La Reggia di Colorno illuminata di bianco, rosso e verde. I colori della bandiera nazionale splendono in notturna sulla facciata dell’edificio della Provincia. Rossi:”Un messaggio di unità e fiducia, segno dell’impegno corale del nostro Paese contro il virus.” Stocchi:”Un simbolo del generoso sforzo collettivo che in questo momento accomuna il Paese intero.”
Parma, 28 marzo 2020 – Anche la Reggia di Colorno, come già altri edifici pubblici, da ieri sera è illuminata con i colori della bandiera italiana: bianco, rosso e verde.
L’iniziativa è stata realizzata di concerto tra la Provincia di Parma, proprietaria dell’edificio, e il Comune di Colorno
"In questo frangente così difficile per tutte le nostre comunità, abbiamo bisogno di dare anche messaggi di unità, di fiducia – spiega Diego Rossi Presidente della Provincia di Parma - Vogliamo testimoniare che i cittadini sono tutti uniti, insieme alle Istituzioni , a fianco di chi sta lavorando in prima linea per la salute di tutti noi, sotto l'insegna del tricolore. Per questo, anche la Reggia di Colorno è illuminata con i colori della nostra bandiera, come segno di impegno corale del nostro Paese."
Il sindaco di Colorno Christian Stocchi rileva:”Oltre al fondamentale impegno sul campo che si sta profondendo in questo momento delicato, crediamo sia importante sottolineare, con gesti simbolici come questo, la coesione della comunità nazionale, la presenza forte delle istituzioni, la speranza che ci anima e ci dà forza per sconfiggere il virus. Insomma, un ulteriore segno del generoso sforzo collettivo che in questo momento accomuna il Paese intero”.
Nella foto: la Reggia tricolore
Eseguiti da sabato scorso sulle strade extraurbane. Una sola violazione in corso di accertamento. I controlli proseguono in tutta la Provincia per tutta la prossima settimana. Ruffini: “I cittadini sembrano avere recepito la gravità della situazione. La Polizia provinciale è vicina al territorio anche per rassicurare e informare”.
Sono stati un centinaio i controlli che la Polizia provinciale ha effettuato sul rispetto delle disposizioni ministeriali e regionali collegate all'epidemia di Coronavirus, a partire da sabato scorso ad oggi, nei territori della Val Taro - Ceno e Val Parma –Enza e nella Bassa.
Esattamente sono stati 92 i controlli su altrettanti automobilisti in transito su diversi tratti della nostra rete stradale in ambito extraurbano\rurale e un solo accertamento in corso per violazione.
“I cittadini della provincia sembrano avere recepito la gravità della situazione – afferma il Dirigente Andrea Ruffini - L’impegno della Polizia Provinciale è da sempre finalizzato alla sicurezza del territorio e al rispetto della legalità, in ambito di polizia ambientale, ed ittico - venatoria, in particolare nell'attuazione dei piani di controllo della fauna selvatica e al contrasto di ogni forma di bracconaggio. A queste attività si sono aggiunti ora anche i controlli del rispetto delle disposizioni nazionali e regionali per la lotta all'epidemia. E per questo siamo vicini al territorio anche per rassicurare e informare.”
di Francesca CAGGIATI - Vuole rimanere anonima, ma far sentire ugualmente la sua voce fuori dalle mura del monastero in cui vive. Così una monaca di clausura scrive una lettera aperta ai giornalisti e agli operatori di carta stampata, radio, tv e web.
Un ringraziamento che le arriva dal cuore per il lavoro che ogni giorno viene portato avanti dai media, per tenere informati e aggiornati i cittadini su una emergenza sanitaria dalla portata mondiale che passerà alla storia come una delle pagine più sofferte, senza che venga meno la speranza, la fede e la fiducia che un giorno tutto questo finirà e usciremo dalla sofferenza che ora ci attanaglia.
Con la preghiera, incessante, sua e delle sue consorelle, vuole far sentire la vicinanza delle monache alla comunità tutta. Vuole portare speranza a chi sente di averla persa e dare fiducia a chi non vede più un futuro.
Nella fede si trova ristoro, nella fede si trova equilibrio, nella fede si trova la vita. Quella vita che oggi ci sembra un lontano ricordo, obbligati anche noi a rimanere in clausura tra le nostre mura domestiche.
Di seguito la lettera della monaca di clausura:
Carissimi fratelli e sorelle giornalisti, operatori radio,TV e web,
voglio dirvi grazie e abbracciarvi per il bene che fate per ciascuno di noi.
Siete meravigliosi!
Grazie a voi, noi, tutto il mondo, ci sentiamo più vicini gli uni agli altri. Con la vostra operosità ci fate sentire più fratelli e ci dà tanta speranza.
Le vostre notizie arrivano dappertutto e ci tengono informati. Così ci sentiamo tutti uniti nella prova, in un abbraccio cosmico di opere per il bene comune, non solo spirituale e di preghiera.
In questo momento di difficoltà la nostra preghiera è soprattutto per i malati, ma anche per voi che rischiate la vita ogni giorno.
Vi assicuriamo la nostra preghiera e la nostra vicinanza.
"Andrà tutto bene”.
Grazie.
una monaca di clausura
di Francesca CAGGIATI – Stiamo vivendo un momento particolarmente difficile per tutti, in particolare per il commercio costretto - in alcuni settori - a chiudere prima di altri le serrande dei negozi per le disposizioni messe giustamente in atto in questo periodo di emergenza sanitaria.
E quando si è chiusi in casa si capisce quanto vale la nostra libertà di muoverci, in particolare se capita di far cadere il cellulare e trovarsi con lo smartphone acquistato da poco in mille pezzi e non si sa a che santo votarsi.
Incontriamo Emanuele Settecasi, 29 anni, titolare di The Phone Clinic, negozio di riparazione e vendita di dispositivi elettronici come iPhone, iPad e Mac e specializzato nelle marche Apple, Samsung e Huawei che si trova in strada della Repubblica, 98/A a Parma. Attività iniziata per passione circa dieci anni fa e diventata il suo lavoro.
Come state vivendo questa emergenza? E come vi siete organizzati?
“Ci siamo organizzati con le assistenze e le vendite a domicilio, muniti di mascherine a norma, guanti e divisa, per evitare che il cliente stesso debba uscire.”
Quali sono i vostri normali servizi?
“Ripariamo cellulari, tablet e pc. Inoltre vendiamo dispositivi ricondizionati direttamente da noi, controllati e messi in vendita a prezzi competitivi e ottima qualità.”
Ne avete approntato di nuovi ultimamente?
“Si ultimamente, visto il dilagare dell’epidemia, ci siamo adeguati a ciò che è la situazione attuale. Abbiamo attivato il servizio a domicilio: ritiriamo il dispositivo direttamente a casa del cliente e in giornata lo riportiamo. In più abbiamo attivato la vendita online su www.thephoneclinic.it, in cui abbiamo pezzi nuovi e molti prodotti ricondizionati, disponibili con consegna a domicilio del dispositivo acquistato o con spedizione mezzo corriere. Con il coupon #IOSTOACASA è inoltre possibile avere sconti su prodotti selezionati anche fino a 100 euro.”
I tempi di riparazione si sono allungati o riuscite ad essere ancora tempestivi?
“I tempi variano a seconda del modello. Mi spiego meglio. Per iPhone ad esempio, riusciamo a fare la riparazione in auto nel giro di circa 20 minuti direttamente vicino all'abitazione del cliente, avendo anche la disponibilità di pezzi in casa, per altre marche ordiniamo il ricambio quindi le tempistiche richiedono almeno 24/48h dall'ordine.”
Diversi gli interventi di Fondazione Cariparma per fronteggiare l’emergenza coronavirus
Comunicati - Parma, 18 marzo - A fronte dell’emergenza che la Comunità parmense sta attraversando, Fondazione Cariparma si è attivata per affiancare le strutture sanitarie pubbliche del territorio nella lotta al coronavirus: con procedura d’urgenza è stato infatti stanziato un fondo straordinario di un milione di Euro, ripartito tra Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma (per l’Ospedale Maggiore) e Azienda USL di Parma (per gli Ospedali di Vaio e Borgotaro).
Tale intervento va ad aggiungersi sia all'acquisto di macchine per la ventilazione assistita donate all'Ospedale di Parma (in stretta sinergia con Crédit Agricole Italia) per potenziare e supportare il preziosissimo lavoro svolto da chi sta combattendo in prima linea, segnatamente nei reparti di rianimazione, sia al supporto al Fondo Supporto Emergenza Coronavirus lanciato dalla Fondazione Munus sul portale di crowdfunding CrowdForLife del gruppo Crédit Agricole Italia.
Fondazione Cariparma è altrettanto consapevole che l’emergenza sanitaria in atto va fortemente a gravare sulla generale attività delle strutture sanitarie pubbliche del territorio: per tale motivo, e con risposta fortemente anticipata nelle tempistiche, la Fondazione, nell'ambito del proprio Bando Salute pubblica 2020, ha deliberato un complessivo di due milioni di Euro focalizzati a progetti rivolti all'acquisizione di strumentazioni per le cure sanitarie, incluse quelle per la diagnostica, nella certezza che, soprattutto in tale momento di crisi, l’ausilio di nuove apparecchiature potrà supportare il grande sforzo collettivo di quanti operano quotidianamente per la cura e la salute dei cittadini; nella fattispecie si segnalano, tra le altre: un acceleratore lineare per la riduzione dei tempi d’attesa nei trattamenti radioterapici per i pazienti onco-ematologici; un laser a femtosecondi e un microscopio operatorio digitalizzato con visualizzazione tridimensionale per l’introduzione della chirurgia robotica oculistica a Parma (per l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma); strumentazioni per l’introduzione della chirurgia robotica ortopedica presso l’Ospedale di Vaio; acquisizione di un ecografo con sonde dedicate e di un sistema di puntura percutanea ecoguidata mininvasiva per la diagnosi e la cura dei tumori del rene e della litiasi complessa presso l’ospedale di Vaio.
Da sempre la Fondazione sostiene con convinzione la ricerca, nella consapevolezza degli importanti impatti positivi che tale “investimento” apporta al sistema economico, sociale e culturale del territorio: un investimento anche e soprattutto per il futuro che vede la Fondazione contribuire anche per il 2020 con Euro 1.200.000 all'attività di ricerca dell’Ateneo parmense, egualmente suddivisi sia in merito ai Dottorati di Ricerca sia in merito allo sviluppo di progetti di alto profilo nell'ambito dei vari gruppi di ricerca, in particolar modo nei settori tecnologici, informatici, ambientali, dell’agro-alimentare, della salute e dei servizi alla persona.
“Le delibere assunte - spiega il Presidente Gino Gandolfi – vogliono confermare la concreta presenza di Fondazione Cariparma in uno dei momenti più difficili che Parma ed il suo territorio stanno attraversando: una crisi che la comunità parmense sta affrontando coraggiosamente, con lo spirito solidale che da sempre la contraddistingue; il mio ringraziamento va agli operatori sanitari, ai volontari e a quanti in questo momento si stanno spendendo con eccezionale senso del dovere e sacrificio per la tenuta ed il bene della collettività. Infine - conclude Gandolfi - un ringraziamento agli Organi della Fondazione per il loro contributo che ha consentito, anche in questa circostanza, di assumere decisioni in modo rapido ed efficace; un ringraziamento particolare al Direttore Generale per aver attuato da subito un piano in grado di mettere in sicurezza tutta la struttura, pur garantendone la piena funzionalità; un ringraziamento anche ai collaboratori tutti che, in questi giorni, hanno moltiplicato i loro sforzi con grande spirito di servizio e dedizione.”
Da Fondazione Cariparma e LUdE 500mila euro per finanziare e accompagnare le migliori idee presentate da gruppi di giovani tra i 18 e i 35 anni che vivono, studiano o lavorano a Parma
Parma – E' online sul sito www.thinkbigparma.it, il bando della seconda edizione di ThinkBig, la chiamata di idee con cui la Fondazione Cariparma e la Libera Università dell’Educare mettono a disposizione dei giovani di Parma un fondo di 500 mila euro e competenze professionali per trasformare le loro idee in progetti concreti. L’obiettivo è promuovere e facilitare il contributo e la partecipazione dei giovani ai processi di sviluppo locale nei seguenti ambiti d’intervento: valorizzazione e tutela del territorio, economia e innovazione, inclusione sociale.
La call si rivolge a giovani cittadini residenti nella provincia di Parma o iscritti all'Università di Parma o con sede di lavoro nella provincia di Parma, organizzati in gruppi informali composti da un minimo di tre persone (il criterio della residenza, della sede di studio o di lavoro deve essere posseduto da almeno i due terzi dei componenti del gruppo). I giovani dovranno aver compiuto 18 anni alla data di presentazione dell’idea progettuale e non avere un’età superiore ai 35 anni.
Per presentare le idee c’è tempo fino al 24 aprile 2020, seguendo le istruzioni presenti sul sito www.thinkbigparma.it. Tutte le proposte ricevute saranno pubblicate online e valutate da una giuria di esperti.
«Confortati dal successo della prima edizione – spiega il presidente di Fondazione Cariparma Gino Gandolfi – abbiamo deciso di lanciare la seconda call proprio in questi giorni in cui il nostro paese sta vivendo un'emergenza sanitaria molto grave. In aggiunta alle tante iniziative che abbiamo realizzato e che stiamo realizzando per supportare i medici e gli operatori sanitari dei nostri ospedali, abbiamo pensato di fare la nostra parte per contribuire a guardare il futuro con fiducia ed ottimismo: abbiamo scelto di dare un segnale di speranza per i giovani e per la città avviando un percorso che durerà ben oltre l’emergenza».
«L’impatto sociale, il risvolto educativo, la presentazione di idee di gruppo – aggiunge Michele Gagliardo della LUdE – sono le caratteristiche distintive di ThinkBig rispetto ad altre iniziative analoghe, ma le condizioni attuali ci impongono attenzione. Perciò invitiamo i giovani innanzitutto a restare a casa e a confrontarsi tra loro utilizzando le nuove tecnologie. Noi stessi, che avevamo in programma una serie di incontri di presentazione sul territorio, saremo in questa prima fase disponibili via e-mail, telefono, social e abbiamo attivato anche canali specifici su Telegram, Messenger, Skype, oltre a webinar per rispondere a qualunque dubbio».
Associazione Polizia di Stato
Iniziativa a sostegno dell’emergenza da Coronavirus
Sempre a disposizione per i servizi che ci verranno richiesti
Di Francesca Caggiati – Sono tante le associazioni presenti sul territorio che ogni giorno si prodigano per la collettività e ora più che mai stanno contribuendo a vario titolo ad alleviare questa emergenza sanitaria senza pari. Una situazione allarmante che proprio in queste ore sta mettendo a dura prova il sistema sanitario, sociale ed economico della nostra città e dell’intero Paese.
Incontriamo Fausto Rosselli, responsabile del Gruppo di Volontariato dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato di Parma, organizzazione di volontariato attiva su Parma e provincia che affianca e supporta con diverse attività le Forze dell’Ordine e le Istituzioni locali e che sta contribuendo con donazioni e dotazioni di mascherine.
Quando nasce l'Associazione Nazionale della Polizia di Stato? Ci racconta brevemente la vostra storia?
L'Associazione Nazionale della Polizia di Stato ha festeggiato i suoi 50 anni nel 2018, infatti risale al 30 settembre 1968 la data in cui si compiono gli atti fondanti del sodalizio. L'Associazione nasce per mantenere vivi i contatti tra il personale collocato in congedo e il personale in servizio ed accogliere tutti coloro che si identificano nei valori Istituzionali. La sezione di Parma dell'A.N.P.S. è stata costituita nel 1971.
A Parma da quando è operativa e di cosa si occupa esattamente?
L’organizzazione di volontariato è stata costituita nel 2017 e dal 2019 ha assunto la denominazione “O.D.V. - Gruppo di Volontariato e Protezione Civile dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato – PARMA”.
La ODV – Organizzazione di Volontariato - si configura come organizzazione di volontariato, senza scopo di lucro neppure indiretto, con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. È apartitica ed apolitica e, per il perseguimento dell’oggetto sociale, fonda la propria azione sull'operosità di cittadini volontari ad essa associati che, per loro libera scelta, svolgono attività in favore della comunità e del bene comune, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie dell’azione stessa. In particolare, le finalità sono espletate nei seguenti ambiti:
- interventi finalizzati alla valorizzazione, alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente, del paesaggio, della natura e delle città;
- promozione, valorizzazione e diffusione della cultura e del patrimonio storico ed artistico, nonché della pratica del volontariato;
- promozione della cultura della legalità, dell’educazione civica, dell’istruzione e della formazione professionale anche ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, e delle leggi regionali.
Quali servizi avete attivi a Parma città e provincia?
Attualmente sono in corso di sottoscrizione le convenzioni con i Comuni di Parma e Collecchio per la vigilanza attiva dei parchi pubblici quali parco nord, parco Falcone e Borsellino, nonché del centro storico di Parma, dei boschi di Carrega e del territorio di Collecchio e sue frazioni. Inoltre, sono attive collaborazioni anche con il Tribunale di Parma e la Prefettura. I servizi sopra citati vengono svolti secondo quanto stabilito dalla vigente regolamentazione del terzo settore.
Chi può associarsi? C'è spazio per nuovi volontari?
Alla ODV possono aderire, in qualità di associati, i cittadini italiani –senza precedenti penali - di ambo i sessi che condividano in modo espresso gli scopi sociali della ODV; siano mossi da spirito di solidarietà e gratuità; siano disponibili a partecipare con continuità, passione ed impegno all'oggetto sociale per contribuire a migliorare la vita dei cittadini e della comunità.
Come avviene la selezione? Quali sono i requisiti necessari?
I volontari candidati, spesso presentati da persone favorevolmente conosciute, effettueranno un colloquio conoscitivo con i componenti del consiglio Direttivo dalla ODV. Tale colloquio è propedeutico a conoscere le esperienze pregresse e le predisposizioni dei candidati al fine di individuare la giusta collocazione nell'organizzazione.
Che impegno viene richiesto agli associati?
L’impegno richiesto è sempre in relazione alla disponibilità dichiarate dal volontario.
Fate anche corsi di formazione o aggiornamento periodici?
Al momento sono previsti dei corsi di formazione ed aggiornamento in collaborazione con la Polizia di Stato e con la Polizia Locale per coloro che saranno destinati ai servizi nei parchi cittadini.
Quali sono i recapiti dell'Associazione per potervi contattare?
L’indirizzo della ODV Gruppo di Volontariato dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato è presso la Caserma “Zizzi“, che si trova in via Chiavari, 15 a Parma. Il numero telefonico è 0521-219678 e gli orari e i giorni di apertura i seguenti: dalle 10,00 alle 12,00 dei giorni di lunedì, mercoledì, venerdì.
In questo periodo di emergenza sanitaria come è cambiato il servizio che date alla cittadinanza? Siete dotati di dispositivi di protezione?
In questo periodo di grande emergenza sanitaria abbiamo ritenuto opportuno dare il nostro contributo sul piano economico con una donazione di € 500 al Ospedale Maggiore di Parma e di €200 alla Croce Gialla di Parma, questo come ANPS di Parma capeggiato dal nostro Presidente Dott. Gennaro Gallo. Mentre il gruppo O.D.V. ANPS Volontariato ha stanziato € 1.000 per l'acquisto di mascherine che saranno donate entro fine settimana alle organizzazioni di volontariato in prima linea sull'emergenza Coronavirus.
Per i nostri servizi oltre alle normali dotazioni, abbiamo mascherine, guanti lattice monouso e disinfettanti alcoolici. Al momento non siamo operativi come fino a qualche giorno fa, ma siamo sempre allertati e a disposizione per qualunque esigenza possa venirci richiesta.
Immagine di copertina: Francesca Bocchia
Luca Russo da Stadiotardini.it – Un paese intero chiuso in casa per contrastarne la diffusione, strutture sanitarie messe a dura prova dalla sua avanzata e bollettini giornalieri dai contorni drammatici. Il Coronavirus sta assumendo sempre di più le sembianze dell’11 Settembre italiano. Un 11 Settembre, però diluito nel tempo, che ci sferra un destro da potenziale ko un giorno sì e l’altro pure.
I contagiati aumentano di ora in ora, in modo sì costante, ma per fortuna non esponenziale come si temeva, crescono il numero di decessi e quello dei pazienti per i quali è necessario il ricovero in terapia intensiva, ma inizia a irrobustirsi anche l’esercito dei guariti. L’Italia, insomma, tiene botta, per ora e in attesa del prevedibile picco che gli esperti ipotizzano per la fine di Marzo. Merito di un Sistema Sanitario Nazionale che, a differenza di quanto accade altrove, garantisce cure a tutti, inclusi coloro che vuoi per l’età, vuoi perché affetti da molteplici patologie hanno una speranza di vita limitata.
Merito di medici, infermieri e operatori sociosanitari che stanno sottoponendosi a turni di lavoro massacranti, affrontando in prima linea a mani nude e a volto scoperto quel pericolo che noi comuni mortali stiamo combattendo restando a casa e in tenuta da astronauta. Loro, il nostro esercito a nostra difesa nella guerra al Coronavirus. Costretti ad operare in condizioni perlomeno critiche, perché i tagli alla Sanità degli ultimi anni hanno imposto una progressiva riduzione delle risorse e delle strutture ospedaliere i cui effetti, già visibili in tempi di pace, appaiono plasticamente evidenti e drammaticamente decisivi nella partita contro questo nemico invisibile. Una sfida che avremmo potuto vincere non dico a mani basse, ma quasi, se ormai molto tempo fa non fosse stato sdoganato il concetto di azienda sanitaria, ovvero la salute pubblica gestita da manager orientati innanzitutto agli equilibri di bilancio… e poi al resto.
Capisco, condivido e sottoscrivo la necessità di ridurre o addirittura azzerare completamente gli sprechi e l’esigenza di allocare meglio i soldi, ma come si può immaginare di offrire un servizio pubblico restando in pari? Tutt’al più si dovrebbe legittimamente tendere al “contenimento dei piazza danni”. La razionalizzazione voluta da qualcuno ci ha invece portati a sforbiciate irrazionali. Nel 2015 il regolamento per gli standard ospedalieri ha sancito che un utilizzo medio dell’80/90% dei posti letto durante l’anno va considerato efficiente. In soldoni, dei 5.000 posti di terapia intensiva disponibili sul territorio nazionale, quelli liberi per l’emergenza COVID-19 concretamente sono meno di un migliaio.
Quindi, è sufficiente che i pazienti con Coronavirus occupino il 20% dei posti per saturare i reparti. Cifre che dovrebbero farci intuire come le difficoltà attualmente patite dai nostri ospedali siano figlie non solo dell’elevata aggressività del virus, ma anche della dannosa spending review di cui sopra. Nel resto d’Europa solo la Germania è messa realmente bene in materia con 30 posti letto di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. La Francia, come noi, non va oltre i 12 e in Spagna si scende addirittura al di sotto delle 10 unità. Preoccupante il dato della Gran Bretagna: 7 posti letto di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. Una cifra che diventa raccapricciante se si pensa che il Regno Unito intende contrastare l’avanzata del virus puntando praticamente tutto sull'immunità di gregge, ovvero sul meccanismo di protezione per cui quando una parte significativa della popolazione risulta vaccinata contro una minaccia esterna finisce col tutelare indirettamente pure quei soggetti che non hanno sviluppato direttamente l’immunità. Una forma di protezione che si “attiva” in presenza di un vaccino, naturalmente.
Ma in sua assenza, come nel caso del Coronavirus, l’unico modo per venire all'immunità di gregge brutalmente è far sì che le persone siano contagiate così che possano sviluppare validi anticorpi. Immaginate il virus che nelle battute iniziali del suo dilagare saltando da un individuo all'altro trova soltanto semafori verdi, mentre quando l’immunità di gregge prende consistenza inizia ad imbattersi in qualche semaforo rosso. Questa è la strategia cui parrebbero voler tendere i governanti d’oltremanica: permettere al virus di camminare tra la gente e in questo modo avvicinarsi gradualmente all'obiettivo dell’immunità di gregge.
Dal mio punto di vista, un’idea malsana, rischiosa e disumana, perché al momento non si ha ancora la certezza che il COVID-19 sia una malattia immunizzante, ovvero in grado di garantire l’immunità a chi ne viene colpito, cioè non sappiamo se una persona contagiata possa essere infettata di nuovo; e perché costerà tante, tantissime, troppe vite umane, vista la letalità del COVID-19 e considerato che non tutti saranno abbastanza preparati e forti da sconfiggerlo in autonomia. E allora mi ritengo fortunato ad essere nato in Italia, in un Paese che opera pure i 90enni se esiste una sola piccolissima e impercettibile possibilità di salvargli la vita. Un’Italia che ora vedo inginocchiata, accartocciata su sé stessa, stremata dall'emergenza che l’ha travolta. Piegata, ma non spezzata. Alle corde, ma non sconfitta. In lacrime, ma non rassegnata. Un’Italia non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai (cit. Frida Kahlo).
UN’ITALIA CHE CE LA FARÀ SE E SOLO SE NOI TUTTI RESTIAMO RESPONSABILMENTE A CASA.
Da StadioTardini.it
http://www.stadiotardini.it/2020/03/columnist-luca-russo-coronavirus-la-suicida-spending-review-sulla-sanita-continuiamo-restare-responsabilmente-casa.html
L’attuale emergenza dovuta all'epidemia di Coronavirus non crea controindicazioni alla donazione di sangue. Le sedi Avis di tutto il territorio di Parma e Provincia sono aperte ed operative per accogliere i donatori.
Rispetto all'ultimo decreto DCPM dell’8 marzo, il presidente di AVIS Provinciale Parma, Roberto Pasini, informa che LA DONAZIONE È EQUIPARATA A “L.E.A”: Livelli Essenziali di Assistenza, quindi NON vi è limitazione al donatore per l’accesso alle sedi di donazione. Verrà rilasciato ad ognuno il certificato di avvenuta donazione.
Per i donatori le precauzioni da adottare sono quelle valide per tutti contro il coronavirus, ricordando sempre che il requisito fondamentale per donare è essere in buona salute, basta un raffreddore per essere esclusi.
Quindi chi risiede nella zona arancione può donare! Le condizioni da rispettare sono le seguenti:
• non avere, lei/lui o un familiare, sintomi come tosse, raffreddore, difficoltà respiratorie;
• non avere la febbre;
• non aver avuto contatti stretti con un caso dubbio o probabile di COVID-19;
Prima di ogni donazione, come di consueto, il personale sanitario procederà a:
• colloquio con il donatore;
• raccolta di un quadro clinico preciso e puntuale;
• misurazione della temperatura al donatore;
Questo per garantire una doppia azione fondamentale: la sicurezza della qualità del sangue per i riceventi e la tutela della salute delle donatrici/donatori, due priorità assolute. Ad oggi, il rischio di trasmissione trasfusionale di Coronavirus non è documentato e le misure limitative sono precauzionali.
Grazie al sistema di prenotazione della donazione, messo a disposizione da tutte le sezioni AVIS, si evitano situazioni di sovraffollamento nelle zone di attesa.
In questo periodo l’attenzione è rivolta al nuovo coronavirus, ma non dimentichiamo che ogni giorno ci sono moltissimi pazienti con diverse patologie che hanno bisogno di terapie trasfusionali.
Si rinnova quindi l’invito ai donatori e ai potenziali donatori di avvicinarsi alla donazione responsabilmente e con fiducia, sulla base delle indicazioni delle equipe mediche e della direzione sanitaria.
La Dott.ssa Fiorella Scognamiglio, Responsabile Unità di Raccolta Avis Provinciale Parma, sottolinea - come in questo momento particolare, nel quale si registrano cali evidenti di donazioni nel nord Italia, Parma compresa, sia necessaria una risposta di solidarietà per permettere al sistema AVIS di far fronte alle maggiori richieste -
AVIS Provinciale Parma, congiuntamente alle Istituzioni locali e nazionali, è impegnata in un costante monitoraggio della situazione allo scopo di fornire informazioni corrette e dare aggiornamenti puntuali.
di Francesca Caggiati – Siamo in emergenza sanitaria ormai mondiale. Smettiamo di raccontarcela e di voler tenere gli esercizi commerciali e i mercati aperti, smettiamo di dire che è una banale influenza, smettiamo di invocare una fantomatica privacy per nascondere chi è stato colpito dal virus e potenzialmente ha già anche contagiato le persone con cui è entrato in contatto nelle ultime settimane. Smettiamola di farci dei selfie con degli slogan del tipo #parmanonsiferma, perché si sta parlando della vita delle persone.
Il diritto alla salute e alla vita deve essere messo al primo posto, al di sopra di ogni altro interesse o diritto privato. Non esiste il benessere del singolo, se non c’è al primo posto il benessere collettivo.
Finora solo la comunità cinese – che già da lunedì 2 marzo – ha deciso in modo autonomo, responsabile e consapevole di chiudere tutte le sue attività commerciali, ha dimostrato di avere a cuore il bene della collettività.
Come ha dichiarato il prof. Massimo Galli – Primario Struttura Complessa Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano – alle telecamere di La7 nel servizio andato in onda il 5 marzo scorso: “Nelle epidemie storiche hai una prima fase in cui ci si dà di gomito dicendo “Ce l’ha il nostro vicino il problema, ah che paura, però insomma ce l’ha lui”. Poi c’è la fase in cui ti rendi conto che ti è arrivata in casa e in cui rifiuti l’idea "Ma nooo! Non è possibile, non è possibile che sia qua da noi!". Poi c’è la fase in cui si deve prendere atto e vengono assunte delle misure. Poi c’è la fase in cui c’è qualcuno che dice: “Ma queste misure ci rovinano!” e allora vengono ridotte. E poi c’è la fase della rovina totale in cui la malattia dilaga”.
Semplici, ma precise parole che rendono perfettamente l’idea di quello che è successo con il primo decreto e l’attuazione dello stesso che fa quasi retromarcia poco dopo. Come dice il professor Galli: “Una assoluta sciocchezza!”
Eppure abbiamo visto leader politici nazionali e locali dire di continuare a venire in Italia e a Parma, dire di continuare a vivere come se nulla fosse, postare selfie per far vedere al mondo intero che qui è tutto a posto e non c’è nulla o quasi di cui preoccuparsi. E questo è a dir poco sconcertante.
Perché sono già due settimane che l’Italia è in allerta e perché significa non essere consapevoli e non aver compreso la gravità della situazione, oppure significa fregarsene per dare un contentino agli esercenti delle attività commerciali che si lamentano, tenendo solo in considerazione l’aspetto economico a breve termine, senza avere chiaro che una pandemia come ormai è stato appurato essere il coronavirus, porterà ad un collasso del sistema sanitario ed economico inevitabile e di quelli forse mai visti prima.
Qui ci si limita a pubblicare dati statistici quasi timidamente, ricordando di attenersi alle distanze di sicurezza, che oggi non si sa neppure quali siano esattamente. Si parla di 1 mt o 1,82 mt o… ?!
Quindi cosa fare?!
Moriremo tutti? No per fortuna. Ma questo non significa che non ci dobbiamo preoccupare, perché il problema non è l’estinzione della specie.
Il problema è che il Covid-19 è una malattia che richiede un’assistenza al malato particolare, con una percentuale di malati che ha bisogno di ricevere respirazione assistita e quindi di essere ricoverata nei reparti di rianimazione. Se il numero di contagiati aumenta drasticamente, aumenta anche il numero di pazienti da ricoverare in rianimazione e chissà per quanti giorni.
Non essendoci una terapia specifica e ammalandosi gravemente fino alla morte anche persone giovani - tra i primi il medico ofmatologo Li Wenliang, 34 anni, di Wuhan, seguito da altri giovani medici cinesi - e persone apparentemente sane, bisogna evitare che il numero dei contagiati esca fuori controllo.
I posti in rianimazione sono limitati e, in più in generale, tutti i posti ospedalieri sono limitati rispetto alla popolazione, quindi il rischio concreto è quello di non poter accedere neppure alle cure che comunque – meglio ripeterlo – non sono specifiche per il coronavirus.
Il personale sanitario è limitato, si sta ammalando e alcuni medici anche in Italia sono già morti. Il rischio del collasso del sistema sanitario è reale. Non una remota ipotesi.
In aggiunta come già pubblicato da Il Fatto Quotidiano di oggi “La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva ha diffuso un documento tecnico per "fornire un supporto agli anestesisti-rianimatori attualmente impegnati a gestire in prima linea" la maxi-emergenza in cui scrive: "Può rendersi necessario porre un limite di età all'ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata."
E il vaccino? Come prima cosa non è ancora stato trovato, quando e se verrà trovato, ci vorranno comunque mesi affinché sia disponibile, quindi non facciamoci troppo affidamento.
Prendiamo esempio dai cinesi. Fermiamoci. Ma fermiamoci seriamente. Tutti in casa per almeno due o tre settimane e comunque fin tanto che la curva dei contagi non arresti la sua crescita. Tutto chiuso, a parte gli ospedali. Medicinali e spesa consegnata a domicilio con personale munito di mascherina e pos per i pagamenti.
Se proprio non possiamo fare a meno di uscire, mettiamoci la mascherina anche se pensiamo di essere sani come i pesci, in modo da scongiurare il contagio.
Se non troviamo mascherine possiamo sempre metterci una sciarpa sul naso e la bocca in modo tale da sopperire.
Ma se non è strettamente necessario… stiamo in casa!!
E lanciamo un nuovo slogan più saggio di questi tempi: #iomifermo
Io mi fermo significa che ho a cuore la mia salute, quella dei miei cari e di tutta la collettività. Io mi fermo significa che finalmente avrò il tempo per stare con i miei figli, i miei genitori, i miei fratelli o sorelle. Avrò il tempo per leggere quel libro che ho sul comodino da mesi, vedere o rivedere un bel film, cucinare in tranquillità utilizzando anche gli avanzi del giorno prima senza buttarli come facevo prima, ripensare alla mia vita e al mio lavoro.
Posso lavorare da casa?
Sì… possiamo anche lavorare da casa, in molti modi: mandare mail, ricevere e fare telefonate (ormai il telefono si usa per tutto tranne che per far sentire la nostra voce!), possiamo partecipare ad una riunione di lavoro in videoconferenza con colleghi e capo, clienti o fornitori, possiamo frequentare corsi e lezioni on line o in streaming e fare tante altre cose, da casa.
Ripensiamo tutti ad un modo di lavorare dislocato, geo localizzato, smart, da remoto… o chiamatelo come volete. Ma pensiamoci.
Tra qualche mese l’emergenza finirà. E quando l’emergenza sarà finita riprenderemo a frequentarci di persona, a ritrovarci per aperitivi ed eventi, ad abbracciarci e a baciarci ringraziando di essere ancora vivi!
Bisogna assolutamente evitare che il numero di persone contagiate aumenti.
E il modo più efficace è stare in casa.
Questo è l’unico vero messaggio che dovrebbe arrivare dalle Istituzioni a tutti gli Italiani. Senza tentennamenti e senza deroghe!
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