono stati rimodellati in fogge che richiamano l'idea di mensole naturali, dove il lettore può depositare il suo libro usato per una condivisione libera e gratuita del sapere.
Ogni 'teca' contiene delle opportune finestrelle in cui scambiare i volumi, protette da tendine di plastica contro le intemperie.
Ogni 'foresta di libri' può ricevere un massimo di cento libri che chiunque può prendere e lasciare.
La parola chiave è anche condivisione. Il progetto Forest books è stato infatti sviluppato come un approccio interdisciplinare, nato dalla collaborazione di esperti di foreste, carpenteria, falegnameria, media design, stampa e libri.
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