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Dopo i 210 milioni ottenuti dal Governo, partono i risarcimenti ai privati con un plafond di 50 milioni di euro. Definite le modalità di concessione dei contributi. Altri 25 milioni per gli interventi sul nodo idraulico di Modena. In arrivo ulteriori ordinanze per attività economiche, opere pubbliche e beni culturali. Il presidente Errani: "Un riconoscimento importante per i cittadini che, dopo il terremoto, hanno dovuto affrontare anche questa calamità"

Modena, 5 giugno 2014 -

Al via i risarcimenti per i danni causati dall'alluvione di gennaio 2014 e dalla tromba d'aria del 3 maggio 2013: tre provvedimenti firmati oggi dal commissario delegato alla Ricostruzione Vasco Errani definiscono le modalità per ottenere i contributi per i privati e il primo piano di messa in sicurezza del nodo idraulico di Modena. Reso disponibile un plafond fino a 50 milioni di euro per i risarcimenti ai privati, firmata anche l'ordinanza necessaria per la messa in sicurezza del territorio con interventi programmati per 25 milioni di euro (di cui 15 provenienti dai 210 milioni previsti dal Governo), che partiranno già nel mese di giugno.
Si procederà poi al ripristino delle opere pubbliche danneggiate delle strutture pubbliche sociali e sanitarie, religiose, sportive e dei beni di interesse storico e artistico. Quindi si procederà con le ordinanze per le attività economiche e per la piena ripresa delle attività produttive ed agricole, ma anche con un secondo programma di interventi per la sicurezza del nodo idraulico di Modena.

"Dopo aver ottenuto dal Governo lo stanziamento di 210 milioni di euro per far fronte alle calamità che hanno colpito il nostro territorio già duramente provato dal terremoto, è ora importante che si avvi il percorso di pieno riconoscimento dei danni - ha commentato il presidente Errani -, con significativi contributi anche per le abitazioni colpite ed il ripristino della loro funzionalità".

Istituita una cabina di regia
L'ordinanza numero 1 formalizza la creazione, all'interno del Comitato istituzionale e di indirizzo per il sisma 2012, di una cabina di regia con il compito di assicurare il raccordo istituzionale tra gli enti interessati e di concordare gli interventi necessari per il superamento delle emergenze. Ne fanno parte, oltre al commissario, i presidenti delle province di Bologna e Modena e i sindaci dei comuni colpiti: Bastiglia, Bomporto, Camposanto, Finale Emilia, Medolla, Modena, Castelfranco Emilia, Mirandola, San Felice sul Panaro e San Prospero nel modenese; Argelato, Bentivoglio, San Giorgio di Piano, San Pietro in Casale e Sala Bolognese per la provincia di Bologna.
Per assicurare la presenza di un organismo operativo nel territorio più prossimo alle comunità interessate, viene contemporaneamente costituito uno staff tecnico presso la struttura organizzativa di Protezione civile della Provincia di Modena e coordinato dalla Dirigente della protezione civile della Provincia di Modena in accordo con l'Agenzia regionale di protezione civile, a supporto del Comitato istituzionale. É composto dai rappresentanti delle strutture tecniche della Regione, delle Province di Modena e Bologna, di Aipo e dei Consorzi di bonifica interessati.

Come ottenere i contributi
L'ordinanza numero 2 del 5 giugno 2014 stabilisce che saranno risarciti (con un plafond fino a 50 milioni) i danni conseguenti alla tromba d'aria del 3 maggio 2013 nelle province di Bologna e Modena e agli eventi alluvionali del 17-19 gennaio 2014 nella provincia di Modena in riferimento a parti comuni di immobili ad uso abitativo, unità immobiliari adibite ad abitazione principale comprese le unità abitative rurali, beni mobili essenziali e funzionali all'uso abitativo ubicati nelle abitazioni principali danneggiate, beni mobili registrati.
In particolare sono riconosciuti i danni fino ad un massimo di 15.000 euro per il ripristino di beni mobili essenziali e funzionali all'uso abitativo, tra cui arredi ed elettrodomestici. Per quanto riguarda i beni immobili viene riconosciuto il valore del danno comunicato in fase di ricognizione, fino ad un massimo di 85.000 euro. Per facilitare i cittadini, per valori inferiori a 15.000 euro si presentano le sole documentazioni giustificative di spesa, mentre per valori superiori sarà richiesta una perizia asseverata il cui costo viene coperto. I danni superiori ad 85.000 euro saranno oggetto di apposito e successivo provvedimento.
Tutte le spese sostenute successivamente alla data di entrata in vigore dell'ordinanza sono ammissibili solo se giustificate da fatture, ricevute fiscali o altri documenti intestati al beneficiario e corredati da quietanza di pagamento.

Le principali scadenze
Entro il 31 luglio 2014 devono essere presentate le domande di contributo.
Entro il 30 ottobre devono essere sostenute le spese per la riparazione dei danni o l'acquisto di beni mobili ammissibili, distrutti o danneggiati.
Entro il 30 giugno 2015 devono essere sostenute le spese per il ripristino dei beni immobili distrutti o danneggiati.
Nei casi in cui alla domanda di contributo da presentare entro il 31 luglio 2014 siano allegate tutte le documentazioni di spesa, i Comuni provvederanno a liquidare i privati. Le documentazioni di spesa sono comunque da presentare entro il termine massimo del 30 giugno 2015.
Per quanto riguarda, invece, le automobili (quindi beni mobili registrati), il risarcimento riconosciuto è equivalente al valore commerciale del bene alla data dell'evento calamitoso, secondo il listino ufficiale Eurotax Giallo del mese di gennaio 2014 per gli eventi alluvionali del 17-19 gennaio 2014, del mese di maggio 2013 per la tromba d'aria del 3 maggio 2013. Potrà essere risarcito, secondo tali parametri, un numero di auto riacquistate pari a quelle perdute.

Interventi nodo idraulico di Modena
L'ordinanza numero 3 che riguarda gli interventi urgenti da effettuare sugli argini dei fiumi Secchia e Panaro è l'altro tassello fondamentale approvato per un primo stralcio di interventi urgenti, funzionali al ripristino del reticolo colpito per giungere a una piena operatività prima della prossima stagione autunnale.
Gli interventi (per 25 milioni di cui 15 previsti dal decreto governativo) riguardano la mitigazione del rischio idraulico sul reticolo idrografico minore, per i fiumi Secchia e Panaro è previsto il completamento degli interventi già accantierati da gennaio a oggi e quelli immediatamente accantierabili per il miglioramento della stabilità degli argini nei confronti dei fenomeni di filtrazione (in particolare per il fiume Secchia); la riduzione del dissesto attraverso la ripresa di frane (nello specifico per il fiume Panaro); il ripristino della percorribilità sulle sommità arginali; il ripristino delle arginature danneggiate da tane di animali; la rimozione del materiale flottante, la modellazione morfologica, uno sfalcio straordinario, la riduzione di presenze arbustive e arboree sulle arginature e in alveo. Infine gli interventi saranno mirati anche al ripristino del reticolo di bonifica interessato dagli eventi alluvionali, a partire da quelli realizzabili anche su canali invasati per la stagione irrigua.

I provvedimenti sul sito della Regione
I provvedimenti - come prevede il Decreto legge numero 74 del 12 maggio del Consiglio dei ministri - sono stati adottati da Errani in qualità di Commissario delegato alla ricostruzione, in accordo con le amministrazioni locali e l'Agenzia regionale di Protezione civile. Le ordinanze firmate oggi (numero 1 e 2, 3 del 5 giugno 2014) e il decreto legge sono consultabili sul sito della Regione all'indirizzo www.regione.emilia-romagna.it/i-provvedimenti-per-alluvione-e-tromba-daria.

(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)

A due anni dal sisma che ha colpito l'Emilia l'Ordine dei Geologi dell'Emilia Romagna sottolinea l'importanza di una politica preventiva in costante rapporto con il territorio. Riunitosi lo scorso 27 maggio ha presentato quanto emerso negli ultimi studi, fra cui il rapporto Ichese, lo studio per valutare possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi e aumento dell'attività sismica nell'area colpita dal terremoto -

Modena, 3 giugno 2014 -

Sono trascorsi due anni dal violento terremoto che ha colpito l'Emilia. Il 29 maggio 2012 la seconda violenta scossa devastò un territorio già messo a dura prova dal primo terremoto del 20 maggio. A due anni da questo drammatico anniversario nell'aprile scorso è stato presentato all'Assemblea legislativa e al pubblico il rapporto Ichese (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Sismicity in the Emilia Region), redatto da una commissione di esperti incaricati di valutare possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi e aumento dell'attività sismica nell'area colpita dal terremoto in Emilia-Romagna nel maggio 2012. Gli studi emersi su un'area di circa 4000 km2, interessata da tre concessioni di sfruttamento per idrocarburi, sono solo all'inizio.
A questo proposito l'Ordine dei Geologi dell'Emilia Romagna, riunitosi lo scorso 27 maggio, ha espresso apprezzamento per il percorso avviato con l'istituzione di questa commissione internazionale, ritenendo che ciò possa contribuire ad introdurre anche in Italia una modalità professionale, corretta e trasparente, nell'affrontare i rischi (non solo quello sismico) e gli impatti derivanti dalla realizzazione di opere ed attività che riguardano il sottosuolo ed il territorio. Un esempio positivo italiano già esistente è quello adottato dal sito di Collalto (Treviso), dove il monitoraggio sismico dell'area di stoccaggio gas è fruibile on-line. Si auspica che la stessa modalità "open-data" venga adottata anche per il sito del Cavone, dove sono in corso gli approfondimenti necessari per verificare o escludere la correlazione tra le attività antropiche qui svolte ed il sisma 2012, ed anche per tutti gli altri siti di estrazione fluidi presenti in aree sismicamente attive, a cominciare dall'impianto geotermico di Casaglia (Ferrara). Ma i geologi dell'Emilia-Romagna affermano chiaramente che l'eventuale conferma di un ruolo del campo petrolifero di Cavone nell'innesco del terremoto (ossia come effetto della goccia che fa traboccare il vaso) non sposterebbe minimamente il punto centrale del problema: la mancanza di una politica di prevenzione adeguata.
Per l'Ordine dei Geologi non si deve dimenticare che vittime e danni ingenti nei nostri territori sono stati causati principalmente da condizioni strutturali delle costruzioni non adeguate al grado di sismicità noto da tempo per quei territori. Pertanto, i geologi auspicano che i drammatici eventi sismici del 2012 portino ad un balzo in avanti in materia di prevenzione del rischio sismico, sia dal punto di vista normativo che su un piano applicativo e divulgativo.

(Fonte: ufficio stampa Ordine dei Geologi dell'Emilia Romagna)

Pubblicato in Ambiente Emilia

L'assessore all'ambiente Mirko Tutino: "Si tratta di un sistema di aree destinate alla conservazione delle biodiversità presenti sul nostro territorio provinciale" -

Reggio Emilia, 3 giugno 2014 -

Il Consiglio Provinciale, nella seduta di giovedì scorso presieduta da Gianluca Chierici, ha approvato le misure specifiche per la conservazione dei ventuno siti Natura 2000 del territorio provinciale, oltre che i piani di gestione di tredici di essi. Le misure approvate non si traducono solamente in regole, ma anche in attività volte alla valorizzazione del patrimonio con interventi attivi, incentivi e programmi didattici per la fruizione e la conoscenza dei diversi siti.
Il provvedimento è passato senza dibattito e con il voto favorevole della sola maggioranza.
Ad illustrarne i contenuti l'assessore provinciale Mirko Tutino: "L'assessorato alla pianificazione ha elaborato, con il supporto di specialisti esterni coordinati dai propri tecnici, questi importanti strumenti di tutela e valorizzazione dei Siti di Interesse Comunitario (SIC) e delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) della provincia, che costituiscono Natura 2000, un sistema organizzato di aree destinate alla conservazione della biodiversità presente nel territorio dell'Unione Europea, ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e di specie animali e vegetali rari e minacciati. Il progetto è stato finanziato con i fondi della Misura 323 del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2007-2013 della Regione Emilia-Romagna".
"Sono state recepite le disposizioni regionali in materia - ha proseguito l'assessore Tutino - calandole sulle peculiarità dei singoli siti emerse da studi di dettaglio, svolti da gruppi multidisciplinari, che hanno approfondito il sistema delle conoscenze e individuato le minacce e gli impatti potenziali. Le misure di conservazione e le indicazioni gestionali approvate sono il risultato, oltre che delle proposte dei nostri tecnici e degli specialisti, del percorso di partecipazione e condivisione che ha accompagnato il lavoro fin dalle prime fasi e che ha visto la partecipazione sia di vari enti (comuni, province limitrofe, regione, consorzio di bonifica, ecc.) che di un'ampia platea di portatori di interesse, come associazioni ambientaliste, agricoltori, cacciatori."
"Pur nei limiti posti dal rispetto delle leggi sovra ordinate - ha aggiunto l'assessore - questo percorso di ascolto e raccolta di contributi e punti di vista differenti, spesso solo apparentemente contrastanti, ci ha permesso di elaborare misure di tutela e valorizzazione che possono raggiungere più efficacemente l'obiettivo della conservazione del nostro patrimonio naturale."

(fonte: ufficio stampa Provincia di Reggio Emilia)

 

La risposta arriva dal nuovo catasto dei ghiacciai italiani

L'Università degli Studi di Milano e Levissima, in collaborazione con Ev-K2-CNR e il contributo del Comitato Glaciologico Italiano, presentano i risultati del nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani

Milano, 29 maggio 2014 – Lo scorso 22 maggio, all'Università degli Studi di Milano, in occasione di uno degli appuntamenti "Aperitivo Expo 2015", sono stati resi noti i risultati del Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani: ambizioso progetto realizzato dall'Università degli Studi di Milano e da Levissima, l'acqua minerale sinonimo di purezza che nasce dai ghiacciai della Valtellina, in collaborazione con Ev-K2-CNR e con il supporto scientifico del Comitato Glaciologico Italiano. Il progetto, che ha ricevuto il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e del World Glacier Monitoring Service, è stato avviato nel 2012 con l'obiettivo di aggiornare i dati dei due precedenti catasti, realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano (CGI) rispettivamente nel 1959-1962 e nel 1981-1984.

Claudio Smiraglia, professore ed esperto glaciologo dell'Università degli Studi di Milano, a capo del progetto di ricerca, e Daniela Murelli, Direttore CSR del Gruppo Sanpellegrino, hanno fatto gli onori di casa affiancati da personalità autorevoli come Paolo Angelini, Presidente del Comitato Permanente della Convenzione delle Alpi, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Luca Cetara, Coordinatore della Segreteria Scientifica Presidenza italiana della Convenzione delle Alpi, Agostino Da Polenza, Presidente di Ev-K2-CNR e Carlo Baroni, Presidente del Comitato Glaciologico Italiano.
Durante la conferenza è stato fornito un quadro del glacialismo italiano e delle relative evoluzioni, dagli anni '50 ad oggi, per capire lo "stato di salute" del cuore freddo delle nostre Alpi, principale indicatore dei cambiamenti climatici in atto.

Ghiacciai censimento 2014 gde

896 sono i corpi glaciali oggi presenti sulle montagne italiane, per una superficie complessiva confrontabile a quella del Lago di Garda, ovvero 368 km2. Sono numerosi, frammentati e di piccole dimensioni (si stima un valore areale medio 0,4 km2), ad eccezione di 3 ghiacciai, che presentano un'area superiore ai 10 km2: i Forni, in Lombardia, il Miage, in Valle d'Aosta, e il complesso Adamello-Mandrone, in Lombardia e Trentino. Quest'ultimo detiene il primato e rappresenta in assoluto il più vasto ghiacciaio italiano, 16,44 km2; ha una forma insolita, che ricorda i grandi ghiacciai della Scandinavia, caratterizzata da un altopiano da cui si diramano tante lingue. Curiosamente ha tolto il primato al Ghiacciaio dei Forni, in Valtellina, non perché l'Adamello-Mandrone si sia ingrandito in modo particolare, ma perché è stata creata una nuova suddivisione su basi glaciologiche. Mentre nel precedente catasto veniva suddiviso in numerosi ghiacciai, recenti rilievi di spessore hanno mostrato che si tratta di un grande corpo glaciale unitario.
I ghiacciai piccoli, inferiori a 0,1 km2, sono i più numerosi e coprono complessivamente una superficie molto ridotta (17 km2), pari al 4,6% di quella totale. I ghiacciai superiori a 10 km2 ricoprono il 10% (37 km2), mentre quelli fra i 2 e i 5 km2 occupano la superficie maggiore, rappresentando più di un quarto dell'intera area glaciale italiana (105 km2).

In Italia predominano oggi i ghiacciai di tipo "montano", che rappresentano il 62%, seguiti dai "glacionevati", 35%, e in misura molto ridotta, 3%, dai grandi ghiacciai "vallivi".
I ghiacciai italiani sono presenti in tutte le regioni alpine, ma con una distribuzione molto diversificata che dipende, almeno in parte, dalle quote dei massicci montuosi: si passa, infatti, dai 134 km2 della Valle d'Aosta, agli 88 km2 della Lombardia, agli 85 km2 dell'Alto Adige per arrivare ai 3,2 km2 del Veneto e agli 0,2 km2 del Friuli-Venezia Giulia. Va anche ricordato che i ghiacciai italiani sono tutti collocati sulle Alpi, con un'unica eccezione: il Calderone in Abruzzo (0,04 km2 di area), ultimo residuo della glaciazione appenninica, ormai frammentato in due parti.

"Nonostante sia tutt'ora in atto una lunga fase di regresso glaciale, l'incremento della copertura detritica superficiale potrebbe ridurre i ritmi di fusione, mentre l'incremento di polveri naturali o antropiche potrebbe aumentarla. La variabilità meteo-climatica, con inverni molto nevosi ed estati fresche ed umide, favorirebbe inoltre periodi di rallentamento di questa attuale fase negativa. A fine estate 2013, ad esempio, la riduzione di spessore di molti ghiacciai italiani è stata minore rispetto a quella registrata negli anni precedenti, a causa delle forti nevicate dell'inverno 2012-2013. E' chiaro che, per avere una vera e propria inversione di tendenza, dovrebbe verificarsi una successione, almeno decennale, di queste caratteristiche meteo-climatiche, come quella del 1965-1985.", spiega il professor Smiraglia, a capo del progetto di ricerca.

E' dunque chiaro come i ghiacciai, che rappresentano da sempre un'importante risorsa idrica, energetica, paesaggistica, siano diventati in questi ultimi anni il simbolo più tangibile ed affidabile delle rapide trasformazioni climatiche che il nostro pianeta sta vivendo. Questo spiega l'importanza di un Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani e l'impegno di Levissima nello studio dei loro cambiamenti. "Levissima, marchio di acqua minerale del Gruppo Sanpellegrino, ha nel suo DNA la natura incontaminata e la passione per l'alta montagna, da cui trae tutta la sua purezza. - afferma Daniela Murelli, Direttore Corporate Social Responsibility del Gruppo Sanpellegrino - Proprio per questo collaboriamo con l'Università degli Studi di Milano dal 2007, con l'obiettivo di conoscere e tutelare il patrimonio freddo delle nostre montagne. Il progetto che presentiamo oggi ha un valore non solo strettamente scientifico, ma anche applicativo e culturale; grazie alle informazioni tratte dal Nuovo Catasto abbiamo, infatti, realizzato una vera e propria mappa dei ghiacciai italiani, fruibile da tutti gli appassionati e già disponibile sul sito "levissima" La mappa interattiva riporta la distribuzione dei ghiacciai nelle varie regioni d'Italia e, per ciascuno di essi, specifica: il nome, la Regione di appartenenza, il settore montuoso, il bacino idrografico che va ad alimentare, la tipologia e la superficie attuale. Ai ghiacciai più significativi di ogni Regione, è dedicata inoltre una scheda di approfondimento e una galleria fotografica.

L'evoluzione dei ghiacciai italiani
-dalla fine degli anni '50 ad oggi-
Facendo un confronto con il precedente catasto nazionale dei ghiacciai, risalente alla fine degli anni '50, è emerso come il numero dei ghiacciai italiani sia oggi aumentato, passando da 824 a 896, con incrementi in quasi tutte le Regioni. Questo a causa della frammentazione delle unità glaciali preesistenti. Complessivamente la superficie glaciale ha registrato, però, una perdita del 29%, confrontabile all'area del Lago di Como (151 km2), passando da 519 km2 agli attuali 368 km2 (circa 3 km2 persi all'anno).

A livello regionale si sono registrate differenze sensibili nella riduzione areale: si passa, infatti, da superfici quasi dimezzate in Friuli e in Piemonte, a riduzioni di circa un terzo in Trentino e in Alto Adige. Riduzioni più circoscritte in Lombardia e Valle d'Aosta.
Del tutto peculiari, invece, il caso dell'Abruzzo, dove la riduzione di circa un terzo riguarda l'unico ghiacciaio presente nella Regione, e quello del Veneto. In quest'ultima Regione, l'elevata percentuale di riduzione areale (-40%) che emerge dal confronto dei dati, è dovuta al mutamento dei confini amministrativi, che hanno visto passare la porzione veneta della Marmolada al Trentino. Se si tiene, invece, conto dei vecchi confini amministrativi, e non si sposta la competenza territoriale di questo ghiacciaio, la riduzione dei ghiacciai veneti risulta molto più limitata (-23%).

-dalla metà degli anni '80 ad oggi-
Il confronto tra l'attuale catasto e quello internazionale realizzato a metà degli anni '80, mostra una intensa contrazione areale, passando da 609 km2 agli attuali 368 km2.
Risulta quindi evidente una fluttuazione glaciale dapprima positiva, dalla metà degli anni '60 del XX secolo - con un incremento areale del 18% - , e una negativa tuttora in corso, dalla metà degli anni '80 del XX secolo, che ha fatto registrare una riduzione di area di circa il 40%. E' un andamento già verificato in tutti gli altri settori della catena alpina.
Il Catasto degli anni '80 è stato realizzato proprio durante la piccola fase di espansione, causata da una lieve riduzione delle temperature e da un lieve incremento delle precipitazioni invernali. Questa breve fase fredda e umida ha favorito sia l'incremento areale dei ghiacciai preesistenti, sia la formazione di numerosi piccoli "glacionevati", che sono stati registrati nel Catasto degli anni '80.

-La metodologia-
Il lavoro di ricerca, che ha dato vita al Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, si è protratto per circa due anni - 2012, 2013 - rifacendosi ad un complesso di dati raccolti in almeno un decennio. L'analisi è stata sviluppata elaborando foto aeree ad alta definizione rilevate nell'arco temporale 2005-2011, concesse in consultazione da enti e strutture regionali e provinciali, ma anche utilizzando immagini satellitari, carte topografiche, catasti settoriali precedenti e numerose campagne di terreno.
Per verificare l'evoluzione del glacialismo italiano nell'ultimo mezzo secolo si è proceduto, inoltre, al confronto dei nuovi dati con quelli raccolti nei due catasti precedenti, realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano (quello nazionale 1959-1962 e quello internazionale nel 1981-1984). E' quindi da considerare che le metodologie di raccolta ed elaborazione dati sono state differenti. Il Nuovo Catasto ha infatti potuto contare su immagini ad alta risoluzione; in passato queste sorgenti di dati non erano disponibili e i dati raccolti erano quindi caratterizzati da maggiore incertezza.

Pubblicato in Ambiente Emilia
Venerdì, 30 Maggio 2014 12:39

Parma - Scuole a rifiuti zero

Il progetto per portare nelle scuole la cultura del riciclo e della riduzione dei rifiuti, organizzato dall'associazione Gestione Corretta Rifiuti, ha coinvolto 80 scuole per corrispondenti 14 mila alunni. A primeggiare nella classifica dei riciclatori, il nido d'infanzia Pinocchio con 285 litri per alunno, la scuola primaria Rodari, con 246 litri, il nido d'infanzia La Trottola, 140 litri.

Parma, 30 maggio 2014 -

Rifiuti?Risorse! è il progetto per portare nelle scuole della città la cultura del riciclo e della riduzione dei rifiuti.
Organizzato dall'associazione Gestione Corretta Rifiuti, R?R! ha goduto del patrocinio e della piena e convinta collaborazione del Comune di Parma, attivo in particolare con i servizi ambientali ed educativi.
L'anno scolastico in corso corrisponde con la seconda edizione del progetto, che ha coinvolto 80 scuole per corrispondenti 14 mila alunni.
In questi giorni sul sito dedicato all'iniziativa, rifiutirisorse.weebly.com, sono stati pubblicati i risultati dei primi tre mesi di "raccolta", quelli di gennaio, febbraio e marzo.
I "numeri" sono particolarmente importanti e rendono merito a insegnanti e alunni di Parma per l'impegno e le capacità espresse in questo progetto.
I materiali riciclabili "conteggiati" sono stati la carta, la plastica e il barattolame.
In questi 3 mesi sono stati raccolti da Iren, che si è messo a disposizione del progetto, 1 milione e 600 mila "litri" di materiali, 1 milione tra plastica, vetro e barattolame, e 600 mila litri di carta.
Numeri imponenti che devono far riflettere.
Quanti rifiuti non sono tali se correttamente gestiti?
A primeggiare nella classifica dei riciclatori, il nido d'infanzia Pinocchio con 285 litri per alunno, la scuola primaria Rodari, con 246 litri, il nido d'infanzia La Trottola, 140 litri.
Il riciclo dei materiali come carta, plastica, vetro e alluminio permettono un doppio risparmio.
Il primo è quello di non dover ricorrere a materie prime vergini per produrre nuovi manufatti.
Il secondo l'imponente risparmio di energia che si ottiene dalla lavorazione di un materiale già pronto, rispetto alla produzione a partire da elementi naturali prelevati in natura.
I risultati a livello nazionale sono sorprendenti.
Il comparto del riciclo occupa 37 mila addetti, fattura 10 miliardi di euro con 1400 aziende.
Nei 15 anni di operatività del riciclo nazionale sono stati risparmiati 125 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 e 350 miliardi di kWh.
Il progetto Rifiuti?Risorse! sta attirando attenzione non solo a livello locale.
Il gruppo di 500 associazioni che ha presentato la proposta di legge rifiuti zero ha in animo di sviluppare un progetto nazionale sulla scuola che prenda spunto dall'iniziativa parmigiana.
Rifiuti Zero è a un passo, ed è già realtà nelle nostre scuole.

(Fonte: ufficio stampa Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR)

Mercoledì, 28 Maggio 2014 09:54

Parma - Inceneritore spento a metà

Recccolta diffrenziata: Parma ha traguardato la soglia del 65% prevista per legge e oggi vede il traguardo del 70% sempre più vicino - 

Parma, 28 maggio 2014 -

Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Aldo Caffagnini -

Da dieci giorni, a partire dal 17 maggio, l'inceneritore di Parma lavora con una sola linea.
La linea dedicata agli speciali è infatti spenta e inattiva da metà del mese.
Possiamo comprenderne le ragioni.
La raccolta differenziata prosegue nel suo incremento progressivo e Parma ha traguardato la soglia del 65% prevista per legge e oggi vede il traguardo del 70% sempre più vicino.
I comuni del circondario proseguono nelle loro medie altissime che sfiorano e a volta superano l'80% di riciclo.
Il residuo è sempre di meno, l'indifferenziato secco da bruciare a Ugozzolo scarseggia.
Iren ha bruciato nelle scorse settimane rifiuti provenienti da fuori provincia, ma è stata diffidata dall'amministrazione provinciale dal proseguire in questa operazione non consentita dall'Autorizzazione Integrata Ambientale del 2008.
Ci metterà una pezza il piano regionale rifiuti, che darà il via libera alla circolazione dei rifiuti dentro la regione senza più limiti provinciali.
La messa a regime del nuovo piano sarà la conferma di quanto il Gcr ha sostenuto in questi anni, cioè che la promessa di bruciare rifiuti locali era solo uno specchietto per le allodole.
Altra promessa mancata il boschetto mangia polveri, dichiarato ufficialmente inattuabile, ma anche senza conseguenze per il gestore.
Altra promessa non mantenuta le tariffe calmierate, che invece rimangono a livelli altissimi, battendo praticamente tutti gli altri impianti italiani.
E pensare che una pagina intera di un quotidiano locale era stata comperata (con i soldi dei contribuenti) per scrivere nero su bianco la promessa di tariffe in linea con i cugini di Reggio Emilia e Piacenza (100 euro circa alla tonnellata), una volta acceso il meraviglioso impianto.
L'impianto è stato acceso, ma lo sconto ancora non si vede.
Fatica anche la trasparenza.
Non sappiamo il destino delle migliaia di tonnellate di ceneri già prodotte a Parma.
E' on line la tabella degli inquinanti emessi dal camino.

19febbraio

Nove inquinanti messi sotto osservazione.
Ma alcuni dati lasciare a desiderare.
Il dato delle polveri sottili è sempre fermo sullo zero.
Immaginando che a Ugozzolo non si produca solamente vapore acqueo, una modesta proposta sarebbe quella di adeguare l'unità di misura (e/o le apparecchiature) per fare in modo che questo dato esprima quanto effettivamente esce dall'impianto.
Oggi la misurazione è fatta in microgrammi per normal metro cubo.
Lasciando a zero questo numero l'opinione pubblica come minimo si chiede quale possa essere l'utilità di un indice sempre fisso sullo zero e alla lunga mettere in dubbio la volontà di mettere in chiaro l'anima del forno.
Stesso identico ragionamento sul carbonio organico totale (COT), praticamente sempre fermo sullo zero.
Tornando al principio l'inceneritore funziona a metà giri.
Indicando come data di avvio il 1° gennaio, l'impianto ha lavorato complessivamente al 63%.
La linea 2, quella degli speciali, è stata la più attiva con il 79% di attività, mentre la linea 1 dedicata agli urbani è rimasta accesa solo per un 46% della sua potenzialità.
L'inceneritore lavora quindi già a poco più della metà delle sue capacità.
Il grande spauracchio del rischio Napoli, più e più volte evocato dalla Provincia per incentivare l'accettazione della soluzione forno, è rumorosamente sconfessato.
Semmai stiamo vivendo una situazione opposta.
A caccia di rifiuti, che profumano di profitti.
Nei cinque mesi di attività l'inceneritore ha registrato uno sforamento dei limiti (il 19 febbraio) sulla linea 1 nel valore del monossido di carbonio (66 microgrammi contro i 50 consentiti), e un giorno (il 15 marzo) rimasto senza valori dichiarati e senza giustificazioni di sorta, buco che rimanda al ragionamento sulla trasparenza.
Non si conoscono infine i dati sul teleriscaldamento né sul mancato completamento del Paip, che ad oggi rimane solo sede del forno senza nessuno degli altri servizi previsti dal progetto.
Su quest'ultimo tema il ventesimo esposto in procura degli avvocati De Angelis e Allegri.

Mercoledì, 28 Maggio 2014 09:54

Inceneritore di Parma, spento a metà

 

Parma, 28 maggio 2014 -

Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Aldo Caffagnini -

Da dieci giorni, a partire dal 17 maggio, l'inceneritore di Parma lavora con una sola linea.
La linea dedicata agli speciali è infatti spenta e inattiva da metà del mese.
Possiamo comprenderne le ragioni.
La raccolta differenziata prosegue nel suo incremento progressivo e Parma ha traguardato la soglia del 65% prevista per legge e oggi vede il traguardo del 70% sempre più vicino.
I comuni del circondario proseguono nelle loro medie altissime che sfiorano e a volta superano l'80% di riciclo.
Il residuo è sempre di meno, l'indifferenziato secco da bruciare a Ugozzolo scarseggia.
Iren ha bruciato nelle scorse settimane rifiuti provenienti da fuori provincia, ma è stata diffidata dall'amministrazione provinciale dal proseguire in questa operazione non consentita dall'Autorizzazione Integrata Ambientale del 2008.
Ci metterà una pezza il piano regionale rifiuti, che darà il via libera alla circolazione dei rifiuti dentro la regione senza più limiti provinciali.
La messa a regime del nuovo piano sarà la conferma di quanto il Gcr ha sostenuto in questi anni, cioè che la promessa di bruciare rifiuti locali era solo uno specchietto per le allodole.
Altra promessa mancata il boschetto mangia polveri, dichiarato ufficialmente inattuabile, ma anche senza conseguenze per il gestore.
Altra promessa non mantenuta le tariffe calmierate, che invece rimangono a livelli altissimi, battendo praticamente tutti gli altri impianti italiani.
E pensare che una pagina intera di un quotidiano locale era stata comperata (con i soldi dei contribuenti) per scrivere nero su bianco la promessa di tariffe in linea con i cugini di Reggio Emilia e Piacenza (100 euro circa alla tonnellata), una volta acceso il meraviglioso impianto.
L'impianto è stato acceso, ma lo sconto ancora non si vede.
Fatica anche la trasparenza.
Non sappiamo il destino delle migliaia di tonnellate di ceneri già prodotte a Parma.
E' on line la tabella degli inquinanti emessi dal camino.
Nove inquinanti messi sotto osservazione.
Ma alcuni dati lasciare a desiderare.
Il dato delle polveri sottili è sempre fermo sullo zero.
Immaginando che a Ugozzolo non si produca solamente vapore acqueo, una modesta proposta sarebbe quella di adeguare l'unità di misura (e/o le apparecchiature) per fare in modo che questo dato esprima quanto effettivamente esce dall'impianto.
Oggi la misurazione è fatta in microgrammi per normal metro cubo.
Lasciando a zero questo numero l'opinione pubblica come minimo si chiede quale possa essere l'utilità di un indice sempre fisso sullo zero e alla lunga mettere in dubbio la volontà di mettere in chiaro l'anima del forno.
Stesso identico ragionamento sul carbonio organico totale (COT), praticamente sempre fermo sullo zero.
Tornando al principio l'inceneritore funziona a metà giri.
Indicando come data di avvio il 1° gennaio, l'impianto ha lavorato complessivamente al 63%.
La linea 2, quella degli speciali, è stata la più attiva con il 79% di attività, mentre la linea 1 dedicata agli urbani è rimasta accesa solo per un 46% della sua potenzialità.
L'inceneritore lavora quindi già a poco più della metà delle sue capacità.
Il grande spauracchio del rischio Napoli, più e più volte evocato dalla Provincia per incentivare l'accettazione della soluzione forno, è rumorosamente sconfessato.
Semmai stiamo vivendo una situazione opposta.
A caccia di rifiuti, che profumano di profitti.
Nei cinque mesi di attività l'inceneritore ha registrato uno sforamento dei limiti (il 19 febbraio) sulla linea 1 nel valore del monossido di carbonio (66 microgrammi contro i 50 consentiti), e un giorno (il 15 marzo) rimasto senza valori dichiarati e senza giustificazioni di sorta, buco che rimanda al ragionamento sulla trasparenza.
Non si conoscono infine i dati sul teleriscaldamento né sul mancato completamento del Paip, che ad oggi rimane solo sede del forno senza nessuno degli altri servizi previsti dal progetto.
Su quest'ultimo tema il ventesimo esposto in procura degli avvocati De Angelis e Allegri.

Giornata con animazione per le scuole e visita guidata all'impianto di Bocca D'Enza, presso Mezzani, a conclusione della Settimana della Bonifica e dell'Irrigazione 2014, che si è svolta dal 17 al 25 Maggio tra città e provincia di Parma. Alla giornata hanno partecipato 80 bimbi delle scuole primarie e secondarie di Sorbolo e Mezzani.


Parma, 27 Maggio 2014 –

La XIII^ Settimana Nazionale della Bonifica e dell'Irrigazione si è conclusa a Mezzani, dove i protagonisti sono stati ancora una volta gli studenti: 80 ragazzi delle scuole primarie e secondarie che hanno trascorso un'intera giornata nello storico impianto di Bocca d'Enza.
La visita, organizzata dal Consorzio della Bonifica Parmense per avvicinare i ragazzi alle sue strategiche e capillari funzioni di salvaguardia ambientale, ha visto l'attore/animatore Lorenzo Bonazzi interagire con i giovanissimi spiegando il ruolo attivo della bonifica dalla nascita fino ai giorni nostri. Buone pratiche, difesa attiva del territorio, lotta al consumo indiscriminato del suolo, gestione dei flussi e manutenzione dei canali a sostegno dell'agricoltura e dei prodotti tipici del "made in Italy" sono stati al centro dell'incontro. Allo spettacolo, intitolato "Racconti di ponti e storielle di ombrelli", hanno assistito le classi 1^A, 2^A e 2^B della scuola "L. da Vinci" di Mezzani; e della 2^D e 2^E della scuola "L. da Vinci" di Sorbolo.

collettiva giornata slide


Il momento dell'animazione è stato seguito da una piccola pausa, con una merenda studiata dai produttori di Campagna Amica Coldiretti secondo i più sani principi nutrizionali.
Successivamente il Presidente del Consorzio di Bonifica Luigi Spinazzi ha salutato gli studenti, ribadendo loro i concetti fondamentali di prevenzione e difesa del nostro territorio.
La parola è passata poi a Mario Cocchi, Dirigente dell'Area Tecnica del Consorzio della Bonifica Parmense, che ha condotto i ragazzi a conoscere il funzionamento diretto dell'impianto di Bocca D'Enza.
In chiusura di giornata Giampaolo Paccagnella di Energreen s.r.l., ha coinvolto i ragazzi con alcune innovative tecnologie pro-ambiente atte al lavoro delle bonifiche: un semovente idrostatico gommato (già in dotazione al Consorzio della Bonifica Parmense) munito di un braccio della distanza di sfalcio di 12 metri per tagliare l'erba sulle sommità degli argini; e una trincia radiocomandata da pendenze, per lavorare in assoluta sicurezza uomo a terra.
La "Settimana della Bonifica e dell'Irrigazione 2014" ha visto dunque la presenza e il coinvolgimento attivo di oltre 300 studenti, con il Consorzio impegnato nella divulgazione delle sue numerose attività ambientali alle giovani generazioni.

(Fonte: ufficio stampa Consorzio della Bonifica Parmense)

I risultati del Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, presentati dall' Università degli Studi di Milano e Levissima, in collaborazione con Ev-K2-CNR e il contributo del Comitato Glaciologico Italiano. Uno studio sull'evoluzione dagli anni '50 ad oggi e la fotografia dei ghiacciai italiani esistenti - 

Parma, 24 maggio 2014 -

Il progetto, che ha ricevuto il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e del World Glacier Monitoring Service, fornisce un quadro del glacialismo italiano e delle relative evoluzioni. Uno studio che esamina attraverso gli anni, lo "stato di salute" del cuore freddo delle nostre Alpi, principale indicatore dei cambiamenti climatici in atto. I ghiacciai, che rappresentano da sempre un'importante risorsa idrica, energetica, paesaggistica, sono il simbolo tangibile ed affidabile delle rapide trasformazioni climatiche che il nostro pianeta sta vivendo.

La fotografia dei ghiacciai italiani oggi:

  • sono 896
  • coprono una superficie di 368 km2, pari a quella del Lago di Garda
  • il primato di ghiacciaio italiano più grande passa dai forni al complesso adamello-mandrone, fra lombardia e trentino
  • dagli anni '50 sono cresciuti in numero, a causa di un'intensa frammentazione (da 824 a 896), e si è fusa una superficie glaciale di 151 km2, pari a quella del Lago di Como
  • dagli anni '80 la superficie glaciale si è contratta, passando da 609 km2 agli attuali 368 km2

All'Università degli Studi di Milano, in occasione di uno degli appuntamenti "Aperitivo Expo 2015", sono stati resi noti i risultati del Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani: ambizioso progetto realizzato dall'Università degli Studi di Milano e da Levissima, l'acqua minerale sinonimo di purezza che nasce dai ghiacciai della Valtellina, in collaborazione con Ev-K2-CNR e con il supporto scientifico del Comitato Glaciologico Italiano. Il progetto, che ha ricevuto il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e del World Glacier Monitoring Service, è stato avviato nel 2012 con l'obiettivo di aggiornare i dati dei due precedenti catasti, realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano (CGI) rispettivamente nel 1959-1962 e nel 1981-1984.

Claudio Smiraglia, professore ed esperto glaciologo dell'Università degli Studi di Milano, a capo del progetto di ricerca, e Daniela Murelli, Direttore CSR del Gruppo Sanpellegrino, hanno fatto gli onori di casa affiancati da personalità autorevoli come Paolo Angelini, Presidente del Comitato Permanente della Convenzione delle Alpi, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Luca Cetara, Coordinatore della Segreteria Scientifica Presidenza italiana della Convenzione delle Alpi, Agostino Da Polenza, Presidente di Ev-K2-CNR e Carlo Baroni, Presidente del Comitato Glaciologico Italiano.
Durante la conferenza è stato fornito un quadro del glacialismo italiano e delle relative evoluzioni, dagli anni '50 ad oggi, per capire lo "stato di salute" del cuore freddo delle nostre Alpi, principale indicatore dei cambiamenti climatici in atto.

896 sono i corpi glaciali oggi presenti sulle montagne italiane, per una superficie complessiva confrontabile a quella del Lago di Garda, ovvero 368 km2. Sono numerosi, frammentati e di piccole dimensioni (si stima un valore areale medio 0,4 km2), ad eccezione di 3 ghiacciai, che presentano un'area superiore ai 10 km2: i Forni, in Lombardia, il Miage, in Valle d'Aosta, e il complesso Adamello-Mandrone, in Lombardia e Trentino. Quest'ultimo detiene il primato e rappresenta in assoluto il più vasto ghiacciaio italiano, 16,44 km2; ha una forma insolita, che ricorda i grandi ghiacciai della Scandinavia, caratterizzata da un altopiano da cui si diramano tante lingue. Curiosamente ha tolto il primato al Ghiacciaio dei Forni, in Valtellina, non perché l'Adamello-Mandrone si sia ingrandito in modo particolare, ma perché è stata creata una nuova suddivisione su basi glaciologiche. Mentre nel precedente catasto veniva suddiviso in numerosi ghiacciai, recenti rilievi di spessore hanno mostrato che si tratta di un grande corpo glaciale unitario.
I ghiacciai piccoli, inferiori a 0,1 km2, sono i più numerosi e coprono complessivamente una superficie molto ridotta (17 km2), pari al 4,6% di quella totale. I ghiacciai superiori a 10 km2 ricoprono il 10% (37 km2), mentre quelli fra i 2 e i 5 km2 occupano la superficie maggiore, rappresentando più di un quarto dell'intera area glaciale italiana (105 km2).

In Italia predominano oggi i ghiacciai di tipo "montano", che rappresentano il 62%, seguiti dai "glacionevati", 35%, e in misura molto ridotta, 3%, dai grandi ghiacciai "vallivi".
I ghiacciai italiani sono presenti in tutte le regioni alpine, ma con una distribuzione molto diversificata che dipende, almeno in parte, dalle quote dei massicci montuosi: si passa, infatti, dai 134 km2 della Valle d'Aosta, agli 88 km2 della Lombardia, agli 85 km2 dell'Alto Adige per arrivare ai 3,2 km2 del Veneto e agli 0,2 km2 del Friuli-Venezia Giulia. Va anche ricordato che i ghiacciai italiani sono tutti collocati sulle Alpi, con un'unica eccezione: il Calderone in Abruzzo (0,04 km2 di area), ultimo residuo della glaciazione appenninica, ormai frammentato in due parti.

"Nonostante sia tutt'ora in atto una lunga fase di regresso glaciale, l'incremento della copertura detritica superficiale potrebbe ridurre i ritmi di fusione, mentre l'incremento di polveri naturali o antropiche potrebbe aumentarla. La variabilità meteo-climatica, con inverni molto nevosi ed estati fresche ed umide, favorirebbe inoltre periodi di rallentamento di questa attuale fase negativa. A fine estate 2013, ad esempio, la riduzione di spessore di molti ghiacciai italiani è stata minore rispetto a quella registrata negli anni precedenti, a causa delle forti nevicate dell'inverno 2012-2013. E' chiaro che, per avere una vera e propria inversione di tendenza, dovrebbe verificarsi una successione, almeno decennale, di queste caratteristiche meteo-climatiche, come quella del 1965-1985.", spiega il professor Smiraglia, a capo del progetto di ricerca.

E' dunque chiaro come i ghiacciai, che rappresentano da sempre un'importante risorsa idrica, energetica, paesaggistica, siano diventati in questi ultimi anni il simbolo più tangibile ed affidabile delle rapide trasformazioni climatiche che il nostro pianeta sta vivendo. Questo spiega l'importanza di un Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani e l'impegno di Levissima nello studio dei loro cambiamenti. "Levissima, marchio di acqua minerale del Gruppo Sanpellegrino, ha nel suo DNA la natura incontaminata e la passione per l'alta montagna, da cui trae tutta la sua purezza. - afferma Daniela Murelli, Direttore Corporate Social Responsibility del Gruppo Sanpellegrino - Proprio per questo collaboriamo con l'Università degli Studi di Milano dal 2007, con l'obiettivo di conoscere e tutelare il patrimonio freddo delle nostre montagne. Il progetto che presentiamo oggi ha un valore non solo strettamente scientifico, ma anche applicativo e culturale; grazie alle informazioni tratte dal Nuovo Catasto abbiamo, infatti, realizzato una vera e propria mappa dei ghiacciai italiani, fruibile da tutti gli appassionati e già disponibile sul sito www.levissima.it". La mappa interattiva riporta la distribuzione dei ghiacciai nelle varie regioni d'Italia e, per ciascuno di essi, specifica: il nome, la Regione di appartenenza, il settore montuoso, il bacino idrografico che va ad alimentare, la tipologia e la superficie attuale. Ai ghiacciai più significativi di ogni Regione, è dedicata inoltre una scheda di approfondimento e una galleria fotografica.

L'evoluzione dei ghiacciai italiani

Dalla fine degli anni '50 ad oggi
Facendo un confronto con il precedente catasto nazionale dei ghiacciai, risalente alla fine degli anni '50, è emerso come il numero dei ghiacciai italiani sia oggi aumentato, passando da 824 a 896, con incrementi in quasi tutte le Regioni. Questo a causa della frammentazione delle unità glaciali preesistenti. Complessivamente la superficie glaciale ha registrato, però, una perdita del 29%, confrontabile all'area del Lago di Como (151 km2), passando da 519 km2 agli attuali 368 km2 (circa 3 km2 persi all'anno).

A livello regionale si sono registrate differenze sensibili nella riduzione areale: si passa, infatti, da superfici quasi dimezzate in Friuli e in Piemonte, a riduzioni di circa un terzo in Trentino e in Alto Adige. Riduzioni più circoscritte in Lombardia e Valle d'Aosta.
Del tutto peculiari, invece, il caso dell'Abruzzo, dove la riduzione di circa un terzo riguarda l'unico ghiacciaio presente nella Regione, e quello del Veneto. In quest'ultima Regione, l'elevata percentuale di riduzione areale (-40%) che emerge dal confronto dei dati, è dovuta al mutamento dei confini amministrativi, che hanno visto passare la porzione veneta della Marmolada al Trentino. Se si tiene, invece, conto dei vecchi confini amministrativi, e non si sposta la competenza territoriale di questo ghiacciaio, la riduzione dei ghiacciai veneti risulta molto più limitata (-23%).

Dalla metà degli anni '80 ad oggi
Il confronto tra l'attuale catasto e quello internazionale realizzato a metà degli anni '80, mostra una intensa contrazione areale, passando da 609 km2 agli attuali 368 km2.
Risulta quindi evidente una fluttuazione glaciale dapprima positiva, dalla metà degli anni '60 del XX secolo - con un incremento areale del 18% - , e una negativa tuttora in corso, dalla metà degli anni '80 del XX secolo, che ha fatto registrare una riduzione di area di circa il 40%. E' un andamento già verificato in tutti gli altri settori della catena alpina.
Il Catasto degli anni '80 è stato realizzato proprio durante la piccola fase di espansione, causata da una lieve riduzione delle temperature e da un lieve incremento delle precipitazioni invernali. Questa breve fase fredda e umida ha favorito sia l'incremento areale dei ghiacciai preesistenti, sia la formazione di numerosi piccoli "glacionevati", che sono stati registrati nel Catasto degli anni '80.

La metodologia
Il lavoro di ricerca, che ha dato vita al Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, si è protratto per circa due anni - 2012, 2013 - rifacendosi ad un complesso di dati raccolti in almeno un decennio. L'analisi è stata sviluppata elaborando foto aeree ad alta definizione rilevate nell'arco temporale 2005-2011, concesse in consultazione da enti e strutture regionali e provinciali, ma anche utilizzando immagini satellitari, carte topografiche, catasti settoriali precedenti e numerose campagne di terreno.
Per verificare l'evoluzione del glacialismo italiano nell'ultimo mezzo secolo si è proceduto, inoltre, al confronto dei nuovi dati con quelli raccolti nei due catasti precedenti, realizzati dal Comitato Glaciologico Italiano (quello nazionale 1959-1962 e quello internazionale nel 1981-1984). E' quindi da considerare che le metodologie di raccolta ed elaborazione dati sono state differenti. Il Nuovo Catasto ha infatti potuto contare su immagini ad alta risoluzione; in passato queste sorgenti di dati non erano disponibili e i dati raccolti erano quindi caratterizzati da maggiore incertezza.

Pubblicato in Ambiente Emilia

Premiata a Roma l'iniziativa regionale di reinserimento sociale dei detenuti attraverso il disassemblaggio dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Oltre 60 le persone coinvolte nei laboratori, di cui 22 assunte -

Parma, 23 maggio 2014 -

Un modello, per la sua capacità di coniugare finalità sociali e attenzione all'ambiente. E' una delle motivazioni per cui il comitato italiano promotore della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti (edizione 2013) ha premiato in questi giorni a Roma il progetto "RAEE in carcere" nella categoria "pubblica amministrazione". Già scelto come finalista tra oltre 85 progetti presentati in Europa agli Awards della European Week for Waste Reduction, "RAEE in carcere" si sta affermando come esempio nell'ambito della gestione dei rifiuti con un'importante valenza sociale.
"Il premio è una conferma della peculiarità e del valore dell'iniziativa" afferma Alfredo Bertelli, sottosegretario alla presidenza della giunta della Regione Emilia-Romagna. "La finalità sociale, rivolta in modo specifico alle persone in esecuzione penale, e quella ambientale, che si concentra sulla gestione dei rifiuti elettronici, si intersecano in un progetto che ha trovato il giusto riconoscimento anche a livello europeo".
"RAEE in carcere" ha come obiettivo il recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici e, al tempo stesso, il reinserimento socio-lavorativo di persone in esecuzione penale – o che hanno concluso il periodo di detenzione – attraverso il disassemblaggio di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Nato nel 2005 con l'iniziativa Equal Pegaso, promossa dalla Regione Emilia-Romagna e dal Fondo sociale europeo, il progetto è diventato operativo nel 2009 con la partecipazione di detenuti a tre laboratori: due all'interno delle carceri (Bologna e Ferrara), uno all'esterno (carcere di Forlì). Il personale selezionato è stato formato e poi assunto dalle cooperative sociali che gestiscono le attività. "RAEE in carcere" è promosso da Regione, Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria, Hera, consorzi Ecolight, Ecodom e Erp Italia, cooperative sociali IT2, Gulliver e Il Germoglio, enti di formazione Techne e Cefal, Province di Bologna, Forlì-Cesena e Ferrara.
Importanti i risultati raggiunti finora in termini sociali: più di 60 persone in esecuzione penale sono state coinvolte nei tre laboratori. Di queste, 22 sono state assunte dalle cooperative sociali che gestiscono i laboratori: IT2 a Bologna, Gulliver a Forlì e Il Germoglio a Ferrara. L'accompagnamento formativo dei lavoratori – tramite tirocini d'inserimento e tutoraggio al gruppo dei lavoratori – e il raccordo con le istituzioni regionali è assicurato fin dall'avvio del progetto dagli enti di formazione Techne Forlì Cesena e Cefal Emilia Romagna. Dal 2012 il progetto ha ampliato il proprio raggio di azione: il sito web (www.raeeincarcere.org) e la pagina Facebook, cofinanziati da alcuni partner, sono gestiti da operatrici provenienti dall'esperienza del carcere, e rappresentano così un'occasione formativa e lavorativa.

I commenti dei partner

"E' importante individuare soluzioni e percorsi efficaci per promuovere e incrementare l'inclusione sociale e lavorativa delle persone detenute e in misura alternativa – spiega Pietro Buffa, provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria – . Inoltre, detenzioni caratterizzate da un impegno lavorativo hanno conseguenze meno destrutturanti ed effettivamente più responsabilizzanti per le persone che le vivono".
Il progetto è operativamente e finanziariamente sostenuto dalla multiutility Hera Spa e da tre dei maggiori sistemi collettivi italiani per la gestione dei RAEE, Ecodom, Ecolight ed Erp, impegnati a remunerare le cooperative e a sostenere l'iniziativa. "Si tratta di un progetto che il nostro Gruppo ha promosso, sostenuto e co-finanziato fin dalle origini – spiega Tiziano Mazzoni, direttore Servizi ambientali di Hera Spa – mettendo a disposizione i propri servizi operativi ambientali e i Raee raccolti alle stazioni ecologiche gestite. Un progetto, questo, che porta una ricaduta positiva e concreta sul territorio, in particolare a beneficio delle fasce più deboli".
"Dall'avvio del progetto abbiamo messo a disposizione dei tre laboratori, tramite i nostri fornitori, oltre 2.500 tonnellate di RAEE, che sono state lavorate permettendo di recuperare importanti quantitativi di materie prime di recupero, ed evitando la dispersione nell'ambiente di sostanze pericolose – spiegano Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight, e Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom – . Abbiamo voluto sottolineare e rafforzare il nostro impegno nel progetto, assicurandone la continuità nel tempo e garantendo il proseguimento di un'iniziativa che riteniamo davvero meritevole e importante per il territorio e per i nostri Consorzi".
"Abbiamo scelto con orgoglio di aderire a quest'iniziativa – conclude Alberto Canni Ferrari, country manager di Erp Italia, sistema collettivo entrato nel progetto dal 2014 – per l'importante valenza sociale del progetto, che ci permette di coniugare perfettamente la nostra consueta attività con il nostro impegno costante e continuativo per la tutela dell'ambiente".

(fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)

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