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di Guido Zaccarelli Mirandola 15 aprile 2018 - Per un punto passano infinite rette, per due punti distinti passa una sola retta, una retta divide il piano in due semipiani. Euclide, di cui si conosce poco o nulla vissuto tra il IV – III sec. A. C. ha dato origine alla geometria euclidea diventando la scienza esclusiva che ancora oggi viene studiata nei testi classici contribuendo a promuovere ogni tipo di ragionamento partendo dagli enti fondamentali che sono il punto, la retta e il piano.
I postulati sono delle proposizioni (principi) che definiscono le proprietà degli enti. Per Euclide i postulati (sono proposizioni che non vengono dimostrate perché sono la diretta conseguenza di un ragionamento logico delle proposizioni espresse in precedenza, essenziali, per impostare il ragionamento logico successivo, senza ambire a raggiungere nessun tipo di ulteriore dimostrazione perché in possesso di una verità indiscutibile che la delimita e la determina), sono un insieme di regole fondamentali che il matematico greco mise alla base della geometria per il grado di intuizione che erano, e sono tutt'ora, in grado di esprimere. I postulati sono 5 e si studiano tutti a memoria: postulato dell'esistenza, dell'appartenenza, dell'uguaglianza, dell'ordine e delle parallele. Il nostro interesse è orientato ad osservare il postulato dell'appartenenza.
Cosa afferma?: «Per un punto passano infinite rette, per due punti passa una sola retta, dato un piano, la retta divide il piano in due semipiani in modo tale che se prendiamo due punti nello stesso semipiano il segmento che li unisce non taglia la retta, mentre se prendiamo i due punti in semipiani opposti il segmento che li unisce taglia la retta.» Quale è la relazione intercorre tra il caos che le persone vivono in una azienda e il postulato dell'appartenenza? Proviamo insieme a dare una possibile risposta tra le tante che potrebbero essere formulate provenienti da proiezioni diverse e distanti tra loro.
Il punto è il lavoratore che ogni giorno entra in contatto con il mondo del lavoro a stretto contatto con un modello organizzativo nel quale è forte l'azione del ruolo che esercita il comando in un regime di subalternità. La retta è la linea di comando esercitata nei confronti del collaboratore che si trova a dover gestire il conflitto delle disposizioni impartite dai superiori senza intravedere unità d'intenti. Il lavoratore entra in una fase di stallo incapace di gestire gli stati situazionali limitando l'accesso all'azione organizzativa.
Il caos ambientale regna sovrano costringendolo ad adottare comportamenti neutri per evitare di essere il punto d'intersezione del conflitto tra le differenti linee d'azione. Il disordine occupa la posizione centrale della scena lavorativa limitando l'azione del lavoratore fino a bloccarne le attività perché si accorge che la mano destra non sa quello che fa la sinistra: una linea d'azione non conosce il contenuto dell'altra linea d'azione, perché dure rette parallele tra di loro non dialogano.
L'organizzazione sembra in movimento, che produca, in realtà ruota su se stessa, assumendo l'immagine di un bagnante estivo che entra in mare per nuotare, agita l'acqua senza muoversi dal punto in cui si trova. Una visione che inizialmente promuove stati d'animo positivi fino a trasformarsi ben presto in una illusione ottica. La realtà appare nitida ed evidente in ogni aspetto e l'azienda ricorre alla esternalizzazione per compensare la mancata adesione del lavoratore alle direttive impartite causato dallo stato di disordine nel quale si trova. La realtà potrebbe cambiare quanto per due punti passa una sola retta in quanto capace di esprime la chiarezza dell'azione di comando esercitata nella stessa direzione di marcia del lavoratore. L'appartenenza è il piano nel quale il lavoratore si trova.
Quando le persone non ricevono disposizioni precise in un piano euclideo dove il clima è positivo e la conoscenza è condivisa perché espressa in un modello organizzativo circolare, ogni disposizione è autoreferenziale a se stessa e incapace di condurre l'azienda verso il benessere organizzativo per generare fonti reddituali in grado di competere con i mercati globali. Occorre avviare all'interno delle aziende politiche organizzative immerse nella capacità di favorire il dialogo tra le persone e le differenti linee d'azione garantendo in questo modo la partecipazione collettiva di tutti i lavoratori la cui identità viene offuscata dal ruolo assunto a immagine e somiglianza dal potere.
L'inversione di tendenza si attua con la cultura e la visione d'insieme verso il bene comune in grado di offrire una nuova prospettiva sul futuro delle aziende e delle persone.
di Guido Zaccarelli Mirandola 7 aprile 2018 - Persone & lavoro, un conflitto tra il desiderio di fare e l'azienda che toglie la voglia di fare. E' il pensiero ricorrente di molte persone quando entrano al mattino in azienda consapevoli del disagio che li attende una volta superato il cancello d'ingresso dell'impresa. Il loro pensiero viene catapultato direttamente all'ora di uscita quando finalmente potranno assaporare la possibilità di ritornare nel loro benessere.
Il disagio prende lo stomaco, il fare perde di consistenza, la buona volontà rimane fuori e la coscienza assume una nuova identità. Nasce una nuova consapevolezza che limita l'azione del singolo verso il fare comune.
L'attività è parcellizzata e il dialogo tra colleghi termina: non è di mia competenza. La buona volontà emigra verso nuovi lidi. Come mai, in molte aziende si avverte un diffuso senso di disagio?
Innanzitutto il disagio che si vive nelle aziende è (in larga misura) frutto ed espressione del disagio che regna nelle persone che (in modo consapevole o meno) con il loro comportamento, pensiero e azione condizionano pesantemente l'agire sociale aziendale. Il disagio personale coinvolge anche le direttive che vengono emanate, che si riflettono nelle condotte altrui e che spesso oltrepassano i confini della logica comune, il buon senso. Il disagio prende forma dalla presenza di una diffusa intolleranza verso il sistema delle credenze che nel tempo ha visto perdere la fiducia dei lavoratori nei confronti dell'azienda. Il disagio si manifesta in relazione alla speranza di migliorare la propria condizione lavorativa (spesso) sottopagata e che limita l'accesso alla progettazione di nuovi stili di vita personali e familiari votati ad un futuro migliore.
Il disagio nasce dal vedersi costantemente sottratti il desiderio di proporre iniziative per migliorare il contesto lavorativo e organizzativo: non sei pagato per pensare ma per lavorare ..., fuori il mondo ti aspetta. L'insieme di queste situazioni, (e tante altre) alle quali si aggiunge la presenza di un forte individualismo economico per raggiungere mete sempre più ambite, determina la presenza di uno scostamento tra gli obiettivi dichiarati dall'impresa e il modo con il quale li persegue.
I ruoli e le funzioni aziendali sono una corsa ad ostacoli per impadronirsi del potere e raggiungere velocemente la piramide organizzativa per ambire a posizioni di vertice. Una battaglia senza riserve che favorisce l'ascesa di pochi a svantaggio di molti che rimangono appiedati e incapaci di esprimere i valori in campo. Questo è il contesto nel quale si trovano molte persone quando entrano oggi nel mondo del lavoro.
Certamente non mancano situazioni dove vengono ascoltate e valorizzati e alle quali vengono offerte opportunità di crescita. Spesso rimangono casi isolati. Come valorizzare le aziende e farne punti di riferimento per altre in un contesto non solo locale ma anche mondiale? Adottare le linee guida UNI T/R 11642 che suggeriscono all'azienda come valorizzare le persone e creare luoghi di lavoro felici.
Un impegno che l'impresa assume verso la comunità da sottoscrivere nella carta dei servizi in modo da consolidare il rapporto di fiducia con i lavoratori e il mondo sociale ed economico. Il futuro di una azienda passa dall'adottare al proprio interno "La conoscenza condivisa®" che si muove nella direzione di eliminare il disagio a vantaggio della felicità. Le persone devono entrare in azienda contente. Dobbiamo tutti insieme mobilizzare le energie per ambire ad ottenere imprese nelle quali si lavora con il desiderio del fare.
Quando raggiungeremo insieme questo obiettivo, osserveremo il mondo da una prospettiva migliore e tutti potranno godere di questa luce radiosa.
GUIDO ZACCARELLI:
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
CURRICULUM
Guido Zaccarelli è referente dl Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola. Laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie. Dal 2008 è docente di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
di Guido Zaccarelli Mirandola (MO) 31 marzo 2018 - Svegliarsi al mattino e sentire un ronzio assordante nelle orecchie che si diffonde in tutta la testa: «cosa mi sta succedendo?»
La mattina stessa dal medico: «nulla di preoccupante, è un sintomo, non è una malattia, che prende il nome di acufene.». «Devo convivere?: certo, l'acufene non scompare, non ci pensi, si deve solo abituare. Grazie.» Qui comincia la storia dell'acufene e di come una volta entrato nel salotto di casa, senza permesso, abbia deciso di prendere dimora in forma stabile.
Ho provato in diversi modi a scoraggiarne la presenza, con proposte, a volte, molto allettanti, una vacanza, una gita al mare, un concerto, e in certi casi accompagnarlo educatamente alla porta incontrando, in ogni circostanza, un netto e secco rifiuto: «dopo tanto girovagare ho finalmente trovato in questa casa un luogo sicuro e confortevole dove trascorrere le mie serate in compagnia.»
Cerco di dissuaderlo ma tutto diventa inutile. Sembra impossibile, invece una soluzione ci deve essere. «È una persona scomoda che è entrata nella mia vita senza un perché e ora è fonte di disagio.» Con tutte le energie di cui dispongo: «desidero fermamente che esca dalla stessa porta che lo ha condotto ad accomodarsi nel salotto di casa.»
Mi metto in cammino alla ricerca di una soluzione, una strada, tante strade da percorrere alla ricerca di una mano tesa che possa aiutarmi a evitare di incontrare al risveglio l'acufene pronto a darmi il buongiorno. Un prima visita approfondita si conclude con la somministrazione di un farmaco, anzi due, in dose minime per ridurre l'intensità della presenza dell'acufene con l'effetto che al risveglio il ritorno alla lucidità della mente arriva con qualche minuto di troppo. Anzi, il giorno successivo, altri minuti si sono accodati ai precedenti. Tutto diventa difficile quando sei chiamato a muoverti all'interno di un mondo dinamico che chiede elaborazioni cognitive rapide, processi decisionali tempestivi e coerenti con l'oggetto d'indagine.
I farmaci vengono abbandonati al loro stesso destino pronto a scoprire nuove opportunità. Una seconda visita più approfondita della prima suggerisce il cambio dietetico, una terza visita l'utilizzo di uno strumento accessorio, una quarta l'agopuntura, una quinta l'accesso ad attività fisioterapiche, una sesta l'uso del bite, una settima .... Ogni volta torno a casa e lo ritrovo seduto sul divano in attesa del mio ritorno. Indisposto, cerco nelle relazioni sociali un facile approdo per dare respiro alla voglia di staccarmi per sempre dall'acufene. Il tempo avanza. L'uomo si adatta e innalza l'asticella della convivenza con il disagio che toglie serenità allo Spirito.
Non è chiaro da dove sono partito per definire l'adattamento e convivere ogni giorno con una presenza che mi saluta al mattino e alla sera al ritorno, giovandosi della sua presenza in ogni momento della giornata. Non è nemmeno chiaro dove gli organi del mio corpo abbiano deciso di convivere con l'acufene.
Dopo anni è ancora lì: alcuni giorni la sua presenza è greve in altri è lieve, in altri rende forte la speranza di essere abbandonato in altri è forte lo sconforto. Il bianco e il nero che combattono e in mezzo la scala dei grigi. Mai più una giornata vissuta nei colori dell'arcobaleno. Ho perso la fiducia consapevole che sarebbe inutile continuare a camminare in una strada senza via di uscita.
La speranza, forse. Allora penso sempre a quel medico che mi ha invitato a non pensare, a non ascoltarlo, ad evitarlo come una persona invisibile. Forse nell'indifferenza potrebbe sentirsi inutile e abbandonare il salotto di casa senza preavviso, uscendo dalla stessa porta che tanti anni fa lo hanno portato a vivere sotto lo stesso tetto e approfittare della mia generosità.
GUIDO ZACCARELLI:
Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)
CURRICULUM
Guido Zaccarelli è referente dl Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola. Laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie. Dal 2008 è docente di informatica presso l'Università di Modena Reggio.
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