Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 14 - n° 28 12 luglio 2015
SOMMARIO Anno 14 - n° 28 12 luglio 2015 (in allegato il pdf scaricabile)
1.1 editoriale Caos Grecia. Gli UEmanoidi non erano programmati per rispondere alla disobbedienza.
3.1 cereali Nonostante tutto l'Indipendence Day ha favorito leggeri ribassi
4.1 Lattiero caseario Tutto fermo.
5.1 agro mercati Ismea, tensioni sui prezzi dei cereali.
6.1 parmigiano reggiano Reggio Emilia - Prezzo "a riferimento" del latte industriale
6.2 parmigiano reggiano Parmigiano Reggiano, Preoccupazioni per la crisi greca
6.3 giardinaggio Un bel giardino con i piccoli aiutanti di Ferragosto.
7.1 export Canada, Parmigiano Reggiano punta al raddoppio
8.1 vino export Panel Business Strategies su consumatore cinese al 38 congresso mondiale OIV.
8.2 vino eventi Al Wine & Dine Festival di Shangai l'Italia sarà rappresentata da Vinitaly.
9.1 eventi Farm Run, Corsa a ostacoli nel fango: una prova per veri duri!
9.2 eventi made in italy Annunciata
10.1 Lattiero Caseario Lattiero Caseario in crisi. L'analisi di Giuseppe Alai presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano
10.2 promozioni "vino" e partners
Giuseppe Alai: con la dicitura "Latte Italiano" aumenterebbe l'appeal dei nostri formaggi. L'aumentata competitività coincide con l'aumento della selezione. Occorre perciò fare delle precise scelte politiche e uscire dal modello della moltitudine degli offerenti per passare a fare sistema.
di Lamberto Colla, Reggio Emilia 6 Luglio 2015
Da molti anni si parla di un settore lattiero caseario in crisi e, con la fine del regime delle quote latte, il rischio per il settore si è fatto ancora più reale e concreto. Abbiamo cercato di comprendere i meccanismi, e le probabili soluzioni, registrando l'opinione di uno dei più accreditati esperti del settore, il Presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano Giuseppe Alai.
1- Crisi lattiero caseario - Quali sono gli elementi macroeconomici che stanno minando il settore?
Senza ombra di dubbio la competitività internazionale delle nostre produzione. L'Italia ha sempre vissuto, attraverso le DOP, su una ricchezza che deriva dal valore aggiunto di questi formaggi, ma oggi siamo immersi in una competizione internazionale dove, chiaramente, la selezione è l'equivalente di competizione.
Siamo il paese, prosegue Giuseppe Alai, che ha mediamente le stalle più piccole, siamo il paese che ha mediamente le industrie casearie più piccole, siamo il paese che ha la minore concentrazione della produzione. Questo sta a significare che nel momento in cui ci si affaccia a uno scenario in cui la competizione è sulle portanze di livello mondiale è inevitabile non risentirne gli effetti. Così il latte europeo costa come il latte mondiale e il latte italiano costa come quello europeo e la conseguenza obbligata è, purtroppo, che gli allevamenti con strutture inadeguate e che si trovano in zone svantaggiate e marginali debbano chiudere.
2 - Fonterra, dalla Nuova Zelanda all' Olanda. Significa che in Europa c'è ancora spazio di manovra tale da diventare terra di conquista?
Intanto vedo un primo pericolo nel fatto che Fonterra si metta insieme a FrieslandCampina e Arla Food. Per dare una dimensione FrieslandCampina ha 19.000 soci ed è presente in tutto il mondo. Queste sono cooperative che hanno un respiro mondiale su tutto il mercato lattiero caseario e le loro produzioni vanno dal latte alimentare da bere, al latte in polvere, ai formaggi, ai baby food, alle bevande a base di latte dimostrando una fortissima evoluzione nella modalità di offerta.
Scopo delle cooperative è di piazzare il latte realizzato dai loro soci e Fonterra è arrivata in europa, dalla Nuova Zelanda, perché ha annusato un'opportunità a seguito della fine del regime delle quote latte. E' fuori discussione che sia una cooperativa che adotti politiche commerciali molto aggressive. Teniamo presente che Fonterra produce il 4% del latte mondiale ma copre il 40% dell'export del latte mondiale. E' una realtà che si muove prevalentemente sulla base del prezzo al punto tale che nel mese precedente c'è stata una specie di rivolta da parte dei suoi soci che hanno lamentato di avere dovuto crescere dimensionalmente per muoversi verso mercati internazionali e ciononostante i ricavi sono sensibilmente diminuiti. Questo fa percepire come, anche dall'altra parte della terra, si stia percependo questa competitività accresciuta dal punto di vista delle produzioni lattiero casearie.
Quali spazi di manovra ci sono? Quello di internazionalizzarci. D'altra parte se l'internazionalizzazione è considerato dagli altri lo sbocco di mercato al quale assegnare la priorità, noi dobbiamo fare altrettanto e andare a casa loro con i nostri prodotti.
3 - E' iniziata la campagna lattiera orfana delle Quote Latte, quali scenari si possono intravedere?
Ormai il prezzo in Italia è diventato il prezzo europeo ed il prezzo europeo è diventato prezzo internazionale, come appunto si diceva prima. Perciò o si determinano delle politiche vere e proprie del settore lattiero caseario, cosa che non mi sembra si stia facendo, perlomeno in Italia, oppure saremo obbligati a diventare competitivi sulla base del prezzo andandoci a scontrare con realtà aggressive come Fonterra. A tale proposito non dimentichiamo che c'è una cooperativa indiana, Amul, che ha scelto di produrre solo per il fabbisogno interno che peraltro rappresenta il 17% della produzione mondiale.
Se una cooperativa come questa decidesse di espandersi la ricaduta mondiale sui prezzi sarebbe pesantissima. Basti considerare che quell'enorme volume di produzione è garantito da una moltitudine di stalle la cui consistenza media è di 6,5 vacche. Attraverso il imitato aumento di una vacca per allevamento si determinerebbe un incremento del +15% il volume di latte che sarebbe interamente destinato al mercato globale con conseguenze facilmente immaginabili dal punto di vista del prezzo internazionale del latte alimentare.
Cosa ci fa intravedere questa situazione? Che passare da un mercato garantistico (regime delle quote latte, ndr) a un mercato libero la determinante della crescita produttiva la fa principalmente il prezzo. E' perciò importante inquadrare degli scenari nuovi di valorizzazione delle nostre produzioni. Noi da questo punto di vista abbiamo molto da imparare perché, a differenza di altri paesi, non ci siamo mai posti seriamente i problemi di ordine competitivo delle nostre produzioni.
4 - Un'opinione flash sull'ultima trovata di Bruxelles: il formaggio "Senza Latte"
Lo ritengo un atto di "vandalismo culturale" nel senso che va a modificare completamente quello che è la ragione che porta il formaggio a possedere le proprie specifiche caratteristiche.
I formaggi fatti con il latte in polvere perdono quel significato sul quale noi abbiamo impostato la valorizzazione e riconoscibilità dei nostri prodotti come il gusto, l'aroma e, in generale, le peculiari caratteristiche organolettiche che determinano la loro distintività.
La volontà di chiedere la deroga alla legge 138 del 1974, sembra sia venuta dall'associazione industriale del latte e sospinta da un deputato europeo per ragioni di competitività industriale.
Questo dal punto di vista della logica imprenditoriale è, forse, comprensibile però ancora ribadiamo che manca una politica lattiero casearia italiana. Il nostro Paese deve arrivare a decidere se si punta sulle DOP, se si punta sulla competitività delle produzioni o se si punta invece su qualsiasi tipologia di produzione che derivi dal latte vaccino.
Una scelta ferma da anni e che nessuna delle professionali intende affrontare, lasciando i consorzi soli a combattere contro la logica della indefinizione delle politiche.
5 - Potrebbe essere una forma di ricatto per accettare definitivamente gli OGM in Italia e affinché si proceda verso il Trattato Transatlantico?
Potrebbe. Sicuramente è una logica non degli allevatori, non dei caseifici ma prettamente industriale portata avanti dalle grandi multinazionali che fanno sì che i loro prodotti vadano alla ricerca dei mercati più remunerativi.
6 - Il differenziale tra il prezzo alla stalla e il prezzo al pubblico del latte alimentare è coerente o come si suppone il più forte vince sempre?
Ho visto che ci sono delle catene della grande distribuzione che si sono fatte parte diligente su questo fronte. Ad esempio Conad che ha pubblicizzato il fatto che avrebbe pagato un importo di 38 centesimi il latte alla stalla. Non scaricherei, quindi, tutta la responsabilità sulla grande distribuzione ma cercherei invece di passare da una logica di filiera a una logica di sistema.
Sarebbe interessante capire come possano essere determinate le condizioni di valorizzazione per pagare i costi di ogni singolo passaggio. Questo oggi non accade assistendo allo scontro tra la forza della domanda contrapposta a quella dell'offerta. Il mercato libero, al momento attuale, non esiste e se si vuole parlare di filiera occorre uscire dalla logica di moltitudine di offerenti per portarsi verso una logica di sistema nella quale si tenda a remunerare il lavoro di ciascuno modo più adeguato.
7 - Formaggi duri semi grassi. Da molti mesi hanno i prezzi bloccati. Tira l'Export ma con valori economici non così allettanti come un tempo. Come si potrebbe uscire da questa situazione in generale e in particolare per il Parmigiano Reggiano?
Lo dicevamo prima, o diventiamo sistema e usciamo dalla logica della moltitudine di offerenti o anche noi saremo alla stregua delle altre produzioni, individuate nelle quotazioni sulla base di quelli che sono i nostri costi di produzione e chi riesce a essere competitivo riesce a andare avanti. Se oggi dovessimo, sulla base del prezzo del latte europeo, cioè 32-33 centesimi, dire quanto vale il latte per il parmigiano reggiano dovremmo dire 48 centesimi ovvero 7,5€/kg. Tutto quello che va in più risiede nella nostra capacità di valorizzare il nostro prodotto attraverso delle politiche di sistema e delle politiche di settore. Questa è la sfida che dovrà contraddistinguere il lavoro dei consorzi e della politica nei prossimi anni, altrimenti la mera competizione dei prezzi porterà a rendere queste situazioni, oggi ritenute insostenibili, stabili fino anche vi sarà qualcuno che offrirà il latte alle condizioni attuali. Diciamola tutta, si parla di crisi da anni ma la produzione anziché diminuire è aumentata.
8 - Cosa sta meditando il CFPR per "cavalcare la tigre"?
Noi siamo il formaggio che ha la maggiore rinomanza e credibilità verso il consumatore. Dobbiamo semplicemente accrescere questo livello qualitativo attraverso una politica consortile che si basi su tre punti fondamentali:
1. la determinazione quantitativa del formaggio fare in modo che l'offerta non sia in esubero sulla domanda;
2. la modifica del disciplinare per fare la differenza rispetto gli altri formaggi. Il consumatore deve trovare riscontro qualitativo forte nel maggior prezzo sostenuto.
3. Il terzo punto è quello dell'export perché è l'unica strada che consente di aumentare le produzioni.
Su quest'ultimo punto ci attendiamo delle risposte dalla politica. Andare a dire agli allevatori italiani di mungere altro latte significherebbe destinare più latte a produzioni similari in quanto i consumi di latte sono in flessione. Le produzioni DOP sono tutte in condizioni di livello di equilibrio, quando non sono addirittura in eccesso di produzione, e la produzione in eccesso andrebbe, per forza di cose, a produzioni similari, simil grana, simil asiago, simil taleggio e così via.
Si dovrà fare, quindi, una scelta politica nella individuazione delle potenzialità produttive e delle quantità destinate a queste produzioni.
"Oggi, secondo me, conclude Giuseppe Alai, è importante riuscire a distinguere, nell'ambito della destinazione di queste politiche, la possibilità di utilizzare la dicitura di "Latte Italiano", che sappiamo essere una dicitura di appeal rispetto i consumatori, affinché diventi un fattore concorrenziale con i formaggi esteri, cosa che oggi non sta avvenendo.
Occorre perciò che i consorzi vengano posti nelle condizioni di poter lavorare sulla offerta di prodotto e al tempo stesso vi sia anche la possibilità, da parte degli allevatori, di accrescere le produzioni ma con una destinazione alternativa e molto precisa di quello che i loro allevamenti producono."
L'importante attestazione assegnata sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico fornisce garanzia sulle analisi per istituzioni, imprese e consumatori. -
Parma, 10 luglio 2015 -
Nato da pochi mesi il CLCA riesce subito a guadagnare un importante traguardo professionale che gli consente già nell'immediato di migliorare notevolmente la propria politica di qualità ottimizzando e qualificando i servizi analitici offerti a servizio degli associati, dei clienti e delle imprese del parmense che hanno vocazione all'export e rientrano in precisi disciplinari. Nei giorni scorsi è arrivato infatti l'ottenimento da parte del laboratorio di analisi dell'importante accreditamento attribuito da ACCREDIA, organo di verifica, che sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico controlla sul campo che il personale operante sia altamente preparato e professionalmente competente e aggiornato. Questo particolare accreditamento costituisce la prova concreta e attestata che il laboratorio preso in esame operi in totale conformità agli standard internazionali, attraverso l'imparzialità e l'indipendenza di azione diretta del laboratorio stesso e di tutti gli organismi che ne verificano la conformità di prodotti e servizi. L'accreditamento da solo costituisce naturalmente la certificazione per i campioni analizzati e non per l'intero prodotto, ma le tipicità che possono fregiarsene forniscono un'ulteriore e rilevante garanzia anche per il consumatore che potrà così scegliere con maggior fiducia. Oggi le analisi accreditate al CLCA sono ben 32 e riguardano principalmente l'aspetto igienico-sanitario di latte, alimenti, acque potabili e superfici; una lunga lista di interventi che consentono al laboratorio autorizzato di effettuare analisi in caseifici, salumifici e più in generale in tutto il comparto di produzione alimentare.
"Questo traguardo è davvero rilevante per noi – ha sottolineato il presidente Daniele Mazzocchi – giunto attraverso non pochi sforzi economici e un intenso lavoro di preparazione che ha coinvolto tutto lo staff". All'interno della squadra del laboratorio un ruolo importante ha avuto il direttore Alessandro Raffaini: "Accredia rappresenta una delle tappe più qualificanti ottenute dalla nostra nascita, un risultato che ci auguriamo consentirà al laboratorio di guadagnare sempre maggior fiducia attraverso il lavoro di uno staff preparato che lavora con attrezzature sofisticate. Vogliamo diventare un fondamentale punto di riferimento per tutto il comparto agroalimentare e lattiero caseario del comprensorio e la strada imboccata pare essere quella giusta".
(fonte: Ufficio Stampa CLCA)
Scelto dal colosso Whole Foods come prodotto di punta tra i formaggi di tutto il mondo. Il Consorzio denuncia e spinge la UE al contrasto di 100.000 tonnellate di falsi che si richiamano al tricolore. -
Reggio Emilia, 10 luglio 2015 -
"E' un successo per le esportazioni, ma è un successo anche nella lotta al contrasto delle imitazioni".
Così il Consorzio del Parmigiano Reggiano commenta l'accordo raggiunto per il mercato degli Stati Uniti - Paese in cui è presente il maggior numero di imitazioni del nome della Dop - con uno dei colossi della distribuzione Usa, la Whole Foods, che ha scelto il Parmigiano Reggiano come prodotto di punta per qualificare l'intera offerta di formaggi della catena: si tratta di un prodotto selezionato di almeno 24 mesi che viene porzionato nel punto vendita.
"E' un grande passo in avanti - sottolinea il direttore del Consorzio di tutela, Riccardo Deserti - non solo per rafforzare un trend di esportazioni in vertiginosa crescita nel primo trimestre 2015 (i dati Istat parlano di un +74%, ma il Consorzio già nei giorni scorsi parlava di circostanze eccezionali, come il rapporto di cambio euro-dollaro e l'esaurimento delle scorte, che si attenueranno nei prossimi mesi - n.d.r.), ma soprattutto per rafforzare proprio il contrasto alle imitazioni, sul quale incideranno molto anche gli esiti dei negoziati TTIP".
"I dati in crescita e l'esperienza di questi anni - osserva Deserti - confermano che la prima forma di contrasto alle imitazioni è proprio la conoscenza del prodotto originale, la cui presenza nelle catene distributive statunitensi, associata alle nostre azioni informative e a quelle effettuate dalle stesse catene, consente ai consumatori di prendere coscienza del massiccio ricorso a imitazioni ingannevoli cui è esposto".
"Grazie alle nostre attività di vigilanza - prosegue il direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano - stimiamo in circa 100.000 tonnellate all'anno i consumi di "parmesan" immesso sul mercato e venduto facendo presumere (con il ricorso a marchi, bollini, simboli che richiamano il tricolore) che abbia un'origine italiana".
"Dieci giorni fa - esemplifica Deserti per ricordare la complessità del tema dell'"italian sounding" - in un supermercato di Manhattan abbiamo individuato due tipi di "parmesan": uno assolutamente neutro rispetto alla presumibile origine; l'altro, invece, intriso di bandiere e tricolori". "Nel primo caso, dunque, si tratta dell'uso di una denominazione ammessa dalla legislazione americana (molto più permissiva di quella europea in materia di Dop, tanto che nella UE il termine "parmesan" è ascrivibile solo ed esclusivamente al Parmigiano Reggiano), mentre nell'altro - spiega Deserti - si tratta di una azione esplicitamente ingannevole nei confronti dei consumatori e lesiva degli interessi dei nostri produttori".
"In questo complesso scenario - prosegue il direttore del Consorzio di tutela - la richiesta di prodotto originale è in forte aumento, e le principali catene americane hanno importanti programmi di sviluppo delle importazioni, con particolare riferimento al prodotto stagionato 30 mesi, e una crescente attenzione alla selezione diretta dei caseifici potenziali fornitori".
"Ora - osserva il presidente dell'ente di tutela, Giuseppe Alai - tocca davvero alla UE, nell'ambito dei negoziati TTIP - lavorare per nuove regole che salvaguardino le nostre Dop in un mercato dalle enormi potenzialità, e questa azione deve essere a maggior ragione forte e rigorosa dopo che in meno di un anno - tra embargo Russo, crisi economica e scontro finanziario tra UE e Grecia, i prodotti agroalimentari di qualità hanno subito pesanti colpi, che per il Parmigiano Reggiano corrispondono a 700 tonnellate in meno di export su questi Paesi".
(fonte: ufficio stampa: Consorzio del Parmigiano Reggiano)
A Novellara l'Anguria reggiana ha ormai ottenuto, almeno per l'Italia, il marchio Igp. Mammi: "Traguardo importante per il nostro comparto agricolo, raggiunto grazie all'impegno di tanti". -
Reggio Emilia, 9 luglio 2015 -
Un caloroso applauso ha salutato ieri sera, nella Sala del Consiglio comunale di Novellara, la conclusione della riunione di pubblico accertamento convocata Ministero delle Politiche agricole nel corso della quale, con la lettura del Disciplinare di produzione, l'Anguria Reggiana è di fatto ormai entrata tra i prodotti Igp (Indicazione geografica protetta).
Ora, per utilizzare in Italia in marchio Igp, basterà attendere la pubblicazione del Disciplinare sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e i 30 giorni di tempo previsti per accogliere eventuali opposizioni, decorsi i quali l'Associazione produttori potrà richiedere l'utilizzo transitorio del marchio e avviare la commercializzazione in Italia dell'Anguria Reggiana Igp, primo prodotto a Indicazione geografica protetta esclusivamente reggiano. Circa un anno di tempo è invece previsto per la "procedura europea", che verrà avviata dallo stesso Ministero e si spera possa concludersi con l'iscrizione del nostro cocomero nell'apposito Albo comunitario.
Ieri sera a Novellara, la riunione di pubblico accertamento convocata dal Ministero si è aperta con il saluto del vicesindaco Alessandro Baracchi e con l'intervento del consigliere delegato all'Agricoltura, Alessio Mammi, che ha parlato di "un traguardo davvero di grande importanza per la nostra agricoltura, che oggi raggiungiamo grazie all'impegno di tanti, grazie a un lavoro di squadra che la Provincia di Reggio Emilia ha avviato fin dal 2008 ritenendo l'Anguria Reggiana una produzione d'elevata qualità con importanti prospettive d'occupazione e sviluppo e sostenendo dunque in maniera convinta la volontà delle aziende, costituitesi poi nell'Associazione Produttori Anguria Reggiana".
Oggi l'Apar, nata nel 2009 per promuovere in forma organizzata la qualità dell'Anguria Reggiana, è presieduta da Ivan Bartoli ed è composta da una ventina di aziende agricole sparse principalmente nei comuni di Novellara, Gualtieri, Cadelbosco Sopra e Guastalla, ma presenti anche a Reggio Emilia, Rio Saliceto, Campagnola e Correggio: in totale circa 400 ettari di coltivazioni, 4 milioni di euro di giro d'affari e una quarantina di persone impegnate che quest'anno, finalmente, salutano un'estate finora calda e favorevole (grandinata di giugno a parte...), dopo due stagioni abbastanza problematiche.
"Si tratta di una ventina di realtà che, grazie anche ad addetti d'età media inferiore alla media del comparto agricolo reggiano, hanno saputo dare continuità ad un'antica tradizione, rinnovandola grazie alle più moderne tecniche produttive e raggiungendo importanti traguardi sul piano economico per la riconosciuta qualità del prodotto", ha aggiunto Mammi.
(fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)
L'Overview sui mercati agroalimentari. Nervosismo sui mercati internazionali dei cereali. Calma piatta nel comparto lattiero caseario.
L'incertezza sui nuovi raccolti sta alimentando il nervosismo sui mercati internazionali dei frumenti, generando ulteriori tensioni sui prezzi.
Lo rileva l'Ismea nell'Overview sui mercati agroalimentari di questa settimana, segnalando che, anche in Italia, la conferma di rese inferiori all'anno scorso in diverse aree del Centro-Sud, a fronte di una buona qualità dei raccolti, ha impresso un'ulteriore spinta al rialzo ai listini del grano duro, ormai posizionati, per le migliori qualità, ben oltre i 300 euro/tonnellata.
Per il frumento tenero le prime quotazioni sulle piazze di Milano e Bologna sono inferiori a quelle di esordio della scorsa campagna, anche se le previsioni sono orientate a una rapida risalita dei prezzi soprattutto per i timori di danni da siccità ai raccolti francesi, ma anche canadesi e australiani.
Per i cereali foraggeri i listini mostrano un andamento migliore e in netta controtendenza rispetto alle scorse settimane. Mais e orzo, in particolare, potranno beneficiare di ulteriori recuperi sulla scia dei rincari attesi nel comparto dei frumenti.
Risultano ormai quasi esaurite le disponibilità di risoni, in un mercato con prezzi comunque stazionari. Sulle semine 2015 l'indagine dell'Ente nazionale risi rivela, nel dato preliminare, una crescita annua del 3% degli investimenti in Italia, corrispondente a un aumento di circa 7.000 ettari.
Per gli oli di oliva Ismea prevede, in ambito nazionale, una ulteriore flessione per gli extravergini, mentre lampanti e raffinati potrebbero registrare questa settimana un andamento ancora sostenuto, grazie a una discreta vivacità degli scambi. Buone le condizioni generali degli oliveti in assenza di particolari problemi sul piano fitosanitario.
Riguardo ai vini, lo stato dei vigneti in Italia, a circa un mese dall'inizio delle operazioni vendemmiali, risulta soddisfacente. Tali riscontri sembrano confermare le attese di una buona produzione, in crescita rispetto ai bassi livelli della scorsa campagna, in un mercato che resta però caratterizzato da una forte stagnazione degli scambi e da un prevedibile proseguimento di tale situazione.
Sui mercati ortofrutticoli la maggiore affluenza di merce imputabile al brusco rialzo delle temperature, nel comparto delle pesche e nettarine, ha avuto qualche ripercussione sui prezzi, seppure a fronte di un agevole collocamento, grazie a una buona richiesta al consumo. Non si prevedono variazioni significative neanche nei prossimi giorni, mentre in una proiezione di 2-3 settimane le quotazioni potrebbero anche leggermente aumentare in conseguenza di una minore pressione del prodotto spagnolo.
In forte anticipo i raccolti di pere estive nel Catanese e nel comprensorio di Modena, con prezzi più elevati rispetto ai valori iniziali della scorsa annata ad eccezione delle provenienze campane, penalizzate da un'offerta piuttosto elevata a causa del grande caldo. Per l'uva da tavola gli alti prezzi delle uve Vittoria nel Catanese hanno scoraggiato gli acquisti. Si prevede a breve un ritocco al ribasso della quotazioni, anche in considerazione dell'imminente debutto delle produzioni pugliesi e metapontine.
Per gli ortaggi le contrattazioni dovrebbero proseguire in un contesto di sostanziale equilibrio e sulla base di valori stazionari, con qualche possibile ulteriore e fisiologica flessione dei prezzi solo per peperoni e pomodori.
Sui mercati zootecnici non si intravedono miglioramenti nel comparto bovino con pochi scambi tra allevatori e macellatori e consumi ancora con il freno tirato. Le quotazioni dei vitelli da ristallo francesi, ai massimi da cinque anni, dovrebbero registrare, già questa settimana, una correzione al ribasso, in previsione di una maggiore disponibilità di capi pronti per l'ingrasso.
Aumenti solo marginali per i capi suini, sia da macello che d'allevamento per le tagli più elebvate, con un probabile proseguimento di tale tendenza anche in previsione di una lenta ma graduale ripresa dei tagli freschi, prosciutti e lombi in particolare.
Sul mercato dei lattiero-caseari è calma piatta in Italia, in particolare per i formaggi tipici, in un contesto di forte incertezza in merito agli sviluppi del settore. A livello internazionale, i prezzi delle commodity casearie, soprattutto del latte in polvere, mantengono un trend negativo per le forti pressioni alla vendita da parte dei paesi esportatori. Le prime indicazioni del dopo-quote rivelano, a livello comunitario, un aumento delle consegne di latte ad aprile 2015 in alcuni dei principali paesi produttori: +11% in Irlanda rispetto ad aprile 2014, +1,5% in Regno Unito e +4,2% in Polonia; in flessione al contrario le produzioni di latte sia in Germania che in Francia.
(Ismea servizi Roma, 6 luglio 2015)
La prima edizione della manifestazione è in programma dal 18 al 20 settembre 2015. Il lavoro svolto in questi anni da Veronafiere con Vinitaly International in Cina ha accreditato l'Ente come il referente per la promozione culturale del vino e della gastronomia italiane.
Shanghai, luglio 2015 – Sarà Vinitaly a rappresentare l'eccellenza enogastronomica italiana alla prima edizione dello Shanghai Wine&Dine Festival.
La manifestazione, in programma dal 18 al 20 settembre 2015, punta a diventare l'evento b2c di riferimento in Oriente per il settore wine&food e Vinitaly, il più importante salone internazionale organizzato da Veronafiere dedicato al vino e ai distillati, è stato scelto come capofila del padiglione che ospiterà i prodotti italiani, grazie all'efficace lavoro svolto in questi anni attraverso le iniziative di Vinitaly International.
L'obiettivo resta la conquista dei consumatori cinesi, grazie a degustazioni delle migliori etichette tricolori, accompagnate dai piatti dei più famosi cuochi italiani di Shanghai e offerte dalle più note realtà del food & beverage made in Italy presenti in Cina.
Il Festival, che vede la partecipazione anche di Francia, Spagna, Stati Uniti d'America, Australia, Cile e Argentina, è stato presentato questa settimana a Shanghai dai promotori: il quotidiano Shanghai Morning Post, Gewara il più grande ticket service online della Cina, Unionpay, la carta di credito più diffusa in Cina e Bank of Communications.
«Questo è un momento importante per Vinitaly e il vino italiano – ha commentato il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani –. Per la prima volta nella storia dell'Esposizione universale a Expo Milano abbiamo realizzato un padiglione dedicato al vino, molto apprezzato dai numerosi visitatori cinesi. L'anno prossimo, poi, sarà il cinquantesimo anniversario di Vinitaly a Verona e, con il nostro know-how, siamo pronti ad affrontare a Shanghai un nuovo tipo di evento, consumer-oriented, dove anche il food giocherà un ruolo fondamentale, facendo da traino alla cultura del vino».
Vinitaly International, allo Shanghai Wine&Dine Festival, come per il Roadshow in vista di Expo e il Fuorisalone di Chengdu, lavorerà in stretta collaborazione con aziende e importatori di vino italiano.
Il console generale italiano a Shanghai, Stefano Beltrame, presente alla conferenza stampa, insieme alla managing director di Vinitaly International, Stevie Kim, ha ricordato ancora una volta «l'importanza di agire insieme, per realizzare davvero quell'auspicato sistema-Italia che possa trasformarsi in business concreto per le aziende vitivinicole italiane nel mercato più ostico e promettente del mondo, quale è quello Cinese».
A sottolineare il valore internazionale della manifestazione di Shanghai, la partecipazione, insieme a Vinitaly, anche di Sopexa China, Conseil Interpofessionel du Vin de Bordeaux (CIVB), Wine Australia, Wines of Chile, Rioja, Wines of Argentina e ufficio del Commercio estero degli Stati Uniti.
Le aspettative su questo nuovo appuntamento sono quindi molto alte, come ha spiegato Yang Wei Zhong, editore in capo dello Shanghai Morning Post: «Shanghai è da sempre aperta agli stili di vita occidentali e in questi due anni sta vedendo crescere sempre più i consumatori di vino. Da questo punto di vista è una metropoli che è punto di riferimento per tutta la nazione e da cui passano le nuove tendenze del consumatore cinese». (Veronafiere, 3 luglio 2015)
Firmato il protocollo da Regione, Comune, Anci e Chef to Chef per sostenere la candidatura della città ducale. Tradizione e innovazione in rappresentanza del meglio della gastronomia emiliana. -
Parma, 8 luglio 2015 -
Parmigiano-Reggiano, Prosciutto di Parma, Culatello di Zibello, Salame di Felino, Fungo di Borgotaro e Malvasia di Candia. Sono solo alcune delle eccellenze enogastronomiche e dei prodotti tipici che può vantare Parma con il suo territorio.
La città ducale ha sicuramente tutte le carte in regola per essere ammessa nel network delle città creative Unesco per la gastronomia. Una candidatura a rappresentanza del meglio della gastronomia emiliana. L' Emilia-Romagna, detiene il record europeo di Prodotti Dop e Igp, quella tradizione che la rivista statunitense Forbes ha definito "Italy's greatest gastronomic treausure".
Produzioni tradizionali ma non solo, Parma possiede anche una spiccata capacità di innovazione nel campo della sicurezza alimentare e della ricerca, grazie a Efsa (European Food Safety Agency) e Ssica (la Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari). Realtà industriali come il Gruppo Barilla, leader mondiale nel mercato della pasta e Mutti, specializzata nelle conserve di pomodoro. Nel campo dell'haute cuisine Alma, la Scuola internazionale di cucina con sede a Colorno, di cui è rettore lo Chef Gualtiero Marchesi.
In questo panorama, ha un ruolo fondamentale la progettazione universitaria dedicata al tema del food, di cui è capofila il Dipartimento di scienze degli alimenti dell'Università di Parma con un corso di laurea in Scienze gastronomiche e il relativo Master Comet (Cultura, organizzazione e marketing dell'enogastronomia territoriale). E poi ancora: i Consorzi di tutela; i ristoranti e gli chef stellati; le rassegne e le manifestazioni fieristiche internazionali come Cibus, senza dimenticare le sagre e i mercati.
La Regione, nell'anno di Expo, ha quindi deciso di sostenere la candidatura di Parma a "città creativa dell'Unesco per la gastronomia" e di sottoscrivere un protocollo d'intesa con il Comune, l'Anci emilia-Romagna e l'associazione "Cheftochef Emilia-Romagna cuochi". A Bologna è stato firmato il protocollo d'intesa dall'assessore regionale Simona Caselli, dall'assessore comunale Cristiano Casa, dal presidente di "Chef to chef" Massimo Spigaroli e dal direttore ANCI regionale Gianni Melloni.
Il network "città creative" dell'Unesco ha come obiettivo la creazione di un legame tra città, in grado di fare della creatività culturale un elemento essenziale per il proprio sviluppo economico in una prospettiva internazionale. Tutto è pronto quindi per presentare la candidatura di Parma a "Città creativa dell'Unesco per la gastronomia", che - come ha annunciato l'assessore Cristiano Casa - verrà presentata ufficialmente mercoledì 15 luglio presso la sede Unesco a Parigi.
La crema a uso alimentare milanese si riallinea con la panna di verona.
di Virgilio, Parma 8 luglio 2015
LATTE SPOT Confermati i listini anche in questa 28esima settimana. Nello specifico il latte nazionale è stato quotato nell'intervallo tra 34,02 e 35,05/100 litri di latte e l'estero pastorizzato spot si è collocato tra 31,45 e 32,48€/100 litri.
BURRO E PANNA Anche per i derivati del latte nessuna variazione di listini. Confermati i prezzi di tutte le referenze di Burro registrate alla borsa di Milano. Perde invece l'1,33% la Crema a uso alimetare quotata a Milano, riallineandosi così con la Panna veronese che invece mantiene invariato il prezzo.
Borsa di Milano 06 luglio:
BURRO CEE: 2,80€/Kg
BURRO CENTRIFUGA: 3,0€/Kg.
BURRO PASTORIZZATO: 2,0€/Kg.
BURRO ZANGOLATO: 1,80€/Kg.
CREMA A USO ALIMENTARE: 1,48€/Kg. (-1,33%)
Borsa Verona 06 luglio:
PANNA CENTRIFUGA A USO ALIMENTARE: 1,48-1,53€/Kg.
Borsa di Parma 03 luglio:
BURRO ZANGOLATO: 1,40€/kg.
GRANA PADANO
9 mesi di stagnazione per il grana padano di 15 mesi e oltre. Infatti, anche in quest'ultima settimana, nessuna variazione di prezzo è stata registrata sia per il 9 mesi sia per il 15 mesi di stagionatura.
Nello specifico: tra 7,10 e 7,75€/kg. il prezzo all'ingrosso del prodotto di 15 mesi e tra 6,35 e 6,45 €/kg. il prezzo relativo al 9 mesi di stagionatura.
PARMIGIANO REGGIANO
Dopo la leggera flessione dello scorso 19 luglio, per la seconda settimana consecutiva nessuna variazione è stata riscontrata alla borsa di Parma lo scorso 3 luglio.
In particolare il 12 mesi di stagionatura è stato quotato ancora una volta 7,55-7,80 €/kg. mentre il 24 mesi di stagionatura ha confermato il prezzo all'ingrosso compreso tra 8,70 e 9,05 €/Kg.
Domani a Novellara la riunione di pubblico accertamento con la lettura, da parte del Ministero, del Disciplinare di produzione. Manghi: "Traguardo importante per il nostro comparto agricolo". -
Reggio Emilia, 7 luglio 2015 -
Tappa fondamentale, domani pomeriggio a Novellara, nel cammino che mira a valorizzare – anche attraverso un marchio Igp (Indicazione geografica protetta) da esibire in Italia e in Europa – l'Anguria Reggiana, una delle produzioni ortofrutticole di pregio presenti nella nostra medio-bassa pianura.
Per le 17 di domani, mercoledì, il Ministero delle Politiche agricole ha infatti convocato nella Sala del Consiglio comunale di Novellara la riunione di pubblico accertamento in cui – dopo il parere favorevole della Regione Emilia-Romagna – si darà lettura della proposta di Disciplinare di produzione dell'Anguria Reggiana Igp. Ancora pochi passaggi burocratici, a partire dalla pubblicazione sul Bollettino della Regione, è l'Anguria Reggiana potrà così diventare il primo prodotto a Indicazione geografica protetta esclusivamente reggiano (gli altri, dal Cotechino di Modena alla Mortadella di Bologna, dalla Coppa di Parma alle Pere dell'Emilia-Romagna come è facilmente intuibile sono infatti prodotti in più province) nonché il primo marchio Igp europeo per un cocomero.
Il programma di domani prevede, dopo il saluto del presidente della Provincia di Reggio Emilia Giammaria Manghi (Palazzo Allende ha infatti sostenuto fin dal 2008 il cammino dei produttori d'anguria), l'illustrazione da parte del presidente dell' Associazione Produttori Anguria Reggiana Ivan Bartoli del percorso verso l'Igp, mentre Alberto Ventura del Servizio Percorsi di qualità, Relazioni di mercato e Integrazione di filiera della Regione Emilia-Romagna ripercorrerà l'iter per il riconoscimento dell'Igp Anguria Reggiana: la riunione si concluderà con la pubblica lettura, da parte dei funzionari del Ministero delle Politiche agricole, del Disciplinare di produzione.
"Si tratta di un evento di grande importanza per la nostra agricoltura", spiega il presidente Giammaria Manghi, ricordando come la Provincia di Reggio Emilia abbia creduto "fin dal 2008 nell'Anguria Reggiana quale produzione d'elevata qualità con importanti prospettive d'occupazione e sviluppo, sostenendo in maniera convinta la volontà delle aziende, costituitesi poi nell'Associazione Produttori Anguria Reggiana: si tratta di una ventina di realtà che, grazie anche ad addetti d'età media inferiore alla media del comparto agricolo reggiano, hanno saputo dare continuità ad un'antica tradizione, rinnovandola grazie alle più moderne tecniche produttive e raggiungendo importanti traguardi sul piano economico per la riconosciuta qualità del prodotto".
Proprio al 2008 risalgono le prime iniziative avviate dalla Provincia, in collaborazione con le organizzazioni professionali agricole e i produttori, per perseguire una maggiore e più organizzata capacità di presentazione del prodotto nella filiera commerciale, a partire dalla ricerca scientifica condotta dall'Università di Ferrara, cui sono seguiti diversi confronti varietali e le valutazione dei suoli compiute nel 2008, 2010 e 2011 anche con il sostegno finanziario della Regione Emilia-Romagna e la collaborazione del Centro ricerche produzioni vegetali. "Il marchio Igp rappresenta un riconoscimento importante per una produzione di nicchia destinata a crescere e a creare una propria economia in grado di valorizzare il nostro territorio, a partire dalla Bassa reggiana, storicamente vocata a questa coltivazione", aggiunge il presidente Manghi.
L'Associazione Produttori Anguria Reggiana (Apar) nata nel 2009 per promuovere in forma organizzata la qualità dell'Anguria Reggiana, è oggi composta da una ventina di aziende agricole sparse principalmente nei comuni di Novellara, Gualtieri, Cadelbosco Sopra e Guastalla, ma presenti anche a Reggio Emilia, Rio Saliceto, Campagnola e Correggio: in totale circa 400 ettari di coltivazioni, 4 milioni di euro di giro d'affari e una quarantina di persone impegnate.
L'anguria, universalmente conosciuta come frutto dell'estate per eccellenza, ha caratteristiche intrinseche che giovano alla salute come il licopene e la citrullina. Va inoltre sfatato il luogo comune che la dolcezza del frutto comprometta la linea, poiché la percentuale di contenuti zuccherini della polpa è ampiamente inferiore ad altre categorie di frutta.
Questi i valori medi standard della composizione del frutto, riferiti a 100 grammi di polpa: Acqua 95,3 %, Lipidi gr. 0,0, Glucidi gr. 3,7, Minerali: Sodio mg. 3, Potassio mg. 280, Ferro mg. 0,2, Calcio, mg. 7, Fosforo mg. 2. Energia: Kilocalorie 15. Vitamine: Tiamina mg. 0,02, Riboflavina mg. 0,02, Niacina mg. 0,10, Vitamina A mg. 37, Vitamina C mg. 8.
(Fonte: ufficio stampa provincia di Reggio Emilia)
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