Sabato, 12 Ottobre 2024 06:50

Dott.ssa Diletta Caccia: ecco come rinascere dopo gli effetti avversi In evidenza

Scritto da Ingrid Busonera

 Di Ingrid Busonera (Quotidianoweb.it) Roma, 11 ottobre 2024 - Di La dottoressa Diletta Caccia, psicologa colpita in prima persona dagli effetti avversi delle inoculazioni covid-19, spiega ai lettori di QuotidianoWeb come accettarsi di nuovo.

Può spiegarci l’aspetto psicologico della pandemia e i suoi effetti sulla popolazione?

A mio avviso non è stato portato avanti uno stile di comunicazione che abbia agevolato le persone, a comprendere cosa stava accadendo e ad affrontare sempre la situazione al meglio; i toni erano assai allarmistici e molto focalizzati durante il periodo di pandemia, sul “cosa non si deve fare” più che sul “cosa si può fare” per vivere al meglio, momenti drammatici e di stress tipici di quel periodo.

Focalizzare molto le nostre azioni su possibilità che vengono meno invece che sul trovare nuove soluzioni, diminuisce il nostro raggio di azione, il “sentire” di potere gestire la situazione e il senso di essere efficaci. In Psicologia si parla di “empowerment” per indicare “l’avere potere”, inteso come capacità di autogestione, sviluppo dell’autostima, di capacità di fare fronte alle difficoltà.

Durante il periodo pandemia, ci siamo focalizzati molto sull’evitare di ammalarci ma anche sugli aspetti psicologici negativi legati a tale esperienza: senso di paura, smarrimento, attesa, stasi quindi di “blocco”. Non penso sia un caso che le persone si riferivano a quel periodo come se tutto fosse “congelato”.

La paura difatti scatena generalmente due reazioni sia a livello fisico che psicologico: la fuga e l’immobilizzazione. Si tendeva a mettere l’accento sui limiti da rispettare e poco sulle risorse che ognuno poteva mettere in campo nel proprio ambiente e ciò ha portato molte persone a vivere quel periodo in modo particolarmente angoscioso. Lo stesso approccio si tende ad avere quando si parla di malattia e salute in generale, presumo anche per motivi culturali.

Come affrontare il cambiamento associato alla malattia e accettare il cambiamento?

Il percorso che porta ad accettare la malattia non è facile. L’arrivo soprattutto se inaspettato, di un problema di salute può per certi aspetti ricordare le fasi del lutto.

Per lutto in Psicologia si intende qualsiasi cambiamento che la vita ci porta a fare perché “perdiamo” qualcosa. Può essere una persona, un lavoro, una casa, una relazione, la salute…

Tutti noi abbiamo delle aspettative così come dei progetti sulla nostra persona, la nostra vita e in questi casi, perdiamo queste aspettative e da lì deriva il nostro senso di “perdita”.

Nel caso di una nuova malattia, dobbiamo ricostruire una nuova “immagine” di noi stessi.

“Ero un ottimo sciatore mentre ora fatico anche a fare pochi passi”. “Mi ritengo una persona brillante, imparavo in fretta le cose, amavo leggere e ora mi ritrovo ad avere difficoltà a fare la lista della spesa” ecc.

Lo stesso vale per l’immagine che ci eravamo creati su nostri progetti di vita. Con il tempo, piano piano bisogna tentare di “ricreare” una nuova immagine di noi, partendo da quello che eravamo, creare nuovi obiettivi o tarandoli a seconda della situazione attuale, ascoltare le emozioni “negative” che ci arrivano o con cui conviviamo, accettarle senza scacciarle.

Arrabbiarsi, essere tristi perché non si possono più fare le cose che facevamo prima, perché abbiamo perso (o ci sembra) le capacità che possedevamo è normale e quando si presentano sensazioni, emozioni, pensieri al riguardo, dirsi “è ok, va bene che mi senta così”.

Una cosa molto importante è quella di cercare dove possibile, di prendersi cura di sé in qualche modo. Chiedersi tutti i giorni: “Che azione posso fare oggi per “stare meglio, per rendere la giornata anche solo un pochino, meno faticosa? “C’è qualcosa che posso fare oggi che mi faccia sorridere?”. Pensando anche a piccoli episodi o gesti quotidiani.

Che consigli può dare per gestire al meglio la situazione?

Quando va tutto in mille pezzi scegli il più importante e riparti da lì” è una frase che mi è capitato di leggere ogni tanto e che ritengo molto vera; spesso si hanno poche energie ed è importante indirizzarle in mete che riteniamo siano prioritarie.

Lavorando anche con tecniche psicocorporee e di rilassamento, penso che possano essere degli strumenti potenti e preziosi alleati nell’affrontare il dolore fisico così come nel conoscere e accettare il proprio corpo, ma non è detto che siano adatte per tutti.

La condivisione della malattia con la famiglia: come “farsi credere?”

Come prima cosa, è importante cercare persone con cui è più facile il dialogo su questi temi, a prescindere che siano familiari, amici o conoscenti; iniziare poi a capire e descrivere i sintomi che si hanno, conoscere la malattia e come ci fa sentire partendo da un’autoanalisi, aiuta a poi a esporre a parole quello che ci accade.

Fare una raccolta (anche scritta tipo diario) dei sintomi più frequenti, usare metafore per descriverli, segnare il momento della giornata/ stagione in cui compaiono di più, notare se si presentano soprattutto a seguito di certi eventi o emozioni, aiuta a fare il punto della situazione, riordinare le idee e provare a spiegare a voce quanto accade.

Soprattutto nel caso di alcune malattie, c’è una varietà di sintomi enorme anche molto complessa da vivere, come nel caso della neuropatia delle piccole fibre ma non è l’unico caso.

Per chi li prova è difficile descriverli e per chi ascolta lo è capire cosa si intende.

Nel caso si temi e/o si provi ansia all’idea di dovere parlarne, si può tenere un diario immaginando un dialogo con una persona specifica a cui ci si vuole rivolgere oppure si può semplicemente immaginare la scena prima di provare realmente.

Nonostante le molte accortezze che possiamo adottare, non dipende solo da noi l’essere o meno creduti; possiamo fare del nostro meglio ma tenendo sempre presente che molte persone faticano e faticheranno a comprendere le nostre esperienze.

Ci vorrà molto tempo probabilmente e nel frattempo è senza dubbio utile fare informazione su quanto ci è accaduto, per fare arrivare le nostre storie al maggior numero di persone possibili.

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